I vantaggi dell’integrazione dei migranti

di venerdì, Luglio 1, 2016 0 , , Permalink

Intervento di Barbara Spinelli nel corso della Conferenza “Migrants Inclusion – Best Practices from Southern Italy” organizzata dal deputato Andrea Cozzolino (S&D – Italia) presso il Parlamento europeo. Bruxelles, 22 giugno 2016.

Benvenuto

  • Gianni Pittella – Presidente Gruppo S&D
  • Giuseppe Aieta – Consiglio Regionale Calabria
  • Proiezione del film “Radici e Speranze” della Scuola Raffaele Piria
  • Giuseppe Falcomatà – Sindaco di Reggio Calabria

Presentazione di migliori pratiche sull’inclusione dei migranti

  • Giovanni Manoccio – Coordinatore regionale per il Sistema di Protezione dei richiedenti asilo e rifugiati
  • Mimmo Lucano – Sindaco di Riace
  • Mario Talarico – Sindaco di Carlopoli
  • Agnese Papadia – Commissione europea
  • Federica Roccisano – Assessore alle politiche sociali della Regione Calabria

Ringrazio l´onorevole Cozzolino per l’occasione che ci ha offerto: l’ascolto delle straordinarie esperienze di sindaci e amministratori italiani alle prese con l’arrivo e l’integrazione sociale di rifugiati e migranti.

Penso che le testimonianze di questi ultimi rappresentino l´avanguardia di quello che dovrebbe accadere negli Stati Membri dell´Unione e nell´Unione stessa. Sono esperienze che confermano quanto sia necessaria, in Italia come in Europa, una presa di coscienza dei poteri pubblici che si ponga come obiettivo un vero e proprio patto nazionale ed europeo per l´integrazione e l´inclusione di migranti e rifugiati nel mondo del lavoro.

lucano_domenico_fg

Il sindaco di Riace, Domenico Lucano

Infatti, solo un autentico new deal – con investimenti pubblici sostanziosi – potrà far fronte alle paure che si diffondono inevitabilmente, in mancanza di risposte adeguate. Paure spesso legittime, perché legate al timore di subire, con l’ingresso di rifugiati e migranti, una competizione al ribasso nel mercato del lavoro e quindi di veder acuita la crisi sociale che stiamo attraversando da anni.

Quello che non è più sufficiente, secondo me, è l’ammucchiarsi di risposte emergenziali, basate nella migliore delle ipotesi sul concetto di “carità” (la carità per definizione risponde a uno stato di eccezione). Abbiamo bisogno di programmi precisi, cifrati, di medio-lungo periodo, che diano ai cittadini italiani ed europei la possibilità di una percezione diversa, e il senso che non c’è da avere paura, che non si devono solo riparare rovine: c´è piuttosto da ricreare una società vivibile con i nuovi arrivati, basata su diritti e doveri cui tutti –migranti e cittadini italiani – possano appellarsi.

Veramente inaccettabile e indecente è continuare ad affidare una questione così grave, che riguarda la convivenza civile in Italia e al tempo stesso la sua economia e il suo mercato del lavoro, esclusivamente al Ministero dell’Interno. Una scelta simile non fa che ribadire il messaggio secondo cui tutto si ridurrebbe a una questione di sicurezza interna, quindi ancora una volta di emergenza. Il new deal ci fa uscire dall’emergenza, ci fa riconoscere i limiti del mero discorso caritativo – non dimentichiamo che le prime forme di Welfare nacquero per andare oltre una carità spesso gestita dalle chiese – e apre la mente a ragionamenti sul futuro delle nostre società.

unnamedNaturalmente il new deal è un imperativo ineludibile, nell’attuale situazione di crisi umanitaria: è un indispensabile strumento di rispetto dei diritti. Ma il suo raggio di azione va oltre tale imperativo. Vorrei riferirmi, tanto per fare un esempio, ai lavori che sono stati fatti da economisti esperti dei benefici che possono nascere dall´inclusione dei migranti: cito in particolare gli studi di Philippe Legrain – ex Consigliere economico della Commissione europea e Professore presso la London School of Economics. Secondo Legrain, “un investimento pubblico anticipato nell´inclusione lavorativa dei migranti può produrre veri e propri guadagni economici che lungo gli anni possono crescere, man mano che i rifugiati, e specialmente i loro figli, progrediscono economicamente nelle nuove patrie”.[1]

Un altro passaggio dello studio di Legrain va qui menzionato: «I rifugiati creeranno nuovi posti di lavoro, aumenteranno la richiesta di servizi e prodotti, riempiranno i vuoti nella forza lavoro europea, mentre i contributi da loro versati alimenteranno i fondi pensione e le casse delle finanze pubbliche». Legrain ritiene improbabile che l´arrivo dei rifugiati generi un gap salariale nel lungo periodo. Stando ai suoi calcoli, mentre il debito pubblico nell’Unione europea aumenterà di 69 miliardi di euro tra il 2015 e il 2020 a causa dell´arrivo dei rifugiati, nello stesso periodo gli stessi faranno crescere il PIL di 126,6 miliardi di euro. Cioè nella misura di due a uno. Ogni euro investito nell´accoglienza dei rifugiati produrrà circa due euro di crescita economica nel giro di cinque anni.

Vorrei concludere sottolineando la necessità di seguire con attenzione le best practice, come sempre dovrebbe avvenire in un’unione di più Stati: le “prassi migliori” sono punti di riferimento importanti, sia quando vengono attuate nei comuni sia a livello dei Paesi europei. L’Europa è in forte declino demografico, e particolarmente in due Paesi: Italia e Germania. La Germania ha capito, in modo certo confuso ma certamente più chiaro di quanto avvenga in Italia, che sui rifugiati si può e si deve scommettere. Per questo sta promuovendo investimenti ingenti in materia di formazione linguistica, di educazione sulle norme costituzionali del Paese d’arrivo, di formazione lavorativa. Per questa via vengono impiegati anche cittadini tedeschi, in precedenza privi di lavoro, per formare i rifugiati e i migranti che vivono nel Paese. Tra il 2015 e la prima metà del 2016, la Repubblica federale ha accolto circa 1 milione e mezzo di profughi, e il suo governo – come raccontato da Andrea d’Addio in un reportage su Panorama – ha subito stanziato 16 miliardi per il 2016, che saliranno a 93,6 nel 2020, per accoglierli e integrarli: sviluppando scuole, sanità, sussidi, case, ostelli, trasporti, assicurazioni. Prospettive di questo genere sono assenti in Italia, se non a livello di singoli comuni ormai mondialmente conosciuti come quello di Riace, qui rappresentato dal sindaco Mimmo Lucano.

Personalmente ritengo, infine, che un grande contributo all’integrazione potrà avvenire attraverso l’abolizione dello ius sanguinis e l’adozione della legge sul riconoscimento del diritto di cittadinanza, che ancora aspetta di essere approvata dal Parlamento italiano.

[1] Refugees Work: A Humanitarian Investment That Yields Economic Dividends, Open Political Economy Network e Tent Foundation, maggio 2016, http://static1.squarespace.com/static/55462dd8e4b0a65de4f3a087/t/573cb9e8ab48de57372771e6/1463597545986/Tent-Open-Refugees+Work_VFINAL-singlepages.pdf

Commenti chiusi.