In alternativa al Piano Juncker:
l’iniziativa New Deal 4 Europe

Strasburgo, 21 ottobre 2014. Intervento di Barbara Spinelli in riunione plenaria sul prossimo Consiglio europeo del 23-24 ottobre

Rilancio dell’economia, sicurezza energetica, clima: sono i tre temi che verranno trattati al prossimo Consiglio europeo, e spero che vengano trattati insieme, perché perché nessuno di essi esiste per conto proprio, ognuno dipende dagli altri due. Quest’interdipendenza è appena accennata nel piano di 300 miliardi su tre anni che il Presidente Juncker ha promesso ai paesi dell’Unione.

C’è, nel Piano, un accenno alla green economy. Ma non basta. Per far ripartire le economie europee, dopo anni di un’austerità distruttiva, occorre un vero New Deal europeo. Penso al New Deal per l’Europa: un’Iniziativa cittadina che dovrebbe esser fatta propria dall’Unione, anche se potrebbe mancare il milione di firme richieste. È l’unico orizzonte che permette di tenere insieme obiettivi pericolosamente disgiunti: la protezione del clima dalle emissioni di anidride carbonica, la nuova occupazione, e al tempo stesso gli investimenti in energie alternative e nella sicurezza degli approvvigionamenti. Il Piano Juncker non risponde a queste tre sfide, cui ne aggiungerei una quarta, cruciale: una politica estera autonoma soprattutto verso la Russia e l’Ucraina, che preservi la neutralità di quest’ultima.

Il Piano Juncker dipende dai contributi nazionali ai Fondi strutturali e alla Bei: dunque gli Stati più indebitati non potranno contribuire, limitati come sono nelle loro azioni dai vincoli di bilancio. Il Cancelliere Angela Merkel l’ha fatto capire in maniera chiara, nel recente vertice sul lavoro che si è tenuto a Milano. Il New Deal 4 Europe, proponendo autentiche risorse proprie dell’Unione – una tassa sulle transazioni finanziarie, una carbon tax – è il piano di cui l’Europa ha bisogno, per dare finalmente alla crescita una dimensione ecologica e tassare non il lavoro sempre più precario, ma le rendite finanziarie.

Ricordo qui che invece di tassare le rendite finanziarie, il Consiglio degli affari economici e finanziari (Ecofin) ha purtroppo deciso di rinviare ancora una volta l’applicazione della direttiva sulla lotta ai grandi evasori.

Grazie

New Deal 4 Europe, un’alternativa al Piano Juncker

Lettera di Barbara Spinelli agli europarlamentari

Versione italiana
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Cari colleghi,

come sapete, l’Iniziativa di cittadinanza New Deal 4 Europe sta raccogliendo le firme necessarie per chiedere alla Commissione europea un piano straordinario per lo sviluppo sostenibile e l’occupazione, capace di rilanciare l’economia europea, creare nuovi posti di lavoro e agire per un’Europa della solidarietà sociale, dello sviluppo sostenibile, della democrazia partecipativa.

Gli obiettivi indicati dalla campagna sono riassumibili nell’attuazione di un programma straordinario di investimenti dell’UE per la produzione e il finanziamento di beni pubblici europei (energie rinnovabili, ricerca, innovazione, reti infrastrutturali, agricoltura ecologica, protezione dell’ambiente e del patrimonio culturale ecc.); nella costituzione di un Fondo europeo straordinario di solidarietà per creare nuovi posti di lavoro, soprattutto per i giovani; nell’incremento delle risorse proprie del bilancio europeo tramite una tassa sulle transazioni finanziarie e una carbon tax.

Al fine di sostenere questa importante iniziativa di cittadinanza, che tanti tra noi si sono impegnati ad appoggiare nel corso della campagna elettorale, vi propongo di costituire una rete informale di parlamentari, ovvero un networking group New Deal 4 Europe.

Si tratta di dare inizio a una battaglia parlamentare che porti a modificare il piano di investimenti infrastrutturali presentato da Jean-Claude Juncker, chiedendo che venga basato su un aumento consistente delle “risorse proprie”, anziché su ciò che resta dei “fondi strutturali” o sui finanziamenti della BEI. Il piano di Juncker è infatti del tutto insufficiente dal punto di vista quantitativo, e sul piano qualitativo elude quello che dovrebbe essere il compito prioritario, indicato da New Deal 4 Europe nell’introduzione della doppia tassa sulle transazioni finanziarie e sull’emissione di CO2: avviare uno sviluppo diverso da quello che abbiamo fin qui conosciuto, e che ci ha portato all’attuale crisi recessiva, oltre che alla crisi sempre più acuta dell’equilibrio climatico Se realizzato, il New Deal consentirà di riconquistare il consenso di molti cittadini verso il progetto europeo.

Al tempo stesso, si tratta di mobilitarci per rilanciare la campagna nei media, in considerazione del fatto che le firme raggiunte sono ancora molto lontane dall’obiettivo necessario, benché si siano registrate importanti adesioni nel mondo della cultura, della politica e dell’associazionismo.

La rete informale New Deal 4 Europe dovrebbe dunque assumersi il compito di impostare e coordinare un’azione concreta a sostegno della campagna di raccolta delle adesioni, attivando iniziative di sensibilizzazione tali da imporre l’Ice nell’agenda mediatica europea.

Ci restano 160 giorni per raggiungere l’obiettivo di un milione di firme per New Deal 4 Europe.

Vi ringrazio,

Barbara Spinelli

 

Sito dell’Iniziativa New Deal 4 Europe: www.newdeal4europe.eu

Manifesto per un Piano europeo straordinario per lo sviluppo sostenibile e per l’occupazione

Per firmare il Manifesto


Dear colleagues,

As you are certainly aware, the “New Deal 4 Europe” Citizens’ Initiative is collecting the signatures required to ask the European Commission for an extraordinary plan for sustainable development and employment that may be able to relaunch the European economy, create new jobs and work towards a Europe based on social solidarity, sustainable development and participatory democracy.

The goals indicated by the campaign may be summed up in the enactment of an extraordinary programme of EU investments for the production and the financing of European public goods (renewable energy sources, research, innovation, infrastructural networks, environment-friendly agriculture, environmental protection and protection of cultural heritage, etc.); in the establishment of an extraordinary European solidarity fund to create new jobs, especially for young people; in an increase in the European budget’s own resources through a taxation of financial transactions and a carbon tax.

For the purpose of supporting this important Citizenship Initiative, which many of us have made an effort to back during the election campaign, I propose that we set up an informal network of MEPs, that is, a New Deal 4 Europe networking group.

It is a matter of initiating a parliamentary battle that may lead to a modification of the infrastructure investment plan presented by Jean-Claude Juncker, asking for it to be based on a substantial increase of EU`s “own resources”, rather than on what remains of the “structural funds” or on EIB funding. In fact, Mr. Juncker’s plan is entirely insufficient from a quantitative perspective and, at the qualitative level, it eludes what should be its priority task, indicated by New Deal 4 Europe as the introduction of a double tax on financial transactions and on CO2 emissions:the purpose beingto embark upon a different kind of development from that which we have seen so far – and which has brought us to the current recession-related crisis -and to tackle simultaneously an increasingly serious crisis in the global climate balance. If achieved, the New Deal will make it possible to win back many citizens’ support for the European project.

At this point a mobilisation is necessary, in order to revive this campaign in the media, considering that the signatures that have been collected so far are still a long distance away from the target that is required, in spite of important backing recorded from the milieux of culture, politics and associations.

Hence, the New Deal 4 Europe informal network should take on the task of framing and coordinating a concrete action to support the campaign to collect signatures, undertaking awareness-raising initiatives capable of imposing coverage of the ND4E European Citizens’ Initiativeupon the European media’s agenda.

We have 160 days left to achieve the goal of collecting one million signatures for the New Deal for Europe.

Thank you,

Barbara Spinelli

 

New Deal 4 Europe website: www.newdeal4europe.eu

Manifesto For a European Plan for Sustainable Development and Employment

Sign the Manifesto

Jyrki Katainen vicepresidente
della Commissione: le ragioni del no

Lettera inviata ai parlamentari europei

Versione italiana
English version

20 settembre 2014

La designazione di Jyrki Katainen come vicepresidente della Commissione e responsabile di occupazione, crescita, investimenti e competitività, e le sue prime dichiarazioni al Parlamento Europeo nei giorni successivi alla designazione, sono inquietanti. Compito del nuovo vicepresidente dovrebbe essere quello di mettersi immediatamente al lavoro per garantire investimenti europei necessari alla ripresa dell’economia europea e per il ritorno alla piena occupazione al fine di realizzare un obiettivo cruciale del Trattato, dopo sette anni di crisi durissima che le politiche di austerità hanno acutizzato al massimo. Nelle lettere di missione, il Presidente Juncker ha chiesto a Jyrki Katainen e agli altri commissari di agire entro i primi cento giorni della nuova Commissione.

A molti parlamentari è parsa che questa fosse la conclusione cui è giunto il nuovo Presidente Jean-Claude Juncker, quando non solo ha criticato il 15 luglio nell’aula di Strasburgo le politiche della trojka, ma ha anche annunciato il piano che porta ormai il suo nome: un piano di investimenti di 300 miliardi di euro per i prossimi tre anni.

In tutt’altra direzione vanno le dichiarazioni di Katainen. Invece di parlare del piano di investimenti, ha ripetuto le sue ricette sul rigore, facendo capire che prima ogni Stato dovrà mettere la propria casa in ordine, e solo dopo verranno – eventualmente – piani di investimento. Non è questa la sua missione, se è vero che egli dovrà occuparsi di lavoro, occupazione e investimenti. Né è suo compito chiedere «riforme strutturali» che restringono drasticamente i diritti dei lavoratori e puntano a un depotenziamento del ruolo essenziale svolto dai sindacati, come avviene in Italia nello scontro, gravissimo, che il governo Renzi sta fomentando attorno all’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori.

Il piano Juncker non è certo sufficiente, e non è per nulla chiaro come sarà finanziato: se si tratterà solo di aumentare un po’ i mezzi messi a disposizione dalla Banca Europea di Investimenti e di riorganizzare gli attuali Fondi europei. La vera soluzione sarebbe quella proposta dall’Iniziativa dei cittadini europei nel “New Deal 4-Europe”, con interventi della Bei e due tasse europee: sulle transazioni finanziarie e sull’emissione di CO2. E sarebbe un aumento delle risorse proprie dell’Unione, che il Consiglio europeo rigettò nella primavera 2013 (a quel tempo Juncker era membro del Consiglio europeo e dell’Eurogruppo).

Ripetere che prima viene il rigore nazionale e che solo in un secondo momento si potrà discutere di cooperazione e di investimenti comuni fa parte di un’ideologia ordoliberista che ha evidenti tratti neo nazionalisti, contrari al progetto di un’Unione solidale e politicamente unita.

Così facendo egli viola i tre criteri fondamentali per essere membro della Commissione europea: la conoscenza (degli obiettivi dell’Unione che nell’articolo 3.3 del Trattato prevedono l’economia sociale di mercato e la piena occupazione), l’indipendenza (dalle politiche di rigore che vogliono imporre alcuni Stati), e l’impegno europeo (per la solidarietà e per la cooperazione leale).

È il motivo per cui gli europarlamentari dovrebbero respingere la designazione di Jyrki Katainen, se vorranno essere credibili di fronte ai cittadini che rappresentano.

Barbara Spinelli
vice-presidente della Commissione Affari costituzionali del Parlamento europeo,
membro supplente della Commissione per le Libertà civili, giustizia e affari interni

 

September 21, 2014

The designation of Jyrki Kaitanen as Vice-President of the Commission in charge for jobs, growth, investment and competitiveness, as well as his first remarks at the European Parliament shortly after his nomination, are disquieting. After seven years of a dire crisis only worsened by fierce austerity measures, the task of the new Vice-President should be to get immediately to work so as to guarantee the investments needed for European economic recovery and for the return to full employment, thus achieving a crucial objective of the Treaty.

In his mission letters, President Juncker urged Mr Jyrki Katainen and the other commissioners-designate to take action within the first hundred days of the new Commission.

Given Mr Juncker’s statement during the plenary session in Strasbourg, on July 15, it seemed to many members of the European Parliament that this was the conclusion the new President had finally come to, since not only did he criticize the troika’s policies, but he also announced the plan that now bears his name: a 300 billion euro investment plan for the next three years.

Katainen’s remarks move in an entirely different direction. Rather than talking about the investment plan, he repeated his austerity recipes, implying that first each State shall put its house in order and only then investment plans– if necessary – will come. This is not his mission, if it is true that he will have to deal with jobs, growth, and investment. Nor is it up to him to ask for “structural reforms” that drastically restrict workers’ rights and aim at weakening the essential role played by trade unions, as is the case in Italy and in several other countries of the Union.

Juncker’s plan is certainly not enough, and it is far from clear how it will be funded: whether it will be just a matter of slightly increasing the resources made available by the European Investment Bank and reorganizing the current European funds. The real solution might be the one put forward by the European citizens’ initiative “New Deal 4-Europe”, with EIB interventions and two European taxes: a financial transactions tax and a carbon tax. This may result in an increase of the EU’s own resources, which was rejected by the European Council in spring 2013 (at that time Juncker was a member of the European Council and of the Eurogroup).

Suggesting that national austerity comes first and discussions about cooperation and common investment will follow, is part of an ordoliberal ideology with unmistakable neo-nationalist features, contrary to the idea of a politically united Europe, built on solidarity.

By doing this, Mr Katainen breaks the three fundamental criteria that every European Commissioner must meet: knowledge (of the EU objectives as stated in Article 3.3 of the EU Treaty, which promotes a social market economy, aiming at full employment and social progress), independence (from the austerity measures some States want to impose), and European commitment (to the principles of solidarity and loyal cooperation).

These are the reasons why the members of the European Parliament should reject the designation of Jyrki Katainen, if they want to be credible in the eyes of the citizens they represent.

Barbara Spinelli
Vice-President of the Committee Constitutional Affairs of the European Parliament,
Member of the Committee Civil Liberties, Justice and Home Affairs


Sullo stesso argomento: Leftist MEP moves to block Katainen appointment (EN, IT)

Manifesto per un Piano europeo straordinario per lo sviluppo sostenibile e per l’occupazione

Versione italiana
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Sono trascorsi sei anni, ma la grave crisi che l’Europa sta attraversando non è superata. L’Euro, pilastro del mercato unico, non è ancora al sicuro. Il rischio di una rinazionalizzazione delle politiche economiche, disastrosa per l’economia e per il welfare di ciascuno dei Paesi dell’Unione, nessuno escluso, è un rischio grave e reale.

Il rigore di bilancio su cui hanno puntato i governi, pur necessario per affrontare la crisi del debito, anche per l’eccessiva compressione dei tempi di attuazione ha avuto l’effetto di aggravare la spirale depressiva, compromettendo lo stesso obiettivo del risanamento. Occorre pensare in termini nuovi. Accanto al completamento del mercato unico, specie nel comparto fondamentale dei servizi, si deve ormai con urgenza porre mano ad un Piano straordinario che faccia ripartire lo sviluppo. Uno sviluppo sostenibile, fondato sulla realizzazione di infrastrutture europee, sulle nuove tecnologie, sulle nuove fonti di energia, sulla tutela dell’ambiente e del patrimonio culturale, sulla ricerca di punta, sull’istruzione avanzata e sulla formazione professionale.

Un tale Piano deve innanzitutto promuovere l’occupazione con un volume di risorse destinate ad investimenti in beni pubblici europei tale da generare alcuni milioni di posti di lavoro, in particolare in quei Paesi nei quali l’emergenza sociale della disoccupazione di massa ha raggiunto livelli allarmanti, tali da mettere a rischio le stesse democrazie.

Queste risorse finanziarie aggiuntive si possono ottenere mobilitando risorse proprie dell’Unione (quali ad esempio una tassa europea sulle transazioni finanziarie e una tassa sulle emissioni di carbonio), capitali privati (con Project bonds europei) e risorse messe a disposizione dalla Banca Europea per gli Investimenti.

La cooperazione intergovernativa si è rivelata del tutto insufficiente. Il Parlamento europeo si sta muovendo, anche in vista delle elezioni del 2014. Ma per dare una spinta decisiva a un processo troppo lento occorre che si levi finalmente una voce dai cittadini europei.

Di qui l’importanza della proposta, avanzata da un ampio schieramento di forze, dai movimenti federalisti ed europeisti, dai sindacati e da numerose associazioni della società civile di una Iniziativa dei Cittadini Europei (ICE), sulla base del Trattato di Lisbona (art. 11) per un Piano europeo straordinario per lo sviluppo sostenibile e per l’occupazione (www.newdeal4europe.eu). Questa proposta merita di essere sostenuta con forza.

L’integrazione europea è stato il grande contributo di civiltà che l’Europa ha offerto al mondo, dopo che per sua responsabilità per due volte esso si era lacerato con due sanguinose guerre mondali. Il processo di unione ha assicurato all’Europa la pace per oltre 60 anni e il raggiungimento di un benessere senza precedenti nella storia. Ha costituito un modello per l’intero pianeta.

Ora tutto questo è a rischio. I cittadini imputano la responsabilità della crisi all’Europa che è percepita come un ostacolo, come una fonte di disuguaglianza tra i cittadini e tra gli Stati, non più come una speranza per il nostro futuro. Il ritorno del nazionalismo può essere contrastato solo se i cittadini pretenderanno che l’Europa dimostri di saper rispondere ai loro bisogni. E’ dunque venuto il tempo di aprire le vie ad una presenza attiva dei cittadini europei nel mondo di oggi e di domani.

Per firmare il manifesto

Primi firmatari:

Michel Aglietta, Michel Albert, Enrique Barón Crespo, Ulrich Beck, Josep Borrell, José Bové, Roger Casale, Jean-Marie Cavada, Mauro Ceruti, Don Luigi Ciotti, Daniel Cohn Bendit, Roberta De Monticelli, Matilde Fernández, Monica Frassoni, Emilio Gabaglio, Sylvie Goulard, Olivier Giscard d’Estaing, Ramón Jáuregui, Ska Keller, Alain Lamassoure, Pascal Lamy, Jo Leinen, Henry Malosse, Norbert Mappes-Niediek, Robert Menasse, Gerhard Mensch, Yves Mény, Cristina Narbona, Claus Offe, Paul Oriol, Moni Ovadia, John Palmer, Romano Prodi, Javier Rojo, Pedro Sanchez, Gesine Schwan, Salvatore Settis, Dusan Sidjanski, Barbara Spinelli, Alexis Tsipras, Tzvetan Todorov, Guy Verhofstadt, Carlos Westendorp.

Manifesto For a European Plan for Sustainable Development and Employment

Six years have passed, but the severe crisis that Europe is experiencing is not yet overcome. The euro, a pillar of the single market, is not yet in a safe condition. The risk of economic policies being re-nationalized, a disastrous event for the economy and welfare of every country of the Union, no one excluded, is serious and real.

The emphasis of governments on budgetary rigour, albeit necessary to face the debt crisis, has aggravated the depressive spiral, due also to time compression of the achievement plan, jeopardising the healing of the financial system. It is necessary to think in new ways. In a serious and continuing recession phase, along with the completion of the single market, particularly in the essential field of services, and with the most indebted countries committed to put in place policies aimed to redress their national budgets, we must consider a special plan for relaunching development. A sustainable development based on the realization of European infrastructures, on new technologies, on new energy sources, on the protection of the environment and cultural heritage, on cutting-edge research, on advanced education and professional training.

Such a plan must in the first place promote employment through such an amount of resources earmarked to investments in European public goods as necessary to generate a few million jobs, in particular in those countries where the social emergency of mass unemployment has reached alarming levels, up to the point of putting at risk their own democracies.
These additional financial resources can be found by providing for new Union’s own resources (for example a European tax on financial transactions and a tax on carbon emissions), private capitals (with Euro project bonds) and resources made available by the European Investment Bank.

The inter-governmental cooperation has proved to be utterly inadequate. The European Parliament is taking some action, also in view of the 2014 elections. But in order to impart a decisive thrust to a too slow process, it is necessary that a voice rises up at last from the European citizens.

Hence the importance of the proposal put forward by a large line-up of forces, from the federalist and pro-European movements to trade-unions and to many civil society associations, of the European Citizens’ Initiative (ECI), as provided by the Lisbon Treaty (Art. 11), For a Special European Plan for Sustainable Development and Employment (www.newdeal4europe.eu). This proposal deserves to be strongly supported.

The European integration has been the great contribution to civilization that Europe has offered to the world, after it was torn apart twice for its fault in two bloody World Wars. Its unification process has ensured peace in Europe for more than 60 years now, and a wealth without precedents in history. It has also been a model for the entire planet.

Now all this is at risk. Europe is perceived by its citizens as the primary source of the difficulties created by the crisis, and more specifically as a source of inequality between citizens and countries, no longer as a hope for our future. The comeback of nationalism can be tackled only if the European citizens will demand that Europe proves to be capable of answering to their needs.

The time has come to open the road to an active presence of the European citizens in today’s and tomorrow’s world.

Sign the manifesto

First signatories:
Michel Aglietta, Michel Albert, Enrique Barón Crespo, Ulrich Beck, Josep Borrell, José Bové, Roger Casale, Jean-Marie Cavada, Mauro Ceruti, Don Luigi Ciotti, Daniel Cohn Bendit, Roberta De Monticelli, Matilde Fernández, Monica Frassoni, Emilio Gabaglio, Sylvie Goulard, Olivier Giscard d’Estaing, Ramón Jáuregui, Ska Keller, Alain Lamassoure, Pascal Lamy, Jo Leinen, Henry Malosse, Norbert Mappes-Niediek, Robert Menasse, Gerhard Mensch, Yves Mény, Cristina Narbona, Claus Offe, Paul Oriol, Moni Ovadia, John Palmer, Romano Prodi, Javier Rojo, Pedro Sanchez, Gesine Schwan, Salvatore Settis, Dusan Sidjanski, Barbara Spinelli, Alexis Tsipras, Tzvetan Todorov, Guy Verhofstadt, Carlos Westendorp.