Strasburgo, 9 maggio 2016. Intervento di Barbara Spinelli nel corso della riunione straordinaria della Commissione Libertà civili, giustizia e affari interni (LIBE).
Punto in agenda: Aspetti giuridici della “dichiarazione” UE-Turchia del 18 marzo 2016 – Presentazione a cura del Servizio giuridico del Parlamento europeo.
Vorrei chiedere innanzitutto al rappresentante del Servizio giuridico se, nel redigere il proprio parere, siano state valutate e comparate le molteplici opinioni critiche riguardanti la legalità dell’accordo in questione e se, al contempo, quest’ultimo sia stato analizzato tenendo anche conto degli accordi di riammissione stipulati in precedenza tra Grecia e Turchia, che erano autentici trattati. Chiedo inoltre se siano state valutate le conseguenze legali della sua successiva implementazione.
Le parti dell’accordo che più sono contestate dagli esperti del settore – e mi riferisco a giuristi di prestigio e ad associazioni quali Amnesty International e l’UNHCR – vengono descritte dal vostro servizio legale solo come atti politici o semplici “dichiarazioni di carattere politico”. Mi riferisco in particolare al paragrafo 1 della “dichiarazione” UE-Turchia del 18 marzo scorso, nel quale si raccomanda, in sostanza, una deportazione di massa dei rifugiati verso Turchia, e lo si fa nei seguenti termini: “Tutti i nuovi migranti irregolari che, a partire dal 20 marzo 2016, giungeranno nelle isole greche attraversando la Turchia saranno rimpatriati in Turchia” (All new irregular migrants crossing from Turkey into Greek islands as from 20 March 2016 will be returned to Turkey). Il vostro servizio legale afferma che ciò non avrà effetto sul diritto europeo e sulle direttive precedenti della Commissione concernenti la protezione internazionale. Come potete dire una cosa del genere? A tutti gli effetti, l’inciso delinea chiaramente la possibilità di refoulement collettivo.
Vorrei a questo punto soffermarmi sulla forma dell’accordo UE-Turchia: un accordo definito dapprima come deal, poi come agreement e infine come statement, quindi come mera dichiarazione, cioè come parola detta al vento. No, l’intesa che avete raggiunto non è uno statement. Quando si stipula un accordo che implica impegni reciproci, anche di natura finanziaria, siamo di fronte ad un vero e proprio trattato internazionale. Questo non sono io ad affermarlo, ma esperti di diritto europeo e diritto internazionale.
Il fatto è che un trattato internazionale presuppone, per sua stessa natura e sulla base dei Trattati europei, l’esistenza un controllo democratico sia a livello nazionale che europeo – un controllo parlamentare che, nel caso di specie e grazie al sotterfugio verbale dello “statement”, viene aggirato ed è totalmente assente. Anche gli Stati Membri infatti, attraverso i Parlamenti nazionali, dovrebbero essere posti nelle condizioni di esprimere il proprio parere.