Intervento di Barbara Spinelli, in qualità di Relatore Ombra, nel corso della riunione ordinaria della Commissione Affari Costituzionali del 3 dicembre 2015
Punto in agenda:
Migliorare il funzionamento dell’Unione europea sfruttando le potenzialità del trattato di Lisbona
Relatori: Mercedes Bresso (S&D-Italia) – Elmar Brok (PPE-Germania)
Relatore ombra per il gruppo GUE: Barbara Spinelli
Prima di tutto volevo ringraziare i relatori di quest’inizio di lavori sulle potenzialità del Trattato di Lisbona. Lo considero solo un inizio poiché, a mio parere, ci sono alcuni aspetti che vanno ulteriormente approfonditi. Trovo positivo l’appello a un ritorno del metodo comunitario in molti settori, ma altri punti della bozza di Relazione ancora non mi convincono. Desidererei inoltre che tra i due relatori ci fosse accordo su alcune questioni che sembrano dividerli e che a mio avviso sono importanti, tra cui il ruolo dei Parlamenti nazionali e l’ipotesi di un’introduzione della cosiddetta “carta verde”. [1] Comprendo le perplessità di Elmar Brok, quando afferma che quest’ultima possibilità non rientra nei trattati; non posso credere però che la collega Bresso proponga misure volte ad aggirare i trattati stessi. Probabilmente Mercedes Bresso ha argomentazioni altrettanto forti per difendere il suo punto di vista. Non credo che tra voi ci sia un co-relatore guardiano del Trattato, e un co-relatore che non lo è.
Vorrei ora passare al merito della Relazione. Quello che io credo, e che spero di riuscire a esprimere nel migliore dei modi in questa sede, è che alcune politiche adottate nel solco dell’emergenza non debbano trovare spazio nelle maglie del Trattato. Penso all’idea di una comune lotta al terrorismo – in alcuni Stati Membri si parla addirittura di stato di guerra– e alla politica su rifugiati e migranti: due temi che s’intrecciano, pervasi di questi tempi da una visione della sicurezza sempre più repressiva. La bozza della Relazione dedica parecchio spazio a migrazione e sicurezza, ma a mio parere non dovrebbe indicare una precisa linea politica in materia, soprattutto se tale linea è presa in situazione di emergenza: il Trattato dovrebbe essere un contenitore che permette a politiche diverse di applicarsi e non codificare una sorta di diritto europeo emergenziale. Per lo stesso motivo ho anche un’obiezione di fondo – nonostante auspichi, come i relatori, il ritorno al metodo comunitario e l’abbandono di quello intergovernativo – al fatto che il Fiscal Compact entri nel Trattato e diventi metodo comunitario. Perché il Fiscal Compact è qualcosa che non ha funzionato fuori dal Trattato, e di sicuro non funzionerà meglio se diverrà elemento del Trattato esistente e sarà “comunitarizzato”. Il Fiscal Compact è molto controverso, e inserirlo tale e quale rende non solo difficile ma quasi illegittima ogni alternativa. È la ragione per cui il discorso meramente istituzionale, sulle varie crisi che sta traversando l’Unione, non lo giudico sufficiente.
[1] “Green card”, ovvero la possibilità di istituire una procedura in base alla quale un gruppo di parlamenti nazionali sarebbe in grado di invitare la Commissione a presentare una proposta.
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