La Merkel affronta i guasti prodotti da Usa ed Europa

Intervista a Barbara Spinelli di Stefano Citati, «Il Fatto Quotidiano», 11 settembre 2015

Dopo la svolta impressa dalla Merkel la proposta di corridoi umanitari che lei Barbara Spinelli ha formulato nel luglio 2014 può essere effettivamente realizzata?
Certo di svolta si tratta, e la presa di coscienza di tanti cittadini l’ha di sicuro accelerata; la Merkel e Junker hanno per la prima volta parlato di vie legali per chi fugge e muore in mare o in terra. È la legalizzazione dell’immigrazione: l’unica misura che debilita i trafficanti. L’aumento delle quote dalle 40.000 previste in estate alle 160.000 proposte dal presidente della Commissione è un segnale importante, che aiuta i paesi più esposti: Italia, Grecia, Ungheria. Ma bisogna vedere se il Consiglio Ue lo ratificherà. È lì che gli Stati litigano: il Consiglio è il vero distruttore delle buone iniziative. Va ricordato che mentre l’Unione si agita, i migranti finora arrivati rappresentano lo 0,1% della sua popolazione. L’85% dei profughi è nei paesi poveri del mondo. E ricordiamo che i profughi fuggono da guerre e caos prodotti il più delle volte da Usa ed Europa. Nel caso siriano, c’è chi parla di “regime-change refugees”: di un esodo causato da strategie che pur di abbattere Assad hanno finanziato, in origine, formazioni jihadiste come l’Isis o Al Nusra. Risultato: alle nostre porte s’erge un altro Afghanistan. I profughi e le guerre che li provocano sono effetti collaterali di politiche sbagliate, come ben spiegato da Alberto Negri sul Sole 24 Ore.

La decisione della Merkel è solo strategica o c’è qualcosa di personale?
Non darei un significato negativo alla parola strategia. A differenza di altri governi Ue, il Cancelliere ha una strategia, anche di natura demografica (la Germania sta invecchiando drammaticamente). Inoltre, come in passato, rivela un forte intuito nelle grandi occasioni. Sulla Grecia non l’ha certo avuto, ma già una volta ha saputo cogliere le occasioni storiche: dopo il disastro di Fukushima, ha subito capito che doveva abbandonare il nucleare e puntare tutto sulle energie alternative. Ho tuttavia parecchie riserve, a cominciare dall’apertura selettiva ai profughi. Non ci sono solo i siriani, ma anche afghani, eritrei, somali. Ho anche dubbi forti sulla lista propugnata dall’Ue di “paesi sicuri”, verso cui rimpatriare subito i richiedenti asilo. È una scelta pericolosa, perché avalla selezioni nazionali proibite dalle leggi internazionali. L’articolo 3 della Convenzione di Ginevra prevede la valutazione individuale, non collettiva, dei richiedenti asilo. I Balcani sono a esempio considerati “sicuri”, ma se un rom scappa da questi paesi come rimpatriarlo senza violare la legge del non-respingimento? Infine: il sistema di Dublino non è ancora abolito. A ciò aggiungerei un calcolo più personale. Sappiamo ormai che si ricandiderà alla cancelleria nel 2019. È come fosse già in campagna, accreditandosi non solo come leader della Germania, ma dell’intera Europa.

Tra poco si vota in Grecia, assediata da profughi e crisi economica.
È chiaro che nei confronti di Atene non ci saranno né alleggerimenti del piano d’austerità, né una vera ristrutturazione del debito: tutt’al più uno scaglionamento, o un Grexit solo rinviato. Gli aiuti Ue per gli immigrati daranno una mano al nuovo governo; ma quale che sia il partito vincitore, e non è detto sia Syriza, la tutela della troika rimarrà.

Syriza in Grecia, Podemos in Spagna possono cambiare la natura prevalentemente economica dell’Ue rafforzando quella solidale?
In Grecia è chiaro che questo progetto ha subito una disfatta. Nella lotta per un’altra Europa il primo tentativo è stato debellato. Podemos credo si prepari a fare coalizioni politiche; se vincerà farà accordi di governo di tipo classico. La battaglia non va abbandonata, ma una certa idea d’Europa è uscita sconfitta da questa fase della crisi economica.

 

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