Relazione del Parlamento Europeo sulla ricollocazione di richiedenti asilo da Grecia e Italia verso il resto dell’Unione Europea

Strasburgo, 15 settembre 2016

Oggi il Parlamento europeo ha votato la Proposta di relazione presentata dall’eurodeputata dei Verdi/ALE Ska Keller sulla “proposta di decisione del Consiglio che modifica la decisione (UE) 2015/1601 del Consiglio, del 22 settembre 2015, che istituisce misure temporanee nel settore della protezione internazionale a beneficio dell’Italia e della Grecia”. La Risoluzione è stata adottata con 470 voti favorevoli, 131 contrari e 50 astensioni.  Qui l’edizione finale della Risoluzione: http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?type=TA&reference=P8-TA-2016-0354&language=IT&ring=A8-2016-0236

Dopo il voto Barbara Spinelli, in qualità di Relatore per il Gruppo GUE/NGL, ha dichiarato:

A seguito dell’accordo UE-Turchia, la Commissione ha proposto che una quota di 54.000 persone che devono essere ricollocate da Grecia e Italia verso altri Stati Membri sia invece reinsediata dalla Turchia. Attualmente poche migliaia di richiedenti asilo sono state ricollocate da Grecia e Italia, e da vari mesi circa 60.000 richiedenti asilo sono bloccati in Grecia.

Il Parlamento ha adottato dunque la relazione dell’eurodeputata Ska Keller (Greens/EFA), che modifica radicalmente la proposta iniziale della Commissione stabilendo una serie di garanzie per i richiedenti asilo e specifici doveri degli Stati Membri, fra cui quello di accettare al più presto ricollocazioni verso il proprio territorio da Grecia e Italia. “Mi felicito per l’approvazione del rapporto”, ha dichiarato l’eurodeputata Barbara Spinelli (GUE/NGL), “e in particolare per l’adozione a grande maggioranza di un mio emendamento volto a rafforzare le garanzie di ricongiungimento familiare dei richiedenti asilo bloccati in Italia e Grecia”.

“Il mio unico rammarico è che non sia passato l’altro mio emendamento, critico della base giuridica scelta dalla Commissione nella sua proposta: base che di fatto esclude il Parlamento nella sua funzione di co-legislatore, conferendogli un ruolo che rende non vincolanti i suoi pareri. La base prescelta (Articolo 78 §3 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea) è usata solitamente in casi di emergenza legata a ‘improvvisi’ afflussi di rifugiati. Da tempo gli afflussi non sono più improvvisi, sicché non c’è motivo per cui il Parlamento non sia coinvolto a pieno titolo (seguendo la procedura ‘ordinaria’ prevista dall’Articolo 78 §2 del suddetto Trattato).”

 

Si veda anche:
L’emergenza rifugiati che emargina il Parlamento

 

Risoluzione Comune sull’Egitto, in particolare il caso di Giulio Regeni

di venerdì, Marzo 11, 2016 0 , , Permalink

COMUNICATO STAMPA

La maggioranza dei parlamentari europei chiede verità e giustizia su Giulio Regeni

Il 10 marzo il Parlamento europeo riunito a Strasburgo in seduta plenaria ha votato a grande maggioranza (588 a favore, 10 contrari, 59 astenuti) la “Risoluzione Comune sull’Egitto, in particolare il caso di Giulio Regeni” (2016/2608(RSP)).

Relatori per la Risoluzione GUE/NGL: Barbara Spinelli – Eleonora Forenza

Dopo il voto, Barbara Spinelli (GUE/NGL) ha rilasciato la seguente dichiarazione:

«Oggi il Parlamento europeo ha votato a grande maggioranza una Risoluzione Comune sulla situazione in Egitto che fa seguito al brutale omicidio del ricercatore italiano Giulio Regeni. Si è trattato senza dubbio di un compromesso al ribasso, figlio dell’intransigente riluttanza di alcuni gruppi politici – nello specifico PPE ed ECR – a prendere in considerazione le tante criticità del regime, che pure avevamo rilevato nella Risoluzione del GUE/NGL di cui sono stata co-relatore.

PPE ed ECR hanno tentato di dare il primato alla cooperazione strategica con l’Egitto. Per questo si sono opposti a nostri specifici paragrafi che criticavano gli interventi militari in Libia favoriti dal Cairo, la politica migratoria e di asilo concordata tra Unione ed Egitto, il ruolo strategico assegnato all’Egitto nella lotta antiterrorismo contro l’ISIS, la sorte infine del cittadino irlandese Ibrahim Halawa, la cui condanna a morte è continuamente rinviata ma non revocata.

Tuttavia la tenacia di altri gruppi politici – GUE/NGL e Verdi in primis – ci ha permesso di preservare e sollevare alcuni punti importanti. La Risoluzione evidenzia il clima di intimidazione e violenza generalizzata che contraddistingue il Paese, le sparizioni forzate, l’impunità di cui gode in genere la violenza. Questo il contesto in cui è avvenuto l’assassinio di Regeni.

Al suo caso si aggiungono le minacce e intimidazioni nei confronti dei difensori dei diritti umani, tra cui la Commissione Egiziana per i Diritti e le Libertà, espressamente nominata grazie al GUE-NGL. Nei confronti di questi ultimi chiediamo un’azione concreta di protezione da parte dell’Alto Rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e della Delegazione UE al Cairo, oltre che una definitiva cancellazione dei divieti di viaggio imposti ad alcuni di essi da parte del Governo egiziano. Come sottolineato nella Risoluzione, il diritto e la tutela dei diritti fondamentali devono rappresentare il fondamento delle relazioni tra l’UE e l’Egitto. Questo è esplicitamente sancito – prosegue la Risoluzione – nell’articolo 2 dell’Accordo di Associazione UE-Egitto e nella nuova Costituzione egiziana. Anche qui, su nostra iniziativa sono espressamente richiamati 3 articoli della Costituzione: 52 (proibizione della tortura), 73 (libertà di riunione) e 93 (carattere vincolante del diritto internazionale dei diritti umani).

Nonostante tutte le sue debolezze e la mancanza di una chiara condanna delle alleanze strategiche tra UE ed Egitto, soprattutto per quanto riguarda la Libia, e della condotta repressiva evidente verso Halawa e i seguaci del partito di Morsi, ho deciso di co-firmare e sostenere questa Risoluzione, soprattutto per il paragrafo in cui si chiede un’inchiesta congiunta “rapida, trasparente e imparziale” sulla tortura e l’omicidio di Giulio Regeni. Malgrado tutto ritengo che la risoluzione rappresenti un segnale rivolto alle autorità egiziane, nella speranza che la voce del Parlamento europeo possa costituire un  impulso verso la ricerca della verità. La famiglia di Giulio Regeni, cui vanno la mia amicizia e solidarietà, meritava questo tentativo da parte nostra».

Allegati:

1) Risoluzione comune

2) Proposta di Risoluzione GUE-NGL di Barbara Spinelli e Eleonora Forenza, confluita nella Risoluzione comune


Si veda anche

Omicidio Regeni: Pe chiede a Egitto di cooperare con Italia

Il caso di Raif Badawi: proposta di risoluzione comune sull’Arabia Saudita

Il Parlamento ha adottato lo scorso 12 febbraio 2015 la proposta di risoluzione comune sull’Arabia Saudita e, più precisamente, sul caso di Raif Badawi con 460 voti a favore, 153 contro e 29 astensioni.

Raif Badawi, blogger e attivista dei diritti umani, è stato accusato di apostasia e condannato dal tribunale penale di Jeddah, nel maggio 2014, a 10 anni di carcere, 1 000 frustate e a una sanzione pecuniaria di 1 milione di SAR (228 000 EUR) dopo aver creato il sito web “Free Saudi Liberals”, uno spazio di discussione sociale, politica e religiosa considerato un insulto all’Islam; che la condanna prevede altresì il divieto per Raif Badawi di utilizzare qualsiasi mezzo d’informazione e di viaggiare al di fuori del paese per 10 anni dopo la sua scarcerazione.

 Il 9 gennaio 2015 Raif Badawi ha ricevuto la prima serie di 50 frustate di fronte alla moschea di al-Jafali a Gedda e ha riportato ferite tanto profonde che, quando è stato trasportato alla clinica del carcere per essere sottoposto a un controllo medico, i dottori hanno constatato che non avrebbe potuto sopportare un’altra serie di frustate.

Ho dunque co-firmato questa risoluzione comune che condanna con fermezza la fustigazione di Raif Badawi e invita le autorità dell’Arabia Saudita a porre fine a ulteriori fustigazioni di Raif Badawi e a procedere al suo rilascio immediato e incondizionato. La risoluzione inoltre invita le autorità dell’Arabia Saudita a rilasciare senza condizioni l’avvocato di Raif Badawi, nonché tutti i difensori dei diritti umani e gli altri prigionieri di coscienza detenuti e condannati solo per aver esercitato il proprio diritto alla libertà di espressione e condanna fermamente ogni forma di punizione corporale, in quanto trattamento inaccettabile e degradante, lesivo della dignità umana;

Oltre a questa risoluzione, il 4 Febbraio ho co-firmato un’interrogazione scritta rivolta a Federica Mogherini, Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, nella quale con 32 colleghi del GUE/NGL, Verdi, ALDE, S&D, prendendo esempio dal caso di Raif Badawi, le chiediamo quali misure preveda di adottare per esercitare pressioni sull’Arabia Saudita in merito all’umanizzazione del suo diritto penale. L’articolo 3 paragrafo 5 del Trattato sull’Unione Europea precisa infatti che “Nelle relazioni con il resto del mondo l’Unione afferma e promuove i suoi valori e interessi, contribuendo alla protezione dei suoi cittadini. Contribuisce alla pace, alla sicurezza, allo sviluppo sostenibile della Terra, alla solidarietà e al rispetto reciproco tra i popoli, al commercio libero ed equo, all’eliminazione della povertà e alla tutela dei diritti umani, in particolare dei diritti del minore, e alla rigorosa osservanza e allo sviluppo del diritto internazionale, in particolare al rispetto dei principi della Carta delle Nazioni Unite.”

Ecco il testo della risoluzione comune:

Il Parlamento europeo, –   viste le sue precedenti risoluzioni sull’Arabia Saudita, in particolare quelle concernenti i diritti umani e, segnatamente, la risoluzione dell’11 marzo 2014 sull’Arabia Saudita, le sue relazioni con l’UE e il suo ruolo in Medio Oriente e Nord Africa(1)–   vista la dichiarazione del portavoce del vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Federica Mogherini, del 9 gennaio 2015,

–   vista la dichiarazione dell’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani Zeid Ra’ad Al Hussein, che fa appello alle autorità saudite affinché sospendano la punizione di Raif Badawi,

–   visti l’articolo 18 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948 e l’articolo 19 del patto internazionale relativo ai diritti civili e politici del 1966,

–   vista la convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti,

–   vista la Carta araba dei diritti dell’uomo, ratificata dall’Arabia saudita nel 2009, il cui articolo 32, paragrafo 1, garantisce il diritto all’informazione e la libertà di opinione e di espressione, e il cui articolo 8 vieta la tortura fisica o psicologica e ogni trattamento crudele, degradante, umiliante o disumano,

–   visti gli orientamenti dell’Unione europea sulla tortura e altri maltrattamenti e gli orientamenti sui difensori dei diritti umani,

–   visti l’articolo 135, paragrafo 5, e l’articolo 123, paragrafo 4, del suo regolamento,

A. considerando che Raif Badawi, blogger e attivista dei diritti umani, è stato accusato di apostasia e condannato dal tribunale penale di Jeddah, nel maggio 2014, a 10 anni di carcere, 1 000 frustate e a una sanzione pecuniaria di 1 milione di SAR (228 000 EUR) dopo aver creato il sito web “Free Saudi Liberals”, uno spazio di discussione sociale, politica e religiosa considerato un insulto all’Islam; che la condanna prevede altresì il divieto per Raif Badawi di utilizzare qualsiasi mezzo d’informazione e di viaggiare al di fuori del paese per 10 anni dopo la sua scarcerazione;

B. considerando che il 9 gennaio 2015 Raif Badawi ha ricevuto la prima serie di 50 frustate di fronte alla moschea di al-Jafali a Gedda e ha riportato ferite tanto profonde che, quando è stato trasportato alla clinica del carcere per essere sottoposto a un controllo medico, i dottori hanno constatato che non avrebbe potuto sopportare un’altra serie di frustate;

C. considerando che le sentenze giudiziarie che impongono punizioni corporali, inclusa la fustigazione, sono rigorosamente vietate dal diritto internazionale in materia di diritti umani, compresa la convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, disumani e degradanti, che l’Arabia Saudita ha ratificato;

D. considerando che il 6 luglio 2014 l’avvocato di Raif Badawi e attivista di primo piano nella difesa dei diritti umani, Waleed Abu al-Khair, è stato condannato dal tribunale penale specializzato a 15 anni di carcere, seguiti da un divieto di viaggio per altri 15 anni, dopo aver costituito l’organizzazione per i diritti umani “Monitor of Human Rights in Saudi Arabia”;

E. considerando che quello di Raif Badawi è uno dei numerosi casi in cui sono state applicate condanne severe ed esercitate vessazioni nei confronti degli attivisti dei diritti umani sauditi e di altri promotori delle riforme perseguiti per aver espresso le loro opinioni, molti dei quali sono stati condannati nell’ambito di procedimenti non conformi alle norme internazionali in materia di giusto processo, come confermato dall’ex Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani nel luglio 2014;

F. considerando che l’Arabia Saudita vanta una vivace comunità di attivisti online e il più alto numero di utenti di Twitter in Medio Oriente; che tuttavia Internet è sottoposto a una pesante censura e che migliaia di siti web sono bloccati e i nuovi blog e siti web necessitano di una licenza del ministero dell’Informazione; che l’Arabia Saudita figura nell’elenco dei “Nemici di Internet” di Reporter senza frontiere in ragione della censura dei media sauditi e di Internet e delle punizioni inflitte a chi critica il governo o la religione;

G. considerando che la libertà di espressione e la libertà di stampa e dei mezzi d’informazione, sia online che offline, sono requisiti indispensabili e catalizzatori cruciali della democratizzazione e delle riforme e costituiscono controlli essenziali del potere;

H. considerando che, nonostante l’introduzione di caute riforme durante il governo del defunto re Abdullah, il sistema politico e sociale saudita rimane profondamente antidemocratico, rende le donne e i musulmani sciiti cittadini di seconda classe, discrimina gravemente la nutrita forza lavoro straniera presente nel paese e reprime duramente ogni voce di dissenso;

I.   considerando che il numero e la frequenza delle esecuzioni sono motivo di grave preoccupazione; che nel 2014 sono state giustiziate oltre 87 persone, la maggior parte delle quali è stata decapitata pubblicamente; che dall’inizio del 2015 sono state giustiziate almeno 21 persone; che, stando alle notizie, tra il 2007 e il 2012 avrebbero avuto luogo 423 esecuzioni; che la pena di morte può essere imposta per un’ampia serie di reati;

J.   considerando che il Regno dell’Arabia Saudita è un attore politico, economico, culturale e religioso influente in Medio Oriente e nel mondo islamico nonché un fondatore e membro di primo piano del Consiglio di cooperazione del Golfo (CCG) e del G20;

K. considerando che nel novembre 2013 l’Arabia Saudita è stata eletta membro del Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani per un periodo di tre anni;

L. considerando che il cosiddetto Stato islamico e l’Arabia Saudita prevedono punizioni pressoché identiche per una moltitudine di reati, tra cui la pena di morte in caso di blasfemia, omicidio, atti omosessuali, furto o tradimento, la lapidazione a seguito di adulterio e l’amputazione di mani e piedi in caso di banditismo;

M. considerando che l’Arabia Saudita svolge un ruolo di primo piano nel finanziamento, nella diffusione e nella promozione a livello mondiale di un’interpretazione dell’Islam particolarmente estremista; che la visione alquanto settaria dell’Islam è stata fonte di ispirazione per organizzazioni terroristiche quali il cosiddetto Stato islamico e al-Qaeda;

N. considerando che le autorità saudite affermano di essere un partner degli Stati membri dell’Unione, in particolare nel quadro della lotta mondiale al terrorismo; che una nuova legge antiterrorismo, adottata nel gennaio 2014, contiene disposizioni che consentono di interpretare ogni espressione di dissenso o associazione indipendente come un reato di stampo terroristico;

1. condanna con fermezza la fustigazione di Raif Badawi quale atto crudele e scioccante per mano delle autorità saudite; invita le autorità dell’Arabia Saudita a porre fine a ulteriori fustigazioni di Raif Badawi e a procedere al suo rilascio immediato e incondizionato, dal momento che è considerato un prigioniero di coscienza, detenuto e condannato unicamente per aver esercitato il proprio diritto alla libertà di espressione; invita le autorità saudite a provvedere all’annullamento del suo verdetto di colpevolezza e della sua condanna, ivi compreso il divieto di viaggio;

2. sollecita le autorità saudite a garantire che Raif Badawi sia tutelato dalla tortura e da altre forme di maltrattamento, riceva tutte le cure mediche eventualmente necessarie e abbia contatti immediati e regolari con la sua famiglia e gli avvocati di sua scelta;

3. invita le autorità dell’Arabia Saudita a rilasciare senza condizioni l’avvocato di Raif Badawi, nonché tutti i difensori dei diritti umani e gli altri prigionieri di coscienza detenuti e condannati solo per aver esercitato il proprio diritto alla libertà di espressione;

4. condanna fermamente ogni forma di punizione corporale, in quanto trattamento inaccettabile e degradante, lesivo della dignità umana; esprime preoccupazione circa il ricorso alla fustigazione da parte degli Stati e ne chiede con forza l’assoluta abolizione; invita le autorità saudite a rispettare la proibizione della tortura in quanto sancita nello specifico dalla convenzione ONU contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti, firmata e ratificata dall’Arabia Saudita; invita l’Arabia Saudita a firmare il patto internazionale relativo ai diritti civili e politici;

5. pone l’accento sul processo di riforma del sistema giudiziario avviato dall’Arabia Saudita al fine di rafforzare la possibilità di una migliore tutela dei diritti individuali, ma resta seriamente preoccupato per la situazione dei diritti umani in Arabia Saudita, che continua ad essere considerato uno dei paesi più repressivi al mondo; ritiene che il caso di Raif Badawi sia un simbolo dell’attacco alla libertà di espressione e di dissenso pacifico nel paese e, più in generale, delle politiche distintive del Regno dell’Arabia Saudita improntate all’intolleranza e all’interpretazione estremista della legge islamica;

6. esorta le autorità saudite ad abolire il tribulane penale specializzato istituito nel 2008 con l’obiettivo di giudicare i casi di terrorismo, ma sempre più spesso usato per perseguire i dissidenti pacifici con accuse, a quanto pare, di matrice politica nell’ambito di procedimenti che violano il diritto fondamentale a un giusto processo;

7. invita le autorità saudite a consentire l’indipendenza della stampa e dei media e a garantire la libertà di espressione, associazione e riunione pacifica per tutti i cittadini del paese; condanna la repressione degli attivisti e dei dimostranti che manifestano pacificamente; sottolinea che la difesa pacifica dei diritti giuridici fondamentali o la formulazione di osservazioni critiche tramite i social media sono espressioni di un diritto indispensabile;

8. rammenta alla leadership saudita l’impegno di “mantenere i più elevati standard di promozione e tutela dei diritti umani”, assunto nel 2013 in occasione della presentazione della domanda di adesione al Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani, che ha avuto esito positivo;

9. ritiene che l’Arabia Saudita sarebbe un partner più credibile ed efficace nella lotta contro le organizzazioni terroristiche, come il cosiddetto Stato islamico e al Qaeda, se non applicasse pratiche anacronistiche ed estremiste quali decapitazioni pubbliche, lapidazioni e altre forme di tortura analoghe a quelle commesse dall’IS;

10. invita il Servizio europeo per l’azione esterna e la Commissione a sostenere, in modo attivo e creativo, i gruppi della società civile e le persone che difendono i diritti umani in Arabia Saudita, anche organizzando visite nelle carceri, monitorando i processi e rilasciando dichiarazioni pubbliche;

11. incarica la sua delegazione per le relazioni con la penisola arabica di sollevare il caso di Raif Badawi e degli altri prigionieri di coscienza durante la sua prossima visita in Arabia Saudita e di riferire successivamente alla sottocommissione per i diritti dell’uomo;

12. invita l’UE e i suoi Stati membri a riconsiderare il loro rapporto con l’Arabia Saudita in modo tale da garantire il perseguimento dei propri interessi economici, energetici e di sicurezza, senza tuttavia compromettere la credibilità dei suoi principali impegni in materia di diritti umani;

13. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, al Servizio europeo per l’azione esterna, al Segretario generale delle Nazioni Unite, all’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, a Sua Maestà il Re Salman bin Abdulaziz, al governo del Regno dell’Arabia Saudita, nonché al segretario generale del Centro per il dialogo nazionale del Regno dell’Arabia Saudita.

Risoluzione sulla situazione in Ucraina

Il 15 gennaio 2015 il Parlamento ha adottato la proposta di risoluzione comune sulla situazione in Ucraina.

Con i colleghi Helmut Scholz, Miloslav Ransdorf, Kateřina Konečná, Patrick Le Hyaric, Kostas Chrysogonos e Georgios Katrougkalos ho proposto a nome del gruppo GUE/NGL una proposta di risoluzione comune che è decaduta senza essere sottoposta al voto, vista l’adozione della risoluzione comune.

Questo il testo della proposta di risoluzione del GUE/NGL:

PROPOSTA DI RISOLUZIONE12.1.2015

presentata a seguito di una dichiarazione del vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza

a norma dell’articolo 123, paragrafo 2, del regolamento

sulla situazione in Ucraina (2014/2965(RSP))

Helmut Scholz, Miloslav Ransdorf, Barbara Spinelli, Kateřina Konečná, Patrick Le Hyaric, Kostas Chrysogonos, Georgios Katrougkalos a nome del gruppo GUE/NGL

Il Parlamento europeo,–   visto l’articolo 123, paragrafo 2, del suo regolamento,

A.  considerando che le elezioni parlamentari anticipate si sono svolte in un difficile ambiente politico e di sicurezza; che in alcune parti dell’Ucraina non è stato possibile per gli elettori partecipare alle elezioni; che la relazione dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) precisa che sono emerse prove di “casi di intimidazione e ostruzione che hanno influenzato le proprie strategie della campagna elettorale; negli ultimi dieci giorni della campagna, gli osservatori hanno rilevato un marcato aumento della violenza nei confronti dei soggetti interessati alle elezioni, intimidazione e minacce contro candidati e attivisti e casi di mirata distruzione di materiale e uffici della campagna; vi è stata una serie di credibili asserzioni di voto di scambio”; che sono state riportate gravi tensioni presso alcune commissioni elettorali distrettuali all’intorno e all’interno delle quali erano presenti membri armati di un battaglione di volontari; che la “Rete civile OPORA” ucraina e il “Comitato di elettori dell’Ucraina” hanno spesso riportato varie violazioni presso i seggi, come ad esempio “tentativi di consegnare schede senza una verifica dell’identità, presenza di persone non autorizzate presso i seggi, tentativi di voto illegittimo, tentativo di rimuovere la scheda da un seggio, violazione del segreto del voto, fotografie di schede nonché tentativi di depositare schede illegali nell’urna”; che comunque, stando alle conclusioni dell’OSCE, le “elezioni parlamentari anticipate del 26 ottobre hanno segnato un importante passo nelle aspirazioni dell’Ucraina di consolidare le elezioni democratiche in linea con i propri impegni internazionali”;

B.  considerando che il processo politico in Ucraina è dominato dalla guerra civile in corso nelle regioni di Donezk e Lugansk; che i temi dell’unità nazionale, dell’integrità territoriale e della difesa continuano a dominare l’agenda politica; che, d’altro canto, rimangono irrisolti i problemi che hanno portato ai disordini in Ucraina nel 2012, fra cui corruzione, crisi economica e sociale, sfiducia nella politica e disinganno nei confronti del sistema politico dell’Ucraina dovute alla costante influenza politica delle strutture oligarchiche; che non vi è alcun progresso nell’attuazione dell’agenda di riforma; che il fallito avvio da parte del nuovo governo e parlamento della lotta contro la corruzione ha minato la fiducia del popolo ucraino e della comunità internazionale nel processo politico in Ucraina;

C. considerando che l’Ucraina è sull’orlo di un crollo economico e sociale; che il PIL dell’Ucraina si è contratto del 7,5 % da gennaio a novembre 2014 e l’inflazione è balzata al 21 % in novembre; che il rischio di default è in aumento e il paese ha bisogno di 15 miliardi di USD oltre a quanto previsto dagli attuali programmi di sostegno internazionale;

D. considerando che le richieste socioeconomiche del movimento Maidan sono state ampiamente sostituite dall’agenda neoliberale e nazionalistica del nuovo governo; che il bilancio 2015 prevede profondi tagli della spesa sociale con un contemporaneo aumento della spesa per la difesa al 5,2 % del PIL; che questi tagli sono stati decisi in una situazione economica e sociale estremamente difficile; che nei primi nove mesi del 2014 i prezzi sono aumentati del 16,2 %, mentre le tariffe dei servizi sono aumentate del 24,3 % in media; che 1,7 milioni di persone è disoccupato (l’8,4 % della popolazione economicamente attiva) e molte delle persone che lavorano non ricevono lo stipendio; che la situazione dei circa 5,2 milioni di persone che vivono nelle zone di conflitto e post-conflitto è particolarmente difficile a causa del crollo e del caos della infrastruttura economica e dei servizi sociali; che la disponibilità di assistenza sanitaria in queste zone è sempre più limitata;

E.  considerando che le unità paramilitari degli oligarchi e dell’estrema destra non sono state sciolte e continuano le proprie attività violente nel paese; che il ministro dell’interno ucraino, Arsen Avakov, ha offerto loro nuove armi pesanti tra cui carri armati, veicoli corazzati da trasporto truppa, rafforzandone la posizione nella gerarchia militare; che Vadim Troyan, vicecomandante del regimento conservatore Azof e membro attivo dell’organizzazione paramilitare “Patriota dell’Ucraina” è stato nominato dal ministro dell’Interno ucraino capo della polizia di Kiev; che Yuri Mykhalchyshyn, che ha apertamente promosso l’ideologia di Joseph Goebbels, sarà a capo dell’unità propaganda e analisi nel servizio di sicurezza ucraino;

F.     considerando che pace e stabilità a livello europeo e internazionale sono minacciate da crescenti tensioni tra l’UE, l’Ucraina, gli USA e altri paesi occidentali da un canto e la Federazione russa dall’altro; che si sta formando una escalation politica e militare estremamente pericolosa tra l’Occidente e la Russia; che l’anno scorso si sono registrate decine di incursioni militari sensibili tra la Russia e gli Stati membri della NATO, alcune delle quali hanno rischiato di scatenare le ostilità;

G. considerando che il mancato reperimento di una soluzione negoziata reciprocamente accettabile alla crisi ucraina ha avuto gravi conseguenze per l’economia russa; che le sanzioni imposte dagli Stati Uniti e dall’UE stanno aggravando i problemi finanziari ed economici della Russia con il conseguente declino dei prezzi del petrolio e altri problemi per l’economia russa;

H. considerando che, nonostante gli sforzi della comunità internazionale di portare le parti in conflitto al tavolo del negoziato, la guerra nell’Est dell’Ucraina prosegue; che le parti in conflitto evidenziano una mancanza di volontà politica di trovare un compromesso e applicare gli accordi raggiunti;

I. considerando che il parlamento ucraino ha appoggiato una proposta del presidente Poroshenko di cancellare lo status non allineato del paese ad appena alcune ore dall’annuncio di nuovi negoziati sulla soluzione del conflitto militare dell’Est dell’Ucraina; che l’annuncio di un referendum sull’adesione alla NATO dell’Ucraina aggrava ulteriormente le tensioni politiche nelle relazioni del paese con la Russia che percepisce un’eventuale adesione dell’Ucraina alla NATO come una minaccia diretta alla propria sicurezza e all’equilibrio militare strategico tra la Russia e la NATO;

 

1. chiede con urgenza dialogo e negoziati che pongano fine alla guerra in Ucraina e di trovare soluzioni politiche ai problemi che hanno portato alla crisi ucraina; ribadisce il suo invito a salvaguardare l’unità del popolo ucraino e l’integrità territoriale del paese; sostiene fermamente il processo di Minsk ed esorta le parti ad aderire agli accordi già raggiunti e a sviluppare questi accordi in nuovi negoziati per una tabella di marcia più trasparente e chiara con concreti parametri che devono essere soddisfatti da ogni parte negoziale; appoggia il rafforzamento del ruolo dell’OSCE nella soluzione della crisi ucraina;

2. esorta tutte le parti del conflitto nell’Est dell’Ucraina a cessare la violenza; invita gli Stati Uniti, il Canada, gli Stati membri UE e la Russia ad imporre e ad attuare rigorosamente un embargo sulle armi contro tutte le parti del conflitto e chiede il ritiro dall’Ucraina di tutti i consiglieri militari stranieri e del personale militare e paramilitare; esorta vivamente la Federazione russa e l’Ucraina ad esercitare un effettivo controllo del proprio confine al fine di raggiungere una soluzione pacifica del conflitto e cessare le incursioni in Ucraina di personale armato e di attrezzature militari provenienti da qualsiasi altro paese;

3. denuncia l’ampliamento della NATO ai confini della Federazione russa; respinge fermamente i piani del nuovo governo ucraino di chiedere l’adesione alla NATO come elemento aggiuntivo di confronto con la Federazione russa che destabilizzerebbe ulteriormente la regione e il sistema di sicurezza internazionale nel suo insieme;

4. esorta vivamente la Russia, gli Stati Uniti e la NATO a cessare la politica di pressione militare e chiede l’immediato arresto della spirale di escalation militare, di porre fine alle manovre militari e alle azioni provocatorie e di ridurre la presenza militare nelle regioni in conflitto; respinge fermamente lo spiegamento di ulteriori unità e mezzi militari NATO nell’Europa orientale; avverte che la mancata ripresa di un dialogo orientato ai risultati con la Russia potrebbe avere conseguenze pericolose per la pace e la sicurezza in Europa e nel mondo;

5. chiede all’UE di rilanciare un dialogo politico orientato sugli obiettivi con la Russia, al fine di ricostruire la fiducia e trovare soluzioni a tutti i problemi in sospeso e alle questioni controverse; chiede di ripristinare i formati di dialogo esistenti tra l’UE e la Russia prima dell’inizio della crisi ucraina a tutti i livelli delle istituzioni UE; esorta l’UE a porre fine alle politiche sanzionatorie contro la Russia che hanno comportato una guerra commerciale tra due partner strategici con un impatto negativo in particolare sulle PMI, gli agricoltori e i consumatori in Russia, l’UE e i paesi del vicinato orientale dell’UE e che si sono oltretutto dimostrate politicamente inefficienti e controproducenti;

6. chiede di utilizzare il quarantesimo anniversario dell’Atto di Helsinki nel 2015 per confermarne e attuarne appieno norme e principi, ricostruire la fiducia e avviare i negoziati su un efficiente sistema di sicurezza e cooperazione in Europa sulla base della Carta dell’ONU e delle norme OSCE che tenga conto degli interessi di tutti i paesi d’Europa; sottolinea l’urgenza di riprendere e proseguire il controllo delle armi convenzionali e migliorare l’efficacia delle attuali misure di costruzione di fiducia e sicurezza, rafforzare i meccanismi di trasparenza, ammodernarli e ampliarne la portata; chiede l’elaborazione di nuove misure di costruzione della fiducia e della trasparenza, al fine di prevenire lo scoppio di analoghi conflitti in futuro;

7. prende atto dei risultati delle elezioni parlamentari in Ucraina; ribadisce la propria condanna del processo contro il partito comunista che è iniziato durante la campagna elettorale; invita il nuovo parlamento eletto e le autorità competenti ad affrontare le carenze individuate, ad esempio svolgendo efficaci indagini sulle irregolarità identificate dagli osservatori nazionali ed internazionali durante le elezioni, procedendo con le necessarie azioni legali contro i responsabili delle irregolarità durante le elezioni, riformando il sistema elettorale attraverso un miglioramento della rappresentanza regionale, e incrementando l’influenza degli elettori sui propri rappresentanti in Parlamento, grazie all’adozione di un sistema di rappresentanza proporzionale su collegi plurinominali, e ad attuare appieno le raccomandazioni sia dell’OSCE che della Commissione di Venezia, al fine di rafforzare la trasparenza del finanziamento dei partiti politici e delle campagne elettorali, e garantire che la legislazione elettorale sia compatibile con gli standard internazionali;

8. invita il governo ucraino a rivedere la sua politica di austerità al fine di rispondere alle urgenti esigenze sociali della popolazione, in particolare in materia di riscaldamento, forniture energetiche e assistenza sanitaria;

9. invita il governo e la Verkhovna Rada dell’Ucraina a rispondere alle aspettative della popolazione del paese in materia di efficaci e profonde riforme, allo scopo di porre fine all’attuale crisi e portare il paese alla stabilità politica, economica e sociale, tra l’altro attraverso:

•  una ferma eradicazione della corruzione,

•  lo stabilimento dello Stato di diritto;

•  il decentramento e profonde garanzie di partecipazione democratica del popolo nelle regioni a tutti i principali processi decisionali, in particolare nel campo dello sviluppo socioeconomico;

•  il definitivo distacco degli oligarchi dalla politica sotto controllo democratico;

•  il rispetto dei diritti dell’uomo e dei diritti democratici, fra cui i diritti linguistici;

•  lo scioglimento delle unità paramilitari e il ripristino di un rigoroso controllo statale su polizia ed esercito;

•  un immediato controllo parlamentare trasparente, democratico e legale su tutte le forze di sicurezza del paese e il disarmo di tutte le forze paramilitari e delle cosiddette forze di sicurezza private;

10. esorta vivamente l’UE a subordinare all’attuazione di questa agenda di riforma l’ulteriore assistenza economica e finanziaria all’Ucraina;

11. esprime preoccupazione per il fatto che i politici e le autorità ucraine continuano a manifestare una inaccettabile ignoranza del pericolo dell’estrema destra e addirittura di forze apertamente neonaziste, cooperando con loro nelle elezioni e consentendo loro di assumere posizioni all’interno delle forze dell’ordine; sottolinea che consentire a persone con opinioni di estrema destra di controllare posizioni dotate di notevoli risorse di contrasto costituisce un ovvio rischio per la democrazia; esorta vivamente il governo ucraino e le forze politiche democratiche a spezzare tutti i legami con i gruppi e/o le milizie di estrema destra;

12. ribadisce che una politica in materia di vicinato orientale che trascura gli interessi di tutti gli attori, compresa la Russia, ha fallito; sottolinea l’esigenza di rimodellare la politica di vicinato orientale al fine di sviluppare una cooperazione regionale che non escluda nessun paese; invita la Russia a partecipare proattivamente a tale processo e a dimostrare la propria volontà a partecipare a politiche di buon vicinato;

Ed ecco il testo della risoluzione comune adottata dal Parlamento Europeo:

Il Parlamento europeo,
–  viste le risultanze preliminari dell’OSCE/ODIHR sulle elezioni parlamentari anticipate tenutesi in Ucraina il 26 ottobre 2014,

– viste l’8ª relazione dell’Ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani (OHCHR) sulla situazione dei diritti umani in Ucraina, del 15 dicembre 2014, e la relazione n. 22 sulla situazione in Ucraina al 26 dicembre 2014 dell’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari (OCHA),

– viste la firma in data 27 giugno 2014 dell’accordo di associazione UE-Ucraina, che include un accordo di libero scambio globale e approfondito, e la sua ratifica simultanea da parte del Parlamento europeo e della Verkhovna Rada il 16 settembre 2014,

– visti il protocollo di Minsk del 5 settembre 2014 e il memorandum di Minsk del 19 settembre 2014 sull’attuazione del piano di pace in 12 punti,

– viste la relazione dell’ONU del 20 novembre 2014 sulle gravi violazioni dei diritti umani nell’Ucraina orientale e le relazioni dell’Osservatorio dei diritti umani sugli abusi in Crimea,

– vista la dichiarazione congiunta della commissione NATO-Ucraina del 2 dicembre 2014,

– viste le conclusioni del Consiglio europeo sull’Ucraina del 21 marzo 2014, del 27 giugno 2014, del 16 luglio 2014, del 30 agosto 2014 e del 18 dicembre 2014,

– visto l’esito della prima riunione del Consiglio di associazione tra l’UE e l’Ucraina tenutasi il 15 dicembre 2014,

– viste le conclusioni del Consiglio del 17 novembre 2014,

– visto l’articolo 123, paragrafi 2 e 4, del suo regolamento,

A. considerando che il 26 ottobre 2014 l’Ucraina ha tenuto elezioni politiche che sono state condotte in modo efficiente, ordinato e pacifico e nel rispetto generale delle libertà fondamentali, nonostante il conflitto in corso nelle regioni orientali e l’annessione illegale della Crimea da parte della Russia;

B. considerando che il nuovo governo, formato da forze filoeuropee, gode della maggioranza costituzionale necessaria per portare avanti le riforme e ha già adottato un accordo di coalizione che getta le basi per un processo di riforma rigoroso volto a promuovere una maggiore integrazione europea, a modernizzare e sviluppare il paese, a instaurare un’autentica democrazia e lo stato di diritto, nonché a elaborare le modifiche costituzionali proposte dal piano di pace di Porošenko;

C. considerando che le cosiddette “elezioni presidenziali e parlamentari” tenutesi a Donec’k e Luhans’k il 2 novembre 2014 si sono svolte in violazione del diritto ucraino e degli accordi di Minsk e pertanto non possono essere considerate valide; che lo svolgimento di tali elezioni ha avuto un impatto deleterio sul processo di pace e di riconciliazione;

D. considerando che il cessate il fuoco del 5 settembre 2014 è stato violato quotidianamente dai separatisti e dalle forze russe; che dal 9 dicembre 2014, grazie all’iniziativa del presidente Porošenko di promuovere un “regime del silenzio”, il numero delle violazioni si è ridotto drasticamente; che tuttavia i punti principali del memorandum del 19 settembre non sono stati attuati dai separatisti sostenuti dalla Russia; che, stando a fonti attendibili, la Russia continua a sostenere le milizie separatiste attraverso un flusso costante di attrezzature militari, mercenari e unità russe regolari, accompagnate da carri armati, sofisticati sistemi anti-aerei e artiglieria;

E. considerando che il conflitto armato nell’Ucraina orientale ha provocato migliaia di vittime militari e civili, un numero ancora maggiore di feriti e centinaia di migliaia di persone che hanno abbandonato le proprie case, fuggendo prevalentemente in Russia, mentre la situazione nella zona di conflitto è fonte di profonda preoccupazione da un punto di vista sia umanitario che sanitario;

F. considerando che l’annessione illegale della penisola di Crimea costituisce il primo caso in Europa, dopo la seconda guerra mondiale, di incorporazione forzata di parte di un paese in un altro, ed è in violazione del diritto internazionale, ivi compresi la carta delle Nazioni Unite, l’atto finale di Helsinki e il memorandum di Budapest del 1994;

G. considerando che il Consiglio “Affari esteri” dell’UE del 17 novembre 2014 ha preso una decisione di principio su ulteriori sanzioni nei confronti dei leader separatisti;

H. considerando che sussistono violazioni diffuse dei diritti umani sia nelle zone occupate dell’Ucraina orientale che in Crimea, soprattutto ai danni dei tatari di Crimea, tra l’altro mediante intimidazioni e una nuova ondata di sparizioni;

I. che sarebbe auspicabile una più stretta cooperazione tra l’UE e gli Stati Uniti in materia di politiche connesse all’Ucraina;

J. considerando che il 23 dicembre 2014 il parlamento ucraino ha votato a favore della rinuncia dello status di paese non allineato;

1. esprime piena solidarietà all’Ucraina e alla sua popolazione; ribadisce nuovamente il proprio impegno a favore dell’indipendenza, della sovranità, dell’integrità territoriale, dell’inviolabilità delle frontiere e della scelta europea dell’Ucraina;

2. condanna gli atti di terrorismo e il comportamento criminale dei separatisti e di altre forze irregolari in Ucraina orientale;

3. accoglie con favore la valutazione positiva delle elezioni politiche del 26 ottobre 2014, nonostante le difficoltose circostanze sul piano politico e della sicurezza, e il successivo insediamento della nuova Verkhovna Rada; si compiace del forte impegno politico del presidente Porošenko, del primo ministro Jacenjuk e del presidente del parlamento Groysman teso a cooperare e a rafforzare il rigoroso processo di riforma; incoraggia vivamente il nuovo governo e il nuovo parlamento dell’Ucraina ad adottare e attuare senza indugio le tanto necessarie riforme politiche e socioeconomiche al fine di costruire uno Stato democratico e prospero fondato sullo stato di diritto;

4. deplora che, come risultato dell’attuale situazione nel paese, non tutte le parti del territorio e della popolazione dell’Ucraina siano rappresentate nella Verkhovna Rada; ricorda che il governo e il parlamento dell’Ucraina devono garantire la tutela dei diritti e delle esigenze dei cittadini che non hanno rappresentanza nel processo decisionale dello Stato;

5. condanna fermamente la politica aggressiva ed espansionistica della Russia, che costituisce una minaccia per l’unità e l’indipendenza dell’Ucraina e pone una potenziale minaccia per la stessa Unione europea, segnatamente l’annessione illegale della Crimea e la conduzione di una guerra ibrida non dichiarata contro l’Ucraina, ivi compresa una guerra informatica che combina elementi di ciberguerra, uso di forze regolari e irregolari, propaganda, pressioni economiche, ricatto energetico e destabilizzazione diplomatica e politica; sottolinea che queste azioni violano il diritto internazionale e costituiscono una grave minaccia alla situazione della sicurezza in Europa; sottolinea che non vi è giustificazione per l’uso della forza militare in Europa a difesa di cosiddette ragioni storiche e di sicurezza o per la protezione di sedicenti “compatrioti che vivono all’estero”; esorta Mosca a cessare di aggravare la situazione ponendo immediatamente fine al flusso di armi, di mercenari e di soldati in appoggio alle milizie separatiste e a esercitare la sua influenza sui separatisti per persuaderli a partecipare al processo politico;

6. chiede il proseguimento dell’attuale regime di sanzioni imposto dall’UE, in particolare in vista della prossima riunione del Consiglio del marzo 2015, finché la Russia non rispetterà pienamente e soprattutto non metterà in atto gli obblighi assunti a Minsk, ed esorta la Commissione a trovare opportune modalità per rafforzare la solidarietà tra gli Stati membri nel caso in cui la crisi con la Russia dovesse persistere; sottolinea la necessità di adottare una serie chiara di obiettivi di riferimento che, una volta conseguiti, potrebbero evitare l’imposizione di nuove misure restrittive nei confronti della Russia o portare alla sospensione delle misure già adottate, obiettivi di riferimento tra i quali: attuazione del cessate il fuoco, ritiro incondizionato dall’Ucraina di tutte le truppe russe e dei gruppi illegali armati e mercenari appoggiati dalla Russia, lo scambio di tutti i prigionieri, tra cui Nadia Savchenko, e il ripristino del controllo dell’Ucraina sul suo intero territorio, inclusa la Crimea; invita il Consiglio europeo, nell’eventualità di ulteriori azioni russe volte a destabilizzare l’Ucraina, ad adottare misure restrittive aggiuntive e ad ampliarne la portata, includendo il settore nucleare e limitando la capacità degli enti finanziari russi di effettuare transazioni finanziarie internazionali; riconosce che l’UE deve essere pronta a sostenere gli Stati membri confinanti, a cui dovrebbe essere garantito il medesimo livello di sicurezza di tutti gli Stati membri;

7. ritiene che le sanzioni dovrebbero formare parte di un più ampio approccio dell’UE alla Russia e degli sforzi del vicepresidente/alto rappresentante volti a rafforzare il dialogo; ricorda che il solo scopo di queste sanzioni è quello di far sì che il governo russo si impegni a mutare la sua politica attuale e a contribuire in modo significativo a una soluzione pacifica della crisi ucraina; sottolinea che il mantenimento, l’inasprimento o il ritiro delle misure restrittive imposte dall’UE dipenderà dall’atteggiamento della Russia e dalla situazione in Ucraina;

8. sottolinea che i canali politici e diplomatici verso la Russia devono rimanere aperti al fine di consentire soluzioni diplomatiche al conflitto ed è pertanto favorevole a formule del tipo “Ginevra” e “Normandia”, se possono essere conseguiti risultati concreti;

9. sostiene la politica di non riconoscimento dell’annessione illegale della Crimea da parte della Russia e, in questo contesto, prende atto con favore delle ulteriori sanzioni recentemente adottate sugli investimenti, i servizi e gli scambi con la Crimea e Sebastopoli;

10. sottolinea che l’attuazione dell’accordo di associazione/accordo di libero scambio globale e approfondito dovrebbe costituire la tabella di marcia per un’adozione rapida delle necessarie riforme da realizzare con urgenza, nonostante le difficoltà causate dal conflitto in alcune zone delle regioni di Luhans’k e Donec’k; invita il Consiglio e la Commissione a compiere ogni sforzo per assistere l’Ucraina nell’adozione e, soprattutto, nella realizzazione di tali riforme, nell’ottica di gettare le basi per la piena attuazione dell’accordo di associazione UE-Ucraina; si compiace, a tal riguardo, dell’avvio della missione consultiva dell’Unione europea (EUAM); condivide il parere della commissione di Venezia secondo cui, affinché una riforma costituzionale sia coronata da successo, è essenziale che sia preparata in maniera inclusiva, garantendo ampie consultazioni pubbliche;

11. chiede un’assistenza tecnica più rapida e più incisiva da parte del “gruppo di sostegno all’Ucraina” della Commissione, che includa l’individuazione dei settori in cui tale assistenza si rende necessaria per sostenere l’Ucraina nell’elaborazione e nell’attuazione di un programma globale di riforma nonché il ricorso a consulenti delle istituzioni dell’UE e degli Stati membri; invita le autorità ucraine a istituire un ministero o un ufficio per il coordinamento dell’assistenza e per l’integrazione nell’UE nonché un comitato di coordinamento interministeriale di alto livello ai quali sia attribuito il potere di monitorare e sorvegliare efficacemente i progressi verso il ravvicinamento all’UE e le riforme e che siano in grado di preparare e coordinare la loro attuazione;

12. è fermamente convinto che sia necessario attuare con urgenza in Ucraina un ambizioso programma anticorruzione, compresa una politica di tolleranza zero nei confronti della corruzione; invita la dirigenza ucraina a eliminare la corruzione sistematica mediante l’attuazione immediata ed efficace della strategia nazionale contro la corruzione e sottolinea che la lotta contro tale pratica deve divenire una delle principali priorità del nuovo governo; propone, a tal fine, di istituire un Ufficio anticorruzione politicamente indipendente dotato delle competenze e delle risorse sufficienti per consentirgli di contribuire in modo significativo al buon funzionamento delle istituzioni statali; accoglie positivamente la richiesta dell’Ucraina a Interpol e l’emissione di un mandato d’arresto contro l’ex presidente Janukovyč con l’accusa di appropriazione indebita di fondi pubblici; invita gli Stati membri a eseguire il mandato d’arresto di Interpol e ad aiutare a recuperare i beni sottratti indebitamente; plaude alla creazione dell’istituzione del Mediatore per le imprese e invita il governo ucraino a presentare un relativo progetto di legge;

13. ricorda che il 16 luglio 2014 il Consiglio dell’Unione europea ha revocato l’embargo sulle armi all’Ucraina e pertanto non vi sono più obiezioni, né restrizioni giuridiche, che impediscano agli Stati membri di fornire all’Ucraina armi di difesa; ritiene che l’UE debba vagliare soluzioni per sostenere il governo ucraino nel rafforzamento delle sue capacità di difesa e nella protezione delle sue frontiere esterne, sulla base dell’esperienza della trasformazione delle forze armate degli Stati membri dell’UE che erano membri del Patto di Varsavia, in particolare nel quadro di missioni di formazione già effettuate per le forze armate in altre parti del mondo; sostiene l’attuale fornitura di attrezzature non letali;

14. prende atto dell’adozione di una legge che abolisce lo “status di paese non allineato” introdotto nel 2010; pur riconoscendo il diritto dell’Ucraina di operare in libertà le proprie scelte, sostiene la posizione del presidente Porošenko, secondo cui ora l’Ucraina ha urgente bisogno di concentrarsi sulle riforme politiche, economiche e sociali, e l’adesione alla NATO è una questione che dovrebbe essere sottoposta al giudizio dei cittadini in un referendum panucraino da tenersi in una fase successiva; sottolinea che la questione di una più stretta relazione dell’Ucraina con l’UE è distinta dalla questione dell’adesione alla NATO;

15. sottolinea l’importanza di un impegno della comunità internazionale a sostegno della stabilizzazione politica ed economica e delle riforme in Ucraina; invita la Commissione e gli Stati membri a elaborare un importante piano di assistenza per l’Ucraina basato sul principio “più progressi, più aiuti” e sulla condizionalità e a intensificare gli sforzi per fornire assistenza all’Ucraina organizzando, tra l’altro, una conferenza dei donatori e degli investitori e cooperando con le istituzioni finanziarie internazionali per definire ulteriori passi ai fini della ripresa economica e finanziaria del paese; accoglie con favore il pacchetto di sostegno di 11 miliardi di euro destinato all’Ucraina da erogare nei prossimi anni nonché la proposta della Commissione di destinare all’Ucraina 1,8 miliardi di euro aggiuntivi sotto forma di prestiti a medio termine;

16. ribadisce, in tale contesto, che l’accordo di associazione non costituisce l’obiettivo finale delle relazioni UE-Ucraina; sottolinea inoltre che, a norma dell’articolo 49 TUE, l’Ucraina, come qualsiasi altro Stato europeo, ha una prospettiva europea e può domandare di diventare membro dell’Unione europea, purché si attenga ai criteri di Copenaghen e ai principi democratici, rispetti le libertà fondamentali e i diritti umani e delle minoranze e garantisca lo Stato di diritto; esorta gli Stati membri dell’UE a ratificare l’accordo di associazione prima del vertice di Riga;

17. sottolinea l’importanza della sicurezza energetica in Ucraina e sottolinea la necessità di riforme nel settore energetico ucraino, in linea con i suoi impegni nel quadro della Comunità dell’energia; accoglie positivamente l’accordo tra l’UE, la Russia e l’Ucraina sul pacchetto “inverno” al fine di garantire la fornitura di gas dalla Russia fino al marzo 2015 e la solidarietà dimostrata dall’UE, nonché le accresciute quantità di gas che entrano in Ucraina attraverso flussi inversi dagli Stati membri dell’UE;

18. evidenzia la necessità di accrescere in modo radicale la sicurezza e l’indipendenza energetiche dell’Unione e la sua capacità di resistere alle pressioni esterne, nonché di ridurre la sua dipendenza dalla Russia, mettendo in atto nel contempo soluzioni alternative concrete per aiutare gli Stati membri che attualmente si avvalgono della Russia come unico fornitore; invita l’UE a perseguire un’autentica politica energetica esterna comune e ad adoperarsi per la creazione di un’Unione europea dell’energia; incoraggia la piena attuazione del mercato comune interno dell’energia, compreso il terzo pacchetto per l’energia, e il proseguimento incondizionato della causa pendente contro Gazprom;

19. sottolinea che occorre attribuire la priorità a progetti relativi a gasdotti che diversifichino la fornitura energetica verso l’UE e pertanto accoglie con favore l’interruzione del progetto South Stream; invita la Comunità europea dell’energia a sviluppare un programma di cooperazione con l’Ucraina e con i paesi del Caucaso meridionale, dell’Asia centrale, del Medio Oriente e del Mediterraneo, con l’obiettivo di sviluppare le infrastrutture e l’interconnessione tra l’UE e i suoi vicini europei indipendentemente dalla geopolitica russa in materia di gas; riconosce che la fornitura stabile di gas all’Ucraina è fondamentale anche per garantire la sicurezza energetica degli Stati membri;

20. sottolinea la necessità che l’UE, insieme alle autorità ucraine, presti maggiore attenzione alla crisi umanitaria in Ucraina e in Crimea e faccia fronte alla catastrofica situazione umanitaria, in particolare alla condizione degli sfollati interni; invita la Commissione e il commissario per gli aiuti umanitari e la gestione delle crisi a preparare un’azione umanitaria decisa e diretta, attesa ormai da tempo, escludendo le organizzazioni intermediarie, sotto forma di “convogli blu” chiaramente contrassegnati come provenienti dall’UE; invita la Commissione a presentare tale piano d’azione al Parlamento europeo entro i prossimi due mesi; sottolinea la necessità di un’ulteriore assistenza finanziaria per l’Ucraina da parte dell’UE e dei suoi Stati membri per aiutare il paese ad affrontare la disastrosa crisi umanitaria; fa eco all’allarme lanciato dall’OMS, che segnala come l’Ucraina si trovi a fronteggiare un’emergenza sanitaria, con ospedali che non funzionano pienamente e scarsità di medicinali e vaccini, e chiede che venga prestata una maggiore e più efficace assistenza umanitaria agli sfollati interni, in particolare ai bambini e agli anziani, e che il Comitato internazionale della Croce Rossa (CICR) abbia un accesso libero e senza restrizioni alle zone interessate dal conflitto; accoglie con favore l’entrata in vigore della tanto attesa legge sugli sfollati interni nonché la decisione di ricorrere a esperti dell’UE attraverso il meccanismo di protezione civile dell’UE per fornire consulenza alle autorità ucraine sulle problematiche attinenti agli sfollati;

21. chiede ulteriori aiuti umanitari e assistenza per le popolazioni colpite dal conflitto; ricorda che la fornitura di aiuti umanitari all’Ucraina orientale deve avvenire nell’assoluto rispetto del diritto internazionale umanitario e dei principi di umanità, neutralità, imparzialità e indipendenza, nonché in stretto coordinamento con il governo ucraino, le Nazioni Unite e il CICR; invita la Russia a consentire l’ispezione internazionale dei convogli umanitari diretti nel Donbas al fine di fugare i dubbi circa i carichi trasportati;

22. sottolinea che l’OSCE ha un ruolo cruciale da svolgere ai fini della risoluzione della crisi ucraina in ragione della sua esperienza nell’affrontare i conflitti armati e le crisi e in quanto sia la Federazione russa che l’Ucraina sono membri dell’organizzazione; si rammarica che la missione di monitoraggio speciale dell’OSCE continui a essere sotto organico e abbia pertanto un rendimento inferiore alle aspettative; invita gli Stati membri, il vicepresidente/alto rappresentante e la Commissione a compiere ulteriori sforzi per rafforzare la missione speciale di monitoraggio dell’OSCE in Ucraina in termini di personale e di attrezzature; ritiene che l’UE debba inviare, se richiesto dalle autorità ucraine, una missione di monitoraggio dell’UE per contribuire a un efficace controllo e monitoraggio del confine russo-ucraino;

23. invita il vicepresidente/alto rappresentante e il commissario per la politica europea di vicinato e i negoziati di allargamento a fare tutto quanto in loro potere per facilitare una soluzione politica alla crisi ucraina che venga rispettata da tutte le parti coinvolte; sottolinea che tale soluzione deve evitare uno scenario di conflitto congelato nell’Ucraina orientale e in Crimea; invita il vicepresidente/alto rappresentante a tracciare un approccio che combini una posizione basata su principi e rigore per quanto riguarda la sovranità dell’Ucraina e la sua integrità territoriale e i principi del diritto internazionale, con la ricerca di una soluzione negoziata della crisi nell’Ucraina orientale e in Crimea; ribadisce che l’unità e la coesione tra gli Stati membri dell’UE costituiscono un presupposto per il successo di qualsiasi strategia dell’UE nei confronti della Russia; invita in tale contesto i governi degli Stati membri ad astenersi da azioni unilaterali e dalla retorica e a intensificare gli sforzi per sviluppare una posizione comune europea nei confronti della Russia;

24. chiede la ripresa di un dialogo nazionale autentico e inclusivo che possa anche condurre a una soluzione per il pagamento delle indennità e delle pensioni sociali e per la fornitura di assistenza umanitaria da parte del governo ucraino alla popolazione nelle zone in conflitto; ritiene che rivesta cruciale importanza lo svolgimento di indagini imparziali ed efficaci in merito a tutti i principali momenti di violenza, compresi quelli verificatisi in piazza Maidan, in via Rymarska, a Odessa, a Mariupol, a Sloviansk e a Ilovaisk; ritiene che le organizzazioni della società civile possano svolgere un ruolo importante nel facilitare i contatti interpersonali e la comprensione reciproca in Ucraina, nonché nel promuovere il cambiamento democratico e il rispetto dei diritti umani; sollecita l’Unione europea a intensificare il suo sostegno alla società civile;

25. accoglie con favore la decisione del governo francese di bloccare la consegna delle portaelicotteri di classe Mistral e invita tutti gli Stati membri a seguire un approccio analogo in merito alle esportazioni non coperte dalle decisioni dell’UE in materia di sanzioni, in particolare per quanto riguarda le armi e i materiali a duplice uso;

26. invita la Commissione e il commissario per la politica europea di vicinato e i negoziati di allargamento a preparare e presentare al Parlamento europeo, entro due mesi, una strategia di comunicazione rivolta all’UE, ai suoi vicini orientali e alla Russia stessa per rispondere alla campagna di propaganda russa, nonché a sviluppare strumenti che consentano all’UE e ai suoi Stati membri di far fronte alla campagna di propaganda a livello europeo e nazionale;

27. riafferma il proprio sostegno ai fini di un’inchiesta internazionale sulle circostanze del tragico abbattimento del volo MH17 delle Malaysia Airlines e ribadisce il proprio appello affinché i responsabili siano assicurati alla giustizia; deplora gli ostacoli incontrati in questo processo ed esorta tutte le parti a dare prova di un’effettiva volontà di collaborare, a garantire un accesso continuo, sicuro e senza restrizioni alla zona del disastro del volo MH17 e a consentire l’accesso a tutte le altre risorse pertinenti che possono contribuire alle indagini; esprime l’auspicio di essere tenuto informato sullo stato di avanzamento di questa inchiesta;

28. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, agli Stati membri, al Presidente dell’Ucraina, ai governi e ai parlamenti dei paesi del partenariato orientale e della Federazione russa, all’Assemblea parlamentare Euronest e alle assemblee parlamentari del Consiglio d’Europa e dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa.