Salvini e la schedatura etnica dei rom

di mercoledì, Luglio 4, 2018 0 , , Permalink

Strasburgo, 4 luglio 2018. Intervento di Barbara Spinelli nel corso della sessione plenaria del Parlamento europeo. 

Punto in agenda:

Recente dichiarazione del ministro dell’Interno italiano sui sinti e i rom e diritti delle minoranze nell’UE

  • Discussione su tematiche di attualità (articolo 153 bis del regolamento)

Presenti al dibattito:

  • Karoline Edtstadler – Sottosegretario di Stato presso il ministero federale austriaco dell’Interno (Presidenza austriaca del Consiglio dell’UE)
  • Věra Jourová – Commissario europeo per la giustizia, la tutela dei consumatori e l’uguaglianza di genere

Nel preconizzare un censimento dei Rom, il ministro Salvini ha detto che “quelli italiani purtroppo ce li dobbiamo tenere”, facendo capire che gli italiani non sono in fondo ben visti e che i non italiani rischiano l’espulsione: compresi i rumeni, che sono cittadini europei. Così ha trasformato il censimento in schedatura etnica, in ethnic profiling di scura memoria.

È già avvenuto nel 2008, a opera di un altro ministro dell’interno della Lega, Roberto Maroni, e il governo italiano dovrebbe ricordare che la decisione di raccogliere dati in modo discriminatorio fu condannata e annullata dal tribunale civile di Roma nel 2012. Lo stesso accadde sulla questione della raccolta dati e degli esami dattiloscopici nel caso del governo francese, condannato dalla Corte di Strasburgo nel 2013. Dovrebbe ricordare anche che il trattamento dei dati personali che rivelino l’origine razziale o etnica è esplicitamente vietato dall’articolo 9 del Regolamento europeo sulla protezione dei dati personali (GDPR).

Ho una domanda per il commissario Věra Jourová: il governo italiano ripete che lo sgombero dei campi è chiesto dall’Unione e dalla Commissione. A che condizioni lo chiedete, se lo chiedete?

 

La brutalità della polizia contro i rom

Interrogazione con richiesta di risposta scritta E-001802/2018

alla Commissione

Articolo 130 del regolamento

Soraya Post (S&D), Péter Niedermüller (S&D), Ana Gomes (S&D), Birgit Sippel (S&D), Dietmar Köster (S&D), Maria Grapini (S&D), Juan Fernando López Aguilar (S&D), Marita Ulvskog (S&D), Olle Ludvigsson (S&D), Jytte Guteland (S&D), Anna Hedh (S&D), Benedek Jávor (Verts/ALE), Barbara Spinelli (GUE/NGL), Terry Reintke (Verts/ALE), Cécile Kashetu Kyenge (S&D) e Barbara Lochbihler (Verts/ALE)

Oggetto: La brutalità della polizia contro i rom

La relazione del Parlamento sugli aspetti relativi ai diritti fondamentali nell’integrazione dei rom nell’Unione europea [1] invita gli Stati membri a garantire i diritti dei rom ad un accesso paritario alla giustizia e condanna gli Stati membri per il fatto di rallentare le procedure intese a garantire la giustizia alle vittime di reati dell’odio, in particolare quelli perpetrati da agenti delle forze dell’ordine, e di fornire scarsa protezione o indagine in caso di reati denunciati da rom.

Nel 2013, vi è stata un’incursione delle forze di polizia nel campo rom Budulovska Moldava nad Bodvou, in Slovacchia, durante la quale più di 60 agenti hanno aggredito circa 30 rom. Dopo la violenza, 15 uomini rom sono stati portati alla stazione di polizia. Alcuni sono stati gravemente maltrattati durante la detenzione. Due anni dopo, il servizio investigativo del ministero dell’interno ha archiviato i procedimenti penali. Nel 2016, il procuratore regionale di Prešov ha respinto una denuncia presentata dalle vittime contro la decisione del servizio investigativo. Le vittime hanno quindi presentato una denuncia contro tale decisione alla Corte costituzionale. Nel 2017, la Corte costituzionale ha respinto la denuncia delle violenze commesse dalla polizia.

Il “caso Moldava” è diventato un simbolo della brutalità della polizia. Casi simili sono segnalati dalle ONG in molti altri Stati membri.

Può dire la Commissione in che modo garantisce che gli Stati membri rispettino le disposizioni della decisione quadro 2008/913/GAI [2] sulla lotta contro talune forme ed espressioni di razzismo e xenofobia mediante il diritto penale?

[1]     P8_TA(2017)0413.

[2]     GU L 328 del 6.12.2008, p. 55.

IT

E-001802/2018

Risposta di Věra Jourová

a nome della Commissione

(26.6.2018)

La Commissione ha seguito il caso cui fa riferimento l’onorevole deputato con grande attenzione e preoccupazione.

La Commissione condanna qualsiasi forma di razzismo e xenofobia in quanto in contraddizione con i valori fondamentali su cui si basa l’Unione europea. La decisione quadro 2008/913/JHA [1] obbliga gli Stati membri a perseguire penalmente reati generati da pregiudizi in riferimento alla razza, al colore, alla religione, all’ascendenza o all’origine nazionale o etnica.

Tuttavia, la Commissione non dispone di alcuna competenza per esaminare singoli casi di reati generati dall’odio. Spetta alle autorità nazionali indagare e, ai giudici nazionali, perseguire i casi di reati generati dall’odio.

La Commissione sostiene le autorità nazionali nell’efficace attuazione della decisione quadro, al fine di migliorare le loro risposte per affrontare l’incitamento all’odio e i reati generati dall’odio, tra cui indagini tempestive e il perseguimento dei casi di reati generati dall’odio. In tale contesto, essa prevede finanziamenti mirati e orientamenti alle autorità nazionali in materia di formazione sulla lotta contro i reati generati dall’odio, registrazione dei dati e sostegno alle vittime, con il coinvolgimento di tutti i soggetti interessati.

Inoltre, a partire da giugno 2016, la Commissione ha riunito regolarmente le autorità nazionali, le organizzazioni della società civile, le agenzie dell’UE e le organizzazioni internazionali quali il Consiglio d’Europa e l’Ufficio per le istituzioni democratiche e i diritti umani dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE/ODIHR), attraverso la costituzione di un gruppo ad alto livello sulla lotta contro il razzismo, la xenofobia e le altre forme di intolleranza al fine di promuovere un’azione coordinata efficace in questo settore.

[1]     Decisione quadro 2008/913/GAI del Consiglio, del 28 novembre 2008, sulla lotta contro talune forme ed espressioni di razzismo e xenofobia mediante il diritto penale.

Esclusione di Rom, Sinti e Camminanti dal ruolo di rappresentanti istituzionali nella creazione della Strategia Nazionale di Inclusione della città di Roma

Interrogazione con richiesta di risposta scritta E-001533/2017
alla Commissione
Articolo 130 del regolamento
Barbara Spinelli (GUE/NGL)

Oggetto: Esclusione di Rom, Sinti e Camminanti dal ruolo di rappresentanti istituzionali nella creazione della Strategia Nazionale di Inclusione della città di Roma

La comunicazione COM(2011)173 della Commissione europea sollecita gli Stati membri a elaborare strategie nazionali di inclusione dei Rom. Secondo tale comunicazione, gli Stati membri dovrebbero concepire, realizzare e monitorare le strategie nazionali di integrazione dei Rom in stretta cooperazione e basandosi su un dialogo ininterrotto con la società civile Rom e con le autorità regionali e locali.

Il Consiglio dei ministri italiano ha emanato il 28 febbraio 2012 la Strategia Nazionale di Inclusione dei Rom, Sinti e Camminanti e prevede la nascita di tavoli di inclusione ove la società civile Rom è chiamata a decidere, in concerto con le prefetture e le amministrazioni, le politiche su casa, lavoro, scuola, sanità e uso del denaro pubblico stanziato dall’Unione europea sulla base della comunicazione della Commissione europea.

Ciò nonostante, rapporti di fonti giornalistiche e attivisti rilevano che tali tavoli non sono stati attuati dalla città di Roma escludendo dunque Rom, Sinti e Camminanti dal ruolo di rappresentanti istituzionali previsto dalla comunicazione della Commissione e dalla Strategia [1].

Può la Commissione indicare se è al corrente di questa situazione e se ne terrà conto durante le sue prossime valutazioni dei piani di integrazione nazionali?

[1]     http://www.agenziaradicale.com/index.php/diritti-e-liberta/4370-campi-nomadi-a-roma-la-montagna-ha-partorito-un-topolino

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E-001533/2017
Risposta di Věra Jourová
a nome della Commissione
(9.6.2017)

A seguito della comunicazione del 2011 sul quadro dell’UE per le strategie nazionali di integrazione dei Rom fino al 2020, tutti gli Stati membri hanno sviluppato strategie o insiemi integrati di misure di intervento, e designato punti di contatto nazionali per i Rom al fine di coordinare l’attuazione [1]. Nel 2015 la Commissione ha pubblicato una valutazione in cui ha esortato gli Stati membri a trasformare le strutture formali di coordinamento in meccanismi di cooperazione efficaci e a garantire un coinvolgimento trasparente di tutte le parti interessate, comprese le autorità regionali e locali e la società civile Rom [2]. Per promuovere tale processo, la Commissione fornisce un sostegno finanziario per lo sviluppo di piattaforme nazionali per i Rom [3].

Per quanto concerne l’Italia, la Commissione sta seguendo il coinvolgimento delle parti interessate e il coordinamento dell’attuazione, comprese tavole rotonde e gruppi di lavoro. Nella valutazione del 2016 la Commissione ha, tra l’altro, incoraggiato l’uso dei fondi strutturali e d’investimento europei per il periodo 2014-2020 allo scopo di migliorare il coordinamento delle politiche nei confronti dei Rom italiani [4]. La Commissione continuerà a valutare la cooperazione tra tutte le parti interessate e il coordinamento dell’attuazione, nonché il monitoraggio delle strategie nazionali di integrazione dei Rom.

[1]     COM(2011)173 definitivo “Quadro dell’UE per le strategie nazionali di integrazione dei Rom” (eccetto Malta, sul cui territorio non vivono popolazioni Rom).

[2]     COM(2015)299 Report on the implementation of the EU Framework for National Roma Integration Strategies 2015

[3]     http://ec.europa.eu/research/participants/portal/desktop/en/opportunities/rec/topics/rec-rdis-nrcp-ag-2016.html,

[4]     COM(2016) 424 final “Valutare l’attuazione del quadro dell’UE per le strategie nazionali di integrazione dei Rom e della raccomandazione del Consiglio su misure efficaci per l’integrazione dei Rom negli Stati membri — 2016” e SWD(2016)209 final, pag. 67.

 

Esclusione di Rom, Sinti e Caminanti dal ruolo di rappresentanti istituzionali nella creazione della Strategia Nazionale di Inclusione della città di Roma

Interrogazione con richiesta di risposta scritta
alla Commissione
Articolo 130 del regolamento
Barbara Spinelli (GUE/NGL)

Oggetto: Esclusione di Rom, Sinti e Caminanti dal ruolo di rappresentanti istituzionali nella creazione della Strategia Nazionale di Inclusione della città di Roma

La Comunicazione COM(2011) 173 della Commissione Europea sollecita gli Stati membri a elaborare strategie nazionali di inclusione dei Rom. Secondo tale Comunicazione gli Stati membri dovrebbero concepire, realizzare e monitorare le strategie nazionali di integrazione dei Rom in stretta cooperazione e basandosi su un dialogo ininterrotto con la società civile Rom e con le autorità regionali e locali;

Il Consiglio dei Ministri Italiano ha emanato il 28 febbraio 2012 la Strategia Nazionale di Inclusione dei Rom, Sinti e Caminanti e prevede la nascita di tavoli di inclusione ove la società civile Rom è chiamata a decidere, in concerto con le prefetture e le amministrazioni, le politiche su casa, lavoro, scuola, sanità e uso del denaro pubblico stanziato dall’Unione Europea sulla base della Comunicazione della Commissione Europea.

Ciò nonostante, rapporti di fonti giornalistiche e attivisti rilevano che tali tavoli non sono stati attuati dalla città di Roma escludendo dunque Rom, Sinti e Caminanti dal ruolo di rappresentanti istituzionali previsto dalla Comunicazione della Commissione e dalla Strategia.

La Commissione è al corrente di questa situazione e ne terrà conto durante le sue prossime valutazioni dei piani di integrazione nazionali?

Fonte: http://www.agenziaradicale.com/index.php/diritti-e-liberta/4370-campi-nomadi-a-roma-la-montagna-ha-partorito-un-topolino

Sgomberi forzati di rom

di venerdì, Maggio 13, 2016 0 , , , , Permalink

Interrogazione con richiesta di risposta scritta E-001225/2016

alla Commissione

Articolo 130 del regolamento

Soraya Post (S&D), Péter Niedermüller (S&D), Terry Reintke (Verts/ALE), Barbara Spinelli (GUE/NGL), Sirpa Pietikäinen (PPE), Marita Ulvskog (S&D), Benedek Jávor (Verts/ALE), Fredrick Federley (ALDE) e Ulrike Lunacek (Verts/ALE)

Oggetto:  Sgomberi forzati di rom

Bulgaria, Italia, Ungheria e Francia hanno di recente intensificato gli sgomberi forzati dei rom, lasciando migliaia di famiglie senza un alloggio. Tali sgomberi sono stati sistematici e hanno preso di mira le abitazioni dei rom in maniera sproporzionata. Ciò costituisce una violazione della direttiva sull’uguaglianza razziale dell’UE e mette in grave pericolo l’impegno assunto dai quattro paesi nell’ambito del quadro dell’Unione per le strategie nazionali di integrazione dei rom e della raccomandazione del Consiglio su misure efficaci per l’integrazione dei rom.

Intende la Commissione indagare sulle intimidazioni e le discriminazioni a livello di alloggi, derivanti dagli sgomberi forzati dei rom, alla luce della direttiva sull’uguaglianza razziale, e ha in programma di avviare una procedura di infrazione nei confronti degli Stati membri che continuano a violare tale direttiva?

Può garantire che i fondi dell’UE a titolo del FESR e dell’FSE, in particolare quelli destinati all’inclusione dei rom, non siano indirizzati agli Stati membri che li impiegano per pianificare ed eseguire gli sgomberi anche attraverso politiche generali, quali i piani di sviluppo territoriale e le politiche in materia di alloggi sociali?

In che modo ritiene che sia possibile utilizzare il FESR e l’FSE per fermare e impedire gli sgomberi, assicurando nel contempo l’accesso ad alloggi sociali idonei e la legalizzazione dei campi?


E-001225/2016

Risposta di Věra Jourová a nome della Commissione

(13.5.2016)

Gli sgomberi disposti dalle autorità nazionali devono avvenire nel rispetto dei diritti fondamentali, come sancito dal diritto dell’Unione, dalle leggi nazionali e dai trattati internazionali.

La Commissione monitora il rispetto da parte degli Stati membri della direttiva 2000/43/CE che vieta la discriminazione per motivi di razza o di origine etnica nel settore degli alloggi. Gli sgomberi delle abitazioni, laddove comportino una discriminazione di questo tipo, possono essere esaminati alla luce di tale direttiva. La Commissione sta attualmente svolgendo un’indagine su questioni specificamente legate ai rom per quanto concerne gli alloggi in alcuni Stati membri ed è pronta ad adottare gli opportuni provvedimenti nel caso in cui gli Stati membri non rispettino i loro obblighi.

La Commissione incoraggia gli Stati membri ad accompagnare ogni sgombero con una proposta di alloggio alternativo.

Nel quadro dei Fondi strutturali e di investimento europei almeno il 20% del Fondo sociale europeo è destinato all’inclusione sociale e alla lotta alla povertà. Inoltre si è provveduto a stabilire una priorità d’investimento specifica per l’integrazione di comunità emarginate come i rom e requisiti in materia di condizionalità ex ante che subordinano gli investimenti di fondi strutturali all’esistenza di una strategia nazionale di integrazione dei rom in linea con il quadro dell’UE.

Diversi Stati membri utilizzano i Fondi strutturali e di investimento europei per sostenere misure per l’inclusione dei rom volte a migliorarne le condizioni sociali, d’istruzione, di occupazione, di assistenza sanitaria e di alloggio. La Commissione invita gli Stati membri a destinare le necessarie risorse finanziarie al sostegno alle famiglie sgomberate. Il regolamento sulla politica di coesione prevede il coinvolgimento di un vasto partenariato (parti economiche e sociali, enti regionali e locali, società civile) per monitorare l’attuazione dei programmi e i progressi compiuti.

“Dragan Aveva Ragione”: proiezione del documentario con dibattito su Mafia Capitale e discriminazione dei Rom in Italia

dragan aveva ragione

 

Mercoledì 9 Dicembre si è svolta presso il Parlamento europeo la proiezione di “Dragan aveva Ragione”, organizzata da Barbara Spinelli (GUE/NGL).

Il documentario è stato preceduto da un dibattito sulla discriminazione dei Rom e sullo scandalo «Mafia Capitale», che ha rivelato un diffuso sistema di corruzione e frode finalizzato a sfruttare centri di accoglienza e campi rom (e profughi) nella regione Lazio.

Sono intervenute le eurodeputate Soraya Post (S&D) e Laura Ferrara (EFDD), l’autore del film Gianni Carbotti insieme a Moni Ovadia, Dijana Pavlovic, Sergio Bontempelli e Marco Brazzoduro.

Sinopsi:

Aveva ragione il capo nomade Dragan. Nei campi nomadi era la cosiddetta “mafia capitale” a comandare. Il docufilm “Dragan aveva ragione”, girato dai militanti radicali Camillo Maffia e Gianni Corbotti, lo racconta facendo luce sul degrado di questi campi a Roma. Quasi tutti gestiti dalle cooperative oggi sotto accusa nell’inchiesta condotta dal procuratore capo di Roma Pignatone. Peccato che l’allarme lanciato da questo documentario, ampiamente usato dalla procura romana, sia stato  ignorato dal servizio pubblico televisivo. Camillo Maffia dice di averne molte da raccontare. A cominciare dai sospetti su chi promuove le mafie della prostituzione e della droga dentro ai campi regolari (solo 9) che, nonostante i 24 milioni di euro spesi ogni anno per mantenerli, versano tuttora in condizioni indegne. Che fine fanno questi soldi?

Link utili:

Aveva ragione il grande capo Dragan. Era «Mafia Capitale» a comandare
Dragan aveva ragione, un docufilm sugli sgomberi dei rom del buonista Marino
“Dragan aveva ragione”: comunicato stampa della Fondazione Romanì Italia
“Dragan aveva ragione” sul sito Romatoday
Master Blaster va al Senato: “Dragan aveva ragione” di Gianni Carbotti e Camillo Maffia
Bruxelles, proiezione al Parlamento europeo del documentario Dragan aveva ragione


Intervento di Barbara Spinelli

Vi ringrazio per essere venuti a quest’incontro, e specialmente i registi del film che vedremo fra poco: Camillo Maffía e Gianni Corbetti. Un saluto particolarmente affettuoso a Moni Ovadia: è uno dei protagonisti del documentario. Ringrazio anche Dijana Pavlovic, che è tra i promotori della legge di iniziativa popolare per il riconoscimento dello stato di minoranza storico-linguistica dei rom e sinti, e Sergio Bontempelli, studioso e operatore legale per i diritti dei rom e sinti. Con Bontempelli ho cercato di oppormi allo sgombero dei campi rom di Lungo Stura Lazio a Torino, di Torre del Lago Puccini a Viareggio, della Bigattiera a Pisa. Saluto – non per ultimi – il professor Marco Brazzoduro, vicepresidente dell’Associazione 21 luglio, e le colleghe Soraya Post (gruppo S&D) e Laura Ferrara (, con le quali condivido importanti battaglie contro la corruzione e la discriminazione dei rom: due piaghe intrecciate, in Italia. Un grande grazie infine a Chiara de Capitani, che è stata l’architetto di questo nostro incontro.

Nell’agosto 2013, duecento rom serbi fuggirono dal campo di Castel Romano, sulla Pontina, dove imperversavano violenze e soprusi. Si accamparono in via Salviati, alla periferia est della capitale, dando vita a un insediamento informale, definito quasi subito abusivo. Lo sgombero avvenne poco dopo e fu ordinato dall’allora sindaco di Roma Ignazio Marino, oggi non più in carica. La comunità rom lo aveva votato sperando in una promessa di integrazione. Promessa non mantenuta: la discriminazione abitativa e lavorativa continua.

Questo documentario, seguito da una denuncia di Marco Pannella, è stato cruciale perché è servito agli inquirenti per rivelare il male che sta dietro la gestione dei campi: la mafia, e i suoi legami con classi politiche di destra e sinistra. Ricordo alcune frasi dette in un’intercettazione da un indagato, Salvatore Buzzi: «Noi quest’anno abbiamo chiuso con quaranta milioni di fatturato, e tutti i soldi e gli utili li abbiamo fatti sui zingari”. E ancora: “Tu lo sai a gestire un campo zingari, ma la gente non si rende conto, cioè trattare con gli zingari è proprio devastante perché non è malavita, perché è gente infame proprio di pensieri…».

Non sono qui per riassumere il documentario, ma per ricordare alcune cose essenziali. Di rom e sinti si deve parlare, oggi in modo particolare, perché la Commissione europea sta compilando una lista di “Paesi sicuri” , per far fronte alla questione rifugiati, che permetterà più facili e rapidi rimpatri di persone o gruppi che chiedono asilo politico in Europa. Nella lista figureranno sia i Paesi balcanici sia la Turchia, dove esistono forti comunità rom, spesso oggetto di vessazioni o persecuzioni. La collega Soraya Post ci ricorda che in Turchia i rom sono circa 1 milione. [1] (ufficialmente sono 500.000, ma la cifra si basa su censimenti superati. Gli attivisti della comunità sostengono che il reale numero si avvicina ai 2 milioni). La nozione di “Paese sicuro” non esclude il diritto del singolo a chiedere protezione internazionale e asilo, come prescritto dalla Convenzione di Ginevra, ma rende più complicata e difficile la domanda.

Più fondamentalmente c’è da domandarsi, e lo chiedo anche a voi, come mai una comunità come quella dei rom sia trattata in questo modo infame. Come mai esista una sorta di impunità, per chi non esita a oltrepassare ogni decenza quando parla di rom e sinti. Le frasi di Salvatore Buzzi non sono un’eccezione. Eppure questa comunità è stata vittima, nella prima metà del Novecento, di un genocidio: il Porrajmos, che vuol dire “grande divoramento” o devastazione. La data simbolica è il 2 agosto 1944, il luogo dove è avvenuto lo sterminio è il Zigeunerlager di Birkenau. È l’equivalente della Shoah ebraica, del Metz Yeghern che sterminò gli armeni, ma non ha legittimazione storica, non è entrato nella coscienza degli europei come un crimine contro l’umanità, da espiare. Non esiste tabù civilizzatorio, sui rom. La gente continua a dire con disprezzo zingari, come se in Francia dicessimo, parlando degli ebrei: youpin, che è l’equivalente di sporco ebreo. È uno dei grandi misteri dell’Europa di oggi, che fatico a spiegarmi. È come se un frammento di lingua e di modi di comportamento nazisti fosse rimasto nei nostri tessuti.

Moni Ovadia dice una cosa terribile, nel documentario: dagli anni 80 (ma io direi già prima, dal dopoguerra e specialmente dopo il processo Eichmann), gli ebrei sono “riusciti a entrare nei salotti buoni dei vincitori”. Non è del tutto giusto, perché 6 milioni di uccisi e gasati non sono entrati nei salotti. Certo è però che i rom non sono in nessun salotto buono, mentre il tabù sugli ebrei esiste, anche sul piano linguistico. È come se vivessero in angolo morto d’Europa. Come se in quell’angolo morto la storia fosse andata in modo differente, e Hitler in quel preciso punto non fosse stato sconfitto.

Vorrei suonare il campanello d’allarme. In tutta Europa cresce una destra estrema, senza più tabù: in Francia, Polonia, Ungheria, Italia. La battaglia per dare uno statuto ai rom e al Porrajmos si fa più dura, abbiamo già perso troppo tempo e dobbiamo andare oltre la denuncia, oltre il “ruolo protettivo” che la sinistra in genere affida a se stessa.

[1] Ufficialmente i rom in Turchia sono 500.000, ma la cifra si basa su censimenti superati. Gli attivisti della comunità sostengono che il reale numero si avvicina ai 2 milioni.

Audizione sugli sgomberi forzati contro i rom

Bruxelles, 14 ottobre 2015

Nella sede del Parlamento Europeo di Bruxelles si è tenuta un’audizione promossa dai parlamentari europei Soraya Post, Péter Niedermüller, Damian Dräghici, Sirpa Pietikäinen, Fredrick Federley, Barbara Spinelli, Terry Reintke, Benedek Jávor, e dal direttore dell’Open Society European Policy Institute Neil Campbell.

Intervento di Barbara Spinelli (versione inglese)

In Italia la Strategia nazionale di inclusione dei rom prevista dalla Commissione europea nel 2011 non ha mai avuto inizio. L’Italia è invece il solo paese europeo ad aver fatto dei “campi” per i rom e i sinti un sistema istituzionalizzato, gestito dalle pubbliche amministrazioni con il denaro dei contribuenti. A peggiorare questa già gravissima situazione, vengono le speculazioni mafiose e clientelari. «Noi quest’anno abbiamo chiuso con quaranta milioni di fatturato, ma tutti i soldi e gli utili li abbiamo fatti sui zingari, sull’emergenza alloggiativa e sugli immigrati, tutti gli altri settori finiscono a zero», ha detto Salvatore Buzzi, capo della cooperativa 29 giugno, nella famosa intercettazione telefonica che ha dato il via all’inchiesta denominata Mafia capitale.

Nel solo 2014, il governo italiano ha allocato 1.315.000 euro al Comune di Roma per politiche che finiscono con l’alimentare un sistema che rendere rom e sinti un capro espiatorio mentre si avvantaggia della loro segregazione.

A questo si aggiunga che stiamo assistendo a una politica di sgomberi forzati, attuata da giunte di destra e di sinistra come strategia elettorale in vista delle scadenze amministrative.

Meno di un mese fa è stato sgomberato il campo rom della Bigattiera a Pisa, senza che fosse predisposta alcuna soluzione abitativa per i suoi abitanti: ho cercato di bloccarlo, insieme alle associazioni della società civile, ma senza successo. Il sindaco di Pisa è un politico di sinistra. Uno sgombero del campo era già stato programmato a Natale dello scorso anno, e quella volta riuscimmo a fermarlo rivolgendoci al Prefetto. Allo stesso modo, il 18 marzo 2015 riuscimmo a impedire lo sgombero dei campi rom di Lungo Stura Lazio, a Torino, e di Torre del Lago Puccini, a Viareggio.

Il Giubileo è imminente. Il tasso di sgomberi forzati di famiglie rom nella città di Roma è aumentato in modo impressionante: 7 sgomberi nei due mesi e mezzo precedenti l’annuncio del Giubileo, 64 sgomberi nei sette mesi successivi. Ma proprio il Giubileo può diventare l’occasione per chiedere l’adozione delle politiche di inclusione e sicurezza sociale prescritte dalle Nazioni Unite e dall’Unione Europea nell’ambito di un più ampio progetto da sviluppare con le popolazioni interessate.

L’Unione dovrebbe promuovere un approccio olistico di inclusione sociale che vada oltre le attuali raccomandazioni non vincolanti agli Stati membri, nel rispetto dell’Articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali – che vieta qualsiasi forma di discriminazione fondata sull’origine etnica o sociale o sull’appartenenza a una minoranza nazionale.

Rom, lettera aperta al viceprefetto di Pisa

di lunedì, Dicembre 29, 2014 0 , Permalink

Gentile Signor Prefetto Vicario,

Le scrivo a seguito delle Sue dichiarazioni, riportate dalla stampa locale in data 12 dicembre 2014.[1] Tali dichiarazioni, rilasciate nel corso di una conferenza stampa congiunta con il Comune di Pisa, alludono alla necessità di ridurre drasticamente il numero di persone rom, sinti e caminanti sul territorio provinciale: secondo quanto riportato dai quotidiani, l’obiettivo dichiarato sarebbe passare dagli 860 attualmente censiti nell’area pisana, a un numero giudicato “sostenibile” di 400 presenze complessive.

Si tratta di dichiarazioni sconcertanti – prima ancora che in evidente contrasto con le normative nazionali e comunitarie in materia di discriminazione. In base a quale criterio e a quale legittimità ci si può arrogare il diritto di definire quante e quali persone sono “sostenibili” su un territorio? Nella speranza che le Sue parole siano state mal riportate dalla stampa, e che Lei voglia rettificarle, Le facciamo presente che né gli Stati membri, né gli enti locali, possono stabilire “quote massime” di residenti su base etnica. Le norme in materia di ingresso e soggiorno possono prevedere, qualora la legislazione di un singolo Stato lo consenta, numeri massimi di cittadini stranieri da ammettere sul territorio; tuttavia tali limitazioni numeriche, che in ogni caso sono di pertinenza dello Stato centrale – e a maggior ragione in Italia, dove la residenza e l’immigrazione sono materie ad esso riservate (cfr. Costituzione, art. 117) – non possono essere definite su base etnico-razziale.

Non è quindi legittimo parlare di sostenibilità, con riferimento agli aspetti quantitativi della presenza delle comunità rom, sinti e caminanti: si configurerebbe un’evidente discriminazione su base etnico-razziale, vietata dalle norme comunitarie e internazionali (cfr. inter alia, Direttiva 2000/43/CE del Consiglio europeo, che attua il principio della parità di trattamento fra persone, indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica; Convenzione internazionale sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale, adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 21 dicembre 1965, ratificata dall’Italia con legge n. 654 del 13 ottobre 1975).

È importante inoltre ricordare che l’Unione europea – a partire dalla Comunicazione del 5 aprile 2011, COM(2011) 173 definitivo – ha raccomandato agli Stati membri politiche inclusive nei confronti delle comunità rom, sinti e caminanti: queste politiche riguardano in particolare l’inserimento abitativo delle famiglie che vivono in luoghi segregati, l’inserimento lavorativo degli adulti, la scolarizzazione dei minori e il pieno accesso ai diritti fondamentali. L’Unione europea raccomanda inoltre il massimo coinvolgimento delle comunità nei processi decisionali che le riguardano.

Le Sue dichiarazioni lasciano inoltre intendere possibili espulsioni collettive dei rom, sinti e caminanti – espulsioni anch’esse vietate dalle norme comunitarie e internazionali (Protocollo n°  4 alla Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e della Libertà fondamentali, nonché Articolo 19 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea).

Non posso infine passare sotto silenzio la presenza di minori e donne incinte nei campi: persone vulnerabili la cui presenza, a Suo dire, imporrebbe uno “smantellamento graduale” dei campi. Quasi che l’operare in modo “graduale” lo smantellamento possa giustificare la violazione dei diritti e l’assenza di considerazione dei superiori interessi dei minori: obblighi derivanti da norme comunitarie e internazionali (Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, Articolo 24 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea).

Sono certa che Lei, Signor Prefetto Vicario, saprà dare opportuna attuazione, nel territorio pisano, a tali indicazioni.
Le ricordo infine che nel 2010 il governo francese annunciò l’intenzione di smantellare alcuni campi rom e fu severamente ammonito dall’Onu, dal Parlamento europeo e dalla Commissione di Bruxelles, che minacciò di attivare una procedura di infrazione nel caso le autorità francesi non fossero immediatamente tornate sulla loro decisione.

In attesa di un Suo cortese riscontro, Le invio i più cordiali saluti,

On. Barbara Spinelli
Deputata Parlamento Europeo Gruppo GUE – L’Altra Europa per Tsipras
24 dicembre 2014

[1] Giovanni Parlato e Rebecca Pardi, I nomadi sul territorio sono 860, resterà soltanto chi è in regola, «Il Tirreno», 12 Dicembre 2014, cronaca di Pisa, pag. V; Eleonora Mancini, Ultimatum per i rom, «gli illegali vadano via», «La Nazione», 12 Dicembre 2014, cronaca di Pisa, pag. 4.


Sullo stesso tema:

La replica del Prefetto: “A Pisa stiamo lavorando per dare dignità ai rom”

Rom, i reietti d’Europa

di domenica, Dicembre 14, 2014 0 , , Permalink

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Introduzione di Barbara Spinelli in occasione della proiezione di «CONTAINER 158», film-documentario di Stefano Liberti e Enrico Parenti. Barbara Spinelli ha ospitato la proiezione nel Parlamento europeo su iniziativa di Open Society Foundation, l’11 dicembre 2014 a Bruxelles.

Una delle ragioni della mia candidatura nella lista L’Altra Europa con Tsipras, alle elezioni per il Parlamento europeo, riguardava il tema dei diritti civili e politici delle minoranze. L’Europa alla quale penso è un’Europa di cittadini: quindi un’Unione in cui tutti gli abitanti – quali che siano la loro etnia, religione, orientamento sessuale – si trovino sullo stesso piano nell’esercizio dei diritti. Numerosi Stati membri dell’Unione Europea sono stati accusati dalla Commissione e da ONG di rilievo per le loro politiche apertamente discriminatorie e lesive dei diritti dei Rom e Sinti.

I rom sono, secondo Amnesty International, tra i gruppi più sistematicamente discriminati ed esclusi d’Europa: “hanno redditi inferiori alla media, peggiori condizioni di salute, abitazioni più misere, un tasso di alfabetizzazione più basso e più alti livelli di disoccupazione rispetto al resto della popolazione. Incontrano (anche) gravi ostacoli nell’accesso al diritto a un alloggio adeguato, all’assistenza sanitaria, all’istruzione e al lavoro“.

In Italia, negli ultimi mesi, due formazioni di destra – Lega e Casa Pound – stanno scientemente fomentando la xenofobia nei confronti di Rom e Sinti. Purtroppo anche la sinistra moderata comincia a far proprio, in alcune occasioni, tale stigma.

Recentemente, mentre a Borgaro (provincia di Torino) la giunta di sinistra ha chiesto un bus separato per i rom, i bambini a Milano (anche qui il municipio è in mano alla sinistra) non hanno più lo scuolabus da mesi: i più piccoli hanno smesso di andare a scuola, i più grandi devono attraversare campi e camminare lungo una tangenziale pericolosa.

Nel frattempo, il consigliere comunale di Motta Visconti (Massimilla Conti, di centro destra) scrive che per gli zingari ci vogliono di nuovo i forni. Fortemente criticato, il consigliere non si è tuttavia dimesso. Ha anzi difeso la propria opinione, ritenendo di avere espresso, forse in modo eccessivo, un fastidio che si è fatto senso comune. Una settimana fa, dopo lo scandalo di Roma mafiosa, Matteo Salvini (Lega Nord) dichiarava che le vittime rappresentano un incentivo per i carnefici: “Se non esistessero i campi rom non ci sarebbe chi ci guadagna. Un’immigrazione controllata eviterebbe queste mangiatoie”.

Diceva giustamente l’antropologo Claudio Marta che “le autorità, in genere, sembrano essere interessate a definire i Rom non tanto per quello che realmente sono, quanto in base alle esigenze politiche e a ciò che queste richiedono che essi siamo“.

La cosa per cui mi sto battendo, con molte associazioni italiane, è che Rom e Sinti siano riconosciuti giuridicamente – in Italia – come minoranza, perché sia loro restituita identità e dignità, e per favorire la loro accoglienza nella Comunità europea.


 

Sullo stesso tema: Rom: film Container 158 presentato a Parlamento Ue

 

Le risposte al questionario di MiriEuropa

di mercoledì, Ottobre 1, 2014 0 , , Permalink

Le associazioni UPRE ROMA, NEVO DROM e SUCAR DROM hanno avviato il progetto europeo MiriEuropa (“La mia Europa”) per favorire la partecipazione alla vita pubblica delle persone appartenenti alle minoranze sinte e rom. Tra le iniziative c’era la richiesta di un confronto dapprima con i candidati e poi con gli eletti al Parlamento Europeo, ai quali sono state poste tre domande.
Queste le risposte di Barbara Spinelli, che saranno pubblicate anche sul sito http://www.upreroma.it

D. Le minoranze presenti nell’Unione europea sono numerose ma tutte sottorappresentate nelle istituzioni politiche dell’UE. Intendete sostenere i diritti civili e politici di queste minoranze e come?

R. Una delle ragioni fondamentali della partecipazione della Lista Tsipras, e mia personale, alle elezioni per il Parlamento europeo, riguarda proprio il tema dei diritti civili e politici delle minoranze. L’Europa alla quale penso è un’Europa di cittadini, e quindi un’Europa in cui tutti i cittadini – quale che sia la loro etnia, religione, orientamento sessuale – si trovino sullo stesso piano nell’esercizio dei diritti. Numerosi stati membri dell’Unione Europea sono stati accusati dalla Commissione e da ONG di rilievo per le loro politiche apertamente discriminatorie e lesive dei diritti dei rom e sinti.

Per tali ragioni, conto innanzitutto di sostenere gli appelli delle ONG che richiedono alla Commissione di lanciare procedure d’infrazione contro gli Stati Membri inadempienti, come dimostrato dal recente successo dell’appello di Amnesty International contro la Repubblica Ceca.

In secondo luogo mi impegno a tener conto della situazione particolare dei rom ogni qualvolta mi competerà emendare o votare testi che possano meglio tutelare i loro diritti (sull’accesso ai beni e servizi pubblici, alla libertà di circolazione, contro le discriminazioni).

D. Tra queste minoranze la più numerosa – circa 12 milioni – e la più distribuita sui diversi Paesi è la minoranza rom, unica nazione senza terra e la più discriminata anche a livello istituzionale. La politica comunitaria finora adottata nonostante rilevanti investimenti non ha modificato sostanzialmente le condizioni di esclusione sociale e civile di questa minoranza. Secondo lei in che cosa si è dimostrata insufficiente questa politica?

R. Credo che la questione rom e sinti, in quanto minoranza storicamente discriminata e perseguitata, sia paradigmatica della mancanza di una vera comunità europea, intesa come entità capace di accogliere e riconoscere tutte le sue componenti. La politica europea, malgrado l’adozione di una direttiva contro la discriminazione razziale ed etnica (Direttiva 2000/43/CE) e una per la libertà di circolazione dei cittadini europei (2004/38/CE), si è finora dimostrata insufficiente e frammentata nei confronti della comunità rom: questo significa che il percorso dell’integrazione e della lotta ai pregiudizi è ancora lungo, nonostante il Novecento ne sia stato segnato nel modo più inaccettabile, con pogrom, persecuzioni e politiche di messa a morte e sterminio. L’Unione Europea dovrebbe promuovere un approccio olistico di inclusione dei Rom, che vada oltre le attuali raccomandazioni non vincolanti agli Stati membri, nel rispetto dell’Articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali, che vieta qualsiasi forma di discriminazione fondata sull’origine etnica o sociale o sull’appartenenza a una minoranza nazionale.

D. Lei ritiene che il riconoscimento giuridico di minoranza sia una via per realizzare concreti e reali processi di inclusione sociale e civile delle comunità rom?

R. Sì, sono convinta che sia un passaggio fondamentale e che valga per tutte le minoranze, dal momento che il riconoscimento restituisce loro identità, dignità e accoglienza nella comunità europea. Per quel che mi riguarda – ma certamente posso parlare anche per conto della Lista Tsipras, che non a caso ha avuto tra i suoi candidati un’esponente della lotta per il riconoscimento giuridico di rom e sinti – mi ritengo impegnata a sostenere azioni e iniziative tese al raggiungimento di questo obiettivo.