di Barbara Spinelli
«Il Fatto Quotidiano», 23 marzo 2020
Chi ancora avesse dubbi sulle misure adottate dal governo – obbligo di auto-isolarsi, non uscire di casa neanche per passeggiate, evitare ogni contatto con persone esterne – farebbe bene a valutare la condizione in cui ci troviamo, in Italia e nei paesi europei: tracollo dei sistemi sanitari, mancanza acuta di posti letto e attrezzature per terapie intensive e ventilazione dei polmoni, carenza di infermieri, rianimatori, anestesisti.
È il risultato di anni di tagli alla sanità e di privatizzazioni. Gli anziani in prima linea farebbero bene a non muoversi di casa in alcuna circostanza, dai 70 e anche 65 anni in su. Per loro i tracolli e le mancanze hanno un significato evidente: non ci sono né letti a sufficienza né attrezzature per ospitarli. Non saranno nemmeno ammessi agli ospedali, se questi sono veramente “allo stremo” come si annuncia da settimane. Nel migliore dei casi, se affetti da difficoltà respiratorie verranno convogliati in ospizi medicalizzati. Nel peggiore e più frequente moriranno in casa: soli, senza medico che ti attacchi al ventilatore se ti manca l’aria, senza un parente che sia vicino.
In Francia questo viene ormai formalmente dichiarato, ammesso. La fase del cosiddetto “triage” – la selezione fra chi viene aiutato a sopravvivere e chi no, tra chi è ammesso in ospedale e chi ne è escluso, tra persone in grado di resistere per età o “storia medica” e anziani con una bassa aspettativa di vita – è ufficialmente cominciata in un numero crescente di ospedali. Il personale viene istruito in tal senso da rapporti ad hoc, che si richiamano all’esperienza italiana. Si dà per scontato che in Italia il “triage” sia ormai la norma, più che il rischio da evitare.
Un articolo apparso il 18 marzo su «Le Monde» rivela l’esistenza di un rapporto che prescrive la selezione dei malati. Si intitola “Definizione delle priorità (priorisation) nell’accesso alle cure critiche in un contesto di pandemia”, il 17 marzo è stato trasmesso alla Direzione generale della sanità da un gruppo di esperti convocato dal governo. Scopo del rapporto è aiutare i medici a operare le scelte che fatalmente occorrerà fare – che occorre fare sin d’ora – in caso di saturazione dei letti di rianimazione.
Il sito «Mediapart» ha condotto un’inchiesta non meno brutale, il 20 marzo. In alcuni ospedali, soprattutto a Perpignan nei Pirenei Orientali e nell’Est della Francia (in Alsazia e in particolare a Mulhouse e Colmar), esistono espliciti protocolli e tabelle schematiche, a uso di ospedali e medici, che mettono nero su bianco la necessità di operare le selezioni. «Mediapart» pubblica nelle grandi linee un “Piano Bianco” del 18 marzo scorso, messo a disposizione del servizio rianimazione del centro ospedaliero di Perpignan e del suo personale sanitario: se il numero dei malati critici oltrepassa le risorse disponibili (posti letto, attrezzature, medici, infermieri), la selezione s’impone.
Nel Piano Bianco vengono distinte quattro categorie di rischi di morte cui far fronte (o non far fronte): le “morti inevitabili”, a causa della severità della malattia o dell’età – Le “morti evitabili”, grazie a un miglioramento delle cure e dell’organizzazione – Le “morti inaccettabili”, di pazienti giovani senza concomitanti malattie gravi – e infine le “morti accettabili”, cioè i “pazienti anziani o poli-patologici” (con malattie concomitanti). La priorità va data ai pazienti il cui rischio di morte è giudicato “inaccettabile”.
Vero è che il Piano prevede la consegna a domicilio di ventilatori per chi è precluso dagli ospedali. Ma non si sa se le risorse siano sufficienti, man mano che aumenterà il numero di pazienti anziani in stato critico che restano a casa. È qui che scatta la trappola etico-sanitaria: a partire dal momento in cui la morte dell’anziano minacciato da asfissia è definita “accettabile”, tutto è permesso. Compreso il disinteresse sostanziale al suo stato e la sua esclusione dalle cure. L’etica finisce dove comincia il “principio di realtà”, che guida schemi e protocolli. Dice un infermiere in una città dell’Est: “Non lo si dice perché non si può, ma l’ordine tacito è di non ammettere più negli ospedali le persone oltre i 75 anni, di lasciarle nei ricoveri per anziani o a casa: cioè lasciarli morire”.
I medici fanno valere che una certa selezione veniva praticata anche prima del Coronavirus, negli ospedali e fuori dagli ospedali: a partire da una certa età la rianimazione non è frequente. Ma la soglia abbassata ufficialmente ai 70 anni è una novità. “È un battesimo d«el fuoco”, hanno detto i medici a «Mediapart».
La chiamano “priorisation”, ed essa viene applicata anche quando accade che un anziano sia intubato. Visto che le cure di rianimazione-ventilazione sono molto lunghe 14 giorni in media per paziente. “In Italia il primo paziente giovane è stato intubato per quattro settimane”, ricorda un medico in Alsazia), quando procedere al distacco dei tubi? A Mulhouse (Alsazia), il responsabile del servizio di aiuto medico urgente (la Samu, ovvero il numero telefonico 15, equivalente dei nostri numeri verdi di pubblica utilità) denuncia la saturazione della rianimazione in tutto il dipartimento e spiega: “Quando viene intubata una persona di 70 anni e quando quest’ultima occupa l’ultimo letto disponibile, viviamo nell’angoscia che un’ora dopo arrivi una persona di 50 anni in crisi respiratoria”.
La scelta della selezione viene presentata in Francia come medicina delle catastrofi, o di guerra. Come scelta razionale, anche se terribile, fra le esigenze dell’etica e “principio di realtà”. Probabilmente per questo Macron, quando con enorme e colpevole ritardo ha annunciato misure di auto-segregazione individuale, il 16 marzo, ha usato almeno cinque volte la parola guerra. Sapeva già quello che questa parola comporta: il sacrificio inevitabile di molte persone. Angela Merkel e il re di Spagna hanno evitato la parola guerra.
Per ora non esistono né cure risolutive del Covid-19 né vaccini. Test estesi sul piano nazionale non si possono fare per mancanza di tamponi. Non resta che la via dell’autodisciplina nel praticare l’autosegregazione. Chiunque non la osservi crea le condizioni d’un numero sempre maggiore di “morti accettabili”. Nicolas Van Grunderbeeck, rianimatore all’ospedale di Arras, riassume così il dilemma: “Dobbiamo rassicurare i pazienti senza occultare il fatto che esistono casi in cui dobbiamo selezionare”.
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