Il negoziato TISA e la sentenza Schrems

Bruxelles, 12 ottobre 2015. Intervento di Barbara Spinelli in occasione della Riunione della Commissione Parlamentare per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni.

Punto in Agenda:  

  • Raccomandazioni alla Commissione europea sui negoziati relativi all’Accordo sugli scambi di servizi (TiSA)
    Esame del progetto di parere
    Relatore per parere Commissione LIBE – Jan Philipp Albrecht (Verdi/ALE – Germania)
    Commissione competente nel merito: Commercio Internazionale (INTA) – Relatore Viviane Reding (PPE – Lussemburgo)

Il negoziato TISA e la sentenza Schrems

Trovo l’opinione di Jan Philipp Albrecht eccellente, e vorrei chiedere al relatore come la sentenza Schrems appena emessa dalla Corte Europea di Giustizia possa essere inserita nel contesto degli attuali negoziati sul TISA e, soprattutto, quali specifici aspetti del verdetto debbano essere integrati, al fine di garantirne una reale applicazione.

Vorrei anche porre una domanda su una questione particolarmente controversa: la partecipazione dei paesi emergenti a tali negoziati. Come ritiene il relatore di poter rispondere alle questioni cruciali sollevate da tali paesi e che ne impediscono la partecipazione o, eventualmente, l’adesione? Mi riferisco alle limitazioni poste ai paesi in via di sviluppo in virtù delle clausole di Standstill, Most Favoured Nation e Ratchet.

Di quest’ultima temo inoltre gli effetti potenzialmente irreversibili che, in via generale, può dispiegare, cristallizzando nel tempo qualsiasi forma di privatizzazione. Nelle attuali condizioni di crisi economica è necessario garantire reversibilità e non correre il rischio di restare prigionieri dello status quo.


 

Si veda, in proposito, il Progetto di parere del relatore (file .pdf)

La sentenza Schrems: una rivoluzione

Bruxelles, 12 ottobre 2015. Intervento di Barbara Spinelli in occasione della Riunione della Commissione Libertà civili, giustizia e affari interni.

Punto in Agenda:

  • Sentenza nella causa C-362/14 – Maximillian Schrems contro Commissario per la protezione dei dati
    Presentazione a cura del Servizio giuridico del PE della sentenza del 6 ottobre della Corte (“Approdo sicuro”- “Safe Harbour”)

La sentenza Schrems: una rivoluzione

Grazie Presidente.

Come già emerso in questa sala, ammetto di essere anch’io molto sorpresa dallo stupore sollevato dalla sentenza in esame. Questa rivoluzione dei diritti digitali, che ha portato, ad esempio, l’Italia ad approvare dopo quindici anni di discussioni una Dichiarazione dei diritti in internet, dimostra una cosa ormai evidente: ancora una volta, sono i giudici ed è l’azione di alcuni cittadini coraggiosi a salvare l’Europa. Cito Max Schrems ovviamente, ma anche Edward Snowden prima di lui. Sono loro a salvarci dalla nostra inerzia nel dare attuazione alla Carta dei diritti fondamentali, nel promuovere il Better Law Making – come già evidenziato dalla collega Sophie Int’Veld – e nel difendere il rule of law in Europa. Sono loro a ricordarci che i dati personali non trovano effettiva protezione negli Stati Uniti.

Anch’io parlerei dunque di una rivoluzione: la sentenza infatti si pone nel solco tracciato dalle precedenti due pronunce del 2014 (Digital Rights Ireland e Google Spain SL), con cui la Corte di giustizia riaffermava la centralità della protezione dei dati personali e rafforzava il diritto all’oblio su internet. Tale rivoluzione deve a questo punto avere effetti sui vari negoziati: su Safe Harbour, sospendendolo, ma anche su TTIP, su TISA, su PNR, su tutte le trattative in corso con gli Stati Uniti. Bisogna andare verso un Habeas Corpus Digitale, ovvero una Carta europea dei diritti digitali.

Vorrei soffermarmi su due punti in particolare che sono stati messi in risalto dalla sentenza:

1) Il ruolo della Commissione europea: i giudici hanno stabilito che le decisioni della Commissione europea non possono in alcun modo precludere il potere d’indagine delle autorità nazionali riguardo al livello di protezione offerto dal Paese in cui i dati siano trasferiti; essa non ha tale competenza. E questo, a mio parere, è ancora più vero a fronte di Stati Membri la cui normativa nazionale possa offrire un livello di tutela più elevato.

2) L’applicabilità dei principi safe harbour negli stessi Stati Uniti: la Corte ha chiarito che tali principi non trovano applicazione nei confronti delle autorità pubbliche ed anche le imprese private sono tenute a disapplicarli laddove possano entrare in conflitto con esigenze di sicurezza nazionale e di pubblico interesse che dovessero prevalere sul regime dell’approdo sicuro. Come affermato dai giudici, ci troviamo dunque di fronte a possibili ingerenze senza limiti.

Vorrei infine concludere ringraziando il Presidente di questa Commissione, Claude Moraes, per i suoi richiami ad una maggiore cooperazione, in materia, tra Commissione europea e Parlamento, per aver messo in luce i difetti comunicativi della Commissione europea, e sull’insistenza con cui ha sottolineato, in particolare, la necessità di una più proficua collaborazione con la Commissione parlamentare LIBE.


Si veda anche:

Comunicato stampa della Corte di giustizia dell’Unione Europea (file .pdf)

Testo della sentenza (in inglese)

Lettera di denuncia in seguito al rimpatrio forzato di venti donne nigeriane

COMUNICATO STAMPA

Barbara Spinelli, eurodeputata al Parlamento Europeo GUE/NGL, denuncia l’operazione di rimpatrio di venti donne nigeriane potenziali vittime di tratta effettuata il 17 settembre a Roma.

Bruxelles, 15 ottobre 2015

Dopo il rimpatrio forzato di circa venti donne nigeriane vittime di tratta, avvenuto il 17 settembre a Roma, Barbara Spinelli ha inviato una lettera di denuncia al Viminale, all’agenzia europea Frontex e, per conoscenza, all’Ombudsman e al sottocomitato Onu contro la tortura.

Le donne soggette a procedura di rimpatrio facevano parte di un gruppo di sessantanove nigeriane soccorse in mare, sbarcate a Lampedusa e Pozzallo e condotte nel Centro di Identificazione ed Espulsione di Ponte Galeria (Roma) il 23 luglio scorso. Tutte avevano dichiarato di aver subito violenza dall’organizzazione Boko Haram, o di essere state comprate da trafficanti per poi essere vendute sul mercato europeo della prostituzione. Tutte avevano subito ricatti psicologici e molte portavano il segno di cicatrici, ustioni e torture inflitte dai loro aguzzini per essersi ribellate.

Continua a leggere

Conseguenze della sentenza della CGUE che invalida la decisione “Approdo sicuro” con gli Stati Uniti

Intervento di Barbara Spinelli in occasione della Sessione Plenaria di Bruxelles, 14 ottobre 2015

  • Punto in Agenda:
    Conseguenze della sentenza della CGUE che invalida la decisione “Approdo sicuro” con gli Stati Uniti
    Dichiarazioni del Consiglio e della Commissione (Consiglio: Nicolas Schmit – Ministro del lavoro, dell’occupazione e dell’economia sociale e solidale del Lussemburgo / Commissione: Věra Jourová – Commissario europeo per la giustizia, i consumatori e la parità di genere)

Di fronte al verdetto della Corte di giustizia, che invalida la decisione della Commissione sul trasferimento dati verso gli Stati Uniti, constatiamo due fatti incoraggianti. Primo: c’è un giudice a Lussemburgo, a far prevalere l’Europa dei diritti sugli arbìtri dei mercati. Secondo: ci sono semplici cittadini, a difenderci dai soprusi e a ottenere ciò che il Parlamento non ha ottenuto con tante risoluzioni. Il giovane Schrems è uno di questi. La sua battaglia a tutela del diritto l’ha condotta sul solco di Snowden, nominato dal nostro gruppo per il Premio Sacharov assieme ad altri whistleblower. Dopo ben tre sentenze della Corte sulla protezione dati, ritengo sia più che mai necessario rivedere tutti gli attuali negoziati in materia e promuovere un bill of rights digitale dell’Unione, fondato sui principi già contenuti nella Carta, simile al marco civil adottato in Brasile nel 2014.

Audizione sugli sgomberi forzati contro i rom

Bruxelles, 14 ottobre 2015

Nella sede del Parlamento Europeo di Bruxelles si è tenuta un’audizione promossa dai parlamentari europei Soraya Post, Péter Niedermüller, Damian Dräghici, Sirpa Pietikäinen, Fredrick Federley, Barbara Spinelli, Terry Reintke, Benedek Jávor, e dal direttore dell’Open Society European Policy Institute Neil Campbell.

Intervento di Barbara Spinelli (versione inglese)

In Italia la Strategia nazionale di inclusione dei rom prevista dalla Commissione europea nel 2011 non ha mai avuto inizio. L’Italia è invece il solo paese europeo ad aver fatto dei “campi” per i rom e i sinti un sistema istituzionalizzato, gestito dalle pubbliche amministrazioni con il denaro dei contribuenti. A peggiorare questa già gravissima situazione, vengono le speculazioni mafiose e clientelari. «Noi quest’anno abbiamo chiuso con quaranta milioni di fatturato, ma tutti i soldi e gli utili li abbiamo fatti sui zingari, sull’emergenza alloggiativa e sugli immigrati, tutti gli altri settori finiscono a zero», ha detto Salvatore Buzzi, capo della cooperativa 29 giugno, nella famosa intercettazione telefonica che ha dato il via all’inchiesta denominata Mafia capitale.

Nel solo 2014, il governo italiano ha allocato 1.315.000 euro al Comune di Roma per politiche che finiscono con l’alimentare un sistema che rendere rom e sinti un capro espiatorio mentre si avvantaggia della loro segregazione.

A questo si aggiunga che stiamo assistendo a una politica di sgomberi forzati, attuata da giunte di destra e di sinistra come strategia elettorale in vista delle scadenze amministrative.

Meno di un mese fa è stato sgomberato il campo rom della Bigattiera a Pisa, senza che fosse predisposta alcuna soluzione abitativa per i suoi abitanti: ho cercato di bloccarlo, insieme alle associazioni della società civile, ma senza successo. Il sindaco di Pisa è un politico di sinistra. Uno sgombero del campo era già stato programmato a Natale dello scorso anno, e quella volta riuscimmo a fermarlo rivolgendoci al Prefetto. Allo stesso modo, il 18 marzo 2015 riuscimmo a impedire lo sgombero dei campi rom di Lungo Stura Lazio, a Torino, e di Torre del Lago Puccini, a Viareggio.

Il Giubileo è imminente. Il tasso di sgomberi forzati di famiglie rom nella città di Roma è aumentato in modo impressionante: 7 sgomberi nei due mesi e mezzo precedenti l’annuncio del Giubileo, 64 sgomberi nei sette mesi successivi. Ma proprio il Giubileo può diventare l’occasione per chiedere l’adozione delle politiche di inclusione e sicurezza sociale prescritte dalle Nazioni Unite e dall’Unione Europea nell’ambito di un più ampio progetto da sviluppare con le popolazioni interessate.

L’Unione dovrebbe promuovere un approccio olistico di inclusione sociale che vada oltre le attuali raccomandazioni non vincolanti agli Stati membri, nel rispetto dell’Articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali – che vieta qualsiasi forma di discriminazione fondata sull’origine etnica o sociale o sull’appartenenza a una minoranza nazionale.

Fighting racial discrimination in housing

14 October, 2015

Hearing on fighting racial discrimination in housing: Forced evictions against Roma.

Barbara Spinelli’s speech (Italian version)

The National Roma Integration Strategies provided for by the Commission have been never really promoted in Italy. Italy is the only European Country that has created an “institutionalised system” of Roma and Sinti camps managed by public authorities. It is financially supported by its citizens, but clientelism, corruption and illicit business are endemic and have worsened an already extremely serious situation. In the famous wiretapping that led to the inquiry commonly known as “Mafia Capitale”, Salvatore Buzzi, head of “Cooperativa 29 giugno” – the enterprise which is at the core of the scandal – stated: «We got revenues for 40 million euro and we made all these money and profits from gypsies, housing crisis and migrants; all the other economic sectors end up in balanced budgets»

In 2014 only, the Italian government has allocated 1.315.000 euros to the Municipality of Rome for policies which actually foster a system turning Roma and Sinti people into scapegoats while taking advantage of their segregation.

In addition to that, we are witnessing a policy of forced evictions – carried out by both right-wing and left-wing City Councils – used as electoral strategy in view of local elections.

Less than a month ago, local authorities evicted the Bigattiera Roma camp in Pisa, without providing for any alternative housing facilities: I tried to block it with the support of NGOs, but didn’t succeed. The mayor of Pisa is a leftist politician. Another eviction was organized last Christmas but, at that time, we were able to block it by turning to the Prefect. Similarly on March 18, 2015, we have been able to impede the eviction of the Roma camps of Lungo Stura Lazio, in Turin, and Torre del Lago Puccini, in Viareggio.

The Jubilee is imminent. The rate of forced eviction of Roma families in Rome has increased impressively: 7 evictions in the two and a half months preceding the notice of the Jubilee, 64 evictions in the 7 months following that notice.

The Jubilee could be the very opportunity to demand the adoption of social security and inclusion policies, as prescribed by the United Nations and the European Union, as part of a wider project developed by local communities.

The Union should promote a holistic approach to social inclusion that goes beyond the current non-binding recommendations to the Member States and is founded on article 21 of the EU Charter of fundamental rights, under which any discrimination based on ethnic or social origin or membership to a national minority is forbidden.

Premio al whistleblower all’origine di LuxLeaks

COMUNICATO STAMPA

Bruxelles, 14 ottobre 2015

Antoine Deltour, uno dei whistleblower nominati dal gruppo GUE / NGL come candidato per il Premio Sakharov per la libertà di espressione, è al Parlamento europeo a Bruxelles per ricevere un altro riconoscimento: il Premio del cittadino europeo.

Il premio, inaugurato dal Parlamento Europeo nel 2008, riconosce gli eccezionali risultati raggiunti da persone e organizzazioni che abbiano contribuito in modo notevole alla cooperazione europea e alla promozione dei diritti fondamentali dell’Unione.

Antoine Deltour, il principale whistleblower nell’affare LuxLeaks, è tra i 47 cittadini provenienti da tutta Europa a ricevere il premio quest’anno. Ha rivelato un enorme sistema di elusione fiscale creato a beneficio di decine di grandi aziende internazionali in Lussemburgo, e attualmente è sotto processo in Lussemburgo.

Barbara Spinelli, eurodeputata GUE/NGL, ha dichiarato:

«Ho sostenuto fin dall’inizio la candidatura al premio Sakharov di Antoine Deltour, di Stéphanie Gibaud e soprattutto di Edward Snowden, e continuerò a condurre la battaglia contro la corruzione e la criminalità organizzata, sia come membro dell’intergruppo parlamentare sull’Integrità per la trasparenza, sia sostenendo la Campagna “Restarting the Future” in favore dell’introduzione di una direttiva europea per la protezione dei whistleblowers.

L’introduzione di tale direttiva è necessaria per proteggere e aiutare i cittadini che lottano contro attività illegali nazionali e transfrontaliere in tutta Europa, portandole alla luce: un lavoro colmo di rischi personali ed estremamente coraggioso, senza il quale è inconcepibile, ormai, debellare la corruzione, la criminalità organizzata, la sorveglianza di massa.

Dovrà ripartire da qui – dai singoli cittadini solitari che lanciano l’allerta – l’Europa dei Diritti che rischia sempre più di esser travolta dall’arbitrio dei mercati e da un’Europa esclusivamente concentrata sui parametri dell’economia».

Durata del trattenimento amministrativo

Interrogazione con richiesta di risposta scritta E-011010/2015
alla Commissione
Articolo 130 del regolamento

Marie-Christine Vergiat (GUE/NGL), Tanja Fajon (S&D), Dennis de Jong (GUE/NGL), Nathalie  Griesbeck (ALDE), Cecilia Wikström (ALDE), Martina Anderson (GUE/NGL), Cornelia Ernst (GUE/NGL), Barbara Spinelli (GUE/NGL), Kostas Chrysogonos (GUE/NGL), Jean Lambert (Verts/ALE), Ulrike Lunacek (Verts/ALE) e Malin Björk (GUE/NGL)

Oggetto: Durata del trattenimento amministrativo

La direttiva sui rimpatri (2008/115/CE) e la direttiva sull’accoglienza (2013/33/UE) affermano che gli stranieri e i richiedenti asilo possono essere trattenuti soltanto in circostanze eccezionali, e per il
minor tempo possibile, in base al principio secondo cui il trattenimento non rappresenta altro che un’eccezione al diritto fondamentale alla libertà.

Nella comunicazione sulla politica di rimpatrio del 28 marzo 2014, la Commissione ha rilevato che la
durata massima del trattenimento è diminuita in 12 Stati membri. Tuttavia, se confrontata con il
numero totale di trattenuti, tale diminuzione riguarda meno del 10 % di loro.

In alcuni Stati membri, come Cipro e il Belgio, gli stranieri sono trattenuti nonostante la mancanza di prospettive di allontanamento ragionevoli. Per alcuni di loro il periodo di trattenimento può essere prolungato oltre la durata massima (Belgio) o a tempo indeterminato (Grecia) in violazione delle disposizioni delle summenzionate direttive.

1. Non ritiene la Commissione necessario rendere obbligatoria per tutti gli Stati membri la pubblicazione, almeno su base annua, dei periodi di trattenimento medio, cumulativo e
prolungato per categoria di trattenuti (donne, uomini, bambini, richiedenti asilo, ecc.), incluso chi
attende l’allontanamento?

2. Quali misure concrete intende la Commissione adottare per mettere fine agli eccessivi periodi di
trattenimento applicati in alcuni Stati membri, che costituiscono un rischio di trattamento inumano
e degradante?


 

IT

E-011010/2015
Risposta di Dimitris Avramopoulos
a nome della Commissione

(5.10.2015)

La Commissione, insieme agli Stati membri, rivede regolarmente la raccolta di dati e di statistiche dell’UE riguardanti la migrazione e l’asilo rispetto alla legislazione europea in vigore. Si tratta di una misura introdotta per fornire dati fattuali e obiettivi che possano servire come base per l’elaborazione di politiche basate su elementi concreti. Finora gli Stati membri hanno partecipato e contribuito in modo molto proattivo a questo processo con Eurostat, in un quadro di cooperazione strutturato basato sul consenso. Misure obbligatorie non sono quindi ritenute necessarie, mentre si è convenuto di migliorare le serie di dati individuali e di aggiornarle regolarmente se considerato pertinente e necessario.

Come annunciato nell’Agenda sulla migrazione [1], la Commissione ha adottato un Manuale sul rimpatrio. Pur non essendo vincolante sul piano giuridico, questo documento fornirà alle autorità competenti degli Stati membri orientamenti comuni, buone pratiche e raccomandazioni affinché le utilizzino nello svolgimento delle attività relative al rimpatrio e per le valutazioni Schengen connesse al rimpatrio. Il manuale affronta, fra gli altri punti, la promozione delle partenze volontarie, l’uso proporzionato delle misure coercitive, il monitoraggio dei rimpatri forzati, il rinvio dell’allontanamento, il rimpatrio dei minori, i mezzi di ricorso effettivi, le garanzie in attesa del rimpatrio, condizioni di trattenimento umane e dignitose e le garanzie per le persone vulnerabili.

La Commissione controlla da vicino l’attuazione dell’integralità dell’acquis in materia d’asilo, e non esiterà a prendere le dovute iniziative procedurali nel rispetto dei trattati per garantire che i diritti fondamentali siano sempre rispettati quando uno Stato membro potrebbe avere agito in violazione dei suoi obblighi legali.

La Commissione rinvia inoltre gli Onorevoli Deputati alla sua risposta all’interrogazione E‑009662/2014.

[1]    COM(2015) 240.

Intendono abolire la Convenzione di Ginevra?

COMUNICATO STAMPA

Strasburgo 8 ottobre 2015

I deputati del Gue/Ngl denunciano come deplorevole e pericoloso il Progetto di conclusioni del Consiglio sul rimpatrio

I deputati del Gue/Ngl hanno ripetutamente chiesto al Consiglio dell’UE di far fronte alle proprie responsabilità individuando una risposta umanitaria all’arrivo di uomini, donne e bambini in cerca di protezione in Europa, e smettendo di consolidare la Fortezza Europa.

Il progetto di conclusioni del Consiglio, fatto trapelare da Statewatch, mostra che il Consiglio sta pianificando una serie di iniziative che violano chiaramente i diritti e gli obblighi europei e internazionali, facendo applicare le decisioni di rimpatrio con ogni mezzo, compreso un diffuso ricorso alla detenzione per chiunque non venga considerato qualificato per la protezione internazionale, e un rafforzamento dei poteri dati a FRONTEX.

Il Consiglio minaccia di ritirare aiuti, accordi commerciali e accordi sui visti a quei paesi che dovessero rifiutarsi diriprendere i propri cittadini, e dà alla Commissione sei mesi di tempo per individuare soluzioni su misura per giungere a riammissioni più efficaci con i paesi terzi.

Infine, il Consiglio promuove lo sviluppo di centri di detenzione nei paesi terzi colpiti dalla pressione migratoria “fino a quando non sia possibile il ritorno nel paese di origine”. La prospettiva è utilizzare questi centri come luoghi di rapido rimpatrio per chi non sia qualificato per la protezione internazionale, o sia inammissibile in paesi terzi sicuri. La Commissione si è già mossa in questa direzione, decidendo di utilizzare i fondi dell’Unione per aprire sei centri di accoglienza per rifugiati in Turchia, che attualmente fronteggia forti tensioni nella regione circostante.

Marie-Christine Vergiat ha espresso grave preoccupazione per la richiesta del Consiglio di implementare l’articolo 13 dell’accordo di Cotonou relativo all’obbligo di riammettere i cittadini di paesi aderenti all’accordo, quando sappiamo che molti di questi paesi sono aree di guerra e di crisi dalle quali i rifugiati sono attualmente in fuga. Eritrea, Repubblica Centrafricana e Repubblica Democratica del Congo sono tra questi paesi.

“Queste conclusioni, se adottate così come sono, costituirebbero una violazione dell’articolo 263 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, poiché produrrebbero effetti giuridici nei confronti di paesi terzi”, ha commentato Barbara Spinelli. “Il Parlamento potrebbe portarle alla Corte per violazione di un requisito procedurale essenziale e dei Trattati in quanto il Parlamento non verrebbe coinvolto, in ambito di sua competenza, in decisioni vincolanti per terzi”, ha aggiunto. A proposito degli hotspot menzionati nel progetto di conclusioni del Consiglio, ha detto che “rischiano di intrappolare chi chiede protezione e di trasformarsi in centri di detenzione per i richiedenti asilo”.

“Se adottato, questo progetto di conclusioni equivarrebbe all’abolizione della Convenzione di Ginevra e, di fatto, alla fine del sistema di protezione internazionale per i rifugiati, come stabilito dopo la Seconda guerra mondiale”, ha aggiunto Cornelia Ernst.

Processo di Khartoum e iniziativa UE-Corno d’Africa

Interrogazione con richiesta di risposta scritta E-004122/2015 al Consiglio
Articolo 130 del regolamento

Marie-Christine Vergiat (GUE/NGL), Malin Björk (GUE/NGL), Barbara Spinelli (GUE/NGL), Cornelia Ernst (GUE/NGL), Dennis de Jong (GUE/NGL) e Kostas Chrysogonos (GUE/NGL)

12.3.2015

Oggetto: Processo globale di Khartoum e imminente iniziativa UE-Corno d’Africa in materia di rotte migratorie

La Presidenza italiana del Consiglio dell’Unione europea ha aperto un dialogo intitolato “Processo di Khartoum” che, il 28 novembre 2014, ha portato ad una dichiarazione in cui si chiedeva il varo dell’iniziativa UE-Corno d’Africa in materia di rotte migratorie1.

1. Qual è stato il coinvolgimento del Consiglio nel processo di Khartoum e ora nell’iniziativa UE-Corno d’Africa in materia di rotte migratorie?

2. Vi è un coinvolgimento specifico della Presidenza lettone in questo follow-up?

3. Può il Consiglio fornire informazioni dettagliate sul contenuto della cooperazione con paesi terzi, tra cui l’Eritrea e il Sudan, in particolare sull’eventuale esistenza di impegni economici?


IT
E-004122/2015

Risposta
16.9.2015

L’iniziativa UE-Corno d’Africa in materia di rotte migratorie – o processo di Khartoum – è stata varata a  Roma il 28 novembre 2014 con una dichiarazione firmata dai ministri di tutti gli Stati membri dell’UE e dai paesi del Corno d’Africa, dall’Egitto e dalla Tunisia, nonché dalla Commissione europea, dall’alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza e dalla Commissione dell’Unione africana.
Non è previsto alcun ruolo specifico per il Consiglio o la presidenza.
Il Consiglio invita pertanto gli onorevoli parlamentari a rivolgere i loro quesiti sulla cooperazione con i paesi terzi alla Commissione europea e/o all’alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza.