di Barbara Spinelli, «Il Fatto Quotidiano», 3 dicembre 2024
Invece di brancolare costantemente nella nebbia, e negare che nel Parlamento europeo si esprimono e votano assieme alle destre di Meloni su questioni cruciali come la nuova Commissione, e anche la pace e la guerra, il Partito democratico ed Elly Schlein potrebbero sospendere almeno per un po’ l’abitudine di proclamare una cosa per farne un’altra e provare a dire quel che pensano dell’Europa e se magari hanno qualche idea su come cambiarla.
Se sono d’accordo oppure no con i piani di pace o di tregua che prevedono la neutralità dell’Ucraina e la cessione di territori russofoni a Mosca. Se sono favorevoli o contrari a iniziative europee autonome nei rapporti con Mosca (gli abboccamenti tentati dall’ungherese Orbán e dal tedesco Scholz sono stati bocciati dagli eurodeputati Pd, non si sa perché).
Deve anche dire, il Pd, se ha capito oppure no che l’ambizione di entrare nell’Unione europea è drasticamente diminuita nei paesi che confinano con la Russia (Georgia e in buona parte Moldavia), e che l’esito di un’elezione non diventa automaticamente illegittimo se la maggioranza degli elettori non vota come vorrebbero l’Ue, la Nato e Washington. L’adesione all’Unione europea suscita ben più sospetti di vent’anni fa, e una parte consistente di elettori georgiani e anche moldavi guardano spaventati il cumulo di morti in Ucraina e sentono che chi entra oggi in Europa aderisce per forza alle strategie belliche della Nato e di Washington. Aderisce alla nuova guerra fredda e alla corsa al riarmo che Usa, Nato e Ue vogliono, incoraggiano e pagano. Non stupisce che nelle risoluzioni dell’Europarlamento compaiano sempre più spesso termini come Comunità euro-atlantica e Ordine internazionale basato sulle regole (le regole sono statunitensi).
Per la verità i Democratici hanno già fornito una risposta a questi interrogativi, anche se regolarmente la dissimulano. Da quando è iniziata l’aggressione di Putin – dopo otto anni di guerra civile nel Donbass russofono e in parte russofilo – i deputati europei hanno votato più di 30 risoluzioni intese a finanziare una guerra inasprita ed estesa alla Russia e sempre il Pd si è allineato, con Letta e Schlein. Si può dunque presumere che la scelta decisiva sia stata fatta: in favore di una guerra sempre meno fredda con Mosca e di un’Unione che finge di integrarsi più efficacemente divenendo avamposto armato della Nato.
Torna perfino in auge Draghi, incensato dagli europarlamentari Pd con lo stesso vuoto entusiasmo esibito da Enrico Letta nelle ultime elezioni politiche. Stavolta l’Agenda Draghi n. 2 prescrive un comune indebitamento europeo come quello ottenuto da Conte dopo il Covid: non per salvare lo Stato sociale, non per far fronte al collasso climatico del pianeta, ma per finanziare l’Europa della Difesa – nuovo gioiello – e prepararsi a guerre ritenute incombenti oltre che ineluttabili.
Sarebbe un passo avanti se il Pd ammettesse queste verità, invece di ingarbugliarsi e assicurare che non cederà mai alle destre meloniane che sono ormai parte della maggioranza europarlamentare. “Nessun cedimento”, assicura Nicola Zingaretti, eurodeputato che il 28 agosto aveva annunciato: “La destra in Europa non conta perché non esiste!”. E Schlein, non meno sconclusionata: “Non cediamo di un millimetro”.
Sembrano le frasi fatte che vengono inculcate durante il sonno nello Splendido Mondo Nuovo di Huxley, con tecniche ipnotiche che fin dall’embrione bloccano ogni sorta di risveglio mentale durante il giorno, e allenano al pensiero positivo in qualunque circostanza. Frasi che non dicono nulla di fattuale, ripetute più volte a pappagallo.
La frase fatta che ricorre con più frequenza è “Siamo Responsabili”, e sempre vuol dire: ci va bene il perenne status quo, e ci comprometteremo sull’essenziale (pace/guerra, economia dell’austerità, ecc.). C’è voluto Conte e la sua denuncia del “grave errore politico” commesso mercoledì scorso dai Democratici (“Votare la Commissione Von der Leyen non è stato un infortunio”) perché i dirigenti Pd si svegliassero un attimo dall’ecolalia e capissero che come minimo dovevano spiegare il voto in favore della Commissione allargata a destra, avendo inveito per settimane contro tale prospettiva.
L’ecolalia è la ripetizione inebetita di frasi pronunciate e imposte da altri, ed è questa l’abitudine contratta dalla sinistra in Italia e in gran parte d’Europa da circa trent’anni. Oggi Schlein ricomincia a parlare di diseguaglianze sociali, di Stato sociale, di battaglie sindacali, di transizione ecologica, ma da Bruxelles gli eurodeputati Pd l’impallinano (tranne gli indipendenti Tarquinio e Strada) e comunque la segretaria non può garantire alcunché visto che con il suo consenso le principali spese andranno a difesa e armi. Si parla di transizione verde, ma come salvare la Terra se le guerre in corso e quelle pronosticate impediscono ogni negoziato e accordo tra i primi paesi inquinatori (Usa, Russia, Cina, India, Ue). E difesa da chi? Dalla Russia? Dalla Cina? Perché? Per sempre?
La sinistra naufraga in realtà da quando crollò il comunismo, e prima ancora da quando, nel 1979 e 1981, fu travolta dalla possente onda neo-liberista e antistatalista di Margaret Thatcher e Ronald Reagan. Si pensò che il socialismo non sarebbe precipitato assieme al comunismo, dopo l’89, invece è accaduto proprio questo, dato che tante loro idee erano comuni. La sinistra venuta dopo fu una finzione, per non dire una frode. Si presentò come molto “responsabile”, pronta a riarmare l’Europa e a trasformarla in “comunità euro-atlantica”, contro le volontà di gran parte dei cittadini e gli interessi del continente. La lista dei trasformatori è lunga: Blair, Hollande, Macron, Veltroni, Renzi, Gentiloni+Minniti, Letta, e Starmer dopo la decapitazione politica di Jeremy Corbyn, oggi deputato indipendente).
Molti sostengono, specie in Francia, che la sinistra dovrebbe diventare socialdemocratica per essere del tutto accettabile (accettabile da chi?). Ma la socialdemocrazia del dopoguerra è stata ben altro, almeno in Germania. Essere socialdemocratici voleva dire, negli anni 50 e durante la Distensione negli anni 60, costruire una sicurezza europea assieme all’Urss, come propose poi Gorbaciov nell’89. Queste le convinzioni di Willy Brandt ed Egon Bahr, contrari alla guerra fredda e ai riarmi Nato.
La socialdemocrazia di allora considerò “serie”, “da valutare”, le Note di Stalin del marzo 1952, che offrivano la riunificazione delle due Germanie in cambio della neutralità tedesca e della non adesione alla Nato. Oggi si potrebbero cercare soluzioni analoghe per l’Ucraina, tanto più che Putin non è Stalin e la Russia non è l’Urss. Ma a differenza di allora, la vera socialdemocrazia non c’è. Ci sono frammenti di partiti progressisti, che potrebbero aiutare il Pd a svegliarsi dalle sonnolente frasi fatte in cui è immerso. Un po’ di pensiero woke non ci sta male, e per questo forse i neoconservatori hanno in odio tutto quel che dipingono come woke, e è solo “risveglio”.
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