Il Parlamento ha adottato lo scorso 12 febbraio 2015 la proposta di risoluzione comune sull’Arabia Saudita e, più precisamente, sul caso di Raif Badawi con 460 voti a favore, 153 contro e 29 astensioni.
Raif Badawi, blogger e attivista dei diritti umani, è stato accusato di apostasia e condannato dal tribunale penale di Jeddah, nel maggio 2014, a 10 anni di carcere, 1 000 frustate e a una sanzione pecuniaria di 1 milione di SAR (228 000 EUR) dopo aver creato il sito web “Free Saudi Liberals”, uno spazio di discussione sociale, politica e religiosa considerato un insulto all’Islam; che la condanna prevede altresì il divieto per Raif Badawi di utilizzare qualsiasi mezzo d’informazione e di viaggiare al di fuori del paese per 10 anni dopo la sua scarcerazione.
Il 9 gennaio 2015 Raif Badawi ha ricevuto la prima serie di 50 frustate di fronte alla moschea di al-Jafali a Gedda e ha riportato ferite tanto profonde che, quando è stato trasportato alla clinica del carcere per essere sottoposto a un controllo medico, i dottori hanno constatato che non avrebbe potuto sopportare un’altra serie di frustate.
Ho dunque co-firmato questa risoluzione comune che condanna con fermezza la fustigazione di Raif Badawi e invita le autorità dell’Arabia Saudita a porre fine a ulteriori fustigazioni di Raif Badawi e a procedere al suo rilascio immediato e incondizionato. La risoluzione inoltre invita le autorità dell’Arabia Saudita a rilasciare senza condizioni l’avvocato di Raif Badawi, nonché tutti i difensori dei diritti umani e gli altri prigionieri di coscienza detenuti e condannati solo per aver esercitato il proprio diritto alla libertà di espressione e condanna fermamente ogni forma di punizione corporale, in quanto trattamento inaccettabile e degradante, lesivo della dignità umana;
Oltre a questa risoluzione, il 4 Febbraio ho co-firmato un’interrogazione scritta rivolta a Federica Mogherini, Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, nella quale con 32 colleghi del GUE/NGL, Verdi, ALDE, S&D, prendendo esempio dal caso di Raif Badawi, le chiediamo quali misure preveda di adottare per esercitare pressioni sull’Arabia Saudita in merito all’umanizzazione del suo diritto penale. L’articolo 3 paragrafo 5 del Trattato sull’Unione Europea precisa infatti che “Nelle relazioni con il resto del mondo l’Unione afferma e promuove i suoi valori e interessi, contribuendo alla protezione dei suoi cittadini. Contribuisce alla pace, alla sicurezza, allo sviluppo sostenibile della Terra, alla solidarietà e al rispetto reciproco tra i popoli, al commercio libero ed equo, all’eliminazione della povertà e alla tutela dei diritti umani, in particolare dei diritti del minore, e alla rigorosa osservanza e allo sviluppo del diritto internazionale, in particolare al rispetto dei principi della Carta delle Nazioni Unite.”
Ecco il testo della risoluzione comune:
Il Parlamento europeo, – viste le sue precedenti risoluzioni sull’Arabia Saudita, in particolare quelle concernenti i diritti umani e, segnatamente, la risoluzione dell’11 marzo 2014 sull’Arabia Saudita, le sue relazioni con l’UE e il suo ruolo in Medio Oriente e Nord Africa(1)– vista la dichiarazione del portavoce del vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Federica Mogherini, del 9 gennaio 2015,
– vista la dichiarazione dell’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani Zeid Ra’ad Al Hussein, che fa appello alle autorità saudite affinché sospendano la punizione di Raif Badawi, – visti l’articolo 18 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948 e l’articolo 19 del patto internazionale relativo ai diritti civili e politici del 1966, – vista la convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti, – vista la Carta araba dei diritti dell’uomo, ratificata dall’Arabia saudita nel 2009, il cui articolo 32, paragrafo 1, garantisce il diritto all’informazione e la libertà di opinione e di espressione, e il cui articolo 8 vieta la tortura fisica o psicologica e ogni trattamento crudele, degradante, umiliante o disumano, – visti gli orientamenti dell’Unione europea sulla tortura e altri maltrattamenti e gli orientamenti sui difensori dei diritti umani, – visti l’articolo 135, paragrafo 5, e l’articolo 123, paragrafo 4, del suo regolamento, A. considerando che Raif Badawi, blogger e attivista dei diritti umani, è stato accusato di apostasia e condannato dal tribunale penale di Jeddah, nel maggio 2014, a 10 anni di carcere, 1 000 frustate e a una sanzione pecuniaria di 1 milione di SAR (228 000 EUR) dopo aver creato il sito web “Free Saudi Liberals”, uno spazio di discussione sociale, politica e religiosa considerato un insulto all’Islam; che la condanna prevede altresì il divieto per Raif Badawi di utilizzare qualsiasi mezzo d’informazione e di viaggiare al di fuori del paese per 10 anni dopo la sua scarcerazione; B. considerando che il 9 gennaio 2015 Raif Badawi ha ricevuto la prima serie di 50 frustate di fronte alla moschea di al-Jafali a Gedda e ha riportato ferite tanto profonde che, quando è stato trasportato alla clinica del carcere per essere sottoposto a un controllo medico, i dottori hanno constatato che non avrebbe potuto sopportare un’altra serie di frustate; C. considerando che le sentenze giudiziarie che impongono punizioni corporali, inclusa la fustigazione, sono rigorosamente vietate dal diritto internazionale in materia di diritti umani, compresa la convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, disumani e degradanti, che l’Arabia Saudita ha ratificato; D. considerando che il 6 luglio 2014 l’avvocato di Raif Badawi e attivista di primo piano nella difesa dei diritti umani, Waleed Abu al-Khair, è stato condannato dal tribunale penale specializzato a 15 anni di carcere, seguiti da un divieto di viaggio per altri 15 anni, dopo aver costituito l’organizzazione per i diritti umani “Monitor of Human Rights in Saudi Arabia”; E. considerando che quello di Raif Badawi è uno dei numerosi casi in cui sono state applicate condanne severe ed esercitate vessazioni nei confronti degli attivisti dei diritti umani sauditi e di altri promotori delle riforme perseguiti per aver espresso le loro opinioni, molti dei quali sono stati condannati nell’ambito di procedimenti non conformi alle norme internazionali in materia di giusto processo, come confermato dall’ex Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani nel luglio 2014; F. considerando che l’Arabia Saudita vanta una vivace comunità di attivisti online e il più alto numero di utenti di Twitter in Medio Oriente; che tuttavia Internet è sottoposto a una pesante censura e che migliaia di siti web sono bloccati e i nuovi blog e siti web necessitano di una licenza del ministero dell’Informazione; che l’Arabia Saudita figura nell’elenco dei “Nemici di Internet” di Reporter senza frontiere in ragione della censura dei media sauditi e di Internet e delle punizioni inflitte a chi critica il governo o la religione; G. considerando che la libertà di espressione e la libertà di stampa e dei mezzi d’informazione, sia online che offline, sono requisiti indispensabili e catalizzatori cruciali della democratizzazione e delle riforme e costituiscono controlli essenziali del potere; H. considerando che, nonostante l’introduzione di caute riforme durante il governo del defunto re Abdullah, il sistema politico e sociale saudita rimane profondamente antidemocratico, rende le donne e i musulmani sciiti cittadini di seconda classe, discrimina gravemente la nutrita forza lavoro straniera presente nel paese e reprime duramente ogni voce di dissenso; I. considerando che il numero e la frequenza delle esecuzioni sono motivo di grave preoccupazione; che nel 2014 sono state giustiziate oltre 87 persone, la maggior parte delle quali è stata decapitata pubblicamente; che dall’inizio del 2015 sono state giustiziate almeno 21 persone; che, stando alle notizie, tra il 2007 e il 2012 avrebbero avuto luogo 423 esecuzioni; che la pena di morte può essere imposta per un’ampia serie di reati; J. considerando che il Regno dell’Arabia Saudita è un attore politico, economico, culturale e religioso influente in Medio Oriente e nel mondo islamico nonché un fondatore e membro di primo piano del Consiglio di cooperazione del Golfo (CCG) e del G20; K. considerando che nel novembre 2013 l’Arabia Saudita è stata eletta membro del Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani per un periodo di tre anni; L. considerando che il cosiddetto Stato islamico e l’Arabia Saudita prevedono punizioni pressoché identiche per una moltitudine di reati, tra cui la pena di morte in caso di blasfemia, omicidio, atti omosessuali, furto o tradimento, la lapidazione a seguito di adulterio e l’amputazione di mani e piedi in caso di banditismo; M. considerando che l’Arabia Saudita svolge un ruolo di primo piano nel finanziamento, nella diffusione e nella promozione a livello mondiale di un’interpretazione dell’Islam particolarmente estremista; che la visione alquanto settaria dell’Islam è stata fonte di ispirazione per organizzazioni terroristiche quali il cosiddetto Stato islamico e al-Qaeda; N. considerando che le autorità saudite affermano di essere un partner degli Stati membri dell’Unione, in particolare nel quadro della lotta mondiale al terrorismo; che una nuova legge antiterrorismo, adottata nel gennaio 2014, contiene disposizioni che consentono di interpretare ogni espressione di dissenso o associazione indipendente come un reato di stampo terroristico; 1. condanna con fermezza la fustigazione di Raif Badawi quale atto crudele e scioccante per mano delle autorità saudite; invita le autorità dell’Arabia Saudita a porre fine a ulteriori fustigazioni di Raif Badawi e a procedere al suo rilascio immediato e incondizionato, dal momento che è considerato un prigioniero di coscienza, detenuto e condannato unicamente per aver esercitato il proprio diritto alla libertà di espressione; invita le autorità saudite a provvedere all’annullamento del suo verdetto di colpevolezza e della sua condanna, ivi compreso il divieto di viaggio; 2. sollecita le autorità saudite a garantire che Raif Badawi sia tutelato dalla tortura e da altre forme di maltrattamento, riceva tutte le cure mediche eventualmente necessarie e abbia contatti immediati e regolari con la sua famiglia e gli avvocati di sua scelta; 3. invita le autorità dell’Arabia Saudita a rilasciare senza condizioni l’avvocato di Raif Badawi, nonché tutti i difensori dei diritti umani e gli altri prigionieri di coscienza detenuti e condannati solo per aver esercitato il proprio diritto alla libertà di espressione; 4. condanna fermamente ogni forma di punizione corporale, in quanto trattamento inaccettabile e degradante, lesivo della dignità umana; esprime preoccupazione circa il ricorso alla fustigazione da parte degli Stati e ne chiede con forza l’assoluta abolizione; invita le autorità saudite a rispettare la proibizione della tortura in quanto sancita nello specifico dalla convenzione ONU contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti, firmata e ratificata dall’Arabia Saudita; invita l’Arabia Saudita a firmare il patto internazionale relativo ai diritti civili e politici; 5. pone l’accento sul processo di riforma del sistema giudiziario avviato dall’Arabia Saudita al fine di rafforzare la possibilità di una migliore tutela dei diritti individuali, ma resta seriamente preoccupato per la situazione dei diritti umani in Arabia Saudita, che continua ad essere considerato uno dei paesi più repressivi al mondo; ritiene che il caso di Raif Badawi sia un simbolo dell’attacco alla libertà di espressione e di dissenso pacifico nel paese e, più in generale, delle politiche distintive del Regno dell’Arabia Saudita improntate all’intolleranza e all’interpretazione estremista della legge islamica; 6. esorta le autorità saudite ad abolire il tribulane penale specializzato istituito nel 2008 con l’obiettivo di giudicare i casi di terrorismo, ma sempre più spesso usato per perseguire i dissidenti pacifici con accuse, a quanto pare, di matrice politica nell’ambito di procedimenti che violano il diritto fondamentale a un giusto processo; 7. invita le autorità saudite a consentire l’indipendenza della stampa e dei media e a garantire la libertà di espressione, associazione e riunione pacifica per tutti i cittadini del paese; condanna la repressione degli attivisti e dei dimostranti che manifestano pacificamente; sottolinea che la difesa pacifica dei diritti giuridici fondamentali o la formulazione di osservazioni critiche tramite i social media sono espressioni di un diritto indispensabile; 8. rammenta alla leadership saudita l’impegno di “mantenere i più elevati standard di promozione e tutela dei diritti umani”, assunto nel 2013 in occasione della presentazione della domanda di adesione al Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani, che ha avuto esito positivo; 9. ritiene che l’Arabia Saudita sarebbe un partner più credibile ed efficace nella lotta contro le organizzazioni terroristiche, come il cosiddetto Stato islamico e al Qaeda, se non applicasse pratiche anacronistiche ed estremiste quali decapitazioni pubbliche, lapidazioni e altre forme di tortura analoghe a quelle commesse dall’IS; 10. invita il Servizio europeo per l’azione esterna e la Commissione a sostenere, in modo attivo e creativo, i gruppi della società civile e le persone che difendono i diritti umani in Arabia Saudita, anche organizzando visite nelle carceri, monitorando i processi e rilasciando dichiarazioni pubbliche; 11. incarica la sua delegazione per le relazioni con la penisola arabica di sollevare il caso di Raif Badawi e degli altri prigionieri di coscienza durante la sua prossima visita in Arabia Saudita e di riferire successivamente alla sottocommissione per i diritti dell’uomo; 12. invita l’UE e i suoi Stati membri a riconsiderare il loro rapporto con l’Arabia Saudita in modo tale da garantire il perseguimento dei propri interessi economici, energetici e di sicurezza, senza tuttavia compromettere la credibilità dei suoi principali impegni in materia di diritti umani; 13. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, al Servizio europeo per l’azione esterna, al Segretario generale delle Nazioni Unite, all’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, a Sua Maestà il Re Salman bin Abdulaziz, al governo del Regno dell’Arabia Saudita, nonché al segretario generale del Centro per il dialogo nazionale del Regno dell’Arabia Saudita. |