La Commissione Libertà, Giustizia e Affari Interni vota a favore del rapporto sull’immigrazione nel Mediterraneo

Il 16 marzo, la Commissione Libertà, Giustizia e Affari Interni (LIBE) del Parlamento Europeo riunita a Bruxelles ha adottato la relazione d’iniziativa sulla situazione nel Mediterraneo e la necessità di un approccio globale dell’UE in materia di immigrazione. La risoluzione sarà ridiscussa e votata dal Parlamento Europeo durante la seduta plenaria di aprile.

Co-relatrici: Cécile Kyenge (Partito Socialista) e Roberta Metsola (Partito Popolare Europeo)

Relatore ombra per il gruppo GUE/NGL: Barbara Spinelli

 Dopo il voto, Barbara Spinelli ha rilasciato la seguente dichiarazione:

«Oggi la Commissione LIBE ha adottato la relazione sulla situazione nel Mediterraneo e la necessità di un approccio globale dell’UE in materia di immigrazione.

Il rapporto presenta notevoli punti positivi, soprattutto per quanto riguarda la necessità di riconoscere vie legali e sicure di accesso al territorio dell’Unione e la creazione di un sistema europeo di ricerca e salvataggio in mare.

Deploro, ciononostante, il processo decisionale che ha portato al voto di questo rapporto. Il rapporto è stato assegnato più di un anno fa a due relatrici – Cécile Kyenge (Partito Socialista) e Roberta Metsola (Partito Popolare Europeo) – e tale procedura, che affida la guida dei rapporti parlamentari ai due maggiori gruppi del Parlamento, non è mai di buon auspicio. L’esperienza insegna che, poiché i due gruppi politici formano da soli una maggioranza solida in Parlamento, l’opinione degli altri gruppi è messa in disparte e il pluralismo viene aggirato. Nel caso in specie e per volontà congiunta dei Socialisti e dei Popolari, i nostri 168 emendamenti, scritti con l’appoggio di numerosi accademici, associazioni della società civile e ONG, non sono stati sottoposti al voto. È il motivo per cui solo alcuni di essi sono stati incorporati negli emendamenti di compromesso votati oggi. Quel che deploro, è che l’insieme delle nostre controproposte non abbia trovato spazio né visibilità nei testi di compromesso.

Se alla fine una parte dei nostri emendamenti è stata inclusa, dopo difficili e lunghi negoziati, lo si deve alla tenacia con cui il Gue, i Verdi, l’Alde, i Cinque Stelle si sono battuti per incorporare alcuni punti importanti negli emendamenti di compromesso come:

– la necessità di prevedere misure di accoglienza, sostegno e opportunità di integrazione a migranti, richiedenti asilo e rifugiati;

– l’esortazione agli Stati membri a introdurre specifiche procedure per la determinazione dell’apolidia e a condividere pratiche di eccellenza (best practices);

– il richiamo al fatto che sia il diritto internazionale sia la Carta dei diritti fondamentali dell’UE impongono agli Stati membri di esaminare opzioni alternative alla detenzione;

– la critica forte del sistema di Dublino, e la richiesta, fatta alla Commissione e agli Stati membri, di superarne le rigidità e di diminuire il peso che grava sugli Stati di prima accoglienza (essenzialmente Grecia e Italia);

– la menzione delle cause profonde della fuga dei migranti: guerre, povertà, corruzione, fame, pulizie etniche, disastri naturali e cambiamento climatico;

Il rapporto presenta tuttavia alcune debolezze a mio parere gravi. Sono passate malgrado il voto negativo del mio gruppo paragrafi a favore del piano d’azione comune UE-Turchia, da me radicalmente criticato; disposizioni a favore di rimpatri e accordi di riammissione con Stati Terzi (processo di Khartoum); e una serie di capitoli sul rafforzamento dei controlli delle frontiere esterne di Schengen (criticabile è il nesso stretto stabilito con le frontiere interne), sulla proposta di una lista europea di Stati di origine sicuri e sulla creazione di una Guardia Costiera europea.

Le sezioni riguardanti il ricongiungimento familiare potevano e avrebbero dovuto essere ulteriormente rafforzate, favorendo il ricongiungimento di membri di famiglie allargate ed eliminando le restrizioni (burocratiche, pecuniarie) che intralciano il ricongiungimento intra e extra-europeo di moltissime famiglie. Infine, ed è una mancanza a mio parere cruciale, il rapporto non riconosce il ruolo svolto dagli interventi militari occidentali nella grave destabilizzazione degli Stati di origine o di transito di tanti rifugiati che arrivano in Europa.

Altra nostra domanda che non è stata accolta: la definizione di uno statuto giuridico – tuttora assente nel diritto internazionale – per i rifugiati ambientali.

Esaminando i punti positivi e quelli negativi del testo, ho tuttavia consigliato ai miei colleghi, nel mio ruolo di relatore ombra per il gruppo GUE/NGL,  di dare all’insieme del rapporto un voto positivo, pur raccomandando il voto negativo su una ventina di paragrafi di compromesso».

Allegati:

Gli emendamenti presentati da Barbara Spinelli al rapporto (file .pdf)

La bozza del rapporto sull’immigrazione nel Mediterraneo (file .doc)

Sull’introduzione di quote dell’olio d’oliva tunisino

COMUNICATO STAMPA

Bruxelles, 26 febbraio 2016

Il 25 febbraio, nel corso della seduta plenaria del Parlamento europeo riunito a Bruxelles, è stata sottoposta al voto la “Relazione sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sull’introduzione di misure commerciali autonome di emergenza a favore della Repubblica tunisina” (A8-0013/2016).

Dopo il voto, Barbara Spinelli (GUE/NGL) ha rilasciato la seguente dichiarazione:

«Oggi ho votato a favore della risoluzione De Sarnez sulle quote dell’olio d’oliva. Non è stata una decisione facile, ma l’economia tunisina è a pezzi, in seguito alla caduta del turismo verificatasi dopo una serie di attacchi terroristici. Sono convinta che questo provvedimento possa costituire una boccata di ossigeno per l’economia e il popolo della Tunisia.

«Le nuove quote sono limitate nel tempo e ritengo, non diversamente da numerosi colleghi del GUE/NGL (undici i voti a favore, tredici gli astenuti, ventitré i contrari), che il problema reale per i produttori italiani di olio d’oliva risieda nell’industria europea del cibo: i produttori italiani sono spesso svantaggiati da importazioni di olio che poi viene etichettato come italiano.

«Consapevole delle sfide geopolitiche e democratiche che la Tunisia sta affrontando, reputo corretto dare un segnale in tal senso».

Radicalizzazione violenta: i rischi della politica della paura

Perché ho raccomandato di votare contro la Relazione sulla prevenzione della radicalizzazione

(relatrice Rachida Dati, PPE – relatore ombra per il GUE-NGL: Barbara Spinelli)

Non è stata una decisione semplice. Dopo mesi di discussione tra la relatrice e i rappresentanti “ombra” degli altri gruppi politici, ho deciso di dare al mio gruppo un’indicazione di voto contrario. Nonostante i negoziati si siano svolti nel rispetto delle reciproche posizioni, e una serie di nostri emendamenti non irrilevanti sia stata accolta nella Commissione Libertà pubbliche e nell’Assemblea plenaria, il risultato finale ha risentito in maniera a mio parere affrettata degli attentati parigini del 13 novembre: il gruppo politico PPE nel suo insieme ha accentuato negli ultimi giorni la natura repressiva del rapporto e ulteriori misure anti-terrorismo sono state adottate, senza che ancora siano valutate la necessaria proporzionalità nonché la necessità legale. La politica della paura, sotto molti aspetti, ha prevalso nella maggioranza dei gruppi, pur creando importanti divisioni nel gruppo socialista, in quello dei Verdi, e perfino nel GUE-NGL.

Inizialmente avevamo presentato 95 emendamenti, la maggior parte dei quali basati su rapporti e raccomandazioni di 13 ONG [1], che mi sono state vicine con consigli molto circostanziati sino al momento del voto. Un certo numero di tali proposte era già stato incorporato nella risoluzione sotto forma di emendamenti di compromesso o durante il voto in Commissione Libertà pubbliche. Mi riferisco in particolare agli emendamenti sul ruolo delle scuole e in genere dell’educazione nella prevenzione della radicalizzazione violenta (promozione di corsi sulla tolleranza e diritti umani), sugli indispensabili investimenti in progetti sociali volti a superare l’emarginazione economica e geografica, sulla domanda rivolta agli Stati membri di attuare diligentemente gli strumenti anti-discriminazione dell’UE e di adottare misure efficaci per affrontare la discriminazione, l’incitamento all’odio e i reati di odio nel quadro della strategia di lotta alla radicalizzazione violenta.

Altri nostri emendamenti sono stati adottati durante il voto in plenaria, e questo migliora la risoluzione. In particolare, è inaspettatamente passato un mio emendamento che fa risalire l’estendersi in Europa dell’islamofobia a “anni di guerra contro il terrorismo”, soffermandosi sulle argomentazioni sfruttate in questo quadro dagli estremisti violenti per reclutare i giovani e biasimando il fatto che “l’Europa non sia più un luogo in cui i musulmani sono benvenuti o possono vivere in condizioni di parità e praticare la loro fede senza essere discriminati e stigmatizzati”. Così come è stato approvato un nostro emendamento, nel quale si esprime cordoglio e solidarietà con le vittime degli attentati di Parigi e con le loro famiglie, condannando al tempo stesso l’uso di stereotipi, di parole e di pratiche xenofobe e razziste: uso che tende a collegare gli attacchi terroristici alla questione rifugiati. Nella stessa direzione va un emendamento – anch’esso approvato – in cui ricordiamo che l’aumento dell’islamofobia nell’Unione europea contribuisce all’esclusione sociale dei musulmani e raccomandiamo dunque l’approvazione di un quadro europeo per l’adozione di strategie nazionali intese a combattere l’islamofobia, anche allo scopo di lottare contro la discriminazione che ostacola l’accesso all’istruzione, all’occupazione e all’alloggio. Infine, un emendamento GUE sancisce che combattere il traffico di armi deve essere una priorità dell’UE nella lotta contro le forme gravi e organizzate di criminalità internazionale. Ulteriore punto adottato: il potenziamento della cooperazione nell’ambito dei meccanismi di scambio di informazioni, nonché della tracciabilità e distruzione delle armi proibite.

Restano i punti negativi. Il GUE-NGL è contrario da tempo all’introduzione della Direttiva PNR (soprattutto se estesa ai voli interni all’Unione, come richiesto nella risoluzione): si tratta di una misura che il Garante europeo per la protezione dei dati e altre importanti autorità hanno definito non necessaria né proporzionata. Allo stesso modo, concordiamo con l’analisi effettuata da European Digital Rights (EDRI) secondo cui gli standard di crittografia non dovevano essere arbitrariamente indeboliti, come di fatto lo sono nel rapporto approvato dal Parlamento, perché ciò rischia di avere effetti negativi sulla privacy di persone innocenti.

Riteniamo inoltre che la risoluzione criminalizzi le compagnie internet, obbligandole a una sistematica cooperazione con gli Stati e mettendole praticamente sotto la loro tutela. È un messaggio assai pericoloso che per questa via viene trasmesso a regimi autoritari nel mondo, tanto più che di tale misura si chiede l’applicazione perfino per quanto concerne materiale considerato legale.

Anche se di per sé non sono affatto contraria ai controlli alle frontiere, ritengo tuttavia – come si affermava in un emendamento presentato dal gruppo S&D sfortunatamente rigettato – che gli Stati Membri “debbano astenersi dal ricorrere a misure di controllo alle frontiere finalizzate alla lotta contro il terrorismo e all’arresto di individui sospettati di terrorismo, con lo scopo di esercitare un controllo dell’immigrazione“. Più precisamente, l’emendamento manifestava estrema preoccupazione “per le misure adottate da alcuni governi dell’UE, volte a introdurre ulteriori controlli alle frontiere onde impedire l’ingresso nell’Unione di rifugiati e migranti, con il rischio che tali misure siano basate sull’arbitrarietà e su un ‘profiling’ razziale o etnico del tutto contrario ai principi dell’UE, e che viola inoltre gli obblighi internazionali degli Stati membri in materia di diritti umani“.

Al pari dell’European Network Against Racism (ENAR), quel che temo è che una serie di proposte contenute nella relazione possa mettere a repentaglio alcuni diritti fondamentali nell’UE, soprattutto nei confronti dei rifugiati e delle persone di fede musulmana o delle persone percepite come tali, esplicitamente confusi gli uni con le altre.

Particolarmente grave mi è parso il rifiuto di un nostro emendamento specifico contro la vendita di armi a paesi della Lega Araba come Arabia Saudita, Egitto e Marocco, e contro la collusione politica con Paesi terzi a guida dittatoriale. Nonostante il voto a maggioranza espresso sul legame fra l’estendersi dell’islamofobia e gli “anni di guerra contro il terrorismo”, un emendamento GUE più preciso in materia è stato respinto: quello che criticava il ruolo esercitato dagli interventi militari dell’Occidente in Afghanistan, Medio Oriente e paesi dell’Africa del Nord nelle esperienze individuali di radicalizzazione violenta.

Per quanto riguarda la politica interna, è stato rifiutato un nostro emendamento che raccomandava, con terminologia più dettagliata, interventi di risanamento nelle periferie urbane d’Europa.

Per finire, è stato rigettato uno dei nostri emendamenti che consideravamo fondamentale: il rifiuto della “falsa dicotomia tra sicurezza e libertà”. In ogni democrazia il rifiuto di tale dicotomia dovrebbe essere un concetto ovvio. Non lo è più di questi tempi, dominati più dalla paura e dalla collera che dalla ragione e dalla rule of law.

 

[1] Tra cui Amnesty International, Statewatch, European Digital Rights (EDRI), European Network Against Racism (ENAR), Forum of European Muslim Youth and Student Organisations (FEMYSO), A Jewish Contribution to an Inclusive Europe (CEJI).


Si veda anche:

Versione finale del rapporto Dati  (qui il testo inglese):

Terrorismo: non imitare Tony Blair

Statement by GUE/NGL MEP Barbara Spinelli on the prevention of radicalisation report vote

Barbara Spinelli. Radicalizzazione violenta: i rischi della politica della paura

Ecco il Parlamento che vogliamo

Il 29 ottobre a Strasburgo, il Parlamento ha adottato con 342 voti a favore e 274 contrari la “Risoluzione Moraes” sul seguito da dare alla risoluzione del Parlamento europeo del 12 marzo 2014 sulla sorveglianza elettronica di massa dei cittadini dell’Unione. È una risoluzione che svela un Parlamento più coraggioso e audace del previsto, in primis per l’invito – rivolto agli Stati membri dell’UE – a ritirare ogni imputazione penale nei confronti di Edward Snowden, a offrirgli protezione e, di conseguenza, a evitare la sua estradizione o consegna da parte di terzi. Il suo statuto di “lanciatore di allerta” (whistleblower), e dunque di difensore internazionale di diritti fondamentali della persona, viene pienamente riconosciuto. Sostengo da sempre la necessità di difendere gli informatori e ho caldeggiato di recente, con il gruppo GUE-NGL, la candidatura di Snowden al premio Sakharov (assieme ad Antoine Deltour, whistleblower nel caso Luxleaks, e a Stephanie Gibaud, che ha rivelato pratiche di evasione e riciclaggio della banca UBS AG). È il motivo per cui l’emendamento Snowden (presentato da deputati Verdi e del GUE-NGL) era cruciale per me. È passato per pochi voti: 285 i voti a favore, 281 i contrari.

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Dichiarazione di Barbara Spinelli ed Eleonora Forenza contro lo sgombero del campo rom della Bigattiera a Pisa

Bruxelles, 28 settembre 2015

Apprendiamo con preoccupazione le notizie relative all’imminente sgombero del campo rom della Bigattiera, nel Comune di Pisa. Il Sindaco della città ha firmato in queste ore l’ordinanza DD-08 / 12 del 25/09/2015, Codice identificativo 1190162, con la quale ordina «l’allontanamento di tutte le persone presenti e/o dimoranti abusivamente nell’area entro tre giorni». L’ordinanza non dispone alcuna alternativa per gli abitanti del campo – tra i quali vi sono numerose famiglie con bambini anche molto piccoli – e in pratica si limita a buttare in mezzo a una strada centinaia di persone.

Si tratta dell’esito di una politica del Comune di Pisa volta a ridurre le presenze rom nel territorio, come dichiarato esplicitamente dall’amministrazione nel Dicembre 2014. Più volte la Giunta municipale ha parlato di un “carico eccessivo” di persone rom, la cui presenza andava diminuita con drastiche politiche di contenimento numerico: evidentemente un intero gruppo etnico, in quanto tale, rappresenta agli occhi del Comune un “problema”.

Come parlamentari europee, vorremmo ricordare che queste politiche sono in evidente contrasto con tutte le normative dell’Unione. Già nel 2011, infatti, la Commissione – con la propria Comunicazione n. 173, recepita anche dal Governo italiano – aveva richiamato gli Stati Membri a promuovere politiche di inclusione nei confronti delle popolazioni rom e sinte, superando la pratica illegale degli sgomberi forzati.

Ricordiamo inoltre che gli sgomberi forzati sono vietati dalle Nazioni Unite (risoluzione n. 1993/77) e dalla Carta Sociale Europea: gli strumenti di diritto internazionale obbligano le autorità a fornire un congruo preavviso, a predisporre soprattutto soluzioni abitative per tutte le persone e le famiglie coinvolte, e in generale a garantire un’ampia partecipazione degli interessati ai programmi di superamento dei campi: queste regole valgono anche per gli insediamenti cosiddetti “abusivi”, e a prescindere dallo status giuridico delle persone (dalla regolarità del loro soggiorno).

Il Comune di Pisa sta agendo in aperta violazione di tali norme: cosa che appare tanto più grave in quanto il Consiglio comunale stesso, due anni fa, aveva indicato una strada diversa per superare l’insediamento della Bigattiera, e per garantire alle famiglie un alloggio dignitoso.

Oggi invece l’amministrazione sceglie di violare le normative europee e internazionali, adducendo come motivazione problemi igienico-sanitari che sono stati creati dalla stessa azione amministrativa. In tal modo il Sindaco di Pisa si assume una responsabilità gravida di conseguenze. Come parlamentari europee, ci rivolgereremo alla Commissione per chiedere che siano presi immediati provvedimenti ed eventuali sanzioni, affinché siano rispettati e garantiti i diritti umani e civili delle persone che abitano alla Bigattiera.

Barbara Spinelli

Eloonora Forenza

 

Dichiarazione scritta sulla lotta contro la criminalità organizzata

7.9.2015

0044/2015

DICHIARAZIONE SCRITTA
presentata a norma dell’articolo 136 del regolamento
sulla lotta contro la criminalità organizzata

Laura Ferrara (EFDD), Marco Valli (EFDD), Petri Sarvamaa (PPE), Bart Staes (Verts/ALE), Barbara Spinelli (GUE/NGL), Ingeborg Gräßle (PPE), Michael Theurer (ALDE), Dennis de Jong (GUE/NGL), Monika Hohlmeier (PPE), Benedek Jávor (Verts/ALE), Sergio Gaetano Cofferati (S&D), Ignazio Corrao (EFDD), Fabio Massimo Castaldo (EFDD)

Scadenza: 7.12.2015

0044/2015

Dichiarazione scritta, presentata a norma dell’articolo 136 del regolamento, sulla lotta contro la criminalità organizzata [1]

  1. Secondo i dati forniti da Europol, in Europa sono attivi migliaia di gruppi criminali organizzati, gruppi che si infiltrano e influenzano i mercati legali nonché i processi politici e istituzionali, minando lo stato di diritto e i diritti fondamentali.
  2. Il Consiglio e la Commissione ritengono la criminalità organizzata, la corruzione e il riciclaggio di denaro questioni politiche di elevata priorità. L’UE ha recentemente ratificato la Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale.
  3. Per quanto riguarda la lotta contro la criminalità organizzata, il 23 ottobre 2013 il Parlamento ha approvato una risoluzione sulla criminalità organizzata, la corruzione e il riciclaggio di denaro: raccomandazioni in merito ad azioni e iniziative da intraprendere, la quale contiene diverse raccomandazioni che non sono ancora state attuate.
  4. Al fine di prevenire e ostacolare in modo efficiente a livello europeo la corruzione e la criminalità organizzata e garantire un’effettiva tutela dei diritti fondamentali e degli interessi finanziari dell’UE, la Commissione è quindi invitata a esprimere un chiaro impegno volto a creare un meccanismo di controllo regolare negli Stati membri, incoraggiare la condivisione di informazioni e di buone pratiche, individuare nuovi strumenti idonei e applicare quelli esistenti.
  5. Si trasmette la presente dichiarazione, con l’indicazione dei nomi dei firmatari al Consiglio, alla Commissione e alla Corte dei conti europea.

[1] Ai sensi dell’articolo 136, paragrafi 4 e 5, del regolamento del Parlamento, qualora una dichiarazione raccolga la firma della maggioranza dei deputati che compongono il Parlamento, essa è pubblicata nel processo verbale con i nomi dei firmatari ed è trasmessa ai destinatari senza tuttavia impegnare il Parlamento.

Dichiarazione sulla lotta contro la criminalità organizzata

DICHIARAZIONE SCRITTA

presentata a norma dell’articolo 136 del regolamento sulla lotta contro la criminalità organizzata

Laura Ferrara (EFDD), Marco Valli (EFDD), Petri Sarvamaa (PPE), Bart Staes (Verts/ALE), Barbara Spinelli (GUE/NGL), Ingeborg Gräßle (PPE), Michael Theurer (ALDE), Dennis de Jong (GUE/NGL), Monika Hohlmeier (PPE), Benedek Jávor (Verts/ALE), Sergio Gaetano Cofferati (S&D), Ignazio Corrao (EFDD), Fabio Massimo Castaldo (EFDD)

7.12.2015

0044/2015

Dichiarazione scritta, presentata a norma dell’articolo 136 del regolamento, sulla lotta contro la criminalità organizzata [1]

  1. Secondo i dati forniti da Europol, in Europa sono attivi migliaia di gruppi criminali organizzati, gruppi che si infiltrano e influenzano i mercati legali nonché i processi politici e istituzionali, minando lo stato di diritto e i diritti fondamentali.
  2. Il Consiglio e la Commissione ritengono la criminalità organizzata, la corruzione e il riciclaggio di denaro questioni politiche di elevata priorità. L’UE ha recentemente ratificato la Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale.
  3. Per quanto riguarda la lotta contro la criminalità organizzata, il 23 ottobre 2013 il Parlamento ha approvato una risoluzione sulla criminalità organizzata, la corruzione e il riciclaggio di denaro: raccomandazioni in merito ad azioni e iniziative da intraprendere, la quale contiene diverse raccomandazioni che non sono ancora state attuate.
  4. Al fine di prevenire e ostacolare in modo efficiente a livello europeo la corruzione e la criminalità organizzata e garantire un’effettiva tutela dei diritti fondamentali e degli interessi finanziari dell’UE, la Commissione è quindi invitata a esprimere un chiaro impegno volto a creare un meccanismo di controllo regolare negli Stati membri, incoraggiare la condivisione di informazioni e di buone pratiche, individuare nuovi strumenti idonei e applicare quelli esistenti.
  5. Si trasmette la presente dichiarazione, con l’indicazione dei nomi dei firmatari al Consiglio, alla Commissione e alla Corte dei conti europea.

 

[1] Ai sensi dell’articolo 136, paragrafi 4 e 5, del regolamento del Parlamento, qualora una dichiarazione raccolga la firma della maggioranza dei deputati che compongono il Parlamento, essa è pubblicata nel processo verbale con i nomi dei firmatari ed è trasmessa ai destinatari senza tuttavia impegnare il Parlamento.

La Fortezza Europa a Ventimiglia

Bruxelles, 17 giugno 2015

Schierando la Gendarmerie nationale al confine di Ventimiglia, il governo francese afferma di non aver violato né sospeso il Trattato di Schengen, e in questo non è smentito dalla Commissione europea. Di fatto, tuttavia, sta facendo qualcosa che somiglia molto a un blocco, e – più grave ancora – a un’espulsione collettiva attuata sulla base di una identificazione «prima facie» dei profughi che manifestano l’intenzione di andare in Francia, per restarvi o recarsi in altri paesi dell’Unione. Le autorità francesi hanno attuato un respingimento fisico, sommario, senza notificare alcun provvedimento formale, senza procedere a un esame individuale delle istanze, né dare possibilità di ricorso ai respinti. Le forze dell’ordine hanno, letteralmente, fatto muro, ripristinando la frontiera. Non è il muro vero e proprio che  il governo ungherese sta costruendo contro i migranti provenienti dalla Serbia, ma lo spirito della fortezza è lo stesso.

L’Europa si è data tuttavia delle regole – ben più salde e costitutive della gabbia tracciata dal Regolamento di Dublino – ed è a queste regole che occorre richiamarsi, perché senza di esse è il significato dell’Unione ad essere colpito.  Il governo francese viola sia l’articolo 19 della Carta dei diritti fondamentali, sia la Convenzione europea dei diritti dell’uomo (Protocollo n. 4 art. 4), ignorando il divieto dei respingimenti collettivi.

“Chiedete perdono per le istituzioni e le persone che chiudono le loro porte a gente che cerca aiuto e cerca di essere custodita”, ha chiesto il Papa, durante l’udienza generale a San Pietro. Non è indifferente che abbia nominato per prime le istituzioni: sono le istituzioni, infatti, le prime a dover rispondere.

Abbiamo visto, in questi giorni, gli innumerevoli gesti di solidarietà di cittadini italiani e francesi, persino bambini, che continuano a portare cibo e vestiti ai profughi accampati alla frontiera o sugli scogli di Ponte San Ludovico. Ma non abbiamo visto la solidarietà degli Stati. Dobbiamo essere consapevoli di quanto questo sia gravido di conseguenze, perché la solidarietà tra Stati membri – anche finanziaria – è iscritta nei Trattati: dimentica della solidarietà, l’Europa è un guscio che non contiene più nulla.

barbara spinelli

Lo sterminio di Rom e Sinti deve farsi memoria politica

Bruxelles, 25 marzo 2015

«Lo sterminio dei Rom e Sinti va inserito ufficialmente nelle commemorazioni europee dei genocidi commessi dal regime nazifascista», ha dichiarato Barbara Spinelli, esprimendo pieno accordo con il rapporto presentato da Cornelia Ernst (la Linke) nella riunione del gruppo Gue-Ngl per la Giornata internazionale dei Rom.

«Porajmos è il termine con cui Rom e Sinti indicano il genocidio zigano, ed è l’equivalente della Shoah. La cosa grave è che non viene commemorato come la Shoah, pur avendo esattamente lo stesso significato: la devastazione, ovvero l’annientamento, di un popolo in quanto tale. Questo ha conseguenze precise sui giorni d’oggi, conferendo una sorta di lettre de noblesse all’anti-tsiganismo. In altre parole, quest’ultimo non viene messo sullo stesso piano dell’antisemitismo, anche se nella sostanza è, anch’esso, una forma di razzismo che colpisce un’etnia europea. Se il Porajmos non sarà inserito nelle commemorazioni del genocidio, avremo sempre di più la banalizzazione del male in tutta l’Unione».

«In Italia» ha proseguito l’eurodeputata del Gue-Ngl, «sto personalmente seguendo la questione delle ordinanze degli sgomberi di campi rom. Sono azioni poliziesche che vanno moltiplicandosi, e come europarlamentare ho protestato di recente – con il prefetto e il vicesindaco di Torino, e con il Commissario prefettizio di Viareggio – contro lo sgombero di due campi rom, a Lungo Stura Lazio e a Torre del Lago Puccini».

«Sappiamo che il problema non è solo italiano. In Francia è un governo di sinistra che attacca i Rom. Il primo ministro Manuel Valls è giunto sino ad affermare, non molto tempo fa, che “i rom comunque non vogliono integrarsi nella società francese”, o  in quella europea. Frasi del genere sono evidentemente razziste, favoriscono l’incitazione all’odio razziale, e oggi  sono dette senza problema dalla sinistra, quando governa. Anche in Italia abbiamo un partito che si dice di sinistra – il Partito democratico – che spesse volte, e tranquillamente, sposa fraseologie  anti-rom e adotta linee discriminanti nei confronti della comunità Rom e Sinti».


 

Si veda anche:

Anti-Roma words and actions should not go unpunished

Giornata internazionale dei rom

 

Dichiarazione sul non paper di Alfano

Questo testo è stato pubblicato, con il titolo Alfano e la politica di Ponzio Pilato, anche su «il manifesto» del 21 marzo

Lo scorso 12 marzo, a Bruxelles, il ministro dell’Interno italiano Angelino Alfano ha incontrato il commissario europeo all’Immigrazione Dimitris Avramopoulos e i ministri suoi omologhi di Spagna, Francia e Germania. La proposta di Alfano, rigorosamente riservata, è riassunta in un non paper, un documento confidenziale con il quale il ministro prospetta una cooperazione dell’UE con i Paesi terzi ritenuti “affidabili” (Egitto e Tunisia in prima linea), al fine di garantire la “sorveglianza marittima” del Mediterraneo, le future operazioni di search and rescue, e l’auspicato rimpatrio nei paesi di origine. Quel che chiede, in sostanza, è l’esternalizzazione della politica di asilo dell’Unione europea, e delle responsabilità che le spettano. Si tratta di una legalizzazione concordata, e surrettizia, di respingimenti collettivi proibiti sia dalla Carta europea dei diritti fondamentali, sia dalla Convenzione di Ginevra. Il non paper conferma l’assenza di qualsivoglia strategia politica verso la Libia, e vanta improbabili strategie di deterrenza verso l’aumento dei flussi migratori in Europa.

Sono anni che accordi bilaterali e confidenziali di cooperazione di polizia cercano di delegare la gestione dei flussi migratori a paesi terzi dalle dubbie credenziali democratiche (Egitto, Eritrea, Sudan), eludendo il diritto internazionale del mare e la Convenzione europea dei diritti dell’Uomo. L’Italia ha già ricevuto due condanne dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo per violazione delle norme che vincolano gli Stati membri a rispettare il divieto di tortura e di trattamenti inumani o degradanti (art. 3), il diritto a un ricorso effettivo (art.13), e il divieto di respingimenti collettivi (art. 4-IV Protocollo CEDU).

Il governo italiano ha riattivato tale politica tramite il cosiddetto “processo di Khartoum”, inaugurato nel semestre di presidenza del Consiglio dei ministri europeo. Lo scopo ricercato, oltre che potenzialmente lesivo di diritti fondamentali, è un totale controsenso: nel tentativo di impedire che persone in fuga da guerre e dittature arrivino in Europa, si negozia con Stati che portano la maggior responsabilità dell’incremento dei flussi migratori, e addirittura vien loro domandato di istituire campi profughi sul loro territorio. Le recenti dichiarazioni del commissario Avramopoulos, esplicitamente favorevole alla “cooperazione con le dittature”, vanno in questa direzione.

Finora l’esperienza di campi di raccolta per profughi in Africa si è rivelata fallimentare: abbandoni nel deserto, carcerazioni, trasferimenti estremamente ridotti verso l’Europa.

Nel suo non paper, il ministro Alfano non si limita a elogiare la fallimentare operazione Triton. Adombra anche una collaborazione inesistente con l’Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati (UNHCR) e con l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM). In una lettera ad Avramopoulos, l’UNHCR ha fatto sapere  di non aver mai approvato la proposta italiana. L’Alto Commissario dell’Onu per i rifugiati, Antonio Guterres propone ben altre politiche: la restaurazione dell’operazione Mare nostrum e la sua europeizzazione (da me chiesta nell’ultima Plenaria del Parlamento europeo), un riequilibrio tra Stati membri dell’Unione delle politiche di reinsediamento dei richiedenti asilo, un progetto pilota per il trasferimento in diversi paesi europei dei rifugiati siriani soccorsi in mare in Grecia e in Italia.

barbara spinelli


 

Allegato:

Il non paper di Alfano:
“Possibile Involvement of Third Countries in Maritime Surveillance and Search and Rescue” (file .pdf)

Si veda anche:

EU considering plan to outsource Mediterranean migrant patrols to Africa

New plans to stem the flow of migration unacceptable