La questione sociale non appartiene ai secoli scorsi

Strasburgo, 13 novembre 2017.  Strasburgo, 13 novembre 2017. Intervento di Barbara Spinelli nel corso della riunione straordinaria della Commissione Affari Costituzionali (AFCO).

Punto in agenda:

Il dibattito sul futuro dell’Europa

  • Esame di documenti di lavoro

Barbara Spinelli è intervenuta in qualità di responsabile, in collaborazione con Fabio Massimo Castaldo (Gruppo EFDD – M5S), del documento di lavoro “Social Dimension of Europe”.

È positivo che la questione sociale torni al centro delle preoccupazioni europee, sia pure timidamente, dopo esser stata liquidata per decenni come questione appartenente ai due secoli scorsi.

Mi auguro dunque che il Summit Sociale di Göteborg, venerdì prossimo, non si limiti a semplici frasi declamatorie, ma prefiguri un impegno concreto nell’affermazione della centralità della dimensione sociale e rappresenti al contempo una chiara svolta nell’azione politica: che si passi dalla filosofia del contenimento degli effetti collaterali della crisi a una filosofia dello sviluppo sociale (e dunque anche economico) che vada oltre la lotta alla povertà e lo status quo. Le misure adottate per affrontare la crisi del 2007-2008 rientrano nella vecchia filosofia (la questione sociale appartiene al mondo di ieri), nella misura in cui hanno dato priorità assoluta a politiche fiscali devastanti sul piano sociale, come ormai riconosciuto dai massimi esperti dello stesso Fondo Monetario.

Il documento elaborato da me e dal collega Castaldo si pone come obiettivo quello di riscoperchiare e affrontare la questione sociale come si presenta oggi. Non mi addentrerò nelle specifiche proposte che facciamo – proposte cui vanno aggiunte le precise domande formulate proprio in questi giorni dalla Confederazione europea dei sindacati, in vista di Göteborg – e vi ringrazio sin d’ora per i commenti che vorrete offrire. Mi soffermerò piuttosto sulle motivazioni che sono alla base del documento.

Il rafforzamento della dimensione sociale dell’Unione presuppone, a mio modo di vedere, il riconoscimento – in primo luogo – che ci troviamo di fronte a diritti della persona, come riconosciuto nella Carta europea dei diritti. La questione sociale connessa alla seconda rivoluzione industriale aveva al proprio centro il proletariato: un blocco relativamente compatto. Oggi urgono criteri diversi, perché il blocco è divenuto una nebulosa eterogenea, priva di efficace rappresentanza, e attratta dall’estrema destra proprio in ragione di tale crisi della rappresentanza classica.

Nonostante l’evidente interdipendenza con le altre politiche dell’Unione – economiche e finanziarie – una politica sociale concreta dovrebbe rappresentare un obiettivo indipendente da condizionalità. Per questo ci siamo richiamati, nel documento, alla richiesta – contenuta nella relazione del Parlamento sul Pilastro sociale, approvata a gennaio – di introdurre un Protocollo sociale ai Trattati, al fine di metter fine allo squilibrio esistente nei trattati fra diritti sociali fondamentali e libertà economiche: squilibrio che tende ad avvantaggiare le libertà economiche anche in molte Costituzioni nazionali che hanno incorporato il pareggio di bilancio.

Il Protocollo è un primo passo verso l’indipendenza dei diritti sociali che Castaldo e io auspichiamo. Per lo stesso motivo abbiamo dato particolare risalto alla Carta sociale europea, preconizzando la sua integrazione nell’acquis dell’Unione. Attraverso questo decalogo sociale, gli Stati Membri si sono impegnati a rispettare una vasta gamma di diritti e principi, conferendo loro portata vincolante. È senza senso la riluttanza mostrata dall’Unione nel proseguire un percorso di adesione alla Carta già iniziato dagli Stati Membri.

Perché il Pilastro Sociale funzioni, è necessario che a esso sia conferita autonoma dignità. Che non costituisca un mero strumento ancillare a “superiori” obiettivi di carattere macro-economico concernenti la competitività. Lo stesso si dica per lo schema di reddito minimo, che è una delle nostre principali proposte. È molto preoccupante, in questa prospettiva, che il Pilastro sia stato “ideato precipuamente per l’area euro” – cito quanto comunicato dalla Commissione [1] – come se una nuova centralità sociale non fosse necessaria nell’insieme dell’Unione. Non meno importante è che l’autonoma dignità sia conferita allo sviluppo dei diritti che ne rappresentano l’ossatura, affinché il Pilastro non sia un mero contenitore di principi astratti.

Attraverso le proposte contenute nel documento il nostro scopo è quello di fornire al legislatore europeo una possibile traiettoria per dare infine attuazione ad un impegno formale assunto nei confronti dei propri cittadini, in occasione del discorso sullo Stato dell’Unione pronunciato da Jean-Claude Juncker il 9 settembre 2015.

[1] Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale e al Comitato delle Regioni, “Istituzione di un pilastro europeo dei diritti sociali”, 26.4.2017, “Il pilastro stabilisce una serie di principi e diritti fondamentali per sostenere mercati del lavoro e sistemi di protezione sociale equi e ben funzionanti. Come sottolineato nella relazione dei cinque presidenti dal titolo “Completare l’Unione economica e monetaria dell’Europa”4, ciò è essenziale anche per costruire strutture economiche più resistenti. Per questo motivo il pilastro è destinato a servire da bussola per un nuovo processo di convergenza verso migliori condizioni di vita e di lavoro negli Stati membri partecipanti. Benché sia stato ideato precipuamente per l’area euro, possono parteciparvi tutti gli Stati membri dell’UE”.

Far rispettare lo stato di diritto e i diritti sociali

Intervento di Barbara Spinelli, in qualità di relatore ombra per il Gruppo GUE/NGL della Relazione “Istituzione di un meccanismo UE in materia di democrazia, Stato di diritto e diritti fondamentali” (Relatore: Sophie in ‘t Veld – ALDE) nel corso della riunione ordinaria della Commissione Libertà civili, giustizia e affari interni (LIBE). Bruxelles, 12 luglio 2016

Punto in agenda:

  • Esame del progetto di relazione
  • Fissazione del termine per la presentazione di emendamenti

Ringrazio nuovamente la Relatrice per il lavoro fatto in tutti questi mesi e anche per quello che si appresta a compiere con gli emendamenti di compromesso, nel tentativo di integrare i suggerimenti provenienti dai vari gruppi. La capacità di ascolto di Sophie in’t Veld è stata veramente grande, anche negli incontri, numerosi, che ha saputo organizzare con vari rapresentanti della società civile. È il motivo per cui guardo con fiducia al futuro lavoro sui compromessi. Avremo sicuramente modo di discutere tale lavoro in futuri incontri e scambi tra relatori ombra.

Per l’occasione, vorrei indicare fin da ora quattro priorità che sono alla base degli emendamenti che ho presentato in nome del mio gruppo.

  1. Auspico in primo luogo che gli emendamenti di compromesso non conducano a uno svuotamento dell’idea di fondo di tale strumento, inteso come tentativo concreto di dare centralità ai diritti fondamentali, e di avere al contempo un meccanismo efficace di valutazione del loro rispetto. Efficace e politicamente del tutto imparziale, come sicuramente è nell’intenzione della Relatrice. L’imparzialità dovrebbe, secondo me, impedire la frammentazione e l’atteggiamento selettivo paventato dal collega polacco che mi ha preceduto nella discussione. In fin dei conti la creazione di un tale strumento punta a dare concretezza agli obblighi derivanti dai Trattati e dalla Carta dei diritti fondamentali, e parte dall’idea che l’attuale articolo 7 – non a caso battezzato “opzione nucleare” – non sia in grado di avere la credibilità necessaria per condurre a tale concretezza e garantire l’effettiva imparzialità. Ribadisco quel che ho già detto in altre discussioni: sono pienamente d’accordo con la relatrice sulla necessità di abolire l’articolo 51 della Carta dei diritti fondamentali (che limita il suo campo di applicazione al diritto comunitario), perché solo in tal modo la Carta può diventare un vero e proprio Bill of Rights dell’Unione intera.
  2. L’estensione del meccanismo in esame alle Istituzioni e agli organi dell’Unione. La promozione e protezione dei diritti fondamentali rappresenta un vincolo essenziale che trova la propria ragion d’essere non solo nei Trattati e nella Carta, ma in molteplici strumenti internazionali. Si tratta di un obbligo di carattere orizzontale che prescinde, in un certo senso, dal destinatario. Non può quindi prevedere destinatari di serie A, intoccabili, e destinatari di serie B, che sono invece più esposti alle critiche. Il pieno rispetto di tale carattere non può che condurre alla nascita di uno strumento che contempli sia gli Stati Membri, sia gli altri soggetti che operano nell’ambito dell’Unione. Visto che quel che conta è riconquistare la fiducia nel progetto europeo, ritengo che l’Unione, nell’invocare il rispetto del diritto, debba essa stessa e in primis dimostrare la propria ottemperanza, altrimenti ci troveremmo di fronte a parole al vento e a un crescente distacco del cittadino da quella che ritiene essere una lontana burocrazia europea.
  3. La partecipazione e il coinvolgimento dei cittadini e della società civile. Come dicevo, sono convinta che la collega in ‘t Veld tenga a questo concetto e negli emendamenti che ho presentato chiedo quindi espressamente che i cittadini abbiano reale voce in capitolo nella creazione del nuovo meccanismo. Che la società civile attraverso i suoi intermediari sia considerata parte integrante della funzione di promozione e protezione dei diritti fondamentali. Mi auguro anche che vengano prese in considerazione le nostre proposte relative al rafforzamento degli strumenti già esistenti di partecipazione – mi riferisco, in particolare, all’Iniziativa dei cittadini europei (ICE) – ma anche a nuovi strumenti cui i cittadini possano ricorrere a tutela dei propri diritti, come i ricorsi alla Corte di giustizia, le azioni dei consumatori, ecc.
    Il Brexit in primis, il precedente dibattito sul Grexit, ma anche il referendum olandese e le elezioni austriache, stanno dimostrando il profondo distacco che sta creandosi tra istituzioni dell’Unione e cittadini. Si tratta quindi di ricucire la fiducia tradita e muovere i primi passi per ridare una legittimità all’unificazione europea.
  4. I diritti sociali. Chiediamo che essi divengano effettivo parametro di valutazione delle prestazioni, al pari dei diritti civili. Che si proceda finalmente a una loro equiparazione. La crisi economica e finanziaria, unita alle misure adottate per fronteggiarla, ha resuscitato in Europa una vera e propria questione sociale e accresciuto la distanza dei popoli dall’Unione. Il riemergere di tale questione non può prescindere da una piena considerazione e affermazione dei diritti anche in campo sociale.

Politiche economiche e diritti sociali

Interrogazione con richiesta di risposta scritta E-011165/2014
alla Commissione

Articolo 130 del regolamento

Kostas Chrysogonos (GUE/NGL), Krystyna Łybacka (S&D), Helmut Scholz (GUE/NGL), Merja Kyllönen (GUE/NGL), Josep-Maria Terricabras (Verts/ALE), Klaus Buchner (Verts/ALE), Bart Staes (Verts/ALE), Fabio De Masi (GUE/NGL), Jan Keller (S&D), Marc Tarabella (S&D), Barbara Spinelli (GUE/NGL), Tibor Szanyi (S&D), Vilija Blinkevičiūtė (S&D), Eva Kaili (S&D), Kostadinka Kuneva (GUE/NGL), Anne-Marie Mineur (GUE/NGL), Ernest Urtasun (Verts/ALE), Sofia Sakorafa (GUE/NGL), Costas Mavrides (S&D), Lola Sánchez Caldentey (GUE/NGL), Igor Šoltes (Verts/ALE) e Georgios Katrougkalos (GUE/NGL)

Oggetto: Necessità di tutela dei diritti sociali

L’unica vera iniziativa in materia di diritti umani del programma di lavoro della Commissione per il 2015 è l’adesione dell’UE alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU), un processo che è in corso ormai da diversi decenni ma che non è mai stato portato a termine. Oltre alle libertà civili di prima generazione, sancite nella CEDU, anche i diritti economici e sociali di seconda generazione, come il diritto a un’equa retribuzione, il diritto alla protezione della salute, il diritto alla sicurezza sociale, ecc. sono una componente essenziale dei diritti fondamentali in generale e sono previsti dalla Carta sociale europea. Sono proprio questi diritti economici e sociali che rischiano ora di essere sacrificati sull’altare della “stabilità” finanziaria, dell’austerità, delle “riforme strutturali”, ecc. È questa la ragione principale per cui un numero sempre maggiore di cittadini si sente lontano dall’UE e dalle sue politiche.

1. È la Commissione consapevole dei pericoli per i diritti sociali inerenti alle politiche economiche che vengono attualmente portate avanti?

2. Sarebbe disposta la Commissione a proporre l’adesione dell’UE alla Carta sociale europea?


Risposta di Marianne Thyssen a nome della Commissione
(15.4.2015)

Come sottolineato nell’analisi annuale della crescita 2015 [1], è fondamentale intervenire simultaneamente per rilanciare gli investimenti, operare riforme strutturali e garantire la responsabilità di bilancio per ripristinare l’occupazione e la crescita. Al contempo, l’analisi ha posto chiaramente l’accento sulla dimensione sociale di tali politiche e sulla necessità di modernizzare i sistemi di protezione sociale per far fronte in maniera più efficace ed efficiente alle esigenze sociali. Questo consentirebbe di combattere la povertà e di rafforzare i sistemi d’istruzione e di formazione, migliorando così le competenze e le capacità delle persone e consentendo loro di affrontare i rischi e svolgere appieno il loro ruolo nell’economia e nella società. In tale contesto, il semestre europeo per il coordinamento delle politiche economiche ha fornito orientamenti specifici per paese mentre i fondi strutturali e di investimento europei finanziano un’ampia gamma di misure che riguardano tra l’altro l’occupazione, l’istruzione e la formazione, l’alloggio e la sanità. Inoltre, le iniziative che rientrano nel campo di applicazione del diritto dell’Unione sono verificate per accertarne la conformità alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che include una serie di diritti sociali e del lavoro.

Sebbene l’UE non abbia aderito [2]] alla Carta sociale europea del Consiglio d’Europa, la Commissione ricorda che il trattato [3] fa riferimento a tale strumento e che, in generale, vi è una convergenza tra quest’ultimo e il diritto dell’UE. Analogamente, la giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea fa riferimento alla Carta sociale europea.

1 COM(2014) 902 final.

2 Cfr. COM(2014) 910 final.

3 Trattato sul funzionamento dell’Unione europea.