Perché ho scelto l’astensione sulla mozione diritti umani 2013

Il 12 marzo scorso a Strasburgo, Il Parlamento europeo ha approvato il Rapporto annuale 2013 sui diritti umani e la democrazia del mondo, firmato da Antonio Panzeri (Gruppo Socialisti e Democratici, S&D). È un rapporto con non pochi lati positivi ma con parecchi paragrafi in parte ambigui o non condivisibili, dal mio punto di vista. La stampa italiana si è occupata quasi esclusivamente del paragrafo sui matrimoni o le unioni civili tra persone dello stesso sesso, su cui il Parlamento europeo ha espresso – non per la prima volta – un voto positivo (su questo specifico paragrafo, il nr. 162, ho votato a favore).

Resta che la risoluzione, assai ampia, contiene altri punti molto sensibili e non chiariti, concernenti diritti non meno importanti del matrimonio gay. In particolare, sono stati approvati gli emendamenti dei Popolari (PPE), sulla base di un accordo blindato Popolari-Socialisti: mi riferisco tra gli altri al paragrafo sull’aumento delle risorse di Frontex, un’agenzia che sta dimostrando la propria totale inadeguatezza oltre che irresponsabilità, e a quello sull’immigrazione irregolare all’interno dell’UE a spese dei diritti dei migranti (ormai in massima parte richiedenti asilo), sostituito in seguito al voto da un paragrafo che concentra per intero l’attenzione sulla lotta ai trafficanti di esseri umani e dunque sul controllo delle frontiere. Infine, è stato fortemente annacquato il paragrafo 165, che criticava i referendum che vietano il matrimonio tra persone dello stesso sesso, e che menzionava espressamente il referendum svoltosi in Croazia, e quelli previsti in Slovacchia e Macedonia. Queste critiche non sono più presenti, su pressione dei Popolari, nella risoluzione approvata.

Allo stesso tempo, sono stati respinti emendamenti che ritenevo essenziali, proposti dal gruppo cui appartengo (GUE-NGL), concernenti sia i diritti dei migranti e il processo di Khartoum (un tema cruciale, dopo le dichiarazioni del Commissario all’immigrazione Dimitris Avramopoulos sull’opportunità di “cooperare con le dittature” in tema di migrazione), sia gli effetti sui diritti fondamentali di politiche economiche e di austerità imposte dall’esterno a paesi democraticamente troppo fragili.

Sono questi i motivi per cui ho deciso, dopo molte esitazioni e ripetuti tentativi di mediazione col relatore Antonio Panzeri (intesi a convincere il gruppo S&D ad accogliere positivamente i nostri emendamenti), di votare in aula l’astensione. Ho condiviso tale scelta con 28 deputati del GUE-NGL, mentre 5 hanno votato a favore della risoluzione e 11 hanno addirittura espresso parere contrario.


Questo il testo della mozione originaria.

E questo il testo della mozione approvata (file .pdf).

Commissione UE, il vicepresidente Timmermans dia seguito alla promessa di passare da Mare nostrum a Europa nostra

Bruxelles, 4 marzo 2015

Dopo il ritrovamento nelle acque del Canale di Sicilia dei corpi senza vita di dieci migranti, il vicepresidente della Commissione Ue, Frans Timmermans, ha affermato che «l’immigrazione è un problema che riguarda tutti gli Stati membri». Non si tratta più «di Mare nostrum, ma di Europa nostra», ha precisato, annunciando la decisione della Commissione di anticipare a metà maggio l’approvazione dell’Agenda europea sulle migrazioni, già fissata per metà luglio.

«Ne prendiamo atto», commenta l’eurodeputata Barbara Spinelli, «anche se è sconcertante che, prima di questa ennesima tragedia, la Commissione avesse fissato una data tanto lontana, quasi che l’emergenza nel Mediterraneo non fosse già drammatica da troppo tempo. Ora è essenziale far succedere alle parole i fatti: fatti univoci e concreti».

«In Italia», ha detto Barbara Spinelli, «la Cild (Coalizione Italiana per le Libertà e i Diritti Civili) ha promosso una petizione per chiedere al presidente del consiglio Matteo Renzi di riattivare l’operazione Mare nostrum e, parallelamente, premere sull’Unione europea per la condivisione di questa responsabilità, che riguarda le frontiere comuni dell’Unione. È una richiesta che faccio mia e che rivolgo alla Commissione, unitamente alla preoccupazione per le parole del commissario Dimitris Avramopoulos, il quale – nella conferenza stampa congiunta – ha sostenuto che l’Ue deve cooperare anche con i regimi dittatoriali per fronteggiare il fenomeno dell’immigrazione, opporre un contrasto “aggressivo” ai trafficanti di esseri umani e “proteggere meglio” i propri confini».

«L’organizzazione Habeshia, guidata dal candidato al premio Nobel per la pace don Mussie Zerai», ha continuato la parlamentare europea del Gue-Ngl, «denuncia da giorni la partenza di migliaia di uomini e donne africani con barconi malridotti e rapimenti di massa in Sudan, e chiede che venga fatto rispettare il processo di Khartoum per la liberazione delle persone sequestrate. Facendo mie le parole di don Zerai, mi rivolgo alla Commissione perché l’Unione “chieda e pretenda da questo Stato una seria lotta contro il traffico di esseri umani, e l’immediata liberazione dei profughi che si trovano in condizione di schiavitù”».

Il Consiglio dell’Unione europea non si presenta in aula a rispondere su Mos maiorum. Barbara Spinelli: offesa la democrazia parlamentare

Bruxelles, 26 febbraio 2015

Questa mattina alle 11,15 il Consiglio dell’Unione europea era atteso alla riunione della Commissione LIBE (Libertà civili, giustizia e affari interni), dove avrebbe dovuto dare chiarimenti su due interrogazioni scritte a proposito dell’operazione congiunta di polizia Mos maiorum, la prima presentata il 9 ottobre 2014 da Barbara Spinelli e cofirmata da Kostas Chrysogonos, Malin Björk, Martina Anderson, Marie-Christine Vergiat (Gue-Ngl), la seconda presentata il 10 ottobre da Ska Keller (Verdi).

A sorpresa, il Consiglio ha mancato l’appuntamento in agenda: un comportamento che il presidente della Commissione LIBE Claude Moraes e i deputati intervenuti in aula hanno definito inaccettabile, al punto che Moares ha dichiarato la propria intenzione di scrivere immediatamente una lettera di protesta.

Tutto inizia il 10 luglio 2014, quando la Presidenza italiana invia una nota riservata alle delegazioni del Consiglio per presentare il lancio dell’operazione congiunta di polizia Mos maiorum (tenutasi tra 13 e il 26 ottobre), volta a fermare e schedare tutti i migranti non in possesso di un documento di soggiorno sull’intero territorio europeo delimitato dall’area Schengen.

Il 9 ottobre, pochi giorni dopo la pubblicazione del documento sul sito inglese Statewatch, Barbara Spinelli presenta un’interrogazione scritta in cui chiede al Consiglio se ritenga che tali operazioni “rappresentino uno strumento idoneo ad affrontare i problemi creati dalle attuali politiche migratorie e di asilo, riconducibili anzitutto alla mancanza di accesso sicuro e legale all’Ue e al sistema di Dublino”. Al tempo stesso, l’interrogazione di Spinelli – così come quella di Ska Keller – indica il rischio di incorrere in schedature e fermi basati sul racial profiling, con “l’effetto di alimentare gli stereotipi xenofobi e di rafforzare le reti dei trafficanti, anziché contrastarle”.

Il Consiglio risponde solo il 10 dicembre, affermando che “l’operazione congiunta di polizia Mos maiorum è condotta sotto la responsabilità dello stato italiano, con il sostegno degli stati membri che hanno deciso di parteciparvi. Il Consiglio quale istituzione non ha pertanto preso decisioni riguardo alla sua istituzione né è in grado di pronunciarsi sulle modalità di gestione”.

“Una risposta che non è una risposta”, commenta Barbara Spinelli, “perché se è vero che l’operazione fu lanciata dalla presidenza italiana, allora a capo del semestre di presidenza del Consiglio dell’Unione europea, è altrettanto vero che gli stati membri avevano confermato la propria partecipazione al Segretariato generale del Consiglio, e l’accordo era stato raggiunto nel Law Enforcement Working Party del Consiglio, il che implica il pieno coinvolgimento dell’istituzione europea”.  D’altra parte, continua l’eurodeputata del Gue-Ngl, “sappiamo che operazioni analoghe a Mos maiorum – come Perkunas, Aphrodite, Hermes, Mitras, Demeter e Balder – si sono verificate all’incirca per ogni presidenza di turno del Consiglio dell’Unione. Scaricare la responsabilità sui singoli stati ha un grave significato politico. Quella del Consiglio è una dichiarazione di non responsabilità che avvalora il principio per cui il Paese che assicura la presidenza del semestre europeo non rappresenterebbe l’Unione, ma solo se stesso”.

“La decisione del Consiglio di non presentarsi oggi davanti alla Commissione”, conclude Spinelli, “offende la democrazia parlamentare”.

Fondi UE per asilo e immigrazione: serve più trasparenza

Fondi UE per l’asilo e immigrazione – Barbara Spinelli: serve maggior trasparenza, monitoraggio e presa di responsabilità da parte dell’Unione europea

Bruxelles, 24 febbraio 2015

Durante la riunione della Commissione parlamentare LIBE (Libertà civili, Giustizia e Affari interni), tenutasi questo 24 febbraio al Parlamento europeo di Bruxelles, la Commissione europea ha presentato una relazione concernente la predisposizione dei programmi nazionali per l’asilo e l’immigrazione nell’ambito del Fondo affari interni.

Numerosi eurodeputati hanno sottolineato la necessità di maggior trasparenza e inclusione delle organizzazioni non governative nel monitoraggio dell’implementazione di questi programmi. Barbara Spinelli ha denunciato, in particolare, la malagestione dei fondi europei in Italia, dovuta a corruzione, ritardi e sprechi. “Nel 2013 si venne a sapere che 500 milioni di euro dati dall’Europa in cinque anni non erano mai stati usati per risanare, com’era stato promesso, la situazione dei CIE e CARA”, ha ricordato l’eurodeputata del GUE-NGL.

“Ora l’Italia chiede alla Commissione questa ripartizione: 50% dei fondi per il Sistema Europeo d’Asilo e 35% per l’immigrazione legale e per l’integrazione dei migranti. Quello che vorrei chiedere alla Commissione è se esigerà chiarezza, trasparenza e ulteriori garanzie per le spese effettuate in Italia con questi fondi europei; e, infine, se è previsto un serio monitoraggio sui fatti gravissimi di corruzione che avvengono sulla pelle degli immigrati”.

Non va dimenticata, secondo Spinelli, la famosa frase registrata in un’intercettazione telefonica dei Ros: a pronunciarla era Salvatore Buzzi, principale indagato nello scandalo Mafia Capitale, legato a buona parte del ceto politico italiano di destra e di sinistra: “Tu hai idea di quanto guadagno, con gli immigrati? Il traffico di droga rende meno”.

Ucraina, smentita a Giulietto Chiesa

Smentita di Barbara Spinelli – Voto su Ucraina alla sessione plenaria del Parlamento europeo tenutasi il 15 gennaio 2015

In un post sulla sua pagina Facebook, Giulietto Chiesa mi accusa di aver dato voto contrario su «un emendamento cruciale, che sollecitava “l’Unione Europea a interrompere la sua politica di sanzioni contro la Russia”».
L’accusa di Giulietto Chiesa è del tutto incomprensibile, ed è il motivo per cui mi domando se sia formulata in buona fede. Il testo cui si fa riferimento è l’emendamento 2 paragrafo 6, nel quale si “esorta l’Unione europea a cessare la sua politica di sanzioni nei confronti della Russia, che si è dimostrata inefficace e controproducente sul piano politico e ha portato a un conflitto commerciale con ripercussioni negative soprattutto sulle PMI, gli agricoltori e i consumatori in Russia, nell’Unione europea e nei paesi del vicinato orientale dell’UE, compresa l’Ucraina”.
Non solo ho inconfutabilmente votato a favore di questo emendamento, come testimoniato dal sito indipendente www.votewatch.eu, ma sono addirittura tra i suoi firmatari, assieme a Helmut Scholz, Miloslav Ransdorf e Patrick Le Hyaric del gruppo GUE-NGL.

Barbara Spinelli,
21 gennaio 2015.

A proposito delle votazioni sulla situazione in Ucraina

Comunicato stampa di Barbara Spinelli

Circola in rete la notizia secondo cui diversi deputati del GUE/NGL avrebbero votato, il 15 gennaio a Strasburgo, a favore della risoluzione di mozione comune “RC-B8-0008/2015” sull’Ucraina (tra questi Barbara Spinelli e alcuni deputati della Linke) o si sarebbero astenuti (Curzio Maltese e Syriza). La notizia è destituita d’ogni fondamento: il GUE/NGL ha votato compatto contro la risoluzione maggioritaria, radicalmente antirussa. Purtroppo l’approvazione di quella risoluzione non ha permesso al GUE di votare la propria mozione “B8-0027/2015“, che difendeva una linea diametralmente opposta e che resta agli atti.
La tesi di chi accusa Spinelli e la Linke di appoggio alla mozione maggioritaria rimanda a una pagina del sito indipendente www.votewatch.eu. Quella pagina riporta dati corretti, registrando la divisione all’interno del GUE su dei singoli emendamenti alla risoluzione approvata, ma non sulla risoluzione stessa. Tutti gli emendamenti presentati dal GUE/NGL sono stati bocciati dal Parlamento europeo. Le differenze all’interno di ciascun gruppo parlamentare sugli emendamenti non sono infrequenti, soprattutto quando si discutono argomenti particolarmente drammatici. Ben altra rilevanza avrebbe la divisione sul voto finale, che  tuttavia non c’è stata. Ed è bene che non ci sia stata, alla luce dell’offensiva militare che il governo di Kiev ha lanciato in questi giorni nell’Est dell’Ucraina.

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Questo nell’immediato.
Ci riserviamo di tornare in futuro sulla questione entrando più dettagliatamente nei meccanismi e nelle scelte politiche che il 15 gennaio 2015 hanno determinato l’insieme di votazioni (emendamenti compresi) sulla situazione ucraina nella sessione plenaria del Parlamento europeo riunitosi a Strasburgo.

Per il Parlamento europeo lo Stato Palestinese c’è

17 dicembre 2014. Voto in aula sul ricoscimento della Palestina, dichiarazione di voto di Barbara Spinelli

Riconoscere lo Stato della Palestina è stato un atto politico coraggioso e di grande importanza del Parlamento europeo (498 voti a favore, 88 contrari, 111 astensioni). L’Unione in quanto tale non parla ancora con un’unica voce in politica estera, e riconoscere gli Stati è legalmente prerogativa degli Stati. Ma l’Assemblea dell’Unione ha forzato abitudini, tempi, pavidità, contro il parere delle destre più gelose delle sovranità assolute degli Stati, e con il suo voto ha affermato di voler esserci e di voler dire la sua parola inequivocabile, su una questione del Medio Oriente che, irrisolta, ha generato lungo i decenni un gran numero di guerre e di morti. In quest’ambito, il Parlamento non ha esitato a lanciare un messaggio di disapprovazione nei confronti del governo israeliano, che si è adoperato in tutti i modi per evitare che l’Europa uscisse allo scoperto con questa dichiarazione, e si conquistasse un diritto di presenza e di parola politica in materia, seguendo la linea degli Stati dell’Unione che già hanno riconosciuto lo Stato Palestinese. L’Alto Rappresentante Federica Mogherini vedrà fortemente accresciuti il proprio peso e la propria influenza, se vorrà esercitarli, dopo la decisione dei parlamentari riuniti a Strasburgo.

Alcuni gruppi politici hanno tentato di dire che la risoluzione approva e legittima lo Stato palestinese a condizione che i negoziati di pace riprendano seriamente e abbiano successo. È un’interpretazione del tutto fallace della mozione appovata. Il riconoscimento «va di pari passo» con i negoziati di pace – questo dice letteralmente il testo – e la condizionalità fortunatamente non c’è.


 

Proposta di risoluzione presentata dal Gruppo GUE/NGL:
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Lista L’Altra Europa, motivi del voto di astensione sulla mozione di censura a Jean-Claude Juncker il 27 novembre 2014

«Juncker e la sua Commissione meritano di essere censurati. Il gruppo GUE/NGL ha fatto il possibile per avere una propria mozione di censura in plenaria. Purtroppo non ci siamo riusciti, perché Verdi e S&D si sono rifiutati di sostenerla. Tuttavia non possiamo votare a favore della mozione EFDD, che accusa giustamente il paradiso fiscale lussemburghese ma tace su altri paradisi fiscali nell’Unione Europea, a cominciare da quelli del Regno Unito, e che non mette in questione un sistema di cui gli offshore e la deregolamentazione del sistema finanziario sono parti costitutive. Manca inoltre qualsiasi accenno a una maggiore armonizzazione fiscale europea, che la nostra delegazione auspica con forza. Abbiamo firmato la domanda fatta dal gruppo dei Verdi di costituire una commissione di inchiesta sui paradisi fiscali in Lussemburgo e in Europa.»

Barbara Spinelli, Eleonora Forenza, Curzio Maltese

eurodeputati dell’Altra Europa con Tsipras/gruppo GUE-NGL


Il testo della mozione di censura presentata da 76 deputati del gruppo EFDD e dei Non iscritti

Democrazia debole a Budapest

Dichiarazione scritta su democrazia, stato di diritto e diritti fondamentali in Ungheria

Un anno fa il Parlamento europeo ha approvato, a seguito di intensi dibattiti, il rapporto dell’eurodeputato Rui Tavares (GUE-NGL) sulla situazione dei diritti fondamentali in Ungheria. Il rapporto parla di una “tendenza sistemica e generale a modificare a più riprese il quadro costituzionale e giuridico, in breve tempo e introducendo modifiche che sono incompatibili” con i principî europei. Le autorità ungheresi sono esortate ad “attuare il più rapidamente possibile tutte le misure che la Commissione, in quanto custode dei Trattati, riterrà necessarie ai fini del pieno rispetto del diritto dell’UE, a conformarsi in toto alle decisioni della Corte costituzionale ungherese e a dare attuazione alle raccomandazioni del Consiglio d’Europa e di altri organismi internazionali per la tutela dei diritti fondamentali“.

Il rapporto, sostenuto da sinistre e liberali, fu votato con 370 voti favorevoli, 249 contrari e 82 astensioni.

La situazione della democrazia, dello stato di diritto e dei diritti fondamentali in Ungheria è stata discussa di nuovo il 21 Ottobre scorso durante sessione plenaria a Strasburgo. In quest’occasione, l’eurodeputata Barbara Spinelli ha espresso tramite una dichiarazione scritta le proprie opinioni sul contenuto del dibattito:

Ogni singola violazione dello Stato di diritto colpisce i principi dell’Unione Europea (Art.2 TUE [1]) e, nel caso delle politiche ungheresi degli ultimi anni, conferma una protratta, brutale aggressione delle libertà su cui si fonda l’Unione.

La risoluzione Tavares adottata in questo Parlamento nel 2013 tracciava già un lungo percorso di violazioni: le modifiche alla legge fondamentale (attuate in tempi brevissimi schivando ogni dibattito con gli altri partiti e la società civile), l’ampio ricorso alle leggi organiche (“cardinali”), l’indebolimento del sistema di pesi e contrappesi (Corte costituzionale, Parlamento, autorità garante della protezione dei dati), l’assoggettamento del sistema giudiziario, la legge elettorale e le norme lesive del pluralismo dei media.

Se alcuni di questi punti hanno subito di recente lievi miglioramenti, le ambigue dichiarazioni del Premier Orbàn sulla democrazia, il trattamento di alcune ONG e la proposta di una tassa su internet mostrano l’intento, da parte delle autorità, di trasformare lo Stato ungherese in uno Stato non più completamente liberale.

La cautela mostrata dalla Commissione in questo dibattito parlamentare mi preoccupa: queste violazioni non necessitano di tante procedure di infrazione, ma di un’attivazione della procedura prevista dall’Art.7 TUE [2] in caso di “violazione grave da parte di uno Stato membro dei valori” dell’Unione.

NOTE

[1] Articolo 2 del Trattato sull’Unione Europea:

L’Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze. Questi valori sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini.

[2] Articolo 7 del Trattato sull’Unione Europea:

  1. Su proposta motivata di un terzo degli Stati membri, del Parlamento europeo o della Commissione europea, il Consiglio, deliberando alla maggioranza dei quattro quinti dei suoi membri previa approvazione del Parlamento europeo, può constatare che esiste un evidente rischio di violazione grave da parte di uno Stato membro dei valori di cui all’articolo 2. Prima di procedere a tale constatazione il Consiglio ascolta lo Stato membro in questione e può rivolgergli delle raccomandazioni, deliberando secondo la stessa procedura.

Il Consiglio verifica regolarmente se i motivi che hanno condotto a tale constatazione permangono validi.

  1. Il Consiglio europeo, deliberando all’unanimità su proposta di un terzo degli Stati membri o della Commissione europea e previa approvazione del Parlamento europeo, può constatare l’esistenza di una violazione grave e persistente da parte di uno Stato membro dei valori di cui all’articolo 2, dopo aver invitato tale Stato membro a presentare osservazioni.
  1. Qualora sia stata effettuata la constatazione di cui al paragrafo 2, il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, può decidere di sospendere alcuni dei diritti derivanti allo Stato membro in questione dall’applicazione dei trattati, compresi i diritti di voto del rappresentante del governo di tale Stato membro in seno al Consiglio. Nell’agire in tal senso, il Consiglio tiene conto delle possibili conseguenze di una siffatta sospensione sui diritti e sugli obblighi delle persone fisiche e giuridiche.

Lo Stato membro in questione continua in ogni caso ad essere vincolato dagli obblighi che gli derivano dai trattati.

  1. Il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, può successivamente decidere di modificare o revocare le misure adottate a norma del paragrafo 3, per rispondere ai cambiamenti nella situazione che ha portato alla loro imposizione.
  1. Le modalità di voto che, ai fini del presente articolo, si applicano al Parlamento europeo, al Consiglio europeo e al Consiglio sono stabilite nell’articolo 354 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea.

Diritti economici e sociali: Europa aderisca come Unione alla Carta sociale europea

Durante l’audizione di Frans Timmermans, Commissario per le Relazioni interistituzionali e la semplificazione normativa, Barbara Spinelli ha chiesto l’adesione immediata dell’Unione Europea alla Carta sociale europea. Adottata dal Consiglio d’Europa nel 1961, la Carta garantisce i diritti sociali ed economici in materia di alloggio, salute, istruzione, occupazione, circolazione delle persone, non discriminazione e tutela giuridica.

L’eurodeputata GUE/NGL  ritiene che “i diritti sociali e del lavoro dei cittadini europei sono oggi  sotto attacco in numerosi Stati membri, a seguito delle politiche di austerità imposte dalla troika”. Non condivide il giudizio del commissario sugli effetti positivi che le misure della troika avrebbero ottenuto in Grecia.

Il Commissario, nonostante abbia riconosciuto l’importanza dei diritti iscritti nei trattati e nella Carta e gli effetti sociali “tremendi” conseguiti dalle misure di austerità, ha risposto che tali riforme erano necessarie e devono scrupolosamente rispettare il diritto comunitario (contraddicendo di fatto quanto dichiarato in un’intervista dal commissario Katainen, secondo cui la Carta dei diritti fondamentali “non si applica” nei memorandum decisi dalla troika per una serie di Stati membri).