Risoluzione sulla Carta dei diritti fondamentali UE

Strasburgo, 11 febbraio 2019. Intervento di Barbara Spinelli nel corso della sessione plenaria del Parlamento europeo.  

Punto in agenda:

  • Discussione congiunta – Attuazione di disposizioni del trattato

Presenti al dibattito:

  • Frans Timmermans – Primo vicepresidente della Commissione europea e Commissario europeo per la migliore legislazione, le relazioni interistituzionali, lo stato di diritto e la carta dei diritti fondamentali

Barbara Spinelli è intervenuta in qualità di Relatore, per il Parlamento europeo, della Relazione sull’attuazione della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea nel quadro istituzionale dell’UE.

Intervento di Apertura – Presentazione del Relatore

Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei spiegare quali sono stati gli obiettivi di fondo che ho perseguito, nel lungo lavoro sulla relazione riguardante l’attuazione della Carta dei diritti fondamentali.

C’è un punto sul quale ho insistito in modo particolare ed è che l’Unione non deve avere un atteggiamento passivo verso i diritti sanciti dalla Carta: non deve limitarsi a scongiurare eventuali violazioni di tali diritti, ma deve adoperarsi attivamente per la loro promozione e il loro sistematico e preliminare accorpamento in tutti i provvedimenti e le decisioni adottati dall’Unione. Non si tratta solo di un obbligo discendente dal diritto internazionale dei diritti umani, ma di un dovere espressamente sancito nella Carta stessa.

La Carta ha certamente rappresentato un punto di svolta nell’integrazione europea, ma la sua adozione non può e non deve essere considerata come traguardo finale: la natura della Carta è evolutiva, influenzata dalle leggi internazionali e dalla giurisprudenza delle Corti europee. È la piena concretizzazione dei diritti in essa sanciti l’obiettivo cui bisogna ambire costantemente.

Non dico questo a caso. Lo dico partendo dalla convinzione che la crisi dell’Unione è troppo vasta, e il divario creatosi fra cittadini e istituzioni europee troppo profondo, perché non si faccia il punto della situazione partendo proprio dai cittadini, dal loro malcontento, dalla loro sensazione di essere ignorati nei loro diritti. In molte politiche europee, i diritti elencati nella Carta non hanno lo spazio che viene formalmente garantito loro dalla legge europea oltre che dalla giurisprudenza della Corte di giustizia. Spesso sono addirittura ignorati, soprattutto quando sono in gioco i diritti sociali e il rapporto fra questi ultimi e le esigenze legate alla competitività nel mercato unico. Sono ignorati anche i diritti di chi, non importa se irregolarmente o regolarmente, entra e risiede nel territorio dell’Unione e dunque è parte del nostro sistema giuridico. Di qui il mio appello a porre in essere sistematiche valutazioni di impatto sui diritti, preliminari ed ex post, ogni volta che vengono adottate politiche in aree cruciali come le politiche di stabilità economica – specie nell’eurozona – le politiche commerciali e gli accordi con Paesi terzi firmati dall’Unione, la politica migratoria. Questioni in parte già presenti nella relazione ma che ripropongo in alcuni emendamenti per la plenaria, tanto sulla cosiddetta governance economica quanto sui rifugiati e migranti, il cui diritto al non-refoulement siamo chiamati a rispettare per legge.

L’obiettivo di questo testo è di chiarire il ruolo della Carta, mettendo in luce le difficoltà che continuano a sorgere nella sua attuazione piena. Lo stress test è uno strumento usato per sondare la tenuta delle banche. Dovremmo cominciare a usare test analoghi anche per la tenuta dei diritti fondamentali. Il mio intento è fornire spunti e proposte che non dovrebbero essere controversi, e che possano consolidare la promessa solenne fatta ai nostri cittadini con l’adozione della Carta quale fondamento normativo dell’Unione e indispensabile complemento dei trattati: la promessa di costruire una comunità fondata sul rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e dei diritti umani.

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Intervento di chiusura a conclusione del dibattito – Replica del Relatore

Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei concludere insistendo sulla crisi dell’ultimo decennio. Essa ha accentuato poteri di indirizzo e controllo della Commissione che in molti Stati membri non sono sempre ritenuti legittimi e democratici. Si tratta di restituirle questa legittimità, molto fragile senza un più sistematico riferimento alla Carta.

Il Commissario Malmström ha detto una volta che, nel negoziare il TTIP, l’esecutivo europeo non poteva tener conto delle obiezioni provenienti dalla società civile. Disse: “Non ho ricevuto un mandato dal popolo europeo”. Ovvio che in questo modo le istituzioni UE appaiano lontane, ostili ai movimenti dal basso.

Alla sfida del sovranismo occorre rispondere con una sovranità che sia condivisa, sì, ma fondata sulle esigenze dei vari popoli di veder rispettati i propri diritti sociali e civili. Se non ne teniamo conto, se creiamo a uso elettorale una contrapposizione fra sovranisti ed europeisti, per forza cadremo nel linguaggio non più politico ma teologico in cui è caduto Donald Tusk, secondo cui ci sarebbe uno speciale posto all’inferno per chi in Gran Bretagna negozia male l’uscita dall’Unione. Dimenticheremo che al centro della questione Brexit ci sono i diritti e la legge primaria europea, come spiegato molto bene dalla collega Julie Ward (gruppo S&D), non una specie di giudizio universale realizzato nella storia, e prima del tempo.

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In data 12 febbraio 2019 il Parlamento europeo ha approvato la Risoluzione sull’attuazione della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea nel quadro istituzionale dell’UE, Relatore Barbara Spinelli (GUE/NGL).  

La Relazione è stata adottata con 349 voti a favore, 157 voti contrari e 170 astensioni.

A seguito del voto Barbara Spinelli ha dichiarato:

«Con l’adozione di questa Relazione il Parlamento europeo ha formalmente riconosciuto la necessità di attribuire maggiore centralità alla Carta dei diritti fondamentali nel processo politico e decisionale dell’Unione e di permettere ai diritti sociali in essa iscritti di uscire dall’ombra, conferendo loro una legittimazione rafforzata.  Mi rammarico tuttavia del fatto che la maggioranza dei gruppi politici, compreso purtroppo il gruppo socialista, non abbia colto appieno questa opportunità per trasmettere un messaggio ancora più forte e incontrovertibile, e abbia deciso di bocciare la maggior parte degli emendamenti presentati congiuntamente dal mio Gruppo politico e dai Verdi/ALE: emendamenti volti tanto a riaffermare gli obblighi positivi discendenti dalla Carta di promozione attiva dei diritti e dei principi in essa contenuti, quanto a estendere il suo ambito di operatività, a sottolineare con maggiore incisività il ruolo che la Carta dovrebbe avere nella governance economica e nella politica migratoria, così come il ruolo dei diritti umani nella politica commerciale, e a rafforzare gli strumenti intesi a garantirne l’osservanza».

Allegati:

Risoluzione del Parlamento europeo del 12 febbraio 2019 sull’attuazione della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea nel quadro istituzionale dell’UE (2017/2089(INI))

Emendamenti 003-007

Emendamenti 008-017

Il Manifesto di Ventotene e la crisi dell’Unione

Ventotene, 27 agosto 2016 – Incontro tra Laura Boldrini, Presidente della Camera, con i Presidenti di Parlamento firmatari della dichiarazione ‘Per una maggiore integrazione europea: l’unica via possibile’, promossa da Laura Boldrini, in occasione dell’apertura del XXXV Seminario dei Giovani Federalisti Europei.

Saluto di Barbara Spinelli, europarlamentare del gruppo GUE-NGL

Non posso essere con voi in quest’occasione, ma spero che accoglierete il mio saluto e il mio augurio. Ringrazio il Presidente Laura Boldrini per aver concepito quest’incontro così importante, e soprattutto per aver messo al centro dell’incontro non i capi di Stato e di governo, non le istituzioni europee, ma i Parlamenti nazionali. Laura Boldrini non è potuta venire: la sciagura del terremoto che ha colpito il Centro Italia non glielo permette. Ma la sua idea spero che resti viva: perché è dai Parlamenti nazionali, e non solo dal Parlamento europeo, che deve ripartire una nuova idea di unione europea, e più precisamente: dai cittadini e dai popoli che i Parlamenti sono chiamati a rappresentare.

Immagino che nel seminario dei prossimi giorni parlerete prevalentemente di Brexit, ma il Brexit è solo la conseguenza di un processo disgregativo cominciato da tempo. Se l’Europa è stata respinta da gran parte della Gran Bretagna, se in tanti paesi dell’Unione si rafforzano il disgusto, la delusione, la voglia di uscita, non è a causa di una particolare cattiveria nazionalista. L’Europa non cade dal cielo, diceva Altiero Spinelli, ma neppure il nazionalismo cade dal cielo. Sono i poteri costituiti dell’Unione ad aver voluto e a volere questo generale degrado: degrado e pervertimento autoritario delle democrazie costituzionali e delle sovranità popolari, umiliazione e impoverimento monumentale della Grecia con la pretesa di salvare l’euro, ineguaglianze sociali in crescita, inettitudine a fronteggiare un afflusso di rifugiati che pure rappresenta solo lo 0,2 per cento delle nostre popolazioni. E degrado in politica estera: è strano che per celebrare il Manifesto di Ventotene tre capi di Stato e di governo si siano riuniti, a largo di quest’isola, sulla nave ammiraglia dell’operazione Sophia, impegnata non nel salvataggio dei profughi minacciati da naufragio, com’era Mare Nostrum, ma nella lotta contro gli scafisti nel Mediterraneo: come se fossero gli scafisti ad aver cacciato i profughi dai propri paesi d’origine e non le guerre che noi stessi abbiamo scatenato o favorito.

I poteri costituiti nazionali ed europei sono responsabili di questo cumulo di disastri ma ritengo che anche per i federalisti sia giunta l’ora di un ripensamento. Molti anni sono passati dalla morte di Spinelli, e non sono stati anni minori: è crollata l’alternativa sovietica e con essa il mondo bipolare, sono entrati nell’Unione Stati che hanno conosciuto solo gli aspetti dispotici della cessione di sovranità, e insieme all’America l’Europa si è gettata da ben quindici anni in guerre continue e sistematicamente fallimentari contro il terrorismo. Un rapporto normale con la Russia post-sovietica non è stato ancora trovato, né con il Medio Oriente, con Israele, con il Nord Africa. Su ambedue i fronti, Est e Sud, siamo ancora a rimorchio di un alleato statunitense che non sa più proiettare verso l’esterno la propria potenza senza generare caos, violenze, fughe in massa di popoli.

A tutti questi disastri non si può continuare a rispondere con il solito slogan: cedere sovranità ad autorità superiori, federali. La sovranità può e deve essere ceduta solo se questa è la via per ottenere più efficacemente democrazia, giustizia, pace, come tra l’altro è scritto nell’articolo 11 della Costituzione italiana. Un ministero unico dell’Economia – o dell’Interno, o degli Esteri, o della Difesa – potrebbe essere proposto, solo se esistesse la volontà concreta e dichiarata di fare una politica diversa da quella adottata finora: in economia, nelle finanze, nella politica sociale, nel Medio Oriente, nei rapporti con la Russia. Non si delega sovranità se la politica è sempre quella: guerra fredda fuori casa, e in casa Fiscal Compact, austerità punitiva, impoverimento dei popoli. Il fine cui tendere deve essere un piano Roosevelt di rilancio delle economie, una solidarietà sociale e tra Stati, una Costituzione sottoscritta dai popoli. Il federalismo funziona se si mette al servizio di tutto questo. Se è una via, un mezzo. Se diventa fine in sé, a prescindere dalle politiche che si adottano, degenera nell’Unione oligarchica e anticostituzionale che già esiste, e cui Habermas ha dato il nome di “federalismo degli esecutivi”.

Questo vorrei dirvi, come augurio e speranza.  Il Manifesto di Ventotene lo si rispetta se la rotta cambia radicalmente, se i cittadini avranno la certezza che vale la pena cedere sovranità, se si esce dalla dittatura del neoliberalismo e da una politica estera che ha fatto fallimento. Trasformato in idolo, non è utilizzabile nessun libro e nessun Manifesto.

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L’intervento è stato pubblicato su «Il Fatto Quotidiano» del 1° settembre 2016 con il titolo “Contro il federalismo dei governi” (file .pdf).