Anatomia mancata del tracollo Pd

di Barbara Spinelli, «Il Fatto Quotidiano», 1° giugno 2023

È vero quel che dice Elly Schlein sulla disfatta del centro-sinistra alle elezioni amministrative: “Non si cambia il Pd in due mesi, il cambiamento non passa mai da singole persone. C’è molto da fare a sinistra. È un lavoro di squadra”.

Ma ci sono verità che se le ripeti si trasformano in manovre di escamotage. La squadra del cambiamento non c’è e il giglio magico di Schlein si limita a inveire contro Meloni, offre slogan e non idee proprie. E poi il cambiamento è spesso fatto da singole persone, lo sappiamo.

Quel che drammaticamente manca è l’analisi più che l’ammissione passiva-aggressiva della sconfitta, e lo sguardo autocritico sulla progressiva metamorfosi di un Pd che per 15 anni – sotto la guida di Veltroni, D’Alema, Renzi, Letta – ha rinunciato all’identità e al radicamento dell’ex Pci e dei cattolici di sinistra, nell’ansia di saltare l’era Brandt e apparire forza centrista, ligia all’Europa dell’austerità e alla scelta atlantica di riaccendere la guerra fredda contro l’Asse del Male impersonato da Putin aggressore in Ucraina e in prospettiva da Pechino. Per questo è ex sinistra e non sinistra. Al Parlamento europeo l’ex sinistra sposa le tesi del centro-destra: su Ucraina e sull’aumento degli aiuti militari, anche se finanziati spudoratamente con i soldi del Pnrr. Si dissocia ogni tanto qualche europarlamentare Pd, fin qui mai appoggiato dalla propria direzione. Fuori tempo massimo, ieri Schlein si è detta contraria non all’invio di armi, ma all’uso a scopi militari del Pnrr. Si vedrà oggi se gli europarlamentari Pd seguiranno la troppo tardiva direttiva Schlein, quando si voterà su Ucraina e Pnrr.

Giuseppe Conte queste cose le sa, e giustamente preferisce per ora separare il suo Movimento dal Pd, per meglio affrontare le elezioni europee del 2024 dove si vota con il proporzionale. Nel Parlamento europeo i 5 Stelle hanno idee spesso diverse dai socialisti, votano contro risoluzioni e direttive che rinfocolano una guerra fredda che rischia anche nel Kosovo di sfociare in conflitto per procura. Sono più esigenti dei socialisti anche sull’austerità economica, che l’Ue potrebbe reimporre dopo il Covid.

Ma anche per i 5 Stelle son giorni amari. Ogni volta che c’è un’elezione locale, i commentatori ripetono la stessa litania, peraltro corretta: il Movimento non ha radici, non ha classi dirigenti che curino i territori. Tra i motivi per cui non le ha, spicca il dogma del limite ai due mandati: un tabù. Impossibile in queste condizioni – dettate da Grillo – far nascere classi dirigenti affidabili perché durature. Il limite dei due mandati, l’appoggio al governo Draghi scambiato dal fondatore per un compagno grillino: questa l’eredità da cui Conte pur volendo non riesce ancora a emanciparsi.

Ma il punto cruciale è il disastro mentale che Pd e Conte non sanno sanare. È l’idea, ricorrente nei commenti di Schlein, che tutto quel che accade – disfatta a sinistra, smantellamento del welfare, impotenza sul clima – sia ascrivibile a una legge naturale ineludibile e non sia opera dell’uomo, politico o economico che sia. Ha detto la segretaria del Pd, credendo di spiegare l’esito del voto: “La sconfitta è netta, il vento a favore delle destre è ancora forte. È evidente che da soli non si vince”.

È significativo che pochi giorni prima Achille Occhetto, massimo sostenitore di Schlein, avesse proferito parole inaudite ma non dissimili sull’alluvione in Romagna: “È stato il Signore che ha creato la terra che da tempo vedeva questi ragazzi che con la vernice lanciavano allarmi ma erano inascoltati. E allora il Signore ha detto: ‘Ci penso io a fare capire chi non vi ascolta’. E ha fatto come quando mandò l’invasione delle cavallette: in tre giorni ha inviato la pioggia di sei mesi”.

Se è stato il Vento, se è stato Dio, non esistono macchie nelle scelte del Pd che Schlein pretende riportare a sinistra, non ci sono responsabilità da assumere: comprese le sue responsabilità di vicepresidente dell’Emilia-Romagna incaricata del Patto per il Clima e del Welfare (quindi della cura del territorio, del dissesto idrogeologico legato alla cementificazione della Romagna, dei soldi non spesi per la manutenzione dei fiumi).

Nessuna differenza dall’ideologia di Meloni, che esalta patria e famiglia considerandole costitutive di quella che chiama “società naturale”. Analogamente al Pd che evoca i Venti e Dio, Meloni ha evocato la Natura, il 30 maggio in un convegno organizzato da Marcello Pera, noto per esser stato già nel 2005 fiero avversario di un’Italia e un’Europa “meticcia”, vittima – si dice oggi – di sostituzioni etniche: “Ho sempre pensato – così Meloni – che tanto la Nazione quanto la Patria fossero società naturali, cioè qualcosa che è naturalmente nel cuore degli uomini […] e prescinde da ogni convenzione. Esattamente com’è una società naturale la famiglia”. Una società naturale non si cambia.

Insensato lamentare l’assenza di “venti di sinistra”. È l’idea del vento e di Dio che punisce i romagnoli che è perversa, o diabolica visto che la teologia politica ci sommerge. La società naturale che “prescinde da ogni convenzione” – Costituzione, leggi internazionali – accantona la società politica e storica. Esclude la responsabilità dei politici, e a sinistra imbavaglia la ricerca di un’identità miseramente abbandonata da quando il Pd abbracciò la Terza Via, screditata dall’austerità e da rovinose guerre di regime change: la via di Blair, Schröder, Clinton, Obama, che sciaguratamente affonda la socialdemocrazia e la distensione di Willy Brandt. Un triste salto della quaglia, nella storia dell’ex Pci. Due Dèi, quello biblico ed Eolo Dio dei Venti, sono alla guida di un’Italia senz’alcuna sovranità se non quella detta “valoriale”. A patire le giuste punizioni divine sono i cittadini che ora hanno le scarpe nel fango.

I cittadini castigati si aggiungeranno ai milioni che non votano più, e che già sono una maggioranza. A loro converrebbe rivolgersi, non limitandosi a inveire contro Meloni ma osando un’anatomia del tracollo. L’ennesimo appello al “campo largo” di sinistra è inane se Schlein si paralizza davanti al Terzo Polo, questo grumo scomposto che s’ostina a imitare Macron, il distruttore dei socialisti. Macron in Francia naufraga, e sta mimetizzandosi con discorsi sempre più retrogradi sulla “de-civilizzazione” delle proteste sociali.

Pericolosa è l’idea di una società naturale governata da Dèi, che d’un tratto accomuna i nostri partiti. Conferma che l’escamotage e la fuga dalla realtà sono sintomi della sovranità limitata cui l’Italia si sente ed è condannata dal dopoguerra: limitazione bene evocata nel 2019 da Carlo Galli (Mulino) e oggi da Luciano Canfora (Laterza). Sui temi che contano di più – guerra, invio di armi, fisco che favorisce evasori, precariato – il principale partito di opposizione dice poco o niente.

E certo Schlein è appena arrivata, bisogna darle tempo, già così viene considerata un’estremista. Ma se arriva per dire che le “scelte già prese” sono intoccabili (è quanto ha affermato il 19 aprile sul termovalorizzatore a Roma) non si vede per far che sia arrivata. Se il Pd parla di Venti e di Dio aderendo di fatto alla “società naturale” di Meloni e all’austerità da anni presentata dall’establishment come legge naturale, allora decisamente Godot non è arrivato, nonostante tante sempre più fioche attese.

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Appello di Barbara Spinelli ed Elly Schlein per l’immediata sospensione del rimpatrio di venti ragazze nigeriane

COMUNICATO STAMPA

Disapproviamo con forza quanto sta avvenendo in queste ore nel Cie di Ponte Galeria a Roma. Trenta giovani donne nigeriane stanno per essere rimpatriate in un Paese che non corrisponde a nessuno dei canoni di sicurezza stabiliti dalle convenzioni internazionali, considerato insicuro anche dal sito della Farnesina, in disaccordo con quello del Viminale. Gli avvocati non sono stati ammessi ai colloqui con le ragazze. Le associazioni che hanno normalmente accesso al Cie non sono state messe nelle condizioni di appurare se le ragazze facciano parte del gruppo delle sessantasei nigeriane vittime di tratta rinchiuse da un mese e mezzo nel centro, per le quali nei giorni scorsi si è mobilitato anche il sindaco Ignazio Marino – tutte con visibili segni di violenza e alcune di ustione. Secondo gli attivisti che presidiano il Cie, le trenta nigeriane sono da poco state caricate su un pullmino diretto all’aeroporto di Fiumicino. Un provvedimento di rimpatrio metterebbe a serio rischio la vita delle ragazze, pienamente da considerare soggetti vulnerabili, tutelate dagli articoli 11 e 12 della Direttiva 2011/36/UE e gli articoli 20 e 21 della Direttiva 2011/95/UE, alle quali non è stata nemmeno data la possibilità di avvalersi delle misure sospensive previste dall’articolo 39 CEDU. Ci uniamo alla Campagna LasciateCIEntrare e alle tante organizzazioni e associazioni mobilitate in loro difesa per denunciare gli accordi con la Nigeria e i voli congiunti di Frontex, e chiedere l’immediata sospensione del provvedimento.