Il sesto scenario di Jean-Claude Juncker

Bruxelles, 27 settembre 2017. Intervento di Barbara Spinelli nel corso della Riunione del Gruppo GUE/NGL.

Punto in Agenda:
Dibattito Strutturato “The White Paper of the European Commission: Five scenarios, no solution!”

Barbara Spinelli è intervenuta in qualità di coordinatore per il Gruppo GUE/NGL della Commissione Affari Costituzionali (AFCO) e di relatore ombra delle Risoluzioni del Parlamento Europeo “sul miglioramento del funzionamento dell’Unione europea sfruttando le potenzialità del trattato di Lisbona” e “sulle evoluzioni e gli adeguamenti possibili dell’attuale struttura istituzionale dell’Unione europea”.

Penso che questa volta dovremo partire non dal Libro Bianco della Commissione e dai suoi 5 “scenari”, ma dal Sesto Scenario che Juncker ha illustrato a Strasburgo nell’ultima plenaria. Il tono infatti cambia, se paragonato a quello del White Paper o al Rapporto dei 5 Presidenti. Di quest’ultimo si è persa traccia ma i suoi contenuti sopravvivono nei tre rapporti parlamentari magnificati nel Sesto Scenario (rapporti Verhofstadt, Bresso-Brok, Berès-Böge).

Mi concentro dunque sul tono, che sottende la prognosi trionfalistica e autocompiaciuta dello stato dell’Unione. Abbondano le frasi vittoriose: “Il vento è cambiato”, “Abbiamo il vento in poppa”, “Abbiamo scelto l’unità”, “È tornato il bel tempo”, “Ogni giorno che passa facciamo progressi”.

È importante capire su quali fatti possa mai basarsi simile prognosi, visto che stride con la realtà in modo così palese. Stride con la rovina delle politiche migratorie, con il naufragio dell’allargamento a Est, con la nuova società degli esclusi e precari che è il salatissimo prezzo della timida ripresa economica, e con una crisi dello Stato di diritto che colpisce quasi tutti i Paesi membri. Il linguaggio della Commissione somiglia in modo straordinario a quello di Pangloss nel Candide di Voltaire: Lisbona è distrutta dal terremoto del 1755, ma Pangloss non rinuncia alla sua visione teleologica: “Tutto va bene nel migliore dei mondi possibili”. Anche per Juncker, tutto avviene in vista di una finalità prestabilita da ottimizzare: la salvaguardia dei poteri forti dell’Unione e la loro impermeabilità alle vicissitudini democratiche nei Paesi membri.

I fatti su cui poggia questo trionfalismo sono due: la migrazione e l’economia. Cito per prima la migrazione perché è qui che lo iato tra parole e realtà è più spettacolare. Nel discorso di Juncker viene infatti presentato come successo quello che è il misfatto supremo dell’Unione: la diminuzione drastica dei flussi migratori verso l’Europa grazie a quella che viene chiamata esternalizzazione ed è pura espulsione; i patti stretti prima con la Turchia poi con una serie di Paesi africani, perché rifugiati e migranti restino intrappolati nelle terre da cui fuggono. L’accordo con la Libia è particolarmente rovinoso perché stretto con un Paese che non ha firmato la Convenzione di Ginevra e che si trova alla mercé di milizie e governi fantoccio.

Siamo davanti a una neolingua (newspeak), dove il significato di ogni parola è rovesciato: l’Africa che trattiamo come nostra prigione su scala continentale viene descritta come “nobile continente, culla dell’umanità”; la morte dei migranti (non solo in mare ma sempre più nei deserti a Sud della Libia) diventa nostra salvezza, secondo il motto mors tua vita mea; i campi di detenzione libici vengono definiti inaccettabili quando in realtà li si è già accettati.

Lo stesso si dica dell’economia. La ripresa viene descritta come esito felice di riforme strutturali che non vengono rimesse in questione ma anzi esaltate, nonostante le società sconnesse che producono. Non si sa nemmeno se essa sia dovuta a tali riforme. I riferimenti all’Europa sociale sono vaniloquio. Il cittadino che Juncker predilige esplicitamente è il consumatore, non il produttore, il disoccupato, il precario. Si parla di una European Social Standards Union, senza prospettare parametri sociali vincolanti come lo sono quelli del deficit di bilancio. L’adesione dell’Unione alla Carta sociale del Consiglio d’Europa non è all’ordine del giorno.

È con questa visione che si procede ad alcune proposte istituzionali, che riassumo sommariamente:

1) In primo luogo, occorre rafforzare i poteri degli esecutivi: a livello nazionale e anche europeo. Va in questa direzione la proposta di Juncker di fondere in un’unica autorità funzioni normalmente separate (in primis quelle del Presidente della Commissione e del Presidente del Consiglio europeo).

2) Si propone la figura di un ministro UE dell’economia che unisca due cariche: quella di commissario e di presidente dell’eurogruppo. Anche qui, Commissione e Consiglio vengono fusi.

3) Si propongono al tempo stesso una difesa comune e voti a maggioranza qualificata sulla politica estera, nel Consiglio. Due punti voluti dalla Nato, senza che sia chiarita quale sia la politica estera europea.

4) Infine la democrazia: la Commissione approva l’idea quanto mai nebulosa di Macron di convocare “convenzioni democratiche” fin dall’inizio dell’anno prossimo, in vista delle elezioni europee.

Come ci inseriremo in questo processo come gruppo della sinistra radicale, chiedendo un’Europa diversa? Come reagire a una fusione di organi dell’Unione  che combinandosi con l’estensione del voto a maggioranza asservirà la Commissione agli Stati dominanti nel Consiglio? Non ho idee precise in proposito, ma so di certo che dovremo provare a smantellare  una per una, e con argomenti forti,  le menzogne e le tendenze non federali, ma oligarchiche, del Sesto Scenario.

Lettera a Juncker sulla rule of law

di venerdì, Novembre 25, 2016 0 , , Permalink

Mr Juncker, be Bob the Builder

By Frank Engel, György Schöpflin, Birgit Sippel, Sophie in ‘t Veld, Barbara Spinelli, Ulrike Lunacek

The European Commission’s repeated admonishments of the Polish government for not respecting EU standards on the rule of law have done little this year.

Warning at the end of July of a systemic threat to the rule of law in Poland, the commission gave the Polish government three months to respond, or else.

But there’s the rub.

The Polish government has no intention of taking the measures required by the commission.

But that leaves the only tool left in the toolbox for making member states uphold democracy, the rule of law and fundamental rights, the all or nothing “nuclear” option, of triggering the Article 7 procedure, that may ultimately lead to sanctions, such as suspension of voting rights.

The commission has the power to propose the activation of Article 7, which will be decided by four-fifths of the council, after obtaining the European Parliament’s consent by a two-thirds majority.

Given the seriousness of the conclusion of the commission: a “systemic threat to the rule of law,” you would expect the commission to take the biggest of the few instruments available.

Although Poland is currently in the sights of the commission, “systemic threats” to the rule of law are not confined to Poland alone.

There is nothing like inconsistency in the application of rules to undermine trust and respect for the rule of law.

There isn’t even a lack of capacity to monitor member states evenhandedly.


Two ways of looking at a problem

A recent interview with Belgian newspaper Le Soir, commission president Jean-Claude Juncker shows he’s thrown in the towel.

He says, “things have slipped in a number of countries and we do not know where they would take us. In the European treaties, Article 7 provides possible sanctions against countries which would go awry with respect to the EU’s universal principles.”

“It is a ‘nuclear option’. But there are already some member states which are saying that they will refuse to use it. This a priori refusal cancels de-facto Article 7,” he went on to say,

“I note this with sadness and disappointment. I hope that people will not give free rein to those who will, in the end, harm them”.

But at last month’s plenary, first vice president Timmermans gave a very different message when debating a proposal of the parliament for an EU pact on democracy, the rule of law and fundamental rights (DRF Pact).

He was confident the existing toolkit is sufficient to tackle serious threats and breaches of the core values and standards of the EU.

“We have a range of existing tools and actors that already provide a set of complementary and effective means to address rule of law issues,” he said.

“The existing treaties give us the tools, so let us use them. At the end of the day, this is a very political process.”

In essence, Juncker says: we have no more tools.

Timmermans, on the other hand, says: we have all the tools we need.

This makes the two out to be more Laurel and Hardy, than Bob the Builder.


Juncker has the power

But Juncker is not as helpless and empty-handed as he thinks himself.

He has the right and the duty, as custodian of the treaties, to use Article 7 if his commission notes a serious threat to the rule of law in one of the member states, independently of the positions in council or parliament.

He should embrace the proposal put forward by the parliament for a DRF Pact.

The DRF Pact foresees the monitoring of all member states on an equal footing, on an ongoing basis, rather than crisis-driven.

The annual “DRF health check” will closely involve the national parliaments, consult with a variety of independent experts and civil society and make use of a wide range of sources.

The proposal for an EU pact on democracy, rule of law and fundamental rights has the support of a broad and solid majority in the parliament (405 Members in favour, 171 against and 39 abstained).

In addition, the council is discussing options for strengthening the council rule of law dialogue.

Its deliberations reflect many of the principles underlying the parliament proposal.

There is even a group of 13 member states, dubbed “Friends of the Rule of Law group”, taking a lead role in the evaluation.

So far from being helpless, Juncker has a more complete toolkit within reach and support in parliament and council.

All he needs to do is follow the momentum, put forward a proposal in response to the parliament’s report, and give us new and effective ways to uphold democracy, the rule of law and fundamental rights.

Jean-Claude Juncker, you can fix it!

Pablo Iglesias denuncia le larghe intese che umiliano la democrazia in Europa

Un discorso di addio al Parlamento europeo che vale la pena ricordare. Pablo Iglesias, che riprende la battaglia politica in Spagna dopo quindici mesi di lavoro a Bruxelles, condanna la grande coalizione parlamentare che blocca e umilia la democrazia in Europa. Condanna il compromesso parlamentare che ha permesso a Jean-Claude Juncker di restare al suo posto nonostante le accuse di frode fiscale che lo hanno coinvolto in Lussemburgo. Condanna la falsa retorica di Gianni Pittella, presidente del gruppo socialista, che cita Dante e intanto avalla tutte le regressioni  delle larghe intese tra popolari, socialisti e liberali. Diffida Manfred Weber, capogruppo dei Popolari, dall’interferire nell’esito delle elezioni portoghesi con giudizi simili a quelli, indecenti, espressi nei giorni scorsi dal Presidente del Portogallo Aníbal Cavaco Silva contro un possibile accordo di governo tra socialisti e sinistre radicali («Devo fare di tutto, e rientra nei miei poteri costituzionali, per prevenire l’invio di falsi segnali alle istituzioni finanziarie, agli investitori e ai mercati»).

Strasburgo, 27 ottobre 2015

KEY DEBATE: Conclusions of the European Council meeting of 15 October 2015, in particular the financing of international funds, and of the Leaders’ meeting on the Western Balkans route of 25 October 2015, and preparation of the Valletta summit of 11 and 12 November 2015

Pablo Iglesias, en nombre del Grupo GUE/NGL. Señor Presidente, la primera vez que intervine aquí fue hace quince meses, en representación de este Grupo. Fue un honor hacerlo y fue un honor competir con usted por la presidencia de este Parlamento. Dije entonces que aspirábamos a una Europa diferente, a una Europa que fuera un poco menos dura con los débiles y un poco menos complaciente con los poderosos. Creo que, por desgracia, esa afirmación de hace quince meses sigue siendo y sigue estando vigente hoy.

Recordé, en aquel discurso de hace quince meses, a los combatientes españoles que lucharon contra el fascismo y contra el horror como la mejor contribución de mi patria al progreso de Europa, como la mejor contribución de mi patria a una Europa social, una Europa democrática y una Europa respetuosa de los derechos humanos. Cuando oigo gritos xenófobos en esta Cámara recuerdo que, en mi patria, a aquellos que insultaban, a aquellos que atemorizaban, se les decía «No pasarán». Pero también me molesta escuchar cierta hipocresía en esta Cámara en algunos que lloran lágrimas de cocodrilo y defienden —dicen defender— los derechos humanos.

Señor Weber, ha hablado usted de extremismos para referirse a lo que puede ocurrir en Portugal. Aprendan ustedes a respetar la democracia. Aprendan ustedes que, a veces, los ciudadanos votan cosas distintas a lo que representan ustedes.

(Aplausos)

El señor representante del Grupo liberal —me va a perdonar que, después de quince meses practicando todas las mañanas frente al espejo, siga siendo incapaz de pronunciar su apellido— ha dicho que esto no es un problema de socialdemócratas, de liberales o de populares. Sí, efectivamente. Efectivamente, ustedes han estado de acuerdo en los elementos fundamentales que han implicado una política exterior europea que ahora estamos pagando y que tiene que ver con la situación de miseria y humillación que están viviendo millares de familias a las puertas de Europa.

Hoy hablamos, otra vez, de guerra y de desolación a las puertas de Europa, de familias a las que se está respondiendo con alambradas. Y yo digo que los europeos no podemos olvidar lo que significa una guerra, no podemos olvidar lo que significan el horror y la pobreza y tener que huir del horror y de la pobreza. Y no podemos humillar a esa gente, porque humillar a esa gente es humillar a Europa. Como es humillar a Europa, señor Weber, acabar con el Estado del bienestar. Como es humillar a Europa acabar con los derechos sociales. Es humillar a Europa entregar a los Gobiernos a la arrogancia de los poderes financieros y atacar la soberanía. Es humillar a Europa favorecer el fraude fiscal, como usted, señor Juncker. Como usted, que favoreció —cuando era ministro de Hacienda— negocios secretos, tratos secretos con multinacionales para que tuvieran que pagar impuestos al 1 %, mientras los ciudadanos europeos tienen que pagar impuestos. Y luego hablan ustedes de presupuestos. Y usted se sienta ahí, señor Juncker, porque gente como usted, señor Pittella, ha permitido que el señor Juncker esté sentado ahí; porque ustedes, los socialistas, han mantenido una gran coalición con los populares en esta Cámara.

Así que, menos citar a Dante, señor Pittella, y más ponerse del lado de la gente y acabar de una vez con esta maldita gran coalición.

(Aplausos)

Vuelvo a mi país para que no haya, para que no siga habiendo en España gente como ustedes en el Gobierno, pero quiero pedirles algo antes de marcharme: cambien su política. La crisis de los refugiados no se resuelve con alambradas. La crisis de los refugiados no se resuelve con policía. Se resuelve con una política responsable. Dejen de jugar al ajedrez con los pueblos del Mediterráneo. Trabajen por la paz en lugar de fomentar guerras. Ayuden a las personas que están huyendo del horror. No sigan destruyendo la dignidad de Europa, señor Juncker.

(Aplausos)

I “volti noti” che Juncker vorrebbe alla guida della Grecia

Strasburgo, 16 dicembre 2014. Sessione plenaria del Parlamento europeo

Nel suo intervento di oggi alla plenaria di Strasburgo – sul Programma di lavoro della Commissione europea per il 2015 – Barbara Spinelli ha dichiarato:

«Presidente, vorrei interpellarla anch’io su quanto ha detto venerdì sul voto in Grecia. Alludendo a Syriza, Lei ha denunciato quelli che chiama estremisti, esprimendo il suo desideratum: “Vorrei rivedere i volti noti: vertraute Gesichter”. Leggendo il suo programma, mi son detta che a redigerlo devono proprio esser stati questi volti noti. Sono i volti che hanno portato l’Europa a impoverirsi, disgregarsi. Sono i volti – ha continuato la deputata del GUE-Ngl – che hanno concepito uno dei capitoli più vuoti del Programma: quello sull’immigrazione, di cui mi occupo nella Commissione libertà pubbliche. Le migrazioni son viste con gli occhiali di ieri, quasi non vi foste accorti della loro metamorfosi. Oggi migrano soprattutto fuggitivi da guerre o disastri climatici. Oggi abbiamo un Mediterraneo trasformato in indecente fossa comune. Urge una revisione delle nostre regole d’asilo, a cominciare dal sempre più inefficace Dublino III. Urgono persone che pensino il nuovo, comprese le nuove colpe di cui l’Europa si sta macchiando. Pensa che i volti noti ci aiuteranno ad affrontare questa realtà?»

Lista L’Altra Europa, motivi del voto di astensione sulla mozione di censura a Jean-Claude Juncker il 27 novembre 2014

«Juncker e la sua Commissione meritano di essere censurati. Il gruppo GUE/NGL ha fatto il possibile per avere una propria mozione di censura in plenaria. Purtroppo non ci siamo riusciti, perché Verdi e S&D si sono rifiutati di sostenerla. Tuttavia non possiamo votare a favore della mozione EFDD, che accusa giustamente il paradiso fiscale lussemburghese ma tace su altri paradisi fiscali nell’Unione Europea, a cominciare da quelli del Regno Unito, e che non mette in questione un sistema di cui gli offshore e la deregolamentazione del sistema finanziario sono parti costitutive. Manca inoltre qualsiasi accenno a una maggiore armonizzazione fiscale europea, che la nostra delegazione auspica con forza. Abbiamo firmato la domanda fatta dal gruppo dei Verdi di costituire una commissione di inchiesta sui paradisi fiscali in Lussemburgo e in Europa.»

Barbara Spinelli, Eleonora Forenza, Curzio Maltese

eurodeputati dell’Altra Europa con Tsipras/gruppo GUE-NGL


Il testo della mozione di censura presentata da 76 deputati del gruppo EFDD e dei Non iscritti

Lettera ai parlamentari europei
sulla nomina di Tibor Navracsics

Versione italiana
English version

14 settembre 2014

Cari colleghi,

ritengo necessario respingere la nomina di Tibor Navracsics – attuale ministro ungherese degli Affari esteri e del commercio – a membro della Commissione europea. La sua designazione come responsabile per Educazione, cultura, politiche giovanili e cittadinanza è particolarmente allarmante, e costituisce un vero e proprio ossimoro per chi consideri una inderogabile necessità democratica la tutela dell’informazione, dell’istruzione, della partecipazione attiva dei giovani e della società civile – ambiti che hanno nella libertà d’espressione il proprio nucleo più profondo, e al tempo stesso più fragile.

Più in generale, non può lasciarci indifferenti il fatto che Tibor Navracsics – il cui documento strategico Our Future (Jövőnk) ha costituito, nel 2007, la base per il Manifesto del partito conservatore Fidesz – sia consigliere e uomo di fiducia di Viktor Orbán, il premier nazionalista che nemmeno due mesi fa ha dichiarato il proprio rigetto delle democrazie liberali, [1] né che sia l’ispiratore della riforma dei media ungheresi che nel 2011 pose i mezzi di comunicazione, pubblici o privati che fossero, sotto il controllo dello stato, riducendo pressoché al silenzio le voci dell’opposizione. [2]

Allo stesso modo, dobbiamo ricordare che Tibor Navracsis era ministro della Giustizia e vice Premier del secondo governo Orbán quando, nel 2011, una riforma costituzionale delegittimò la magistratura ungherese, relegando il Consiglio nazionale dei Magistrati a un ruolo meramente consultivo, destituendo la Corte costituzionale di buona parte del suo potere e lasciando piena libertà al governo di far approvare le proprie leggi quadro senza un’adeguata discussione parlamentare. [3]

Infine è opportuno considerare che, in qualità di Commissario – avendo tra le proprie competenze il programma per la cittadinanza – Tibor Navracsis avrebbe facoltà di limitare o bloccare tanto le future iniziative legislative europee quanto i finanziamenti alle Organizzazioni non governative, per progetti intesi a promuovere e rafforzare la cittadinanza europea. La preoccupazione non è fuori luogo, se consideriamo la politica aggressiva attualmente condotta nei confronti delle Ong operanti in Ungheria, denunciata da Amnesty International Ungheria [4] dallo stesso Consiglio d’Europa, che ha indirizzato in proposito una lettera al primo ministro Orbán. [5] Ong che si sono attivate, nel caso ungherese, nelle regioni più povere o a tutela delle popolazioni Rom.

Come sappiamo, il sostegno delle associazioni, dei comitati, delle organizzazioni di cooperazione e di tutela dei diritti umani – che rientra nello spirito dell’articolo 11 del Trattato sull’Unione europea – concerne il Parlamento come istituzione. La libertà d’espressione è un elemento essenziale in un sistema democratico, ed è un diritto fondamentale riconosciuto dalla Carta europea. In quanto principio fondante dell’Unione, deve essere non solo protetta, ma “promossa” dai suoi stati membri (art. 49 del Trattato sull’Unione europea). Limitare l’attività degli organismi a tutela dei diritti umani, o intimidirne i dirigenti e gli attivisti, viola norme che sono vincolanti, e il principio di cooperazione leale che deve caratterizzare le relazioni tra l’Unione e i suoi stati membri (art. 4.3 Teu).

È per questi motivi che vi chiedo, cari colleghi, di esprimervi contro la nomina di Tibor Navracsics a Commissario dell’Unione europea, e in maniera più specifica a Commissario per Educazione, cultura, politiche giovanili e cittadinanza. [6]

Barbara Spinelli
vice-presidente della Commissione Affari costituzionali del Parlamento europeo,
membro supplente della Commissione per le Libertà civili, giustizia e affari interni

NOTE

[1] «Il nuovo stato che stiamo costruendo è uno stato illiberale, uno stato non liberale» ha detto Viktor Orbán il 26 luglio 2014, davanti a una platea di ungheresi “etnici” in Romania. «Dobbiamo abbandonare i metodi liberali e i principi liberali di organizzazione sociale, così come il modo liberale di guardare al mondo». (http://www.kormany.hu/en/the-prime-minister/the-prime-minister-s-speeches/prime-minister-viktor-orban-s-speech-at-the-25th-balvanyos-summer-free-university-and-student-camp)

[2] Un recente rapporto dell’Osce analizza l’impatto delle politiche governative sui media ungheresi, mostrando la convergenza dell’informazione sul partito governativo Fidesz. (http://www.osce.org/odihr/elections/hungary/116077). Unica eccezione, l’emittente dell’opposizione RTL, posta più volte in condizione di fallire, tanto che Neelie Kroes, vicepresidente della Commissione europea, ha recentemente ritenuto di intervenire in sua difesa: «RTL è uno dei pochi canali in Ungheria che non si limiti a promuovere una linea pro-Fidesz; è difficile pensare che l’obiettivo non sia cacciarla dall’Ungheria. Il governo ungherese non vuole in Ungheria un’emittente neutrale di proprietà straniera. [Tutto questo] è parte di un percorso profondamente preoccupante: un percorso contrario ai valori dell’Unione europea». (http://ec.europa.eu/commission_2010-2014/kroes/en/blog/media-freedom-remains-under-threat-hungary)

[3]In un parere giuridico adottato il 16-17 marzo 2012, la Commissione di Venezia del Consiglio d’Europa si è pronunciata contro la riforma, ritenuta una minaccia per l’indipendenza del sistema giudiziario ungherese e un rischio patente di violazione del diritto all’equo processo garantito dall’art. 6 della Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo. A tal fine, la Commissione raccomandò la revisione delle leggi in questione e della stessa Costituzione ungherese. (CDL-AD(2011)016-e. Opinion on the new Constitution of Hungary adopted by the Venice Commission at its 87th Plenary Session, Venezia, 17-18 giugno 2011. http://www.venice.coe.int/webforms/documents/cdl-ad%282011%29016-e.aspx).

[4] Amnesty International Ungheria ha chiesto al governo Orbán di «smettere di ostacolare» le Ong e i gruppi della società civile, e garantire «l’esercizio del loro diritto alla libertà di associazione e alla libertà di espressione, senza subire intimidazioni». (Hungarian government must end its intimidation of NGOs, 10 settembre 2014, http://www.amnesty.eu/content/assets/Doc2014/eur270042014en.pdf).

[5] Il 9 luglio 2014, il Commissario per i Diritti umani del Consiglio d’Europa, Nils Muižnieks, ha indirizzato una lettera a János Lázár, Segretario di Stato per l’Ufficio del Primo Ministro, esprimendo il proprio disappunto per le intimidazioni e la sottrazione di fondi destinati alle Ong ungheresi da parte del Norwegian Civil Fund.
https://wcd.coe.int/com.instranet.InstraServlet?command=com.instranet.CmdBlobGet&InstranetImage=2564455&SecMode=1&DocId=2164762&Usage=2

[6] Parla da sé, che nella Lettera di missione indirizzata da Jean-Claude Juncker a Tibor Navracsics, il 10 settembre 2014, si legga: «Pur essendo radicate a livello locale e nazionale, l’istruzione, la cultura e la partecipazione civica sono percepite dai cittadini dell’Unione Europea come una componente cruciale dei nostri valori e della nostra identità condivisi. Esse contribuiscono alle risorse di libera espressione, creatività e imprenditorialità di ciascun individuo, nonché al dinamismo e alla coesione della nostra società». E, più avanti: «Rafforzare la comprensione dell’opinione pubblica su come oggi siano elaborate le politiche dell’Unione Europea e aiutare i cittadini a conoscere meglio l’Unione Europea e a partecipare alle sue discussioni. Bisogna in particolare adoperarsi per raggiungere i beneficiari delle attività organizzate attraverso il programma “Europe for Citizens” ed ERASMUS+, nonché nell’ambito del programma di tirocini organizzato dalla Commissione».

FIRME:

  1. Marie Christine Vergiat – Front de Gauche
  2. Gabi Zimmer – Die Linke
  3. Cornelia Ernst – Die Linke
  4. Marina Albiol Guzman – Izquierda Unida
  5. David Borrelli – Movimento 5 stelle
  6. Eleonora Forenza – Lista Tsipras-L’Altra Europa
  7. Franziska Keller – Bündnis 90/Die Grünen
  8. Terry Reintke – Bündnis 90/Die Grünen
  9. Fabio Massimo Castaldo – Movimento 5 Stelle
  10. Rosa D’Amato – Movimento 5 Stelle
  11. Klaus Buchner – Ökologisch-Demokratische Partei
  12. Jordi Sebastià – Compromis
  13. Benedek Jávor – Együtt 2014 – Párbeszéd Magyarországért
  14. Karima Delli – Europe Ecologie
  15. Martina Michels – Die Linke
  16. Lösing Sabine – Die Linke
  17. Malin Björk – Swedish Left party
  18. Isabella Adinolfi – Movimento 5 Stelle
  19. Liadh Ni Riada – Sinn Fein
  20. Luke ‘Ming’ Flanagan – Independent
  21. Teresa Rodriguez-Rubio – Podemos
  22. Helmut Scholz – Die Linke
  23. Neoklis Sylikiotis – Cyprus Progressive Party of Working People – Left – New Forces

September 14, 2014

Dear Colleagues,

I believe it is essential to reject the designation of Mr Tibor Navracsics – the current Hungarian minister of Foreign Affairs and Trade – to the post of European Commissioner. His designation as person in charge of Education, Culture, Youth and Citizenship is particularly alarming, and sounds as an outright paradox to those who consider it an inescapable democratic necessity to protect the information, education, and active participation of youth and civil society – areas that have freedom of expression at their deepest and most fragile core.

On a broader level, we cannot remain indifferent to the fact that Mr Tibor Navracsics – whose strategic document Our Future (Jövőnk) served as a basis for the Manifesto adopted by the conservative party Fidesz in 2007 – is a close advisor to Viktor Orbán, the nationalist Prime Minister who hardly two months ago declared his refusal of liberal democracies. [1] Nor can we turn a blind eye to the fact that Mr Navracsics inspired the Hungarian media reform package which in 2011 put both private and public media outlets under Government supervision, virtually silencing the opposition. [2]

Likewise, we must bear in mind that Mr Tibor Navracsis was minister of Justice and Deputy Prime Minister in the second Orbán Government when, in 2011, a constitutional reform delegitimized the Hungarian judiciary system, confining the National Judicial Council to a merely advisory role, widely depriving the Constitutional Court of its powers and giving the Government free rein to have its own framework laws approved without proper parliamentary debate. [3]

Finally, it is also advisable to consider that as a Commissioner – having among his own competences the citizenship programme – Mr Tibor Navracsis will have the power to limit or block not only any future European legislative initiative but also the funds allocated to Non-Governmental Organizations for projects aiming to promote and reinforce European citizenship. This concern is legitimate if we consider the aggressive policy currently directed against NGOs working in Hungary, included those particularly active in the poorest regions or in the defence of Roma communities. This policy was denounced by Amnesty International Hungary [4] and by the Council of Europe, which wrote a letter to the Hungarian Prime Minister to express its concern over the issue. [5]

As we know, the support for associations, committees, and organizations engaged in cooperation and in the protection of human rights – which espouses the spirit of Article 11 of the Treaty of the European Union – concerns the Parliament as an institution. Freedom of expression is an essential principle of every democratic system and a right recognized by the European Charter of fundamental rights. As a founding principle of the Union, freedom of expression must be not only protected, but also “promoted” among Member States (art. 49 of the Treaty of the European Union). All actions intended to limit the activity of human rights organizations or to intimidate their leaders and activists violate not only binding rules of the Union, but also the principle of loyal cooperation which should characterize the relations between the Union and its Member States (art. 4 p. 3 TEU).

For these reasons I ask you, dear colleagues, to vote against the designation of Mr Tibor Navracsics as Commissioner of the European Union, and more specifically as Commissioner for Education, Culture, Youth and Citizenship. [6]

Barbara Spinelli
Vice-President of the Committee Constitutional Affairs of the European Parliament,
Member of the Committee Civil Liberties, Justice and Home Affairs

NOTES

[1] “The new state that we are constructing in Hungary is an illiberal state, a non-liberal state” said Viktor Orbán on July 26, 2014, to an audience of “ethnic” Hungarians in Romania. “We must break with liberal principles and methods of social organisation, and in general with the liberal understanding of society”. http://www.kormany.hu/en/the-prime-minister/the-prime-minister-s-speeches/prime-minister-viktor-orban-s-speech-at-the-25th-balvanyos-summer-free-university-and-student-camp

[2] A recent OSCE report analyzes the impact of government policies on the Hungarian media, showing the converging bias of the information regarding the government party Fidesz. The only exception being the opposition media company RTL, which was repeatedly pushed to the brink of bankruptcy by means of heavy taxation, so that Neelie Kroes, Vice-President of the European Commission, has recently decided to intervene in its defense: “RTL is one of the few channels in Hungary not simply promoting a pro-Fidesz line; it is hard to see that the goal is anything other than to drive them out of Hungary. The Hungarian Government does not want a neutral, foreign-owned broadcaster in Hungary. [This] is part of a pattern that is deeply worrying; a pattern contrary to the EU’s values”.
http://ec.europa.eu/commission_2010-2014/kroes/en/blog/media-freedom-remains-under-threat-hungary

[3] In an opinion adopted on March 16-17, 2012, the Venice Commission of the Council of Europe has ruled against the reform, which is considered a threat to the independence of the Hungarian judiciary system and risks of being an evident breach of the right to fair trial guaranteed by art. 6 of the European Convention of Human Rights. To this end, the Commission recommended the review of the laws concerned and of the Hungarian Constitution itself. (CDL-AD(2011)016-e. Opinion on the new Constitution of Hungary adopted by the Venice Commission at its 87th Plenary Session, Venezia, 17-18 giugno 2011.
http://www.venice.coe.int/webforms/documents/cdl-ad%282011%29016-e.aspx)

[4] Amnesty International called on the Hungarian government to end its intimidation of NGOs and “to respect the right to freedom of association and freedom of expression”.
http://www.amnesty.eu/content/assets/Doc2014/eur270042014en.pdf

[5] On July 9, 2014, the Commissioner for Human Rights of the Council of Europe, Nils Muižnieks, addressed a letter to János Lázár, Secretary of State for the Office of the Prime Minister, expressing his concern about intimidations and the conversion of funds originally allocated to Hungarian NGOs by the Norwegian Civil fund.
http://www.amnesty.eu/content/assets/Doc2014/eur270042014en.pdf

[6] Please note that the Mission letter addressed by Jean-Claude Juncker to Tibor Navracsics on September 10, 2014, states: «While locally and nationally rooted, education, culture and civic participation are perceived by EU citizens as a key component of our shared European identity and values. They contribute to individuals’ capacities for self-expression, creativity and entrepreneurship, as well as to the social cohesion and dynamism of our society». Moreover, «Strengthening the understanding of the general public of how EU policies are shaped today and helping citizens to learn more about the EU and to engage in EU debates. Particular attention should be paid to reaching out to the beneficiaries of activities organised through the “Europe for Citizens” programme and ERASMUS+, as well as in the context of the traineeship programme organised by the Commission».
http://ec.europa.eu/about/juncker-commission/docs/navracsics_en.pdf

SIGNATURES:

  1. Marie Christine Vergiat – Front de Gauche
  2. Gabi Zimmer – Die Linke
  3. Cornelia Ernst – Die Linke
  4. Marina Albiol Guzman – Izquierda Unida
  5. David Borrelli – Movimento 5 stelle
  6. Eleonora Forenza – Lista Tsipras-L’Altra Europa
  7. Franziska Keller – Bündnis 90/Die Grünen
  8. Terry Reintke – Bündnis 90/Die Grünen
  9. Fabio Massimo Castaldo – Movimento 5 Stelle
  10. Rosa D’Amato – Movimento 5 Stelle
  11. Klaus Buchner – Ökologisch-Demokratische Partei
  12. Jordi Sebastià – Compromis
  13. Benedek Jávor – Együtt 2014 – Párbeszéd Magyarországért
  14. Karima Delli – Europe Ecologie
  15. Martina Michels – Die Linke
  16. Lösing Sabine – Die Linke
  17. Malin Björk – Swedish Left party
  18. Isabella Adinolfi – Movimento 5 Stelle
  19. Liadh Ni Riada – Sinn Fein
  20. Luke ‘Ming’ Flanagan – Independent
  21. Teresa Rodriguez-Rubio – Podemos
  22. Helmut Scholz – Die Linke
  23. Neoklis Sylikiotis – Cyprus Progressive Party of Working People – Left – New Forces

 

Riunione informale dei ministri e segretari di Stato per gli affari europei, 28-29 agosto 2014

Intervento di Barbara Spinelli, primo vice-presidente della Commissione affari costituzionali del Parlamento europeo, 28 agosto 2014

È un buon segno che questa riunione apra le porte al Parlamento europeo, e che le apra in particolare alla Commissione affari costituzionali, perché è nell’assenza di una vera costituzione europea – tuttora latitante, a cinque anni dall’entrata in vigore del Trattato di Lisbona e della Carta dei diritti – che si riassume a mio parere l’essenza della crisi che attraversiamo. Non ho ricevuto dalla Commissione affari costituzionali un preciso mandato, anche se a nome del Presidente Danuta Hübner posso senz’altro indicare le sue priorità: cominciare a lavorare seriamente su quel che può essere fatto a trattato costante e su quello che esige, e presto, una sua revisione.

Approfitterò quindi di quest’occasione per esporvi alcune riflessioni, fatte a titolo personale.

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Seduta plenaria del Parlamento Europeo,
15 luglio 2014

Dibattito e voto di fiducia sul presidente della commissione europea Jean-Claude Juncker

Signor Presidente,

Come Lei sa, il mio gruppo ha deciso di non dare la fiducia al suo esecutivo, che non risponde a quello che chiedono i cittadini: una netta rottura di continuità nelle politiche dell’Unione. Rispetteremo la maggioranza, ma la maggioranza deve impegnarsi a rispettare le minoranze: cosa non avvenuta, a cominciare dalla scelta del presidente di una Commissione parlamentare.

Concentro il mio intervento su un punto: la natura tuttora non democratica della nostra Costituzione, che non a caso si chiama Trattato e non Costituzione. In questi anni di crisi ha preso corpo una costituzione materiale profondamente malsana, di cui Lei è stato uno degli esecutori. Ma se la costituzione materiale è malsana, è perché la costituzione formale è drammaticamente inadeguata. Dobbiamo impegnarci ad avviare un processo di revisione radicale della costituzione formale, per dare ai cittadini i mezzi per correggere le storture della costituzione materiale.

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Un nuovo inizio per l’Europa

di Jean-Claude Juncker

Discorso di apertura della plenaria del Parlamento europeo, 15 luglio 2014

Il 25 maggio i cittadini europei si sono espressi e ci hanno mandato messaggi forti, sebbene a volte contraddittori. Dobbiamo dare loro una risposta, oggi e negli anni a venire. Dobbiamo rispondere alle loro aspettative, alle loro paure, alle loro speranze, ai loro sogni: perché in Europa c’è spazio per i sogni. Ed è proprio qui, al Parlamento europeo, massimo livello della democrazia europea, che presenterò gli orientamenti generali per l’operato e l’azione della prossima Commissione. Si tratta degli orientamenti generali, sintetici, che vi ho presentato in forma scritta in tutte le lingue ufficiali, perché tutte le lingue hanno pari dignità. Per questo ringrazio i traduttori che hanno passato la notte in bianco su un testo finalizzato nella tarda serata di ieri. Il programma dettagliato della Commissione sarà elaborato dal collegio dei commissari, che sarete chiamati a legittimare con il vostro voto in autunno.

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