L’invenzione di Borrell

di Barbara Spinelli, «Il Fatto Quotidiano», 5 ottobre 2023

Più chiaro e apodittico di così non poteva essere, L’Alto Rappresentante per la Politica estera e di sicurezza europea Josep Borrell: “L’Unione europea resta unita nel suo sostegno all’Ucraina”, si è felicitato il 2 ottobre al Consiglio dei ministri degli Esteri Ue riuniti sfrontatamente a Kiev, aggiungendo il memorabile detto: “Non vedo alcuno Stato membro vacillare”.

La realtà smentisce simili farneticazioni, in particolare dopo la vittoria alle urne dello slovacco Robert Fico, contrario all’invio di armi all’Ucraina e favorevole a tempestive trattative di tregua o di pace.

L’opposizione di Fico si aggiunge a quella dell’ungherese Orbán, e alle titubanze di Stati neutrali come Malta, Irlanda, Austria, che nel marzo 2021 hanno dato il proprio consenso alla creazione di un fondo europeo degli armamenti (detto incongruamente “Strumento di Pace”: European Peace Facility) ma a condizione che i loro contributi non servano all’acquisto e invio di armi letali, vietati dalle rispettive Costituzioni.

Infine sta titubando il governo polacco, il più strenuo difensore – per oltre un anno – di una prolungata guerra per procura in Ucraina. Il 20 settembre il premier Morawiecki ha annunciato: “Abbiamo deciso di sospendere le forniture militari all’Ucraina per concentrarci sull’ammodernamento delle nostre forze armate”. La decisione, se attuata, fa seguito all’embargo sulle importazioni di grano ucraino, deliberato per proteggere gli agricoltori polacchi: “Abbiamo fatto molto per l’Ucraina [circa un milione di profughi accolti in Polonia, ndr] e ci aspettiamo che comprendano i nostri interessi. Siamo consapevoli delle difficoltà di Kiev, ma gli interessi dei nostri agricoltori sono la cosa più importante”, così Morawiecki a Polsat News. Anche le imminenti elezioni in Polonia (15 ottobre) sono la cosa più importante, e il Partito di governo non intende perderle.

Sullo sfondo, poi, si moltiplicano i dubbi della potenza che egemonizza la politica estera degli Stati europei: “Se le forniture americane all’Ucraina continueranno alla velocità attuale, il Pentagono ha sei mesi prima di esaurire le scorte”, ha scritto il Wall Street Journal. Biden ha riconfortato Kiev nonostante i tentennamenti del Congresso. La vita di milioni di soldati ucraini dipende dalla sua campagna elettorale.

Dunque non si sa bene in quale pianeta viva Borrell e che cosa percepisca il suo sguardo perennemente appannato, quando assicura di non vedere “alcuno Stato membro vacillare” sulla guerra. Le ipotesi sono tre. O l’Alto rappresentante ha le traveggole, e quel che vede è un filmato che scambia per realtà. Sulla falsariga del romanzo di Bioy Casares (L’Invenzione di Morel), saremmo al cospetto, nel caso dell’Alto Rappresentante, dell’“Invenzione di Borrell”. Il quale vede quel che s’accampa sul suo schermo ma non in natura, e s’inventa un mondo alternativo in cui tutti sono “buoni”, cioè atlantisti. Grosso modo è quanto scrive Marco Travaglio nell’editoriale di martedì: “I Buoni non sbagliano mai, e se il resto del mondo li odia è perché è cattivo, dunque non esiste”.

Oppure – seconda ipotesi – c’è del metodo nella follia di Borrell. Quel che decidono gli elettori non ha peso, e siccome lo scrutinio universale è un impedimento per le decisioni dei Buoni, meglio ignorarne i verdetti, sganciare i governi (opportunamente ribattezzati governance) dalle preferenze elettorali e fare il possibile perché Fico non trovi una maggioranza. Il fenomeno non è nuovo. Nel 2012 il presidente del Consiglio Mario Monti disse: “Se i governi si facessero vincolare dalle decisioni dei loro Parlamenti, senza mantenere un proprio spazio di manovra, allora una disintegrazione dell’Europa sarebbe più probabile di un’integrazione”. E di recente, durante il Covid: “Bisogna trovare modalità meno democratiche nella somministrazione (sic) dell’informazione. (…) In una situazione di guerra si devono accettare delle limitazioni alle libertà”. Oppure, terza ipotesi, l’Ue si esercita a divenire un’Unione ristretta, propaggine degli Stati Uniti.

Borrell è un socialista neo-con, legato al Gruppo degli eurodeputati socialisti e democratici. Al pari di Borrell, il gruppo è in buona parte fedele alla Terza Via di Tony Blair e mal digerisce i voti popolari, se propensi a smettere gli aiuti militari all’Ucraina e le guerre di regime change. La decisione di espellere Fico, auspicata specialmente dai socialisti francesi e dall’italiana Pina Picierno, è per ora solo rinviata.

Fico non è un modello di democrazia né è socialista, sempre che si sappia cosa sia un socialista oggi. È pronto ad allearsi con l’estrema destra, pur di ottenere una maggioranza. E nel 2018 il suo governo cadde non solo perché accusato di corruzione, ma anche perché il suo partito apparve coinvolto nell’assassinio del giornalista Ján Kuciak e della sua fidanzata Martina Kušnírová, nel febbraio 2018. Kuciak indagava sui legami corruttivi tra pezzi dello Stato, mafie locali e ’ndrangheta. In quei mesi feci parte di una commissione del Parlamento europeo sull’assassinio di Kuciak, e il comportamento del partito di Fico destò parecchi sospetti.

Nessuna di queste vicende tuttavia – né il caso Kuciak, né la vicinanza di Fico all’estrema destra, né le sue ripetute dichiarazioni islamofobe – indussero il gruppo socialista a espellere il partito slovacco, nella penultima legislatura. Non passò neanche la proposta di sospenderlo, avanzata dal capogruppo Gianni Pittella. L’accusa di putinismo è una lettera scarlatta, surclassa ogni infamia. Perché opporsi alla prolungata guerra per procura infrange, nel magnifico e progressivo universo dei socialisti, i “valori europei”. E i valori europei si sa cosa sono: non le leggi europee, non l’ordine Onu, non le Costituzioni nazionali, non la Carta europea dei diritti dell’uomo, non i trattati climatici, ma il cosiddetto comune sentire che Nato e Usa prescrivono, dall’alto e indipendentemente dagli interessi europei, agli Occidentali. Se citiamo i trattati climatici, non per ultimi, è perché nell’Invenzione di Borrell non c’è neanche spazio per i disastri del pianeta. Disastri che solo un accordo fra potenze (Usa, Russia, Cina, Europa, India) potrebbe forse ancora salvare.

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Missione in Polonia

di lunedì, Novembre 26, 2018 0 , , Permalink

Bruxelles, 17 ottobre 2018. Intervento di Barbara Spinelli nel corso della riunione del Gruppo GUE/NGL. 

Punto in agendaReport on the LIBE mission to Poland on rule of law

La missione Libe cui ho partecipato si è svolta tra il 19 e il 21 settembre. Indico fin da principio un difetto non minore della missione: l’assenza di incontri con l’opposizione non rappresentata in Parlamento, cioè con vari gruppi delle sinistre. In cambio abbiamo avuto scambi preziosi con numerose associazioni di cittadini.

Per la verità, è un’assenza non imputabile solo alla preparazione della missione: quel che dovrebbe a mio parere occupare le nostre menti è la debolezza delle sinistre di fronte a un’estrema destra che smantella elementi centrali dello stato di diritto (in particolare l’indipendenza della giustizia, in Polonia) ma che al tempo stesso mostra di saper “catturare” temi classici delle sinistre come i diritti sociali e in particolare la lotta alla povertà, a cominciare dalla povertà infantile. La latitanza delle sinistre caratterizza la Polonia sin dal 1989: tutti i partiti presenti nel Sejm sono in qualche modo figli delle diverse anime di Solidarnosc, dal PiS alla Piattaforma Civica e al nuovo Partito chiamato “Moderno”. Sono convinta che la Polonia soffra del vizio originario di Solidarnosc: un sindacato che negli anni ‘80 si trasformò in forza politica governativa, perdendo per strada ogni aspirazione sociale, e ogni capacità di organizzare i normali conflitti politici lungo linee economiche anziché lungo linee identitarie-nazionali.

I progressi notevoli compiuti dalla coalizione governativa sul fronte economico-sociale sono stati sottolineati da una serie di nostri interlocutori, anche i più critici nei confronti del partito Diritto e Giustizia (PiS). I più poveri e deboli votano PiS perché quest’ultimo ha scelto di denunciare le cosiddette “terapie-choc” imposte dall’Unione e dalla Germania nei decenni successivi all’Ottantanove. L’opposizione parlamentare di Piattaforma Civica e dei “Moderni” (partito associato a Alde) si scaglia giustamente contro le infrazioni alla rule of law ma non accenna alcuna autocritica in campo sociale e riguardo alle politiche di austerità di cui è stata in passato artefice ed esecutrice.

La missione è avvenuta in concomitanza con un nuovo attacco alla rule of law: dopo la cattura politica della Corte costituzionale e del Consiglio nazionale della magistratura [1], dopo quella dei media, del servizio pubblico audio-visivo, dei servizi segreti; dopo il tentativo di imporre una legge sull’aborto ancora più restrittiva di quella attuale (un tentativo temporaneamente bloccato dalle proteste delle “donne in nero”, che abbiamo incontrato e che temono oggi nuove leggi – volute dalla Chiesa – in favore della clausola di coscienza cui possono i ricorrere i medici), adesso il controllo politico del potere giudiziario colpisce uno degli ultimi bastioni della magistratura indipendente: la Corte suprema.

Gli interlocutori a mio parere più importanti sono stati: la Presidentessa della Corte Suprema Małgorzata Gersdorf, l’Ombudsman Adam Bodnar, l’ex Presidente della Corte costituzionale, e poi militanti di Family Planning e Donne in nero, giuristi critici tra cui Paulina Kieszowska, rappresentanti della stampa indipendente e di quella cattolica più integralista, oltre a parlamentari legati al governo.

Mi soffermo a questo punto sui punti salienti della nostra missione:

L’attacco alla Corte suprema. L’offensiva contro i suoi vertici e le decine di nuove nomine politiche sono viste con preoccupazione estrema dai nostri interlocutori [2].La Signora Gersdorf si è rifiutata di dimettersi dalla presidenza, e di obbedire alla legge che glielo aveva imposto abbassando da un giorno all’altro l’età pensionabile. Lo ha fatto richiamandosi alla durata del mandato fissata dalla Costituzione. In particolare preoccupano gli argomenti del PiS, in quest’ennesimo attacco all’indipendenza dei magistrati: quel che è mancato dopo l’89 – dice il PiS – è una vera epurazione che rendesse concreta la transizione successiva all’epoca comunista. È una battaglia sulle interpretazioni storiche senza rapporto alcuno con la realtà, sostengono le voci critiche: l’età media dei giudici è oggi di 40 anni. Non erano adulti durante lo stato di guerra degli anni Ottanta. E tra i colpiti ci sono membri della Corte che sono figure leggendarie per aver difeso i dissidenti, come Stanisław Zabłocki. Di contro, il PiS ha scelto come presidente della Commissione parlamentare sui diritti dell’uomo Piotrowicz, un ex procuratore dei tempi comunisti non meno leggendario per l’accanimento con cui ha perseguitato oppositori e dissidenti.

Il secondo punto, cui ho già accennato, concerne la popolarità del PiS, dovuta non solo all’antico peso della Chiesa ma anche alle misure sociali del governo. In questione è la politica del precedente governo, guidato dalla Piattaforma Civica fondata da Donald Tusk, che abbracciando le politiche di austerità ha creato la situazione attuale e facilitato l’affermazione elettorale di forze di estrema destra. In realtà il PiS non regola solo i conti col comunismo. Il regolamento dei conti avviene dentro la cerchia degli eredi di Solidarnosc, sparpagliati in tutte le forze parlamentari. In questo il partito di Jarosław Kaczyński ha il pieno sostegno della Chiesa, che a volte critica le politiche sui rifugiati, in linea con il Papa, ma è più che mai restrittiva in altri campi, in primis sull’interruzione di gravidanza, e considera il governo troppo poco intransigente in materie attinenti l’”etica cristiana”.

Terzo punto: il ruolo dell’Unione e l’articolo 7. Molti nostri interlocutori chiedono espressamente e insistentemente aiuto all’Unione europea, in particolare l’Ombudsman che è l’ultimo bastione non ancora abbattuto della rule of law. Ma sembrano più interessati alle procedure di infrazione avviate dalla Corte europea di giustizia che all’articolo 7 del Trattato UE, di cui temono l’inefficacia e di cui non vedono le prospettive credibili (per rendere operativo l’articolo 7 è richiesta l’unanimità degli Stati Membri, e l’obiettivo è irraggiungibile visto che il governo ungherese e altri governi dell’Est hanno annunciato il veto).

***

Potrei inoltrarmi oltre ma vorrei a questo punto che discutessimo più generalmente della questione rule of law, che sta occupando un ruolo sempre più centrale nelle nostre attività e che costituisce una parte notevole del mio lavoro parlamentare.

Quello che vorrei discutere è la natura sempre più elettoralistica che sta assumendo questo attivismo. È il tema su cui si concentra il briefing sulla missione preparato per il nostro gruppo da Lide Iruin Ibarzabal e da me.  Governi legati ai socialisti sono sotto attacco, con lo scopo non ammesso ma evidente di controbilanciare le politiche severe adottate verso Polonia e Ungheria. È sotto attacco l’Est Europa, per violazioni della rule of law, ma mai Paesi come la Spagna o l’Italia. Manca la capacità di distinguere e analizzare – di analizzare in particolare il nesso creatosi fra nazionalismo, cosiddetto “sovranismo” e questione sociale – e per questa via si finisce col banalizzare quel che accade in Polonia e Ungheria.

Penso sia utile avviare una riflessione sulla rule of law, nel nostro gruppo, perché in questa faccenda rischiamo di imboccare due vie egualmente pericolose: o l’indifferenza alle questioni legate ai diritti fondamentali e allo stato di diritto, o la sudditanza a strategie elettorali socialmente dubbie dei Popolari, di Alde, dei Socialisti, e dei Verdi.

Post scriptum: il 19 ottobre, la Corte europea di giustizia a emesso un’ordinanza i cui accoglie la richiesta di sospensione della legge sul pensionamento anticipato di magistrati. Una decisione assunta in via cautelativa, prima ancora del pronunciamento della sentenza nel procedimento attivato da Bruxelles contro Varsavia.

[1] Responsabile per la nomina dei giudici e per l’esame dei reclami “etici” contro i giudici che compongono il Consiglio. Due giorni prima della nostra missione, il 17 settembre, il Consiglio nazionale della magistratura in Polonia è stato espulso dal network europeo dei consigli della magistratura  European Network of Councils for the Judiciary – ENCJ)

[2] Il presidente della Corte Suprema decide quali giudici devono seguire ogni caso. In Polonia il Tribunale Costituzionale è un organo giudiziario competente in materia di conformità delle leggi con la Costituzione, conflitti di competenze e ricorsi promossi dai cittadini. La Corte Suprema è il massimo organo giurisdizionale e ha sempre l’ultima parola: le sue decisioni non possono essere oggetto di appello e hanno valore di legge.

La Polonia e l’articolo 7

di mercoledì, Giugno 13, 2018 0 , , Permalink

Comunicato stampa

Strasburgo, 13 giugno 2018. Barbara Spinelli (GUE/NGL) è intervenuta nel corso della sessione plenaria del Parlamento europeo dedicata a “Indipendenza del potere giudiziario in Polonia. Dichiarazioni del Consiglio e della Commissione”

Di seguito l’intervento:

«Nel marzo scorso il Parlamento ha approvato la decisione della Commissione di attivare l’articolo sette-uno. Circolano ora voci insistenti secondo cui una parte della Commissione, attenta a inquietudini che si manifestano nel Consiglio, sarebbe pronta a sospendere ogni decisione a riguardo. Le stesse voci adombrano l’ipotesi di un passaggio del Pis al PPE: un mossa che garantirebbe a Varsavia l’ombrello di cui gode l’Ungheria.

Al vicepresidente Timmermans, che ringrazio per la sua costanza, domanderei un chiarimento in merito alle reali intenzioni della Commissione e alle scadenze che ha in mente di qui alla fine della legislatura.

Il rischio, in caso di congelamento, è che l’Unione appaia disarmata di fronte a possibili degenerazioni della rule of law al suo interno. In tal caso, meglio non attivare affatto l’articolo sette, piuttosto che ammettere così apertamente la nostra incapacità di agire».

Il potere degli impotenti

Bruxelles, 28 febbraio 2018. Intervento di Barbara Spinelli nel corso della sessione plenaria del Parlamento europeo.

Punto in agenda:

  • Decisione della Commissione di attivare l’articolo 7, paragrafo 1, del Trattato sull’Unione Europea per quanto riguarda la situazione in Polonia
  • Dichiarazione della Commissione

«Alcuni diranno che ricorrere all’articolo 7 è un gesto inutile, puramente verbale, visto che alla fine non ci sarà comunque unanimità nel Consiglio sulla sua attuazione. Per parte mia non ritengo puramente verbale la nostra risoluzione. Pur conoscendo i rischi che corre – mettendo in mostra la propria impotenza – il Parlamento deve esprimersi, quando constata in uno Stato membro violazioni gravi dell’articolo 2. È stato un dissidente dell’Est, Havel, a insegnare che esiste un potere degli impotenti, ed è questo potere che vogliamo esercitare, per mettere in guardia non solo il governo polacco ma tutti i governi che dovessero imboccare, o già hanno imboccato come in Ungheria, la strada che porta allo smantellamento della rule of law e alla politicizzazione del potere giudiziario.

In democrazia, i governi e i parlamenti non sono gli unici a detenere il monopolio della legittimità. Lo condividono con il potere giudiziario: ultimo garante dei diritti, indipendentemente dalle elezioni.

In democrazia non sono concepibili leggi come quelle adottate di recente, che impongono un’unica interpretazione della Storia nazionale, dettata dallo Stato».

Rule of law in Polonia

Strasburgo, 15 novembre 2017. Intervento di Barbara Spinelli nel corso della Sessione Plenaria.

Punto in agenda:
Situazione dello Stato di diritto e della democrazia in Polonia

Presenti al dibattito:
Matti Maasikas – Vice-Ministro estone per gli Affari europei
Frans Timmermans – Primo vicepresidente della Commissione europea e Commissario europeo per la migliore legislazione, le relazioni interistituzionali, lo stato di diritto e la carta dei diritti fondamentali

Barbara Spinelli è intervenuta in qualità di Relatore, per il Gruppo GUE/NGL, della Proposta di Risoluzione del Parlamento europeo sulla situazione dello Stato di diritto e della democrazia in Polonia. 

La Risoluzione è stata in seguito adottata con 438 voti in favore, 152 contrari, 71 astenuti.

Ad esclusione di un emendamento riguardante le procedure da seguire in caso di appello dei medici all’obiezione di coscienza nell’interruzione volontaria di gravidanza, tutti gli emendamenti presentati dal GUE/NGL sono stati approvati e risultano quindi incorporati nella risoluzione.

Vorrei rivolgermi ai colleghi polacchi, e in particolare ai rappresentanti del partito al governo. Vorrei che capissero che non stiamo punendo un paese membro, che rispettiamo le sovranità multiple di cui l’Unione dovrà sempre più esser composta. Il motivo per cui adotteremo una terza risoluzione sulla Polonia è per ricordare insieme le ragioni che ci tengono uniti: i fondamenti normativi che tutti i Paesi membri hanno sottoscritto. Intendo la rule of law nel senso più profondo del termine. Vi invito a leggere il recital E [1] della risoluzione: la rule of law è distinta dalla rule by law. Rule by law significa “governo per mezzo della legge”, dove la legge è l’atto di cui si serve chi esercita il potere, sulla base di una maggioranza parlamentare. Rule of law è una nozione in cui entra un concetto sostanziale di diritto, come insieme di diritti fondamentali, garanzie e indipendenza dei giudici, separazione dei poteri, libera espressione, diritti dei rifugiati, delle donne: chi vince le elezioni ubbidisce a quest’insieme di diritti, non li concede.

Una volta eletti in questo parlamento tutti abbiamo il compito di rappresentare la totalità dei cittadini dell’Unione senza distinzione alcuna di nazionalità o circoscrizione elettorale e, allo stesso tempo, il dovere primario di assicurare che i fondamenti della cittadinanza – i diritti, le libertà fondamentali – siano pienamente garantiti. Domandando di attivare l’articolo 7(1), non chiediamo altro che di tenere fede a tale impegno e di assumerci la responsabilità di proseguire il dialogo aperto con il Governo di uno Stato Membro. D’altro canto, si tratta del solo strumento che, come Parlamento, il Trattato ci ha fornito.

[1] RECITAL E.   whereas those principles include legality, which implies a transparent, accountable, democratic and pluralistic process for enacting laws; legal certainty; prohibition of arbitrariness of the executive powers; independent and impartial courts; effective judicial review including full respect for fundamental rights; and equality before the law;

 

Stato di diritto in Polonia: il perché di una nuova risoluzione

Bruxelles, 14 novembre 2017. Intervento di Barbara Spinelli nel corso della Riunione del Gruppo GUE/NGL.

Punto in agenda:
Scambio di opinioni sulla situazione in Polonia

Barbara Spinelli è intervenuta in qualità di Relatore, per il Gruppo GUE/NGL, della Proposta di Risoluzione del Parlamento europeo sulla situazione dello Stato di diritto e della democrazia in Polonia. 

Questa risoluzione nasce da una constatazione: dopo una serie di raccomandazioni della Commissione, dopo i moniti della Commissione di Venezia, la Polonia governata dal PiS continua a violare la rule of law in maniera palese. Per rule of law non intendiamo il “governo attraverso le leggi” – la rule-by-law, la pura legalità – ma la legalità che ha come fondamento normativo il rispetto dei diritti fondamentali. È l’intreccio di legalità e diritti a essere violato. Dico subito che quest’accezione larga della rule of law non è scontata, anche se in punto di diritto lo è nella legge europea grazie alla congiunzione del Trattato con la Carta dei diritti fondamentali. I diritti delle donne alla contraccezione e all’aborto ad esempio fa pienamente parte della rule of law, e rientra perfettamente in una risoluzione dedicata alla violazione dello Stato di diritto.

In questa risoluzione, il Parlamento si concentra sull’indipendenza della giustizia e sulla separazione dei poteri, e nessuno dei paragrafi che riguardano questi temi è criticabile. Devo dire che il contributo del nostro gruppo è stato decisivo, nel salvaguardare la parte diritti della rule of law. Con l’aiuto fondamentale di Amandine, con il contributo di Malin, siamo riusciti a immettere alcuni punti a nostro parere cruciali, e per questo ho consigliato l’adesione alla mozione congiunta. Ve li riassumo, suddividendoli in otto categorie:

Comincio dai diritti delle donne. Non abbiamo ottenuto tutto quello che ci ripromettevamo, e per questo presenteremo cinque emendamenti insieme con i Verdi e i Socialisti. A fatica, abbiamo ottenuto comunque che i diritti delle donne siano annoverati come costitutivi della rule of law, per quanto riguarda sia l’erogazione di fondi alle associazioni femminili, sia la salute riproduttiva – cioè il diritto all’interruzione volontaria della gravidanza e alla libera contraccezione (presentato in un recital come diritto umano garantito dalla Carta e dalla Convenzione dei diritti dell’uomo), sia le proteste di massa dell’ottobre 2016 (la protesta delle donne in nero) che ha impedito l’approvazione di una nuova legge sull’aborto. Un’ultima osservazione a questo proposito: su nostra domanda è stato inserito il riferimento all’ultimo rapporto di Human Rights Watch, che nell’elencare i diritti violati dedica ampio spazio alla legge che vieta la vendita senza prescrizione della pillola del giorno dopo, e alla necessità di emendare la legge sull’aborto adottata dai governi precedenti: una delle più restrittive e punitive d’Europa. Chi si batte per questi diritti in Polonia potrà appellarsi a questo rapporto, che sia pure in maniera indiretta e allusiva è fatto proprio dal Parlamento europeo.

Passo ora ai paragrafi o Recital dove i risultati ottenuti sono a mio parere tangibili. Ne ho contati almeno sette:

1) la libertà di riunione pacifica e quella di associazione, messe in pericolo dalla legge che dà priorità assoluta alle cosiddette “manifestazioni cicliche”, dedicate a eventi patriottici o religiosi, e che mette al bando ogni sorta di contromanifestazione. In quest’ambito viene denunciata ogni incriminazione di manifestanti pacifici;

2) la libertà di espressione, evidenziata in un recital e un articolo: si tratta dell’invito ad assicurare in pieno il pluralismo dell’informazione e dei media;

3) la condanna delle misure di respingimento collettivo dei migranti alla frontiera con la Bielorussia, e l’invito a rispettare due provvedimenti ad interim adottati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, che chiedono l’interruzione immediata dei rimpatri. In Bielorussia manca un sistema d’asilo funzionante ed è elevato il rischio che richiedenti asilo provenienti dalla Cecenia o da paesi dell’Asia centrale possano essere rimandati nei luoghi di partenza, dove potrebbero subire torture;

4) le leggi antiterrorismo e il cosiddetto “police act”, con uno specifico riferimento alle misure che permettono la sorveglianza poliziesca dell’opposizione e di personalità rappresentative della società civile (quest’articolo è stato introdotto da Alde, con il nostro pieno consenso);

5) la legge che permette al nuovo Centro di sviluppo della società civile di negare fondi alle associazioni poco gradite;

6) il riferimento all’articolo 7 del Trattato, e al ruolo promotore che il Parlamento europeo può svolgere nell’iniziarne l’attivazione, in base al paragrafo 1 dell’articolo 7;

7) l’invito a metter fine al taglio degli alberi nella foresta di Bialowieza, che è un patrimonio dell’umanità tutelato dall’UNESCO oltre che una delle più antiche d’Europa. A fine luglio la Corte di giustizia europea, su ricorso della Commissione, aveva ordinato ai polacchi di bloccare il taglio, ma il governo ha ignorato l’ordine della Corte. Attualmente il taglio procede al ritmo di circa mille alberi al giorno.

Come dicevo all’inizio, per tutti questi motivi sono convinta che valga la pena aderire alla risoluzione. Mi piacerebbe conoscere la vostra posizione in proposito.

La legge sull’aborto e il degrado polacco

di mercoledì, Ottobre 5, 2016 0 , , Permalink

Intervento di Barbara Spinelli nel corso della sessione plenaria del Parlamento europeo. Strasburgo, 5 ottobre 2016.

Punto in agenda:

I diritti delle donne in Polonia

  • Dichiarazione della Commissione

Presenti al dibattito: Vĕra Jourová – Commissario europeo per la giustizia, consumatori e parità di genere

La proposta di legge polacca preoccupa, perché vieta l’interruzione di gravidanza in quasi tutte le circostanze. Preoccupa a tal punto che un grande movimento di donne ha frastornato il governo, il quale pensa forse a un’altra legge, magari escludendo dal divieto gli stupri. Ma sarà una legge non meno punitiva. Leggi del genere non miglioreranno perché rientrano in una vasta regressione, cui Kaczyński dà il nome di “controrivoluzione culturale”, incentrata sulla totale fusione tra Stato e Chiesa e la deliberata violazione di precise norme europee sull’accesso non discriminatorio alla salute. La competenza dunque non è solo nazionale.

Anche se restasse la legge vigente, non sarebbe certo un progresso: è tra le più punitive d’Europa. È ora di sostenere la battaglia delle donne che si oppongono. Le loro rappresentanti sono oggi qui con noi in plenaria, e vi invito a salutarle. [applausi]

Legge antiterrorismo polacca

Interrogazione con richiesta di risposta scritta E-004851/2016
alla Commissione
Articolo 130 del regolamento

Barbara Spinelli (GUE/NGL), Nessa Childers (S&D), Julie Ward (S&D), Bodil Valero (Verts/ALE), Maria Arena (S&D), Soraya Post (S&D), Marisa Matias (GUE/NGL), Dimitrios Papadimoulis (GUE/NGL), Brando Benifei (S&D), Lola Sánchez Caldentey (GUE/NGL), Curzio Maltese (GUE/NGL), Tomáš Zdechovský (PPE), Stelios Kouloglou (GUE/NGL), Ana Gomes (S&D), Cornelia Ernst (GUE/NGL), Malin Björk (GUE/NGL), Patrick Le Hyaric (GUE/NGL), Josu Juaristi Abaunz (GUE/NGL), Tania González Peñas (GUE/NGL), Kostadinka Kuneva (GUE/NGL), Marie-Christine Vergiat (GUE/NGL), Gabriele Zimmer (GUE/NGL), Pina Picierno (S&D) e Pascal Durand (Verts/ALE)

Oggetto: Compatibilità della legge antiterrorismo polacca con il diritto dell’Unione e le norme in materia di diritti umani

Il 21 aprile 2016 il governo polacco ha pubblicato un nuovo progetto di legge antiterrorismo, che è attualmente oggetto di discussione in seno al parlamento polacco. Secondo diverse ONG, le misure previste dalla legge in questione non sono coerenti con la Costituzione polacca e con le norme in materia di diritti umani sancite dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Le disposizioni di tale legge violerebbero, fra l’altro, il principio di uguaglianza e di divieto della discriminazione, il diritto alla libertà, alla libertà di riunione e alla libertà di espressione e di comunicazione, le norme sulla protezione dei dati personali e la presunzione di innocenza. Il 13 gennaio 2016 la Commissione aveva avviato un dialogo strutturato con il governo polacco nell’ambito del quadro per lo Stato di diritto e il 1° giugno 2016 ha adottato un parere sullo Stato di diritto nel quale esprime preoccupazione circa la situazione costituzionale derivante dalle modifiche alla legge sul Tribunale costituzionale del 22 dicembre 2015.

–     Reputa la Commissione che la nuova legge antiterrorismo sia compatibile con le disposizioni del diritto dell’Unione, la Carta dei diritti fondamentali dell’UE e la giurisprudenza della Corte di giustizia?

–     Intende la Commissione inserire la questione della legge antiterrorismo all’interno della procedura relativa allo Stato di diritto avviata nei confronti del governo polacco?

 

IT

E-004851/2016
Risposta di Věra Jourová
a nome della Commissione

(20.9.2016)

Da un’analisi preliminare del testo di legge citato dagli onorevoli deputati, che nel frattempo è stato approvato dal parlamento polacco e firmato dal presidente, non sono emerse indicazioni in base alle quali la Commissione possa ritenere che le disposizioni ivi previste in materia di incriminazione per reati connessi alle attività terroristiche siano incompatibili con la normativa UE sulla lotta contro il terrorismo [1].

Per quanto riguarda il diritto alla protezione dei dati personali sancito dalla Carta dei diritti fondamentali dell’UE, le norme della legge in questione sul trattamento dei dati personali da parte delle autorità di polizia e delle autorità giudiziarie penali a fini di contrasto rientrano nel campo di applicazione della direttiva (UE) 2016/680 di recente adozione che gli Stati membri dovranno recepire entro il 6 maggio 2018.

La Commissione continua a essere impegnata in uno scambio strutturato e cooperativo con le autorità polacche nell’ambito del quadro per lo Stato di diritto [2]. Il dialogo mira a garantire un efficace controllo di costituzionalità della legislazione da parte della Corte costituzionale polacca. Per l’esame della conformità della normativa, compresa quella in questione, rispetto ai diritti fondamentali, è particolarmente importante garantire che la Corte costituzionale possa svolgere pienamente il suo ruolo.

[1]     Decisione quadro 2002/475/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, sulla lotta contro il terrorismo, modificata dalla decisione quadro 2008/919/GAI del Consiglio del 28 novembre 2008.

[2]     http://europa.eu/rapid/press-release_IP-16-2015_en.htm

Risoluzione sulla Polonia

di mercoledì, Settembre 14, 2016 0 , , , Permalink

Strasburgo, 14 settembre 2016

Oggi il Parlamento europeo ha votato la Proposta di Risoluzione comune presentata dai gruppi politici PPE, S&D, ALDE, GUE/NGL e Verdi/ALE “sui recenti sviluppi in Polonia e il loro impatto sui diritti fondamentali sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea”. La Risoluzione è stata adottata con 510 voti favorevoli, 160 contrari e 29 astensioni.  (Qui l’edizione provvisoria della Risoluzione.)

Dopo il voto Barbara Spinelli, in qualità di Relatore per il Gruppo GUE/NGL, ha dichiarato:

«È senz’altro positivo che il Parlamento abbia accolto, a larga maggioranza, questa Proposta di Risoluzione, frutto del lavoro congiunto di 5 diversi gruppi politici. Non si è trattato del tentativo di interferire negli affari interni di uno Stato Membro, o di adottare un atteggiamento punitivo nei confronti di una specifica maggioranza politica ma, come già nel 2004 per l’Italia o più recentemente nei riguardi dell’Ungheria, il Parlamento europeo ha voluto riaffermare che esistono norme comuni che ciascuno ha sottoscritto firmando i Trattati e che rappresentano la nostra legge comune. Questo, quanto meno, è il principio che ha guidato il lavoro mio e del mio Gruppo politico.  In Polonia stiamo assistendo ad una profonda erosione della democrazia costituzionale e dello stato di diritto: siamo testimoni del protrarsi della paralisi del Tribunale costituzionale e di continue minacce alla sua indipendenza, di leggi di recente adozione – come la legislazione sui media, anti-terrorismo, polizia – che minano il pluralismo e la protezione dei dati personali, e più in generale, il rispetto dei diritti fondamentali.

Deploro tuttavia che il Parlamento europeo abbia deciso di votare contro tutti i nostri emendamenti, volti a denunciare ulteriori criticità non affrontate nel testo presentato congiuntamente. Avevamo richiesto un ruolo più vigile della Commissione sul rispetto dello stato di diritto anche in altri paesi dell’Unione: richiesta – vorrei qui ricordarlo – che era presente nella risoluzione del 13 aprile 2016 [1] e che allora era stata approvata a grande maggioranza. Avevamo inoltre criticato le recenti posizioni islamofobe espresse dal Governo. Insieme al Gruppo dei Verdi/ALE avevamo chiesto una protezione maggiore della libertà di espressione e dalla discriminazione, soprattutto nei confronti di persone LGBTI, di rimuovere gli ostacoli posti all’accesso alle procedure di asilo, ed espresso tutta la nostra opposizione a una proposta di legge sull’aborto presentata al Parlamento polacco e appoggiata dal governo. Già difficilissima, l’interruzione di gravidanza rischia di esser vietata perfino in presenza di stupri o malformazioni gravi del feto. È motivo di grande preoccupazione constatare come all’interno di questo Palazzo la tutela e la promozione di determinati diritti fondamentali siano ancora considerate un tabù.»


[1]
Risoluzione del Parlamento europeo del 13 aprile 2016 sulla situazione in Polonia (2015/3031(RSP)), paragrafo 11 “si attende che la Commissione vigili su tutti gli Stati membri nello stesso modo per quanto riguarda il rispetto della democrazia, dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali, evitando così disparità di trattamento, e riferisca al Parlamento in merito”.

Intervento in plenaria sulla Polonia

di martedì, Settembre 13, 2016 0 , Permalink

Intervento di Barbara Spinelli, in qualità di Relatore per il Gruppo GUE/NGL della Risoluzione “sui recenti sviluppi in Polonia e loro impatto sui diritti fondamentali sanciti dalla Carta da dei diritti fondamentali dell’Unione europea”, nel corso della Sessione Plenaria del Parlamento europeo. Strasburgo, 13 settembre 2016.

La Risoluzione sarà votata dal Parlamento europeo il 14 settembre 2016.

Non è la prima volta che l’Unione richiama all’ordine i suoi Stati, quando la rule of law è in pericolo. È già successo con l’Ungheria. Successe nel 2004 con l’Italia. Oggi ci pronunciamo – di nuovo – sulla democrazia costituzionale in Polonia. Parlo di democrazia costituzionale e non di democrazia, perché non basta ottenere la maggioranza alle urne per evitare regressioni. In Polonia tali involuzioni si moltiplicano: la Corte costituzionale non è messa in grado di esercitare a pieno la propria indipendenza, nuove leggi sui media e l’antiterrorismo riducono il pluralismo e la protezione dati.

Il mio gruppo sosterrà la proposta di risoluzione comune, ma presenterà emendamenti: critichiamo in particolare alcune posizioni governative offensive dell’Islam e – con i Verdi – una proposta di legge sull’aborto presentata al Sejm e appoggiata dal governo: già difficilissima, l’interruzione di gravidanza rischia di esser vietata perfino in presenza di stupri o malformazioni gravi del feto.

È stato detto che non abbiamo il diritto di immischiarci negli affari interni dei Paesi membri, ma a me pare che non stiamo interferendo. Stiamo ricordando che esistono norme che ciascuno ha sottoscritto firmando i Trattati, e che sono nostra legge comune.

I governanti d’Ungheria e Polonia hanno annunciato giorni fa una “contro-rivoluzione culturale”: che esalti la Cristianità come unica radice d’Europa, le immaginarie identità etniche degli Stati, le loro sovranità semi assolute. Tanto più importante è replicare con questa risoluzione: per dire cos’è che ci fa stare insieme in Europa. Se solo il mercato, o anche la rule of law e la democrazia costituzionale: riconquistate ambedue dopo le dittature del Novecento.