Jean-Claude Juncker ha presentato alla stampa i compiti dei suoi Commissari, precisando le priorità strategiche del nuovo esecutivo di Bruxelles. Su questi si dovrà pronunciare individualmente il Parlamento, e sul collegio l’assemblea dovrà dare un voto di fiducia a maggioranza semplice a fine ottobre.
Dichiarazione di Barbara Spinelli e Pier Virgilio Dastoli, 10 settembre 2014
Per quanto ci riguarda, sulla pagella di Juncker segniamo convinti un 5 – -, e forse perfino un 4 +. Sono tre, a nostro parere, i vizi capitali della nuova Commissione: il trionfo della City di Londra, il prevalere delle esigenze di sicurezza e della Fortezza Europa nelle politiche d’immigrazione, il restringimento del pluralismo mediatico nella cultura.
Il Presidente eletto ci aveva presentato in luglio un’agenda concentrata su dieci priorità, e ora esse sono apparentemente distribuite fra sette vice-presidenti che dovrebbero coordinare, in un puzzle difficilmente comprensibile, gli altri venti commissari.
Appare subito evidente che l’economia reale (energia, crescita, economia digitale, occupazione, industria, ricerca e agricoltura) sta tutta o quasi tutta nelle mani dei commissari appartenenti al centro-destra, e che al “falco” Jyrki Katainen, finlandese, è stata attribuita la gestione del piano di 300 miliardi di Euro che potrà difficilmente portare a compimento senza mezzi e senza servizi.
Con quali strumenti e con quale volontà sinergica saranno disponibili ad agire i Commissari socialisti ai quali è stata attribuita la responsabilità degli Affari Economici e Finanziari (Pierre Moscovici) della Politica Regionale (Corina Cretu), dell’Ambiente (Karmenu Vella) e della Salute (Vyetenis Andriukaitis)? Con quale determinazione e usando quali servizi l’Alto Rappresentante Federica Mogherini potrà svolgere le sue funzioni di Vice-Presidente della Commissione, assicurando la coerenza fra gli interessi geo-strategici dell’Unione e lo sviluppo delle sue politiche interne?
Katainen, inoltre, dovrà occuparsi della revisione del bilancio pluriennale nel 2016 insieme alla collega Kristalina Georgieva, ma né l’uno né l’altra potranno occuparsi di risorse proprie dell’Unione. Componendo e scomponendo portafogli, Juncker si è dimenticato di riconquistare una coerenza e una sinergia sbrigativamente liquidate dal suo predecessore Barroso: lo spacchettamento del clima e dell’ambiente, la frammentazione delle azioni esterne (in particolare la cooperazione allo sviluppo e l’azione umanitaria), il mancato rapporto fra politica di migrazione e relazioni con i paesi da cui provengono i migranti. Un segnale ancora più negativo: la composizione e la scomposizione dei portafogli poggia su una suddivisione delle direzioni generali che poco o nulla ha a che fare con le competenze dei Commissari, e che richiederà dunque un lungo lavoro di riorganizzazione interna, che potrebbe paralizzare l’esecutivo proprio nel momento in cui la sua azione dovrebbe essere rilanciata con determinazione. Citiamo uno degli esempi più gravi, che riguarda l’attribuzione al conservatore Jonathan Hill, e dunque agli interessi della City di Londra, dei servizi finanziari, e a Elzbieta Blienkowska il mercato interno e l’industria.
Il Presidente Juncker si è poi piegato al metodo inaccettabile che esiste in molti governi di associare la politica migratoria alla questione della sicurezza interna, attribuite fra l’altro a Dimitris Avramopoulos, esponente del partito conservatore di Samaras e fino a ieri ministro della difesa in Grecia. Confidiamo nell’azione del Vice-Presidente Frans Timmermans, socialdemocratico, cui il Commissario greco dovrebbe rispondere: Timmermans avrà infatti la responsabilità della Carta dei Diritti Fondamentali e del rispetto dello Stato di diritto.
Pensiamo che la Commissione Cultura, Educazione, Gioventù e Cittadinanza, affidata inopinatamente a Tibor Navracsics, rischi gravi regressioni nel campo dei diritti: nella sua qualità di Vice-Primo Ministro ungherese, Tibor Navracsics ha condiviso e pienamente appoggiato la politica del Premier Orbán, che non nasconde la sua avversione alla democrazia liberale ed è noto nel proprio paese per aver drasticamente svuotato il pluralismo dei mezzi di informazione e la Costituzione stessa. L’opposizione ungherese considera Orbán e Navracsics un pericolo per la democrazia.
Infine, è rimasta la confusione fra allargamento (che Juncker vorrebbe congelare per i prossimi cinque anni), relazioni con l’Est dell’Europa e politica Euro-Mediterranea.
Insomma, un’immagine del peggiore gattopardismo applicato alle politiche dell’Unione, che cozza con la sua affermata volontà di etica e trasparenza.
Temiamo che da qui al voto del Parlamento a fine ottobre poco potrà cambiare, soprattutto se Juncker si farà legare le mani dall’evanescente Agenda Strategica del Consiglio europeo adottata il 26 giugno scorso, (essendo in questo in buona compagnia con la Presidenza Italiana del Consiglio dell’Unione europea).
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Si veda in proposito anche la dichiarazione di Gabi Zimmer, presidente del gruppo GUE/NGL al Parlamento europeo.