Manifesto per un Piano europeo straordinario per lo sviluppo sostenibile e per l’occupazione

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Sono trascorsi sei anni, ma la grave crisi che l’Europa sta attraversando non è superata. L’Euro, pilastro del mercato unico, non è ancora al sicuro. Il rischio di una rinazionalizzazione delle politiche economiche, disastrosa per l’economia e per il welfare di ciascuno dei Paesi dell’Unione, nessuno escluso, è un rischio grave e reale.

Il rigore di bilancio su cui hanno puntato i governi, pur necessario per affrontare la crisi del debito, anche per l’eccessiva compressione dei tempi di attuazione ha avuto l’effetto di aggravare la spirale depressiva, compromettendo lo stesso obiettivo del risanamento. Occorre pensare in termini nuovi. Accanto al completamento del mercato unico, specie nel comparto fondamentale dei servizi, si deve ormai con urgenza porre mano ad un Piano straordinario che faccia ripartire lo sviluppo. Uno sviluppo sostenibile, fondato sulla realizzazione di infrastrutture europee, sulle nuove tecnologie, sulle nuove fonti di energia, sulla tutela dell’ambiente e del patrimonio culturale, sulla ricerca di punta, sull’istruzione avanzata e sulla formazione professionale.

Un tale Piano deve innanzitutto promuovere l’occupazione con un volume di risorse destinate ad investimenti in beni pubblici europei tale da generare alcuni milioni di posti di lavoro, in particolare in quei Paesi nei quali l’emergenza sociale della disoccupazione di massa ha raggiunto livelli allarmanti, tali da mettere a rischio le stesse democrazie.

Queste risorse finanziarie aggiuntive si possono ottenere mobilitando risorse proprie dell’Unione (quali ad esempio una tassa europea sulle transazioni finanziarie e una tassa sulle emissioni di carbonio), capitali privati (con Project bonds europei) e risorse messe a disposizione dalla Banca Europea per gli Investimenti.

La cooperazione intergovernativa si è rivelata del tutto insufficiente. Il Parlamento europeo si sta muovendo, anche in vista delle elezioni del 2014. Ma per dare una spinta decisiva a un processo troppo lento occorre che si levi finalmente una voce dai cittadini europei.

Di qui l’importanza della proposta, avanzata da un ampio schieramento di forze, dai movimenti federalisti ed europeisti, dai sindacati e da numerose associazioni della società civile di una Iniziativa dei Cittadini Europei (ICE), sulla base del Trattato di Lisbona (art. 11) per un Piano europeo straordinario per lo sviluppo sostenibile e per l’occupazione (www.newdeal4europe.eu). Questa proposta merita di essere sostenuta con forza.

L’integrazione europea è stato il grande contributo di civiltà che l’Europa ha offerto al mondo, dopo che per sua responsabilità per due volte esso si era lacerato con due sanguinose guerre mondali. Il processo di unione ha assicurato all’Europa la pace per oltre 60 anni e il raggiungimento di un benessere senza precedenti nella storia. Ha costituito un modello per l’intero pianeta.

Ora tutto questo è a rischio. I cittadini imputano la responsabilità della crisi all’Europa che è percepita come un ostacolo, come una fonte di disuguaglianza tra i cittadini e tra gli Stati, non più come una speranza per il nostro futuro. Il ritorno del nazionalismo può essere contrastato solo se i cittadini pretenderanno che l’Europa dimostri di saper rispondere ai loro bisogni. E’ dunque venuto il tempo di aprire le vie ad una presenza attiva dei cittadini europei nel mondo di oggi e di domani.

Per firmare il manifesto

Primi firmatari:

Michel Aglietta, Michel Albert, Enrique Barón Crespo, Ulrich Beck, Josep Borrell, José Bové, Roger Casale, Jean-Marie Cavada, Mauro Ceruti, Don Luigi Ciotti, Daniel Cohn Bendit, Roberta De Monticelli, Matilde Fernández, Monica Frassoni, Emilio Gabaglio, Sylvie Goulard, Olivier Giscard d’Estaing, Ramón Jáuregui, Ska Keller, Alain Lamassoure, Pascal Lamy, Jo Leinen, Henry Malosse, Norbert Mappes-Niediek, Robert Menasse, Gerhard Mensch, Yves Mény, Cristina Narbona, Claus Offe, Paul Oriol, Moni Ovadia, John Palmer, Romano Prodi, Javier Rojo, Pedro Sanchez, Gesine Schwan, Salvatore Settis, Dusan Sidjanski, Barbara Spinelli, Alexis Tsipras, Tzvetan Todorov, Guy Verhofstadt, Carlos Westendorp.

Manifesto For a European Plan for Sustainable Development and Employment

Six years have passed, but the severe crisis that Europe is experiencing is not yet overcome. The euro, a pillar of the single market, is not yet in a safe condition. The risk of economic policies being re-nationalized, a disastrous event for the economy and welfare of every country of the Union, no one excluded, is serious and real.

The emphasis of governments on budgetary rigour, albeit necessary to face the debt crisis, has aggravated the depressive spiral, due also to time compression of the achievement plan, jeopardising the healing of the financial system. It is necessary to think in new ways. In a serious and continuing recession phase, along with the completion of the single market, particularly in the essential field of services, and with the most indebted countries committed to put in place policies aimed to redress their national budgets, we must consider a special plan for relaunching development. A sustainable development based on the realization of European infrastructures, on new technologies, on new energy sources, on the protection of the environment and cultural heritage, on cutting-edge research, on advanced education and professional training.

Such a plan must in the first place promote employment through such an amount of resources earmarked to investments in European public goods as necessary to generate a few million jobs, in particular in those countries where the social emergency of mass unemployment has reached alarming levels, up to the point of putting at risk their own democracies.
These additional financial resources can be found by providing for new Union’s own resources (for example a European tax on financial transactions and a tax on carbon emissions), private capitals (with Euro project bonds) and resources made available by the European Investment Bank.

The inter-governmental cooperation has proved to be utterly inadequate. The European Parliament is taking some action, also in view of the 2014 elections. But in order to impart a decisive thrust to a too slow process, it is necessary that a voice rises up at last from the European citizens.

Hence the importance of the proposal put forward by a large line-up of forces, from the federalist and pro-European movements to trade-unions and to many civil society associations, of the European Citizens’ Initiative (ECI), as provided by the Lisbon Treaty (Art. 11), For a Special European Plan for Sustainable Development and Employment (www.newdeal4europe.eu). This proposal deserves to be strongly supported.

The European integration has been the great contribution to civilization that Europe has offered to the world, after it was torn apart twice for its fault in two bloody World Wars. Its unification process has ensured peace in Europe for more than 60 years now, and a wealth without precedents in history. It has also been a model for the entire planet.

Now all this is at risk. Europe is perceived by its citizens as the primary source of the difficulties created by the crisis, and more specifically as a source of inequality between citizens and countries, no longer as a hope for our future. The comeback of nationalism can be tackled only if the European citizens will demand that Europe proves to be capable of answering to their needs.

The time has come to open the road to an active presence of the European citizens in today’s and tomorrow’s world.

Sign the manifesto

First signatories:
Michel Aglietta, Michel Albert, Enrique Barón Crespo, Ulrich Beck, Josep Borrell, José Bové, Roger Casale, Jean-Marie Cavada, Mauro Ceruti, Don Luigi Ciotti, Daniel Cohn Bendit, Roberta De Monticelli, Matilde Fernández, Monica Frassoni, Emilio Gabaglio, Sylvie Goulard, Olivier Giscard d’Estaing, Ramón Jáuregui, Ska Keller, Alain Lamassoure, Pascal Lamy, Jo Leinen, Henry Malosse, Norbert Mappes-Niediek, Robert Menasse, Gerhard Mensch, Yves Mény, Cristina Narbona, Claus Offe, Paul Oriol, Moni Ovadia, John Palmer, Romano Prodi, Javier Rojo, Pedro Sanchez, Gesine Schwan, Salvatore Settis, Dusan Sidjanski, Barbara Spinelli, Alexis Tsipras, Tzvetan Todorov, Guy Verhofstadt, Carlos Westendorp.

La fattoria degli animali

Dal sito de L’Altra Europa con Tsipras, 21 marzo 2014

Davvero ci sono situazioni in cui la parole sono dette per fingere grandi pensamenti e ripensamenti, dietro i quali sta in agguato il nulla. Per esempio Matteo Renzi: «I parametri di Maastricht sono anacronistici», ha tuonato prima di incontrare il Presidente della Commissione Barroso. Lo disse Romano Prodi più di dieci anni fa («Le soglie automatiche di Maastricht sono stupide»), e poi lo ripeté con ancor più forza nel novembre scorso: «È stupido che si lascino i parametri immutati 20 anni. Il 3% di deficit/Pil ha senso in certi momenti, in altri sarebbe giusto lo zero, in altri il 4 o il 5%. Un accordo presuppone una politica che lo gestisca, e la politica non si fa con le tabelline». E prima ancora Craxi, nel 1997: «Bisogna riflettere su ciò che si sta facendo: la cosa più ragionevole sarebbe stato richiedere e anzi pretendere, essendo noi un grande paese, la rinegoziazione dei parametri di Maastricht”.

Non sono mancati dunque gli aggettivi acerbi, i bei gesti disubbidienti. Ma basta una parola di Barroso, e l’attuale Presidente del consiglio si corregge, anche se nel più contorto dei modi. Restano anacronistici, i parametri, l’Italia chiede che i fondi strutturali siano esclusi dal calcolo delle soglie, ma comunque «saranno rispettati tutti i vincoli». Un bel salto mortale, per dire che tutto resta com’è.

Quanto all’Europa, non le si chiede alcunché: non un aumento del bilancio (il governo Monti accettò che venisse per la prima volta ridotto), non gli eurobond, non un piano di rilancio comunitario che sia finanziato dalla tassa sulle transazioni finanziarie e da quella sull’emissione di anidride carbonica, come sta per proporre un’Iniziativa Cittadina che cercherà firme in tutta l’Unione.

Eccoli, i gattopardi d’Europa. Dicono che vogliono combattere l’antieuropeismo, e lo rinfocolano. Dicono che vogliono raddrizzare l’Unione, e la storcono. Dicono che non sono alunni somari che si fanno dettare lezioni dagli Stati più forti, ma poi lo sanno, lo accettano: tutti i gattopardi sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri. Infatti Germania e Francia hanno sforato le soglie senza grandi problemi, nel 2003. E la Francia le sfora di nuovo quest’anno. Nella fattoria degli animali non c’è una sola idea che si muova, tra la bomba delle parole e il nulla dell’azione.