I biscazzieri di Bruxelles

di Barbara Spinelli, «Il Fatto Quotidiano», 22 dicembre 2022

Quel che è sicuro, nello scandalo delle colossali tangenti versate a eurodeputati, ex eurodeputati e loro assistenti dal Qatar e dal Marocco, è l’inadeguatezza, la cecità, l’abissale mancanza di autocritica del Parlamento europeo.

Neanche chi lo presiede pare all’altezza. “L’Europa è sotto attacco, la democrazia è sotto attacco”, ha esclamato il 12 dicembre Roberta Metsola, conservatrice maltese, aggiungendo che gli attaccanti sono Stati terzi che interferiscono nelle politiche dell’Unione. “Meglio stare al freddo che essere comprati!” ha concluso, mimando la gravitas d’una Sibilla.

Troppo facile tuttavia e soprattutto fuorviante prendersela con le lobby straniere anziché con se stessi. “Lo scandalo non è l’attacco, ma il danno autoinflitto da un’assemblea storicamente refrattaria a regole vincolanti di integrità”, commenta Alberto Alemanno, fondatore dell’associazione Good Lobby. Il Parlamento è certo screditato dall’ipercorruzione di alcuni deputati, in special modo italiani. Ma veramente “sotto attacco” sono i cittadini che eleggono i propri rappresentanti in Europa, che pagano le risorse delle sue istituzioni, e che si trovano beffati da una truffa che ha arricchito con centinaia di migliaia di euro una serie di eletti e assistenti.

Il linguaggio bellico è inoltre del tutto inappropriato: le lobby – straniere ma anche europee– non irrompono col mitra negli uffici dei deputati o della Commissione ma, dopo aver individuato i più corrivi, “attaccano” con valigie colme di banconote e offerte di viaggi lussuosi. Chi è seduto in quegli uffici può dire, senza timore di cadere per terra stecchito: ‘No, guardi ha sbagliato porta’. C’è qualcosa di marcio nell’Unione, se c’è chi non sa dirlo. Già sono pochi i cittadini che votano alle Europee. Chi vorrà ancora farlo, dopo simili sbandate?

La faccenda ha molti aspetti che vanno esaminati, per capire come sia stato possibile che le istituzioni Ue – compreso il decantato Parlamento – siano scese così in basso.

C’è in prima linea l’aspetto istituzionale. Quel che andrebbe finalmente ammesso è che una parte cospicua di parlamentari, italiani ma non solo, si fa eleggere perché desiderosa di più vistose carriere nazionali (è il caso di tanti eletti che presto tornano in patria come ministri o deputati: come spiegano agli elettori questi traslochi, se mai li spiegano?). Ma l’essenziale è la “mal-amministrazione” di cui si macchiano, il gusto di soldi che diventa una loro seconda pelle: per forza la metamorfosi colpisce anche i parvenu dell’ex sinistra, da quando s’è fatta establishment.

Lo stipendio percepito dagli eurodeputati, al netto delle tasse dovute all’Unione, è di circa 7.300 euro. Accanto a questa somma incassano un compenso di 338 euro per pagare soggiorno, vitto e trasporti, per ogni giorno che firmano il registro delle presenze (non di rado arrivano la sera per intascare il bonus giornaliero). Ma soprattutto ricevono l’indennità Spese Generali: circa 4.500 euro esentasse al mese, per il funzionamento degli uffici (computer, carta, basi d’appoggio nazionali, ecc.). Una somma esorbitante – che fai con tutti quei soldi, una volta acquistati computer e simili? – e non rendicontata, malgrado i soldi siano dell’Ue, non tuoi. I deputati non sono obbligati a restituire all’Unione le somme non spese: né durante né dopo il mandato. Il manuale di fine mandato invita il deputato a restituire il non speso, “se vuole”. Se non vuole l’intasca e non sono bruscolini.

C’è poi l’aspetto politico. Il legislativo europeo non è paragonabile a quello nazionale, non avendo di fronte a sé un esecutivo che rispecchi gli equilibri scaturiti dal voto. Non esiste divisione fra sinistra e destra, fra governativi e non governativi, tra chi vince e chi perde alle urne. La Commissione non risponde davanti al popolo: è una tecnostruttura, non un governo. E in Parlamento si perpetua un ferreo patto maggioritario, sulle questioni fondamentali e quale che sia l’esito delle elezioni, fra Popolari, Socialisti, Alleanza dei Democratici e Liberali, che include sempre più spesso i Verdi ed esclude le cosiddette estreme: destra, M5S, sinistra. È il granitico blocco centrale che nega sistematicamente, da anni, provvedimenti stringenti che obblighino i parlamentari a una cultura della rendicontazione e della trasparenza. Contro tale mal-amministrazione si è rivolta l’Ombudsman dell’Ue, l’impeccabile Emily O’Reilly, denunciando nel maggio 2019 il rifiuto opposto da tale blocco a concedere l’accesso della stampa alla documentazione sulle Spese generali dei deputati. In spagnolo l’Ombudsman ha un nome ben più attraente: Defensor del Pueblo.

Chi scrive era deputato nella penultima legislatura, e nel luglio 2018 si dissociò pubblicamente dall’Ufficio di presidenza del Parlamento – a quel tempo presiedeva Tajani – che aveva respinto le modeste proposte avanzate da un gruppo di lavoro sulla gestione delle Spese generali. “Sebbene siano previste linee guida sulla loro gestione – dichiarai – l’attuale normativa prevede che tale somma forfettaria sia assegnata al conto del deputato ed esclusivamente sottoposta al suo controllo. Il minimo che ci si possa aspettare è che un revisore dei conti esterno e indipendente verifichi le spese dei deputati. I Popolari e parte dei Socialisti hanno giudicato non accettabile questa semplice richiesta. Sono rimasti in minoranza Sinistra unitaria, 5 Stelle, Verdi e Alde”. Fu respinto perfino l’obbligo di tenere gli scontrini delle spese d’ufficio.

Naturalmente non c’è rapporto fra la mal-amministrazione e l’enormità delle tangenti odierne. Ma conoscere le abitudini opache che regnano nella piazza di tutti gli affari (i caffè della Place du Luxembourg davanti al Parlamento di Bruxelles) serve a capire come si possa arrivare alle attuali vette di corruttela.

Quanto alla disciplina delle lobby, va detto che i criteri sono anche geopolitici e che gli abboccamenti non sono imputabili solo al Qatar o al Marocco. Sono praticati massicciamente anche da lobby dei Paesi membri, degli Usa – rivali del Qatar come fornitori di gas liquido – e di innumerevoli Stati terzi (lobby farmaceutiche, militari, alimentari, ecc.). È quantomeno sospetto che l’attenzione non si concentri su tutti i gruppi di pressione e le Ong di copertura, esterni e interni all’Ue. Quanti rotoli di banconote circolano a Bruxelles, non qatarioti o marocchini?

Per concludere, va menzionato uno degli aspetti più nauseabondi dello scandalo: l’intreccio fra sbandieramento dei “valori europei” e malversazioni. Quasi tutti i deputati con bauli pieni di banconote si sono occupati primariamente di diritti umani, e perfino di lotta all’impunità. Il Parlamento europeo straparla di valori all’estero e tace sui disvalori in casa. Non se ne può davvero più di “quei filantropi” descritti da George Eliot in Middlemarch: “che traggono profitto da imbrogli velenosi per dichiararsi nemici della corruzione, o possiedono delle azioni in una bisca per poter meglio difendere la causa della moralità pubblica”.

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Lettera all’ambasciatore del Marocco presso l’Unione Europea sulla situazione di Younous Chekkouri

Testo della lettera inviata all’ambasciatore del Marocco presso l’Unione europea e sottoscritta anche da Barbara Spinelli, riguardante la situazione di Younous Chekkouri, cittadino marocchino ed ex detenuto di Guantanamo, imprigionato senza formali accuse e presunta vittima di tortura.

H. E. The Ambassador of the Kingdom of Morocco to the EU

Mr Menouar Alem

Dear Ambassador,

We are writing to you with regards to the case of Younous Chekkouri, a Morroccan citizen and a former Guantanamo detainee, where he was held without ever charges having been brought against him and where he was a victim of torture. After having been cleared by the United States of America, Mr Chekkouri was sent back to Morocco on September 16th, 2015. His return to Morocco was agreed predicated on assurances by the Kingdom of Morocco that it would not be bringing charges against him and that the Kingdom accepted the assessment by the USA authorities that Mr Chekkouri indeed posed no threat and had not committed any offences.

Regardless of these diplomatic assurances, worrying news arrive from Morocco indicating that Mr Chekkouri is in fact held in prison since his return to his country (over the 70-day period over which the Kingdom of Morocco had agreed not to hold him in detention) and that no formal charges were, as of yet, brought against him by the Moroccan judicial authorities and without having been permitted to meet with his lawyer. A hearing is scheduled for January but, according to Moroccan law, it seems that the proceedings could go on for as long as twelve months, regardless of whether or not the State decides to lodge charges against him.

I would, therefore, like to impress on you the seriousness of what is at stake here:

a) The Kingdom of Morocco is, blatantly and knowingly, violating an agreement on diplomatic assurances with the US State Department, which was conditional on Mr. Chekkouri’s return to Morocco. This violation of diplomatic assurances bears great risk to Morocco ́s credibility in the global fora and, especially, regarding its strategic allies (the USA, but also the EU and its Member States, who may be, from here on end, feel restrained from extraditing any Moroccan citizen to its territory for fear of retribution and unlawfull actions).

b) Should the Moroccan judicial authorities decide to bring criminal charges against Mr Chekkouri, it will be violating not only the diplomatic assurances given to the US, but also perpetuating the injustice and human rights violations against Mr Chekkouri, a victim of unlawful detention and rendition, a victim of torture, all of which have left him with serious mental health issues. It is important to note that Mr Chekkouri has initiated a hunger strike that will undoubtedly further deteriorate his physical health.

c) Mr Chekkouri has already been through enough of an ordeal, having been unlawfully detained for forteen years by the United States. Never did the US bring any charges against him, for which reason it decided that he was to be released and returned to his country. To prolong this injustice is not only inhumane and degrading, it is a clear violation of international human rights.

This is why, we, as Members of the European Parliament, urge you to forward this letter to you government and judicial authorities and employ your best efforts in preventing any further injustices against Mr Chekkouri and any further damages to Moroccan credibility, by expediting the legal process and dismissing any charges that may be brought against him.

Sincerely,

Ana Gomes, MEP
Richard Howitt, MEP
Barbara Spinelli, MEP
Petras Austrevicius, MEP
Marie-Christine Vergiat, MEP

CC: H.E. The Ambassador of the United States to the EU; the High Representative of the EU for Foreign Affairs and Security Policy.