Intervista di Stefano Citati, «Il Fatto Quotidiano», 25 aprile 2015
Barbara Spinelli, alla fine del vertice europeo sull’immigrazione Angela Merkel ha detto che oltre triplicare i fondi per Triton un accordo non c’era; subito dopo si è presentato Renzi magnificando il risultato del summit. Chi ha ragione?
Non aderisco alla politica della Merkel sul Mediterraneo, ma sono sicuramente più d’accordo con l’interpretazione data dal Cancelliere che col presidente del Consiglio. Al di là dell’ipocrisia spettacolare del Consiglio europeo tutto intero, e non solo di Renzi, ho letto nel comunicato finale grandi frasi di condanna e impegno, ma sul piano dell’azione non ho trovato assolutamente nulla all’altezza del numero dei morti nel Mediterraneo. Nel dettaglio, i fondi annunciati restano insufficienti, si torna alle cifre spese per Mare Nostrum. La sostanza non cambia: nel mandato che Frontex affida a Triton non ci sono le missioni di search & rescue, ricerca e salvataggio; non si estende l’orizzonte delle operazioni che restano limitate alle 30 miglia dalle coste italiane, mentre generalmente i naufragi accadono in alto mare, presso Libia o Tunisia. Altro errore: l’azione si concentra praticamente solo sui trafficanti, mutuando il tipo di mandato, militare o paramilitare, dalle missioni anti-pirati nel Corno d’Africa.
In questo caso è passata la linea Renzi, che poi è la stessa proposta da Berlusconi, Santanchè e Salvini. Il premier e la Ue l’hanno fatta propria. L’idea di fondo è che il solo modo per non far morire i migranti è di non farli partire: l’incomprensione degli esodi odierni è totale. Non sono i trafficanti a far partire i migranti: sono le guerre – di cui siamo in parte responsabili – le carestie e la povertà, che spingono a fuggire. E resta da capire: come distruggere i barconi, come individuarli? Ce lo dicono i pre-cog di Minority Report, quali sono quelli illegali? Spesso si tratta di pescherecci, e i pescatori stessi si trasformano in trafficanti.
In pochi giorni si è avuta un successione di eventi legati gli uni agli altri: il naufragio dei migranti, l’annuncio dell’uccisione dell’ostaggio italiano da parte di un drone Usa e l’annuncio dello smantellamento di una cellula di al Qaeda ben ramificata in Italia. Una serie di coincidenze casuali o qualcosa di più?
I droni hanno dimostrato che i danni collaterali che producono possono essere più gravi dei risultati che ottengono. Il governo si è comportato da vero vassallo, lasciando la rivelazione dell’accaduto al presidente Usa. La catena degli eventi non mi pare del tutto casuale. Giovedì sul «New York Times» Renzi ha detto una cosa vergognosa: “Non tutti i migranti sui barconi sono famiglie innocenti”. Vengono così messi sullo stesso piano migranti economici, fuggitivi, trafficanti, terroristi. L’equiparazione dà vita a un diritto emergenziale: uno stato di eccezione europeo. Dal 2001 in nome della lotta antiterrorista vengono sospesi parecchi articoli delle Costituzioni nazionali e della Carta europea dei diritti fondamentali. Bisognerebbe guardare in faccia le vere radici dell’esodo: l’arco di instabilità tra Africa e Asia, dove conflitti e Isis sono stati facilitati proprio dalla guerra permanente al terrorismo.
L’Ue stenta anche sul fronte interno: la vicenda della Grecia si trascina tra contrasti e aperture.
L’illusione è quella iniziale dell’euro: l’idea che si possa avere una moneta unica senza unità politica. Il conflitto con Atene sarebbe inimmaginabile in una Federazione: Washington non farebbe uscire dal dollaro uno Stato in default. La verità è che Atene è stata usata come una cavia, senza che nessuno voglia ammetterlo. Tanto più triste perché, mentre di solito in Europa è la destra estrema ad avvantaggiarsi delle grandi crisi, stavolta è la sinistra a gestire la situazione: una sinistra che per di più non vuol rompere con l’Unione. Con la Grecia, la Ue sta fallendo uno dei suoi mandati fondamentali: quello della solidarietà.
Come andranno a finire le due vicende?
Sul Mediterraneo, l’Europarlamento potrebbe contare molto. Il trattato di Lisbona gli dà il potere di votare contro l’aumento dei fondi a Frontex, obbligando il Consiglio a cambiare politica. Quanto alla Grecia, tutte e due le parti devono sforzarsi. Atene farebbe bene a non irritare Berlino con richieste di riparazioni belliche. E i suoi partner devono ridurre il disastro provocato in Grecia dall’austerity, se non vogliono distruggere l’Unione.