di Barbara Spinelli, «Il Fatto Quotidiano», 18 marzo 2021
Per la prima volta da quando viviamo in pandemia, non pochi scienziati sembrano temere la contraddizione. La loro fiducia nel vaccino AstraZeneca è semireligiosa, e ogni dubbio o diffidenza è bollato come una reazione emotiva, irrazionale, perfino antiscientifica. Non mancano le eccezioni – l’immunologa Antonella Viola ha accolto con favore la sospensione del farmaco, che permette più indagini sui decessi e più trasparenza nella campagna vaccinale – ma un gran numero di esperti scientifici nega la sia pur minima esistenza di controindicazioni. Intervengono nei talk show, sui giornali, esprimendo fastidio per la pausa di riflessione annunciata prima da quattro Paesi nordeuropei, poi da Germania, Italia e Francia.
Quel che molti esperti italiani omettono di dire è che tra gli scienziati non c’è affatto unanimità sui possibili effetti negativi di AstraZeneca. In Germania, la sospensione del vaccino non è stata solo politica (il prof. Luciano Gattinoni insinua addirittura che Angela Merkel abbia deciso la sospensione subito dopo la sconfitta del proprio partito in due elezioni regionali) ma si è basata su un rapporto scientifico del prestigioso Istituto Paul Ehrlich, specializzato in vaccini e farmaci biomedici. Il rapporto è uscito il 16 marzo e chiedeva – con un’argomentazione molto stringente – di sospendere subito AstraZeneca in attesa di un parere dell’Agenzia Europea del Medicinali (Ema).
In primo luogo, l’Istituto smonta la vulgata secondo cui i deceduti (per trombosi del seno venoso cerebrale nel caso tedesco) sarebbero morti anche qualora non si fossero vaccinati. Il numero esiguo di questa patologia letale rientrerebbe in una curva “normale”, sempre secondo la vulgata. L’istituto tedesco sostiene invece che il numero di casi letali di cui si sta occupando è “statisticamente superiore, in maniera significativa, al numero di trombosi cerebrali che si manifestano abitualmente nella popolazione in assenza di vaccino”. Lo ha appurato attraverso un’analisi che mette a confronto le osservazioni sul campo e le aspettative (la cosiddetta “Observed-versus-Expected Analysis”).
Ancora venerdì scorso, il 12 marzo, i morti cui era stato somministrato poco prima il vaccino non destavano un allarme speciale, visto che gli eventi letali erano apparsi con una frequenza che “ci si aspetta” in tempi ordinari. Era dunque giusto parlare di nesso non causale, ma solo temporale tra vaccinazioni e decessi.
La svolta avviene lunedì 15, quando vengono segnalati in Germania due ulteriori decessi di trombosi del seno venoso cerebrale dopo vaccinazioni con AstraZeneca. È a questo punto – spiega l’Istituto Ehrlich – che il numero di decessi ha cominciato a “superare in maniera netta la cifra normalmente prevista (expected)”. Allarmato da questa constatazione, l’Istituto è uscito allo scoperto e ha consigliato la provvisoria sospensione del vaccino.
Altro punto importante del rapporto: la questione, sollevata da molti commentatori, concernente la pillola anticoncezionale. Anche in questo caso la trombosi è in effetti un potenziale effetto secondario. Ma “i medici che prescrivono la pillola sono tenuti a illustrare alla paziente i possibili rischi che corre”. E i rischi sono indicati nei bugiardini del farmaco. Questo non accade per le eventuali trombosi che potrebbero manifestarsi in coincidenza con la vaccinazione AstraZeneca. Anche questo punto andrebbe chiarito oggi dall’Ema. Il consenso al vaccino dovrebbe essere pienamente informato.
Come sappiamo, la scienza è fatta di un succedersi infinito di esperimenti, errori e nuovi esperimenti. Sarebbe un peccato se divenisse d’improvviso un’ortodossia, e confondesse l’allarme con l’allarmismo. È in gioco non solo la credibilità degli scienziati, ma anche e soprattutto la fiducia degli italiani nei vaccini.
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