Appello al Parlamento Europeo in occasione del semestre italiano di presidenza
ESTENSORI:
Barbara Spinelli (MEP)
Daniela Padoan
Guido Viale
Garantire il diritto di fuga
Per la prima volta dalla fine della Seconda guerra mondiale, il numero di profughi, richiedenti asilo e sfollati interni in tutto il mondo ha superato i 50 milioni di persone. Si tratta, secondo il rapporto annuale dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), del dato più alto mai registrato dopo la fuga in massa, nella prima metà del secolo scorso, dall’Europa dominata dal nazifascismo. “La nostra è stata una generazione di rifugiati che si è spostata nel mondo come mai prima di allora”, ha affermato Ruth Klüger, scrittrice e germanista sopravvissuta ad Auschwitz, “io sono solo una di quegli innumerevoli rifugiati. La fuga è diventata l’espressione del mio mondo e del periodo nel quale sono vissuta. Sono interamente una persona del ventesimo secolo. E nel ventunesimo continueremo ad avere masse di rifugiati, intere generazioni di rifugiati”.
Sono parole profetiche: sempre più la fuga è divenuta espressione del nostro mondo, del tempo in cui ci è dato vivere. È una fuga che vede l’Europa come approdo, luogo di salvezza. Sulle coste meridionali del nostro continente giungono persone – uomini, donne, bambini – che si lasciano alle spalle paesi in fiamme, dittature, genocidi, carestie, catastrofi climatiche e ambientali, guerre divenute inani e senza fine contro il terrorismo, di cui molto spesso le politiche occidentali – connesse a un modello economico e biopolitico di spartizione – sono direttamente o indirettamente responsabili.
I rifugiati sono oggi il prodotto su scala industriale di quella grande guerra, immateriale e non dichiarata, che è la guerra contro i poveri, dove un confine netto separa chi ha diritto di muoversi da chi quel diritto si vede negato. Ma una guerra planetaria, che distingue tra soggetti di diritto e corpi marginali in balia di eventi decisi altrove, non può rendere l’Europa un filo spinato.
L’Europa che vogliamo deve essere un luogo di accoglienza, di rispetto, di dignità.
Fermare il respingimento dei migranti
Il numero dei migranti forzati è aumentato, nel 2013, di ben sei milioni. Un incremento dovuto principalmente alla continua carneficina siriana che, a tre anni dall’inizio del conflitto, ha visto più di 2.5 milioni di persone perdere la possibilità di vivere nel proprio paese. Uomini, donne, bambini sono da mesi ammassati nella stazione Centrale di Milano, senza che il Comune – di fatto abbandonato dallo Stato – riesca a farsene pienamente carico, nonostante i molti sforzi profusi. Ma si tratta anche di schiere in fuga dalla Repubblica Centrafricana, dal Sud Sudan, dall’Eritrea, dalla Libia gettata nel caos dalla guerra occidentale – che si vanno ad aggiungere ai profughi della Somalia e del Maghreb. Uomini, donne e bambini che giungono alle nostre coste – e a Sangatte, Ceuta, Melilla – in cerca non solo della nuda vita, ma di libertà e di giustizia: di quell’inclusione nel concetto di umanità senza il quale ogni discorso sui diritti perde significato, rimanendo appannaggio di un ceto di privilegiati.
Trovano invece spesso respingimento, inferiorizzazione giuridica, economica e sociale, privazione della libertà. Molti di loro trovano la morte durante il viaggio, così che il Mar Mediterraneo si è trasformato in un cimitero dove si compie il naufragio di quello stesso pensiero di eguaglianza e solidarietà che fonda le nostre democrazie.
Non serve, allora, appellarsi a retoriche rese impronunciabili, dopo lo smascheramento del Cuore di tenebra conradiano: l’Europa non rappresenta “il faro di civiltà, la globalizzazione della civilizzazione” che il Presidente del Consiglio Matteo Renzi ha descritto a Strasburgo, il 2 luglio, in apertura del semestre italiano di presidenza europea. L’Europa è, anche, quell’orrore che Marlow, il mercante d’avorio, figura dell’avidità e del dominio coloniale, porta in Africa; maschera che disvela fino a che punto il cuore di tenebra si trovi esattamente nella luce che la nostra civiltà ha preteso di esportare, ammantando il proprio dominio di superiorità morale.
Impedire la strage del Mediterraneo
È giunto il momento che l’Unione Europea guardi a se stessa: alla distesa, al mare di morti che le sue politiche hanno causato e continuano a causare, e che cerchi soluzioni concrete e immediate, se non vuole che i suoi stessi cittadini rifuggano lo sguardo delle istituzioni.
I quarantacinque migranti trovati asfissiati nella stiva di un barcone a Pozzallo sono le ultime, povere vittime di una carneficina immane, ma già, mentre scriviamo, se ne aggiungono altre: sono ventimila gli uomini, le donne e i bambini, conteggiati per difetto, annegati nel Mediterraneo dal 1988 in poi. Sono 500 le vittime accertate solo in questa prima parte del 2014. Una tragedia epocale, della quale non potremo dire che non sapevamo, quando sarà diventata storia. Storia d’Europa.
I cittadini europei non possono più assistere passivamente alla strage che giorno dopo giorno si svolge davanti ai loro occhi – tanto più inconcepibile quando si consideri che, nella sua Carta dei diritti fondamentali, l’Unione Europea ha dichiarato di porre la persona al centro delle proprie politiche, e ha considerato le politiche sulle frontiere, l’asilo e le migrazioni come vere e proprie politiche comuni.
Tuttavia l’Unione Europea che dal 2000 dichiara di voler prevenire e combattere il traffico di esseri umani sta, di fatto, permettendo che profughi e migranti attraversino il Mediterraneo mettendo la propria vita nelle mani di organizzazioni criminali transnazionali, perché è stato lasciato loro il monopolio del trasporto in mare.
Attuare i trattati
La cosa è tanto più grave in quanto il Trattato sul Funzionamento dell’Unione prevede una responsabilità diretta in materia di gestione integrata delle frontiere (art. 77), di gestione di tutte le fasi del processo migratorio (art. 79), di accoglienza delle persone (art. 78) e di condivisione degli oneri, non solo finanziari, tra tutti i paesi membri (art. 80).
Si tratta di norme che, a cinque anni dall’entrata in vigore, hanno trovato solo una parziale traduzione legislativa: nella prassi si continuano a privilegiare strategie come il Global Approach for Mobility and Migration e le cosiddette Mobility partnership con paesi terzi, prive di una base giuridica vincolante, realizzate su base volontaria e senza la partecipazione in codecisione del Parlamento europeo.
Il ricorso da parte delle istituzioni a questi espedienti e surrogati, anziché agli strumenti previsti dai Trattati per la realizzazione di politiche comuni, conferma l’assenza di volontà politica da parte degli Stati membri e la pusillanimità della Commissione.
L’insuccesso di questo approccio è provato dall’incapacità di predisporre e attivare soluzioni semplici e improrogabili come la creazione di corridoi umanitari. L’inettitudine nel costruire una maggioranza fra gli Stati membri che realizzi il principio di solidarietà anche finanziaria previsto dall’art. 80 del TFUE non può essere nascosta dalla retorica del Consiglio europeo o dalla valanga di documenti, incontri e conferenze, né dal continuo rinvio al ruolo di Agenzie europee, il cui compito dovrebbe consistere nell’applicare le politiche europee, e non nel fare da schermo alla loro assenza.
Né può essere taciuta l’ipocrisia per cui le politiche di respingimento – previste da molte misure decise in sede di attuazione – vengono presentate come intese a salvare la vita dei migranti e dei profughi, quando sono proprio quelle politiche a condannarli al rischio, sempre più attuale, di morire annegati.
La responsabilità primaria di tutto questo ricade sugli Stati membri, sul Consiglio e sulla Commissione, che hanno completamente ignorato i Trattati – e in particolare le norme volte a trasformare le politiche di controllo delle frontiere, di asilo e di integrazione dei migranti in politiche europee comuni, da attuare nel rispetto del principio di solidarietà. L’ossessione della lotta contro l’immigrazione clandestina e la chiusura dei canali di accesso regolari hanno concretamente operato per accrescere, come strumento di dissuasione, il rischio patito da tutti coloro che cercano di attraversare i confini della fortezza Europa.
Dismettere la fortezza Europa
L’Unione Europea che, incapace di disegnare una vera politica comune, la affida alle proprie agenzie, come Frontex o Europol,[1] ha di fatto abdicato alla missione che si è data con il Trattato di Lisbona e con la Carta dei diritti. Non è questa l’Europa che vogliamo, né è Frontex che i cittadini europei hanno votato lo scorso maggio.
Noi, cittadini europei, diciamo che l’Europa che ha creduto di potersi barricare in una fortezza, ha fallito.
“Non siamo noi ad attraversare i confini, sono i confini ad attraversare noi”. Questo cartello esposto da un migrante durante la Freedom March, giunta il 27 giugno davanti ai giganteschi palazzi di vetro dell’Unione Europea a Bruxelles, descrive perfettamente la condizione in cui si trovano milioni di persone che cercano di entrare, o di restare, nella fortezza Europa.
La zona euromediterranea deve diventare uno spazio di cooperazione e solidarietà tra i popoli, non un’invalicabile frontiera esteriore per chi fugge da guerra e miseria, né un’angosciosa frontiera interiore, messa a separare la biografia di ciascuno, fatta di storia, affetto, legami, appartenenze.
È compito dell’Italia, in questo semestre europeo, promuovere l’attuazione organica e solidale di tutte le disposizioni dei trattati in materia di frontiere, immigrazione, asilo e integrazione dei migranti, facendosi carico di proteggere e accogliere gli sradicati e di consentire loro un nuovo radicamento, qualora lo desiderino.
Promuovere una politica comune europea
Consapevoli delle responsabilità che gli Stati hanno attribuito all’Unione Europea in questi campi, occorre operare con la massima urgenza perché l’UE venga dotata degli strumenti necessari a far fronte ai flussi massicci dei profughi. L’art. 78 TFEU e la direttiva del 2001 sulla protezione temporanea già prevedono la predisposizione di piani di intervento, che tuttavia la Commissione continua a guardarsi dal proporre al Consiglio.
La presunta strategia globale della Task force sul Mediterraneo, dibattuta dal Consiglio europeo e sviluppata dal Consiglio informale Giustizia e affari interni dell’8 luglio – affidata a iniziative su base volontaria, approcci diplomatici poco credibili e strumenti operativi con risorse limitate, come Frontex – è fumo negli occhi, e sicuramente non costituisce una politica comune europea all’altezza della sfida con cui l’Unione, e in particolare i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, sono chiamati a confrontarsi.[2]
Chiediamo che il Parlamento europeo, attraverso la sua commissione competente – in collaborazione con la Presidenza italiana e la Commissione – proceda entro i prossimi sei mesi a una valutazione oggettiva dell’adeguatezza delle politiche e dei mezzi messi in atto dalle istituzioni e agenzie dell’Unione e dagli Stati membri e dei Paesi terzi.
Predisporre corridoi umanitari
Nel frattempo si tratta di prevedere d’urgenza l’apertura di percorsi autorizzati e sicuri per chi lascia il territorio di nascita, di cittadinanza o di residenza – in fuga da guerre, persecuzioni, catastrofi ambientali, climatiche o economiche. Occorre creare un corridoio umanitario tra le coste dell’Africa e le coste europee, prima a terra e poi in mare, sotto la tutela delle Agenzie delle Nazioni Unite e dell’Unione Europea, così da impedire nuove tragedie e garantire l’effettivo esercizio del diritto d’asilo in tutti i paesi di transito; il che implica, al contempo, stroncare le nuove mafie dei trafficanti di uomini.
Il Parlamento europeo deve essere a questo proposito compiutamente informato delle ragioni per cui operazioni come EUBAM[3] sul territorio libico non permettano di aggredire il traffico di esseri umani.
Occorre approntare canali di ingresso legale dove un sistema di traghetti e voli charter sostituisca le carrette del mare, e istituire postazioni dell’Onu e dell’Unione Europea nei principali porti di partenza e nei campi di transito, dove identificare, tutelare e dotare i profughi di visti provvisori.[4]
Occorre dotare l’European Asylum Support Office (EASO) di poteri di coordinamento delle attività degli Stati membri, alla stregua di quanto fatto con Frontex in materia di controllo delle frontiere; occorre smistare gli arrivi fra i vari porti e aeroporti attrezzati per l’accoglienza, così da governare razionalmente la distribuzione sul territorio europeo dei singoli e delle famiglie; occorre far cessare l’insostenibile pressione patita dagli abitanti degli attuali luoghi d’arrivo degli scafisti, primo tra tutti Lampedusa, che spesso si trovano, con grande generosità, a supplire l’abissale assenza dello Stato e dell’Unione Europea.
Più in generale, l’Italia e tutti i popoli del Sud Europa non possono più essere lasciati soli nel gravoso compito dei soccorsi in mare, che ci riguarda tutti, come cittadini d’Europa.
Assicurare la libertà di movimento e il mutuo riconoscimento
Urgerendere permeabili i confini interni dell’Unione Europea, abrogando le norme nazionali e le prassi amministrative che nello spazio Schengen limitano la libertà di movimento delle persone, così come la libertà di scegliere dove vivere e la libertà di riannodare i propri affetti. Questo significa sanare le ferite inferte dall’applicazione deviata da parte di alcuni Stati membri del sistema di Schengen non solo alle persone, ma al concetto stesso di libertà e uguaglianza che la nostra cultura democratica afferma di voler tutelare. Chiunque si trovi nello spazio europeo, indipendentemente dalla sua cittadinanza, deve poter godere del pieno esercizio di pari diritti, così come chiede la Carta di Lampedusa, cui facciamo riferimento.
Per questo chiediamo la chiusura di tutti i centri di detenzione per migranti e profughi, comunque si chiamino, che configurano una forma di detenzione extra ordinem.
Urge, allo stesso titolo, il “mutuo riconoscimento” delle decisioni sull’asilo, alla stregua di quanto già avviene per le decisioni di espulsione, così che le persone siano libere nel movimento e nel ricongiungimento familiare dentro lo spazio dell’Unione. Questo implica la necessità di applicare in modo corretto, secondo le richieste del Parlamento europeo e i suggerimenti dell’UNHCR, il regolamento Dublin III, privilegiando il criterio della riunificazione familiare; così come implica la necessità di adeguare il regolamento alla recente giurisprudenza della Corte in materia di minori.
Facilitare richieste e visti
Urge semplificare le procedure di richiesta dello status di rifugiato e di domanda d’asilo, così come urge l’istituzione di un sistema di visti temporanei richiedibili presso tutte le ambasciate degli Stati dell’Unione Europea nei vari paesi del mondo, per chi fugge da situazioni di guerra o di persecuzione o di rischio per la vita.
Occorre approntare al più presto una normativa capace di restituire dignità giuridica ai rifugiati, che metta fine alle politiche di esternalizzazione dell’asilo con cui l’Unione Europea attualmente demanda la competenza della protezione internazionale agli Stati di transito.
Tutelare i minori non accompagnati
Urge tutelare i minori senza accompagnamento. In Italia sono arrivati, nell’ultimo anno e mezzo, quasi 6000 minori non accompagnati. Molti di loro sono trattenuti da mesi in strutture inadeguate, che non prevedono percorsi di formazione né di integrazione; altri hanno eluso la sorveglianza e sono del tutto privi di protezione. Per sanare questa situazione è stata presentata una proposta di legge,[5] ma i minori senza accompagnamento sono spesso in transito verso altri paesi e occorre trovare soluzioni congiunte, a livello europeo, di accoglienza, identificazione e protezione.
Promuovere l’istituzione dello ius soli
Urge il riconoscimento di una cittadinanza europea basata sullo ius soli. Benché questo dipenda dalla competenza dei singoli Stati membri, adeguati studi e raccomandazioni delle istituzioni europee potrebbero favorire il conseguimento di tale obiettivo.
Operare per una pax mediterranea
Non vanno infine dimenticate le ragioni geopolitiche che sono all’origine delle crisi nei paesi terzi e che determinano il flusso dei rifugiati. Sotto questo profilo la capacità di previsione, analisi e coordinamento dell’Unione europea, dell’Alto rappresentante e dell’European External Action Service è assolutamente inadeguata. Basti pensare al fatto che se accogliessimo davvero i profughi, dando loro possibilità di avere voce e diritti, si creerebbe forse in Europa una “terza forza” in grado di rappresentare il rispettivo paese – per esempio la Siria, la Repubblica Centrafricana, l’Eritrea e tutti i paesi del Corno d’Africa – in un eventuale negoziato, più e meglio dei cosiddetti governi in esilio, che talvolta sono puri fantocci.
La crisi migratoria mostra quanto sia urgente una politica estera attiva dell’Europa, attualmente impedita non solo da sterili sovranità nazionali gelosamente custodite, ma anche dalla sudditanza dell’Unione Europea alla Nato e agli USA, che sono spesso all’origine dei conflitti che deflagrano nel mondo e soprattutto ai nostri confini.
Occorre infine un’azione coerente dell’Unione Europea nel far cessare la vendita di armi nelle aree instabili del mondo da parte di quei paesi membri, come Germania, Francia, Regno Unito, Paesi Bassi, Italia, Spagna e Svezia, che figurano tra i dieci maggiori esportatori. Partner di questo lucroso commercio sono in gran parte proprio i paesi dai quali le persone sono costrette a fuggire per mettersi al riparo da guerre, persecuzioni, violazioni dei diritti umani e soppressione delle libertà democratiche.
Poiché i rifugiati sono il prodotto della guerra, noi, cittadini d’Europa, chiediamo che la nostra pace non sia una retorica né un privilegio di asserragliati, ma si declini in politiche solidali capaci di includere i paesi che si affacciano sul Mediterraneo e l’Africa.
APPENDICE
Articolo 78 Trattato sul Funzionamento dell’Unione (ex articolo 63, punti 1 e 2, e articolo 64, paragrafo 2, del TCE)
1. L’Unione sviluppa una politica comune in materia di asilo, di protezione sussidiaria e di protezione temporanea, volta a offrire uno status appropriato a qualsiasi cittadino di un paese terzo che necessiti di protezione internazionale e a garantire il rispetto del principio di non respingimento. Detta politica deve essere conforme alla convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951 e al protocollo del 31 gennaio 1967 relativi allo status dei rifugiati, e agli altri trattati pertinenti.
2. Ai fini del paragrafo 1, il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, adottano le misure relative a un sistema europeo comune di asilo che includa:
a) uno status uniforme in materia di asilo a favore di cittadini di paesi terzi, valido in tutta l’Unione;
b) uno status uniforme in materia di protezione sussidiaria per i cittadini di paesi terzi che, pur senza il beneficio dell’asilo europeo, necessitano di protezione internazionale;
c) un sistema comune volto alla protezione temporanea degli sfollati in caso di afflusso massiccio;
d) procedure comuni per l’ottenimento e la perdita dello status uniforme in materia di asilo o di protezione sussidiaria;
e) criteri e meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda d’asilo o di protezione sussidiaria;
f) norme concernenti le condizioni di accoglienza dei richiedenti asilo o protezione sussidiaria;
g) il partenariato e la cooperazione con paesi terzi per gestire i flussi di richiedenti asilo o protezione sussidiaria o temporanea.
3. Qualora uno o più Stati membri debbano affrontare una situazione di emergenza caratterizzata da un afflusso improvviso di cittadini di paesi terzi, il Consiglio, su proposta della Commissione, può adottare misure temporanee a beneficio dello Stato membro o degli Stati membri interessati. Esso delibera previa consultazione del Parlamento europeo.
NOTE
[1] Come affermato l’ultima volta nel Consiglio europeo del 26 e 27 giugno 2013.⇑
[2] Si vedain proposito il documento 11436/14 che Statewatch è sul punto di pubblicare.⇑
[3] EU Border Assistance Mission in Lybia.⇑
[4] Si veda progetto pilota.⇑
[5] Legge n. 1658, 4 ottobre 2013.⇑
PER ADESIONI: corridoio.umanitario@gmail.com
PRIMI FIRMATARI:
Moreno Biagioni
Raffaella Bolini
Ginevra Bompiani
Aldo Bonomi
Sandra Bonsanti
Sergio Bontempelli
Francesca Borrelli
Luca Bravi
Alessandro Bruni
Paolo Cacciari
Enrico Calamai
Andrea Camilleri
Lorenza Carlassare
Maria Cristina Canziani
Alessandro Capitanio
Paolo Cento
Don Luigi Ciotti
Sergio Cofferati, eurodeputato Partito Democratico
Silvia Costa, eurodeputata Partito Democratico
Francesca Costantini
Pier Virgilio Dastoli
Erri De Luca
Giuseppe De Marzo
Roberta De Monticelli
Pape Diaw
Ida Dominijanni
Umberto Eco
Giuseppe Faso
Tommaso Fattori
Maurizio Ferraris
Paolo Ferrero
Costanza Firrao
Eleonora Forenza
Mercedes Frias
Mauro Gallegati
Alfonso Gianni
Shady Hamadi
Antonio Ingroia
GeorgiosKatrougalos
Gad Lerner
Antonella Leto
Maria Immacolata Macioti
Curzio Maltese
Luigi Manconi
Ivano Marescotti
Francesco Martone
Roberto Moscati
Roberto Musacchio
MoniOvadia
Grazia Naletto
Gabriele Nissim
Maria Pace Ottieri
Gianluca Paciucci
Argyrios Panagopoulos
Dimitrios Papadimoulis
Stelios Pappas
Nicoletta Parisi
Valeria Parrella
Tonino Perna
Simona Peverelli
Adriano Prosperi
Enrico Pugliese
Ermanno Rea
Marco Revelli
Gianni Rinaldini
Rosella Rispoli
Anna Maria Rivera
Stefano Rodotà
Assunta Signorelli
Alexis Tsipras
Fabio Vacchi
Nichi Vendola
Gustavo Zagrebelsky
ADESIONI:
Daniela Aiuto
Dario Tamburranno
Marco Affronte
Laura Ferrara
Anna Lo Deserto
Lorena Lucattini
Claudio Graziano
BiaSarasini
Massimo Torelli
Maurizio Sansone
Franco Continolo
Adriano Zaccagnini
Claudio Ardizio
Laura Cima
Amabile Carretti
Rosa Rinaldi
Costanza Boccardi
Nicoletta Vallorani
Pietro Del Zanna
Domenico Finiguerra
Andrea Calò
Giuliana Beltrame
Roberta Radich
Luca Del Turco
BijanZarmandili
Cristina Franchini
Michele Negro
Giuliano Degli Antoni
Cristina Franchini
Giuseppe Giannini
Alessandra Padoan
Francesco Maura
Italo Scalese
Anastasia Scaramuzzino
Lina Colosimo
Marco Ambrosini
Marina D’Altri
Giuseppe Giudiceandrea
Rosario Silvana Milano, Argentina
Antonella Cuomo
Annalisa Sala
Giuseppina Lamanna
Irene Zammuto
Flavia Chiappa
Raffaella Chiodo
Isabella Peretti
Laura Brumat
Nadia Cavalca
Claudia Dall’Olio
Carlo Magagni
Anna Rita De Nardis
Michael John Prendiville
Roberta Miotello
Danilo Santi
Ennio Della Zoppa
Francesco Siragusa
Mario Vincenzo Strano
Claudia Sanna
Nunzio Russo
Cristina Pirazzini
Claudia Urzì
Chiara Prascina
Marco Donà
Michela Maggi
Luigi Narducci
Oscar de Felice
Gianfranco D’Eramo
Tommaso Rosa
Rossella De Bianchi
Maria Rosaria Baldin
Sara Parrella
Lorenza Erlicher
Massimo Angrisano
Luisa Barba
Maurizio Francesco Giacobbe
Tatiana Bianchi
Milli Violante
Loriano Bonora
Elisabetta Lamarque
Valerio Bozzo
Enrico Sborgi Niamey, Niger
Diana Quarti
Barbara Pettine
Mauro Buzzani
Giuliana Pitacco
Mariarenata Serra
Claudia Barberis
Maria Ricciardi
Leonardo De Franceschi
Riccardo Rossi
Gabriella Bianco
Paolo Zambon
Bojan Gongalov
Lisa Panzavolta
Donatella Mungo
Alessio Di Florio
Elisa Fontana
Giovanna Gatteschi
Rosa Taschin
Manlio Sorba
Giovanni Talarico
Giovanni Lo Re
Greta Brusini
Paola D’Alconzo
Annamaria Gobbetti
Elena Selvagno
Domenico Paternoster
Laura Vergilj
Laura Proietti
Marcello Basilico
Francesco Baldini
KitsyNiaty
Lucia Ciarmoli
Claudio Morselli
Stefano Totta
Antonio Longo
Ana Maria Chirireleison
Fausta Bicchierai
Graziella Rumer Mori
Maria Grazia Meriggi
Simonetta Astigiano
Elisa Marini
Patrizia Colosio
Carmela La Padula
Stefania Incagnoli
Giovanna Zippel
Nando Marincione
Cristina Parmigiani
Lorenzo Bartolotti
Antonio Bonomi
Nicola Montemorra
Alessandro Capuzzo
Marcello Guerra
Piera Dossi
Salvatore Tonti
Mario Martini
Giovanna Fierro
Massimo Lozzi
Francesco Papetti
Aldo Pappalepore
Riccardo Torregiani
Manuela Giugni
Chiara Guidotti
Giuseppe Tadolini
Matilde Bufano
Luigi Calcerano
Sandra Carpi Lapi
Michela Bressan
Domenico Stimolo
Stefano Pulcini
Paola Cotti
Daniela De Lillo
Daniela Scarpelli
Johnny Ragone
Angela Spanò
Roberto Sicilia
Jenny De Salvo
Elisa Frausin
Donatella D’Angelo
Ivo Menna
Roberto Simone
Maria Pia De Salvo
Omero Timoncini
Walter Nocito
Giovanna Fassetta
Vito Alò
Giorgio Donato
Elena Caracozza
Nicola Martelli
Nicky Persico
Albino Casati
Carmela Gentile
Eva Verganti
Domenico Parisi
Michele Chioda
Luigi Pandolfi
Marco Noris
Maurizio Fedeli
Giorgio Lansetti
John Jr Forte Partanna
Angelo Franchina
Ernesto Ricci
Giusy Clarke Vanadia
Agnese D’Anna
Lucio Padovani
Matteo Mario Vecchio
Antonio Letteriello
Mariagrazia Donà
Carmela Blandini
Paola Lazzaro
Carla Maria Ruffini
Annalisa Comuzzi
Davide Tecchi
Valeria Chioetto
Chiara Zanini
Nicola Lanza
Carlo Gaetano
Roberto Ragone
Alessandro Bazzan
Daniela Pestarini
Giorgio Sacchetto
Felice Zingarelli akaFelynX
Maria Grazia Depau
Fulvio Maiello
Luigi Comin
Eugenio Cortinovis
Ferdinando Napolitano
Felice Zingarelli
Maria Antonietta Taschin
Paola Giliberti
Ferdinando Piezzi
Giorgio Moschella
Giovanni Moia
Giancarlo Scalone
Luigi Cristalli
Francesco Cavarra
Paul De Robertis
Lodovico Meneghetti
Angela Gennaro Meneghetti
Emiliano Turazzi
Lucia Maria Ciriello
Maurizio Colleoni
James Black
Angela Convertini
Elisabetta Santarelli
Rosa Rivelli
SebleWoldeghiorghis
Giacinto Calculli
Maria Rosaria Iovino
Emilia Perassi
Gianni Turchetta
Maria Teresa Andruetto, Argentina
Simonetta Astigiano
Lalla Odoni
Antonella Bottini
Fabrizio Micheli
Miki Salvatorelli
Emiliano Turazzi
Miriamo Campiotti
Paolo Imperatore
Monica De Simone
Simonetta Danesi
Giorgio Bergaglio
Ciro Bencivenga
Andrea Mario
Patrizia Tanda
Sergio Golinelli
Teresa Pirritano
Alfredo Codarin
Elisabetta Confaloni
Alberto Casartelli
Eugenio Tampieri
Dante Bedini
Paola Maldotti
Elisa Cesan
Amalia Chiovaro
Gianfranco Ghironi
Valentina Greco
Rosaria Maria Calvauna
Gigi Rossetti
Carmela Cotronei
Sonia Fontana
Donato Ditaranto
Francesco Cuccu
Maria Saja
Stefano Lugli
Marco Sansoè
Sergio Job
Paolo Sollier
Camilla Forti
Luna Carpigo
Rodolfo Carpigo
Ali Fadel
Carla Casetti
Andrea Mario
Chiara Conci
Luciano Mignoli
Massimiliano Rubes
Rosanna Gava
Barbara Fasolo
Athos Gualazzi
Daniela Sclauzero
Giuseppe Luciano Meineri
Fabio Sesti
Marina Romi
Luciano Favaro
Gianluigi Piva
Marco Cavallini
Jahela Milani
Luigi Angelo
Valeria Allocati
Francesco Morandini
Angelo Riboni
Paola Lazzaro
Ester Pacor
Luciano Giovannini
Laura Portunato
Anna Zaccone
Elena Camuffo
Luisa Fazzini
Marisa Zoppolato
Adele Baudo
Guido Noto La Diega
Annarita Saporito
Benedetto Calderone
Andrea Cemin
Chiara Giunti
Fioretta Castelli
Concetta Giannone
Luca Nivarra
Bianca Doriguzzi
Giovanni Fazio
Alberto Galvan
Giordano Pontalti
Nicola Della Colletta
Nanni Dorigo
Gioia Nardin
Renato Mosena
Stefano Cò
Luisa Barba
Giuseppa Barbata
Eleonora Salvadori
Ivana Andreoletti
Chiara Buttignon
Claudia Bertossi
Michele Santoro
Valentina Reolon
Nicola Cipolla
Alessandro Acquaviva
Carlo Pasqualin
Caterina Garella
Bortolo Calligaro
Barbara Amellini
Nerina Ranon
Chiara Bergamini
Barbara Capovilla
Daniela Longo
Teresa Vanzetta
Rosaria Prosser
Pasqua De Candia
Monica Ravalico
Margherita Bravo
Franco Formigaro
Antonio Peratoner
Paolo Bolner
Lorenza Favaro
Giuseppe Meineri
Stefano Marsura
Franco Martignoni
Alberto Domenichini
Simonetta Massenti
Saverio Masi
Piero Sabaudo
Alberto Bisso
Michele Fragapane
Alberto Pasquali
Monica Genovese
Simonetta Venturini
Daniele Pasinato
Ivana Bruggia
Gioia Capelli
Cristiana Riccitiello
Giuseppe Maruozzo
Moreno Pinotti
Paolo Bardin
Paolo Frizzarin
Loris Rossa
Susan Clausen
Valeria Vello
Giuseppe Prestipino
Alessandro Capuzzo
Bernardetta Comerlati
Gabriella Taddeo
LebanaBonfanti
Davide Piantoni
Cristiana Scoppa
Antonio Marotta
Matilde Ravarini
Francesco Masut
Graziella MonfrediniZeni
Laura Fontana
Alfio Sartori
Roberta Di Rosa
Francesco Ros
Stefania Pizzato
Fatima Azaoui
Giorgio Bianchi
Francesco Masut
Aldo Lotta
Mario Guarino
Irene Mongiovì
Laura Giacobbe
Maurizio Piccinini
Norma Marchi
Cosimo Marco Calò
Franco Chemello
Silvia Donà
Piero Nicosia
Cristina Annunziata
Giovanni Costantino
Lucia Ciarmoli
Edward Lynch
Antonella Di Marco
Yana Lykhoden
Francesca Castellano
Francesca Maria Gatto
Piero Nicosia
Nicola Acocella
Giovanni Bianco
Davide Fabbri
Marcello Pesarini 490
Grazia Letto
Associazioni:
presidenza di Libertà e Giustizia
Coordinamento Eritrea Democratica
Casa Internazionale delle Donne, Roma
Donne contro il razzismo
Movimento Ubuntu
ForumAssociazione Transglobal
Associazione culturale MotoInverso
Federazione Sinistra di Sesto
Associazione Cittadini del Mondo
Comitato Tsipras Vittuone
Rete Interattiva
Cittadini del Mondo, Grosseto
Cepes, Centro Studi ed iniziative di Politica Economica in Sicilia
CISS/Cooperazione Internazionale Sud Sud