di Barbara Spinelli, «Il Fatto Quotidiano», 23 giugno 2024
Se l’estrema destra uscirà vincente dalle elezioni legislative in Francia, nei turni del 30 giugno e 7 luglio, sarà perché il presidente Macron le ha aperto i cancelli del potere, concentrando tutti i suoi attacchi contro i due opposti estremismi, ma riservando speciale perfidia e le invettive più incandescenti alla sinistra radicale di Jean-Luc Mélenchon, alleato con Socialisti e Ecologisti nel Nuovo Fronte Popolare.
Al centro della requisitoria presidenziale, l’accusa/insinuazione che può distruggere le carriere politiche, che pietrifica le conversazioni civili, che ti mette all’angolo trasformandoti in paria: l’accusa di antisemitismo. L’antisemitismo è la Lettera Scarlatta che viene incollata sulle vesti di chiunque, oggi, denunci la guerra contro i civili condotta da Israele e faccia risalire al lungo soggiogamento dei Palestinesi a Gaza e in Cisgiordania la furia omicida di Hamas del 7 ottobre 2023.
Macron non poteva non sapere, quando ha temerariamente sciolto il Parlamento subito dopo le elezioni europee, che i candidati dell’estrema destra di Marine Le Pen e dell’aspirante Premier Jordan Bardella avrebbero fatto propria l’accusa, che l’antisemitismo sarebbe diventato il fulcro della loro campagna. Non poteva non sapere che quasi l’unanimità dei giornali mainstream, e praticamente tutti i canali televisivi, avrebbero minimizzato la pulizia etnica che il governo israeliano sta conducendo a Gaza, e si sarebbero uniti al coro: c’è del marcio a sinistra nel Fronte Popolare – questa l’insinuazione ricorrente – c’è l’odio dell’ebreo nella Francia Indomita ovvero France Insoumise di Mélenchon, che da mesi manifesta contro gli stermini di Palestinesi a Gaza e le violenze dei coloni in Cisgiordania. Mai si sospetta che l’antisemitismo, se cresce in Francia, abbia qualche rapporto con le politiche d’Israele.
La France Insoumise è anche tacciata di putinismo, sull’Ucraina: ma questo secondo peccato appare d’un tratto minore, forse perché condiviso con Le Pen. Ambedue le accuse non corrispondono al vero, ma la menzogna come sempre ha gambe più forti per correre.
Il fenomeno oltrepassa i confini francesi, e non è nuovo. Una campagna simile è in corso negli Stati Uniti, alla vigilia delle presidenziali, e vede i candidati di Trump sostenuti contro i democratici da massicci aiuti finanziari della principale lobby pro-israeliana, la potentissima AIPAC: più di 14 milioni di dollari nelle sole primarie di New York, per far fuori il candidato democratico di sinistra. Il marchio di antisemitismo inabissò anni fa Jeremy Corbyn, eletto leader del partito laburista inglese nel 2015, espulso dal partito a seguito di una campagna denigratoria condotta dall’ala conservatrice del partito, oggi rappresentata da Keith Starmer. Corbyn, al pari della France Insoumise di Mélenchon, aveva messo fine alla Terza Via di Tony Blair combattendo le guerre occidentali in Siria, la nuova guerra fredda con Mosca, l’espansionismo a Est della Nato che ha originato la reazione violenta di Mosca. La Terza Via incarnata da Keith Starmer festeggiò il proprio ritorno liquidando la corrente di sinistra. Quel che Starmer dimentica è che se si prepara a vincere contro i Conservatori, è perché Corbyn nel 2015 salvò il Labour dal tracollo.
Tra gli sponsor occulti del Rassemblement National di Marine Le Pen e Bardella c’è il governo israeliano, e non è una sorpresa. Netanyahu intesse da tempo una vasta rete di amicizie e complicità con le destre islamofobe, illiberali e pro-Israele, in Usa come in Europa (Centro Europa in testa, dove corteggia perfino formazioni neonaziste). La sconfitta della sinistra in Francia è auspicata a Tel Aviv.
Nell’immediato, la Lettera Scarlatta che serve a marchiare d’infamia una parte del Fronte Popolare è una manna per la destra estrema, che astutamente mescola la prudenza sull’economia con frasari infuocati pro Israele e contro l’“islamo-gauchismo”. Non è detto che la manna sarà totale, perché la determinazione con cui le sinistre si sono unite ha stupito positivamente molti francesi e ha spiazzato Macron. La coalizione centrista del Presidente mette in guardia contro i due “opposti estremismi”, ma è più condiscendente verso il partito di Le Pen: su immigrazione, sicurezza interna, difesa. Le promesse economiche del Fronte Popolare costerebbero 300 miliardi di euro contro i 100 di quello delle destre: la sua agenda, deduce Macron, “è peggiore” di quella di Bardella.
Quanto all’immigrazione, Macron da tempo si allinea alle destre estreme: il 16 giugno è uscito allo scoperto definendo “totalmente immigrazionista” il programma delle sinistre. L’aggettivo “immigrazionista” figura nel vocabolario di Marine Le Pen dagli anni Novanta. Il Presidente giunge fino a accusare le sinistre di sostenere “cose completamente deliranti (ubuesques – da Ubu Re di Alfred Jarry, ndr), come andare al municipio per cambiare di sesso”. È chiaro che il Presidente preferisce coabitare con l’estrema destra, senza dimettersi. Ha precipitato le legislative lasciando ai contendenti solo tre settimane, per decidere su programmi e alleati. E forse l’ha fatto per capriccio forse per calcolo: puntando sulle forze lepeniste pensa magari di logorarle prima delle presidenziali del 2027. Bardella ha subito replicato annunciando di voler governare solo se otterrà la maggioranza assoluta.
Per il partito socialista che ha creato con Mélenchon il Fronte Popolare per impedire l’avvento dell’estrema destra, la diatriba sull’antisemitismo è nell’immediato una maledizione. Non lo è tuttavia nel lungo termine, per tutti i socialisti che a partire dell’ottobre 2023, e nella campagna per le elezioni europee, hanno scelto come bersaglio la sinistra radicale. Il capofila di questa linea è Raphael Glucksmann, capolista non socialista dei socialisti alle Europee, fautore di un’economia di guerra per debellare Putin, di un aiuto all’Ucraina con tutti i fondi russi congelati in Europa (non solo coi proventi), dello sgombero delle università occupate da filo-Palestinesi.
Subito dopo le Europee, Glucksmann è stato preso in contropiede dall’immediata riconciliazione delle sinistre e dopo aver cercato d’impedirla si è associato, temendo l’emarginazione. Non smette tuttavia di ricordare quel che lo divide da Mélenchon, e di attaccare l’antisemitismo di destra e sinistra. Nei prossimi tre anni, se la sinistra unita sarà sconfitta, apparirà come un ricorso per i socialisti che hanno vissuto passivamente, con vergogna imbarazzata, la Lettera Scarlatta dell’antisemitismo. La sua battaglia contro Mélenchon ha dato frutti nelle europee. Potrebbe darne anche nelle presidenziali del 2027.
I sondaggi prevedono per ora che né l’estrema destra né le sinistre otterranno la maggioranza assoluta. E constatano l’indebolirsi ulteriore del centro, tanto diffusa è l’esecrazione del Presidente anche tra i centristi. In tal caso Macron avrà aperto i cancelli del potere non a questo o quel partito, ma al caos e alla più grave paralisi istituzionale nella storia della Quinta Repubblica.
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