Agenda strategica per l’Unione in una fase di cambiamento

Testo del documento presentato dal Presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy al Consiglio europeo del 26 e 27 giugno 2014 e adottato in tale occasione dagli Stati membri

Le elezioni europee del maggio 2014 aprono un nuovo ciclo legislativo. Questo momento di rinnovamento politico coincide con il riemergere dei nostri paesi da anni di crisi economica e con il crescere di una disillusione dell’opinione pubblica nei confronti della politica. È l’occasione giusta per stabilire su che cosa vogliamo che l’Unione si concentri e in che modo vogliamo che essa funzioni.

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Barbara Spinelli: «All’Ue serve una Costituzione fatta dai cittadini»

Intervista di Antonietta Demurtas, Lettera43.it, 27 giugno 2014

Barbara Spinelli di solito le interviste le fa, non le dà. Ma da quando è diventata europarlamentare nel gruppo della sinistra europea (Gue) con la lista Tsipras, ha accettato ogni sfida, compresa quella di dismettere i panni della giornalista e raccontarsi.

Da due settimane è arrivata a Bruxelles e al suo ingresso al parlamento europeo è stata accolta con grande affetto e curiosità da tutti coloro che più che Barbara conoscevano il padre: Altiero Spinelli, uno dei fondatori dell’Europa, a cui è dedicata anche l’ala più importante dell’aula. Ed è qui che Lettera43.it la incontra mentre corre da una riunione di gruppo a un’altra.

Capelli corti bianchi, vestiti lunghi neri e scarpe rosse, si aggira circondata dai suoi assistenti che la scortano nei grandi corridoi dove tutti i neo deputati camminano spaesati: «Questa macchina del parlamento europeo è mastodontica, un po’ mi spaventa», racconta.

Momenti di smarrimento, ma anche di grande euforia: «È un’avventura bellissima e sconosciuta per me. Non ho mai fatto politica tranne che per questa campagna elettorale». Ma la voglia di fare è tanta: «Mi sento battagliera».
Un sentimento che le ha dato anche la forza di lasciarsi alle spalle tutte le polemiche dovute alla sua scelta di accettare l’incarico parlamentare anziché rinunciarvi, come dichiarato all’inizio, in favore del secondo della lista, il vendoliano Marco Furfaro. Nessun senso di colpa, ma solo il desiderio di lavorare bene.

DOMANDA. Sente il peso dell’eredità di suo padre?

RISPOSTA. In gioventù l’ho sentito di più, ora è più un esempio, uno stimolo a fare delle belle battaglie. Anche se rimane il timore di non essere all’altezza, ma speriamo bene. Io mi sono buttata.

D. Aspira a lavorare nella commissione Costituzionale, che cosa vuole cambiare?
R. Penso che il trattato di Lisbona vada praticamente riscritto perché consacra soprattutto i rapporti di forza tra gli Stati.

D. Ha un modello in mente?
R. Come è successo per gli Stati Uniti dobbiamo avere una costituzione che sia fatta dai cittadini non dai governi degli stati membri dell’Unione.

D. Una vera federazione?
R. Sì, in cui i cittadini eleggano davvero il capo del governo ovvero il presidente della Commissione. E non come è successo in queste ultime elezioni.

D. Che cosa non le è piaciuto?
R. Ci si è esercitati per la prima volta a fare delle candidature ed è stato interessante, ma il Trattato dice chiaramente che la presidenza della Commissione appartiene, come proposta iniziale, agli Stati.

D. Quindi vorrebbe togliere questa parte?
R. Vorrei riconvocare una convenzione di parlamentari europei nazionali per democratizzare la Costituzione europea e dare molto più spazio ai cittadini prima che sia troppo tardi.

D. Suo padre aveva scritto il manifesto di Ventotene contro una guerra che divideva l’Europa. Oggi che cosa rischia di spaccare l’Ue?
R. La guerra economica: questa crisi ha separato profondamente gli Stati gli uni dagli altri, ha creato un enorme fossato tra Nord e Sud e ha risvegliato diffidenze profondissime, in particolare verso la Germania.

D. Che cosa la preoccupa di più?
R. Che la Germania sia vista in molte Nazioni come un nemico di vecchia data. È come se questo Paese fosse costretto o fosse portato a ripetere le egemonie che ha esercitato in passato.

D. Una volontà di potenza?
R. La cosa impressionate è che si ripetono gli errori precedenti all’ascesa di Hitler, come la politica recessiva insopportabile per i tedeschi e per grande parte degli europei dopo la Grande crisi. Questo ha buttato un intero popolo nelle mani del Führer.

D. Teme la ciclicità della storia?
R. Purtroppo si sta ripetendo la stessa politica tra la Prima e la Seconda Guerra mondiale e si dimentica invece la saggezza che c’è stata dopo l’ultimo conflitto.

D. Quale?
R. Quella di imparare la lezione: nel 1953 fu indetta una Conferenza in cui gran parte dei debiti tedeschi furono condonati. E quella parte non condonata che dovevano dare ai Paesi che avevano occupato, era legata alla ripresa economica della Germania.

D. Quello che si potrebbe fare adesso con i Paesi europei in difficoltà?
R. Sì, sarebbe una questione di giustizia storica e sociale. Ricordiamoci che alla Conferenza del debito abbiamo contribuito noi italiani che stavamo messi malissimo e i greci che vivevano in un Paese occupato dai nazisti.

D. Il semestre italiano è l’occasione per dare un’altra volta l’esempio?
R. Sono fiduciosa, anche se leggendo i vari documenti che il governo sta preparando e il discorso di Matteo Renzi fatto alla Camera il 24 giugno, vedo un divario potenziale tra una retorica molto europeistica e i fatti.

D. Cioè?
R. Le parole vanno tutte nella direzione: «Ci vuole un cambiamento radicale, una svolta, bisogna cambiare verso perché altrimenti l’Europa muore». Però poi quando si guardano le politiche concrete, non ci sono rotture di continuità rispetto al passato.

D. Più che la rottamazione bisognerebbe fare la rivoluzione?
R. La rivoluzione non ha più niente a che fare con la sinistra. E intendo la rivoluzione buona, quella che permette di cambiare radicalmente le cose. Di riprendere in mano la bandiera dell’uguaglianza, l’unica caratteristica che secondo Norberto Bobbio divideva davvero la sinistra e la destra. Io quella sinistra non la vedo più, non è certo quella che sta al governo.

D. Il suo collega eurodeputato Curzio Maltese dice, però, che bisognava dialogare con il Pd, lei ci sta provando?
R. Con i social democratici un dialogo è possibile, così come con i Verdi, con i Liberali. Ma quando parlo dei socialisti intendo quelli che sono capaci di mettere in discussione questa eterna grande coalizione che regna nel parlamento europeo ormai da anni e che li lega ai popolari.

D. Non le piace la Große Koalition?
R. No, perché è esattamente la stessa coalizione che ha approvato tutte le politiche di austerità a cominciare dal 2007-08 quando la crisi è cominciata.

D. I socialisti hanno perso la propria anima?
R. Sì, sono diventati quasi come una seconda destra.

D. Per questo auspica a una Syriza italiana: un partito radicale non identitario, alternativo al Pd?
R. Spero che qualcosa del genere nasca davvero, farebbe bene anche al Pd perché sono tante le forze dentro il partito che sono scontente di questo appiattimento.

D. Per esempio?
R. Molti sono profondamente scontenti di perdere un’identità alternativa socialmente, penso per esempio al gruppo di Civati. Ma anche a Fabrizio Barca, anche se non so quali siano ora i suoi programmi futuri, nessuno sa più che cosa vuole fare.

D. Barca si è imbarcato senza approdare da nessuna parte, verrebbe da dire.
R. Però le volte in cui l’ho sentito parlare nel suo giro d’Italia diceva cose interessanti molto in sintonia con Civati, che ha votato alle primarie. Gli darei la parola molto più spesso.

D. Con Renzi one man show è difficile…
R. Sì, ma non cadiamo di nuovo negli errori del passato. Di one man show ne abbiamo già avuto uno per 20 anni.

D. Meglio Beppe Grillo?
R. Oddio, Grillo ha scelto di stare in un gruppo talmente xenofobo e chiuso (l’Efdd di Nigel Farage, ndr) che, nel parlamento europeo, a meno che non ci siano defezioni di deputati del M5s, sarà molto difficile parlare con lui.

D. Le fa paura Renzi?
R. No, ma non mi piace il divario totale tra le parole e le azioni: dire ‘riporto il lavoro ai giovani’ e poi condannarli a un precariato che è ancora più pesante di quello che avevamo prima. Un pochino di congruenza sarebbe gradita. E poi nel partito lo trovo anche molto autoritario, ho l’impressione che non ascolti davvero il dissenso. Che abbia molta fretta.

D. La cosiddetta fretta dei giovani?
R. No, aveva fretta anche Berlusconi. Tutto questo correre, questo dare subito i risultati, 80 euro, facciamo qui, buttiamo giù il Senato, più che una voglia giovanilistica di fare le cose rapidamente, mi pare una cifra molto berlusconiana.

D. Teme di vedere messa in scena una fiction sul passato?
R. Speriamo che non sia una fiction, che non sia solo retorica, ma anche realtà. Il semestre non è ancora cominciato, vediamo che succede.

Verso un’autentica Unione economica e monetaria

Testo della relazione presentata il 26 giugno 2012 dal presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy ed elaborata in collaborazione i presidenti della Commissione, dell’Eurogruppo e della Banca centrale europea

I. CONSOLIDAMENTO DELL’UNIONE ECONOMICA E MONETARIA

L’Unione economica e monetaria (UEM) è stata istituita per portare prosperità e stabilità in tutta Europa. È la pietra angolare dell’Unione europea. Oggi l’UEM si trova di fronte ad una sfida fondamentale: la necessità di essere rafforzata per assicurare il benessere
economico e sociale.

La presente relazione, elaborata dal presidente del Consiglio europeo in collaborazione con il presidente della Commissione, il presidente dell’Eurogruppo e il presidente della Banca centrale europea, mira a definire una prospettiva per l’UEM al fine di assicurare stabilità e
prosperità duratura, proponendo un’architettura forte e stabile nei settori finanziario, di bilancio, economico e politico, a fondamento della strategia per la crescita e l’occupazione.

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Note su Jean-Claude Juncker inviate al GUE/NGL, 15 giugno 2014

Vorrei precisare alcune cose che penso a proposito di Juncker presunto candidato «naturale»alla presidenza della Commissione:

1)  I partiti hanno deciso di presentare propri candidati, il che rappresenta senza dubbio un passo avanti nella creazione di uno spazio europeo di dibattito sulle istituzioni dell’Unione e su chi deve dirigerle. Ma nella sua forma attuale, il Trattato è chiaro e prevede una procedura ancora sbilanciata a favore dei governi: è il Consiglio europeo, dunque gli Stati, a designare a maggioranza qualificata il Presidente, «tenendo conto delle elezioni europee». Dopo «appropriate»consultazioni tra Consiglio europeo e Parlamento, e poi tra candidato designato e Parlamento, il Parlamento può respingere il candidato proposto oppure eleggerlo. Qui resta la sua forza, la sua immutata arma ultima.

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