EU 2013 – The Last Frontier

Bruxelles, 24 giugno 2015. Intervento di Barbara Spinelli in occasione della proiezione del film “EU 2013 – The Last Frontier” di Alessio Genovese e Raffaella Cosentino. 

Incontro-conferenza organizzato da Laura Ferrara (gruppo EFFD – Movimento 5 Stelle), Ignazio Corrao (EFFD – M5S), Barbara Spinelli (gruppo GUE/NGL), nel quadro della preparazione del Rapporto di iniziativa strategica sulla situazione nel Mediterraneo e la necessità di una visione globale delle migrazioni da parte dell’Unione europea (relatori: Cécile Kyenge e Roberta Metsola. Ignazio Corrao e Barbara Spinelli sono “relatori ombra” per i rispettivi gruppi).

Oratori:
Costanza Hermanin – Open Society Foundation
Stefano Galieni – LasciateCIEntrare
Prof. Fulvio Vassallo Paleologo – Università degli Studi di Palermo
Marco Valli – MEP gruppo EFFD
Maria Giovanna Manieri – Picum

Apertura

Grazie Laura Ferrara, grazie Ignazio Corrao, grazie a tutti voi che siete qui.

Interverrò brevemente perché dopo il film avremo comunque modo di discutere. Sono molto curiosa di vedere questo documentario poiché più che mai è necessaria, oggi, una contro-informazione. Ho appena saputo dal regista Alessio Genovese che il suo film, scandalosamente, non è mai stato trasmesso in televisione. Ma forse non è così scandaloso come sembra ma del tutto naturale, del tutto voluto: le immagini reali vengono occultate, si fa politica solo con l’immaginario. Ciò è parte della strategia della paura che in questo momento permea con tanta forza l’Unione europea, la sua “natura”. Sono colpita da quella che, a mio avviso, sembra una stretta sempre più pericolosa, fatta di disinformazione, di paure, di gioco sulle cifre: si parla di esodi biblici che bisogna fermare quando alcuni paesi hanno vere difficoltà e veri aumenti di afflussi di immigrati (è il caso della Grecia o dell’Ungheria), e altri no, e tra questi c’è anche l’Italia. Non c’è un esodo, un picco emergenziale in Italia. Siamo davanti a un dato strutturale – ogni sei mesi arriva un certo numero di immigrati – con cui bisogna fare i conti.

A mio avviso è inoltre importante comprendere che quello che si sta costruendo è la marginalizzazione del migrante attuata attraverso politiche di allontanamento geografico. Migranti e richiedenti asilo vengono esternalizzati: o rimandandoli a casa e rimpatriandoli, o rinchiudendoli in centri carcerari. Siamo davanti a un’autentica bio-politica nei confronti della figura del migrante e della sua stessa esistenza fisica. Il migrante/richiedente asilo – tendo a parlare di migranti ma oggi la maggior parte di essi sono richiedenti asilo – deve essere rinchiuso e in sostanza non più visto.

Intervento dopo la proiezione del documentario

Grazie. Grazie soprattutto ai registi del film straordinario che abbiamo visto.

Personalmente ho visitato il CIE di Ponte Galeria il 19 dicembre scorso. Ero accompagnata da rappresentanti di associazioni come LasciateCIEntrare e da un certo numero di altre associazioni. Associazioni che, ovunque in Europa, si occupano di queste prigioni che si stanno moltiplicando: che stanno diventando il nuovo nòmos dell’Unione europea, la sua nuova legge, la sua norma non scritta. Un’Unione che è corredata da progetti di muri – come quello al confine ungherese, come quello già esistente a Ceuta e Melilla – e addirittura da un piano di guerra lungo le coste della Libia, per impedire fughe di migranti e richiedenti asilo verso l’Italia e la Grecia. Per intrappolarli lì, in Libia. Guardando questo documentario ho rivisto lo stesso orrore che denunciammo a dicembre, un orrore che riassumerei così: man mano che l’immigrazione aumenta – ma in realtà aumentano le nostre paure e i nostri muri più delle vere cifre, almeno per quel che riguarda l’Italia – man mano che muta la natura stessa della migrazione – i più fuggono oggi da guerre, da Stati falliti – man mano che tutto ciò avviene, si afferma in Europa un diritto emergenziale, che instaura il nòmos di cui parlavo e sospende le leggi scritte non solo nelle Costituzioni nazionali, ma anche nei Trattati dell’Unione e nella sua Carta dei diritti fondamentali.

Mi ero preparata a raccontare ciò che ho visto nel Cie romano ma la realtà l’abbiamo guardata con i nostri occhi nel film di Alessio Genovese e Raffaella Cosentino, e non ripeto quindi i particolari su quella che è stata la mia visione del vero e proprio campo di concentramento di Ponte Galeria e dei modi organizzativi in cui la cosiddetta emergenza immigrati genera simili zone di non diritto.

Quel che noto però, dopo aver visto il documentario, è questo: qualcosa è andato male dal dopoguerra ad oggi, qualcosa si è spezzato, si è rotto. Abbiamo creduto che creando un forte tabù intorno alla Shoah, e alla figura dell’ebreo “sacrificato” dal nazionalsocialismo, si sarebbero fermate in tempo future barbarie. Che la shoah, il ricordo dei campi di concentramento, le tante commemorazioni, sarebbero serviti da deterrente. Qualcosa è andato storto perché tale progetto – che i tedeschi chiamano “politica della memoria”, Gedächtnispolitik – non ha funzionato, è fallito. Quando si vedono certe scene del documentario, quando sentiamo che i detenuti hanno l’impressione di vivere ad Alcatraz o nei Lager tedeschi, la deduzione che possiamo trarre è che non è servita tutta la politica della memoria dell’Unione europea. Su questo, secondo me, sarebbe interessante riflettere.

Tanto più interessante sarebbe riflettere su quel che ne consegue: questi campi di concentramento – con le varie politiche che li accompagnano – questo dar vita a muri, a rimpatri forzati, a respingimenti collettivi, vengono ormai teorizzati senza più pudore dall’Unione.

Alcuni di voi avranno forse letto la bozza di Conclusioni del Consiglio europeo del 25 e 26 giugno 2015 [1], formulate sulla base della lettera del Commissario Avramopoulos inviata ai Ministri dell’Interno dei 28 Stati membri [2] il 1° giugno in vista di tale Consiglio europeo. Già il 4 marzo scorso il Commissario, nel corso di una conferenza stampa, aveva detto chiaramente, senza appunto vergogna di sé, che l’Unione e i suoi Stati collaboreranno anche con le dittature per i rimpatri, se necessario. Adesso nella bozza di Conclusioni si afferma che migranti e richiedenti asilo verranno detenuti in structured border zones – quest’aggettivo è ricorrente e conferma l’esistenza di un linguaggio in continuo degrado, nelle istituzioni europee: da quando sono a Bruxelles mi rendo conto che ogni cinque minuti c’è qualcosa di “strutturato” nell’Unione: le zone di frontiera strutturate, i dibattiti strutturati, le prigioni strutturate, le riforme strutturali. Tutto è “strutturato” o “strutturale”, e nessuno sa bene cosa significhi. O meglio il significato è palese, ma viene nascosto dietro quest’aggettivo per non dare il nome appropriato alle cose.

Si parla di “structured border zones” per assicurare una veloce identificazione e registrazione delle impronte digitali (i cosidetti hotspot). Nella precedente lettera di Avramopoulos già si affermava che verranno mobilitati funzionari di Frontex per gli hotspot [3] e, in Italia, si stanno predisponendo caserme dotandole di sbarre. Una clausola nella lettera prevede persino eccezioni agli standard dell’Unione (già bassi di per sé), secondo cui le famiglie in detenzione devono rimanere unite, i migranti non devono essere detenuti in prigioni con detenuti comuni, e infine hanno diritto a un ricorso, in termini ragionevoli, contro la propria detenzione [4]. Secondo Steve Peers – uno dei massimi giuristi esperti di legge comunitaria – questo significherà che i migranti, famiglie incluse, non solo potranno essere incarcerati, ma dovranno anche convivere con detenuti condannati per gravi crimini.

[1] European Council (25 and 26 June 2015) – Draft Conclusions (file .pdf)

[2] Dimitris Avramopoulos, Increasing the effectiveness of the EU system to return irregular migrants, 1 giugno 2015
http://www.statewatch.org/news/2015/jun/eu-AVRAMOPOULOS-migration-letter-to-eu-ministers.pdf
http://data.consilium.europa.eu/doc/document/ST-10170-2015-INIT/en/pdf

[3]The Hotspot approach, launched by the European Agenda on Migration, should enable Frontex to provide substantial assistance on the ground to frontline Member States, at several stages. Frontex screening/interviewing teams, deployed usually in the course of Joint Operations and following the Hotspot approach, can provide significant support on identification. Dimitris Avramopoulos, Increasing the effectiveness of the EU system to return irregular migrants, 1 giugno 2015, Annex, pag. 4.

[4]If Member States are confronted with large numbers of irregular migrants arriving and do not have available sufficient places in closed detention facilities, they can apply the emergency clause of the Return Directive (Article 18). This provides Member States more flexibility regarding the conditions of closed detention of irregular migrants, by enabling them to derogate from the detention-related requirements of the Directive temporarily”. Dimitris Avramopoulos, Increasing the effectiveness of the EU system to return irregular migrants, 1 giugno 2015, Annex, pag. 4.

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