Tortura in Arabia Saudita: risposta dell’Alto Rappresentante

IT

E-003382/2015

Risposta dell’alta rappresentante/vicepresidente Federica Mogherini all’interrogazione con richiesta di risposta scritta E-003382-15 del 27 febbraio 2015

(30.10.2015)

L’Alta rappresentante/vicepresidente è a conoscenza del caso di Raif Badawi. Il SEAE segue da vicino, sia a Bruxelles che localmente tramite la delegazione dell’UE a Riyadh, questo caso e quelli di altri attivisti di spicco, tra cui Abu Al-Khair.

IL SEAE, in stretto coordinamento con gli Stati membri dell’UE, ha condotto varie iniziative di sensibilizzazione, a carattere ufficiale o non, presso le autorità saudite in merito al caso di Raif Badawi. Dal canto suo, il portavoce dell’Alta rappresentante ha rilasciato una dichiarazione nella quale viene ribadita la convinzione dell’UE che le punizioni corporali siano inaccettabili e contrarie alla dignità umana, invitando le autorità saudite a sospendere la condanna pronunciata nei confronti di Raif Badawi.

L’Arabia Saudita è un partner importante per l’UE e un attore politico, economico, culturale e religioso influente nel Medio Oriente e nel mondo islamico. L’UE continuerà a impegnarsi per convincere le autorità saudite a rafforzare il dialogo con l’Unione su questioni riguardanti i diritti umani. E continuerà anche a esprimere le proprie preoccupazioni ogniqualvolta necessario, in particolare per quanto concerne il rispetto della libertà di espressione e della libertà di religione o di credo e l’aumento del numero delle condanne a morte.

Come rilevato a più riprese dal Parlamento europeo, l’UE e l’Arabia Saudita devono rafforzare il dialogo, non ridurlo. L’UE non esiterà a difendere i diritti umani e le libertà fondamentali, ma la responsabilità dell’Arabia Saudita per la promozione del cambiamento è un aspetto altrettanto importante. Il processo di riforma giudiziaria in corso è l’opportunità, per il Regno dell’Arabia Saudita, di avanzare ancora su questa strada e, per l’UE, di impegnarsi in maniera costruttiva presso la nuova leadership saudita a favore di un maggiore rispetto dei diritti individuali. L’UE e i suoi Stati membri continueranno inoltre a partecipare attivamente al follow-up della revisione periodica universale dell’ONU concernente l’Arabia Saudita condotta nel 2015.


Si veda anche

Premio Sakharov a Raif Badawi

Ecco il Parlamento che vogliamo

Il 29 ottobre a Strasburgo, il Parlamento ha adottato con 342 voti a favore e 274 contrari la “Risoluzione Moraes” sul seguito da dare alla risoluzione del Parlamento europeo del 12 marzo 2014 sulla sorveglianza elettronica di massa dei cittadini dell’Unione. È una risoluzione che svela un Parlamento più coraggioso e audace del previsto, in primis per l’invito – rivolto agli Stati membri dell’UE – a ritirare ogni imputazione penale nei confronti di Edward Snowden, a offrirgli protezione e, di conseguenza, a evitare la sua estradizione o consegna da parte di terzi. Il suo statuto di “lanciatore di allerta” (whistleblower), e dunque di difensore internazionale di diritti fondamentali della persona, viene pienamente riconosciuto. Sostengo da sempre la necessità di difendere gli informatori e ho caldeggiato di recente, con il gruppo GUE-NGL, la candidatura di Snowden al premio Sakharov (assieme ad Antoine Deltour, whistleblower nel caso Luxleaks, e a Stephanie Gibaud, che ha rivelato pratiche di evasione e riciclaggio della banca UBS AG). È il motivo per cui l’emendamento Snowden (presentato da deputati Verdi e del GUE-NGL) era cruciale per me. È passato per pochi voti: 285 i voti a favore, 281 i contrari.

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L’intollerabile intrusione dei cittadini

Mercoledì 28 ottobre il Parlamento ha votato in plenaria una risoluzione sull’Iniziativa cittadina europea (Ice), di cui ero “relatore ombra”. La risoluzione migliora in misura apprezzabile una serie di aspetti tecnici, ma purtroppo è passato un emendamento – firmato da socialisti e popolari – che lascia alla Commissione il monopolio sull’essenziale: il necessario seguito legislativo da dare alle Iniziative coronate da successo. È un emendamento che svuota del tutto questo strumento di democrazia diretta e in pratica lo uccide, confermando lo status quo: da quando l’Iniziativa è stata istituita, solo 3 ICE hanno superato la soglia di 1 milione di firme e nessuna di esse è stata presa in considerazione dalla Commissione, come promesso nei Trattati. È caduto anche l’emendamento che chiedeva di poter estendere i poteri dell’ICE alle modifiche dei Trattati esistenti. Per questo il voto che ho raccomandato al gruppo GUE-NGL è passato dal positivo all’astensione.


Per una sintesi dei risultati del voto si veda anche:

MEPS push for simpler rules on EU quasi-referendums

How to save the European Citizens’ Initiative

COMUNICATO STAMPA GUE/NGL

How to save the European Citizens’ Initiative (ECI) – Parliament to vote on Schöpflin report

Ahead of tomorrow’s vote on the Schöpflin report on the European Citizens’ Initiative, Italian GUE/NGL MEP Barbara Spinelli outlined her views for and against the report and why it is important to save the ECI:

“The European Union discovered participatory democracy after a crisis: Ireland’s ‘No’ vote to the Treaty of Nice in 2001. The European Citizens’ Initiative, that is now part of the Treaties, was a response to that crisis. However, the crisis is getting worse and participatory democracy is moribund: no legislative proposals have followed successful Initiatives.

“Although the Schöpflin report is far from perfect, because it does not allow modifications to the Treaties, it was adopted unanimously in the Constitutional Affairs (AFCO) Committee since it greatly eases the legal follow-up to the Initiatives.

“But I call on this Parliament to reject amendment 4 to paragraph 30 which will transform the ECI into a bow without arrows. This amendment urges the Commission to start preparing a legal act on successful ECIs but only after issuing a positive opinion.

“Up until now 29 initiatives out of 49 submissions have gone through the process of registration and only three of them have reached the 1 million signature threshold. Only the ECI Right2Water received a positive – although vague – communication from the European Commission. None of the successful ECIs has led to legislative follow-up.  In addition, Commissioner Malmström, answering petitions submitted against the TTIP, stated recently: ‘I do not take my mandate from the European people’. If that is the case, I am curious to know from whom does the European Commission take its mandate?”


Si veda anche

Come salvare l’Iniziativa cittadina europea

Come salvare l’Iniziativa cittadina europea

Sessione Plenaria di Strasburgo, 26 ottobre 2015.

Intervento di Barbara Spinelli, in qualità di Relatore ombra per il Gruppo GUE/NGL della Relazione sull’Iniziativa dei Cittadini Europei

Punto in Agenda: Discussione sulla Relazione sull’Iniziativa dei Cittadini Europei

Relatore: György Schöpflin (PPE – Ungheria)

Presenza ed intervento per conto della Commissione europea: Frans Timmermans, Primo Vicepresidente della Commissione/Commissario per Qualità della legislazione, relazioni interistituzionali, Stato di diritto e Carta dei diritti fondamentali

Come salvare l’Iniziativa cittadina europea (ICE)

L’Unione ha scoperto la democrazia partecipativa dopo una crisi: il No dell’Irlanda al Trattato di Nizza. L’Iniziativa cittadina, iscritta ora nei Trattati, fu una risposta a quella crisi. Oggi la crisi s’è aggravata, e la democrazia partecipativa è moribonda: nessuna Iniziativa che ha raccolto le firme necessarie è stata seguita da azioni legali.

Il rapporto Schöpflin non è perfetto, non permette purtroppo di modificare i Trattati, ma ha raccolto l’unanimità della Commissione AFCO perché facilita di molto il follow-up giuridico delle Iniziative.

Chiedo solennemente a questo Parlamento di non votare l’emendamento 4 al paragrafo 30, che trasformerebbe l’ICE in un arco senza frecce. Lo chiedo specialmente ai socialisti, che l’hanno presentato. L’emendamento esige che la Commissione proponga un atto legislativo a favore di un’ICE coronata di successo, ma solo dopo aver emesso un parere positivo. Fino ad oggi 29 iniziative su 49 sono state ammesse, tre hanno superato la soglia delle firme, solo il diritto all’acqua ha ottenuto un vago parere positivo, nessuna ha avuto seguito.

Il Commissario Malmström ha risposto alle petizioni contro il TTIP: ”Non ricevo il mio mandato dal popolo europeo”. Vorrei sapere a questo punto, e lo chiedo al vicepresidente Timmermans che è qui con noi, da chi la Commissione riceva il proprio mandato.


Si veda anche

Open letter from ECI organisers to the European Parliament

Withdraw parliamentarians from blacklists, normalise political relations with Russia

COMUNICATO STAMPA GUE/NGL

Brussels, 26 October 2015

Following the visit of a delegation of five GUE/NGL MEPs to Moscow last week, GUE/NGL is calling for all European and Russian parliamentarians to be removed from the blacklists that were established on both sides earlier this year, and for direct dialogue to be resumed between the EU and Russia.

In Moscow, the GUE/NGL delegation met with representatives of the State Duma, the Federation Council, the Eurasian Economic Commission, the Federation of Independent Trade Unions and civil society activists.

GUE/NGL President, Gabi Zimmer, stated: “For several months now, the official contact between the European Parliament, the State Duma and the Russian Federation Council have been frozen. In view of the dramatic developments in many regions of the world which can only be solved through coordinated policies of the global community, we as the left group in the European Parliament took initiative to contribute to restoring dialogue between the EU and Russia.”

“Parliaments should play a key role in this situation of tense relations between the EU and Moscow. The delegations of the European Parliament and the State Duma must urgently resume their direct dialogue. Therefore, as a first step, we call for the immediate withdrawal of all parliamentarians from the blacklists of the EU and the Russian Federation,” Ms Zimmer continued.

GUE/NGL Vice-President, Neoklis Sylikiotis, commented: “The sanctions that were imposed on Russia by the EU have negative consequences on the people. It is highly important to find a peaceful solution and the parliaments have a very important role to play in this situation. Unfortunately, the sanctions that were imposed on the members of the State Duma exclude any possibility of resuming the direct dialogue with the EU. Therefore, we urge the EU to withdraw the parliamentarians from the blacklist and normalise political relations with Russia.

Italian MEP, Barbara Spinelli, also commented: “The situation we witnessed in Moscow is cause for profound concern. Each initiative of the Russian government – the reaction to NATO expansion at the EU’s Eastern borders in the Ukraine, the Eurasian Economic Community, the Russian military intervention in Syria – is interpreted in Europe as a provocation or a disturbing factor, and this misconception contributes to deep resentment among the Russian elite.”

Ms Spinelli continued: “The Cold War is back, but without the codes of conduct and the deconflicting elements which distinguished it. Instead of a sober evaluation of Russia’s interests, EU member states tend to passively fall in line with the US administration. The post-war ‘roll-back’ doctrine is being revived, rather than Cold War or containment policies. This is perhaps in the interest of the US administration, whose aim is either the preservation of the unipolar world disorder established after the end of the Cold War or improvised bilateral arrangements with Moscow behind Europe’s back. In any case, it’s not in the interest of the European Union”.

Vice–Chair of the EU-Russia Delegation and GUE/NGL MEP, Jiří Maštálka, added: “Apart from high-level political diplomacy we have to support and reinforce popular diplomacy. For example, in the field of culture and science in which there is a long tradition of mutually beneficial relations between the EU and Russia. These include the cooperation with RUDEN (People’s Friendship University of Russia), the student exchange programme with the Volgograd State University, the Erasmus Plus programme, and the common activities of the sister cities of Volgograd, Russia and Ostrava, Czech Republic. Students, young artists and talented scientists must not be taken as hostages of the difficult current political situation”.

German MEP, Helmut Scholz, also participated in the mission to Moscow.

The many faces of Angela Merkel

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Bruxelles, 13 ottobre 2015. Discorso di Barbara Spinelli in occasione della proiezione del film “The Godmother” diretto da Stelios Kouloglou (GUE/NGL-Syriza, Grecia).

Gertrud Höhler, the author of the book “Die Patin” – “The Godmother” – says: there is a mystery surrounding Angela Merkel. A mystery because she wins and wins elections, without never offering any great vision, because she so manifestly lacks any emotion even looking back at the years in the German Democratic Republic – she was a mere observer, she never participated in a single demonstration in the months before the fall of the Berlin Wall – but still she never stops having success in politics and being popular in her country.

The film of Stelios Kouloglou shows very well this contradiction: it does this with humour, sarcasm and dramatic images of the devastating effects of Merkel’s austerity in Greece and in the other countries tamed by the troika.

I will try to sum up those contradictions since they are at the very essence of Merkel’s success, and constantly reveal a sort of double nature of the Chancellor. First of all, she always seemed to me a mixture of inflexibility, indecision, extreme cunning, and supreme mediocrity. The same person uses the indifference to values as a weapon, as asserted by Gertrud Höhler speaking in her book of the Chancellors systematic “value-abstinence”. At the same time she is able to literally devour one German political party after the other (first the party fashioned by Helmut Kohl, then the Spd, lastly the Greens with the exit from the nuclear energy; in the future she could even destabilise Die Linke on refugees policies). Finally, her mediocrity: it’s a talent she brings, sometimes and deliberately, to the extremes. It’s a talent well represented in the documentary of Stelios by her trivial remarks on holidays, or by what she said once about the German Democratic Republic (DDR) where she grew up: “What is most disturbing, in the DDR, is the fact that there is no decent yogurt”. That’s what she remembers of her adult life in the German communist system.

She can be arrogant and even cruel, as demonstrated by the negotiations with the Greek government on the memoranda. At the same time, she is the only European leader who tries to have sensible and rational policies on migrants. She is not only the “undercover Chancellor” described by Gertrud Höhler but she really is a two-faced person, if the circumstances so demand.

There are two sentences which show her amphibious nature. One of these is quoted in the film of Stelios Kouloglou, and it concerns the memorandum negotiated with Athens when George Papandreou was Prime Minister: “It must hurt!”, “Es muss wehtun!”. It is a terrible symbol of the austerity years. The other was pronounced in the most dramatic days of migrant’s influx, in the first half of October, when she opened the doors of her country to Syrian asylum seekers. In that occasion, she did not hesitate to clash with the right wing of her party. And she avoided the word “migrants”, preferring the more appropriate word “refugees”. She was sure of what she said: “Wir schaffen es!”. Which is the German equivalent of “Yes we can!”.

What is the link between the two sentences, apparently so divergent one from the other? They both lack any European dimension and vision. As far as austerity is concerned, the German dogma states that every country must fulfill its “homework” alone, before a real solidarity and transnational cooperation can begin: it’s the core of German ordo-liberalism. With regard to migration, she says something similar: Germany can cope with all on its own. Consequently, it means that all Member States can cope with everything on their own. Only en passant she admits that the European Dublin System is dead and gone, that the Union as such must change its whole approach on asylum policies. She has an enormous self-esteem and opinion of her country. She is substantially nationalist, in economy as well as in refugee and migration policy.

German newspapers reacted harshly to her slogan “Yes we can!”. Only two days after she uttered the sentence, they began to headline articles saying that she couldn’t at all: “No we can’t” – “ Wir schaffen es nicht”. Now she focuses all her attention, in the European Council’s meeting, on repatriation policies and on the control of the EU borders. How many Merkels are acting on the stage?

GUE/NGL vota contro la Relazione d’iniziativa “Prevenzione della radicalizzazione e del reclutamento di cittadini europei da parte di organizzazioni terroristiche”

COMUNICATO STAMPA

Bruxelles, 19 ottobre 2015

Questo pomeriggio, la Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni (LIBE) del Parlamento europeo ha votato a favore la Relazione d’Iniziativa Prevenzione della radicalizzazione e del reclutamento di cittadini europei da parte di organizzazioni terroristiche, redatta dalla deputata francese del Partito Popolare Europeo Rachida Dati.

Il Gruppo GUE/NGL ha presentato 95 emendamenti alla versione iniziale della Relazione e ha lavorato, nel corso di tutto il processo che ha portato a questo voto, a stretto contatto con varie ONG che operano nel settore dei diritti fondamentali.

Barbara Spinelli, Relatore Ombra per il Gruppo GUE/NGL, ha dichiarato:

«Alcune delle nostre linee rosse sono purtroppo state integrate nel testo finale, come la richiesta di un maggiore controllo dei confini esterni dell’Unione, il rafforzamento delle Agenzie europee quali EUROPOL, la richiesta di una piena cooperazione con i paesi terzi, inclusa la Lega Araba, nonché l’impegno a lavorare verso la finalizzazione, entro la fine dell’anno, della Direttiva sul PNR europeo. Per il nostro Gruppo è altresì problematico l’approccio adottato riguardo alla prevenzione della radicalizzazione su internet, che prevede una responsabilità legale in capo alle società di internet e ai gestori di servizi di cooperare con le autorità degli Stati Membri al fine di cancellare i contenuti illegali su internet nonché il compito, per tali società, di promuovere, in cooperazione con le autorità, narrative positive. A cui si aggiunge la richiesta rivolta agli Stati Membri di istituire un’Unità Speciale volta a facilitare l’individuazione e l’eliminazione dei contenuti illegali su internet.

«In ogni caso il nostro Gruppo ha conseguito vari successi, come quello sull’introduzione di misure di prevenzione, tra cui i programmi educativi nelle prigioni volti al reinserimento dei detenuti e i programmi di supporto per i lavoratori in prima linea, finanziati attraverso investimenti sociali a lungo termine da parte degli Stati Membri. Abbiamo inoltre ottenuto miglioramenti riguardo al ruolo della scuola e dell’istruzione come strumento per prevenire la radicalizzazione attraverso la promozione di corsi di tolleranza e diritti umani, e abbiamo affrontato i fattori socio-economici che conducono a emarginazione chiedendo investimenti in progetti sociali e di vicinato volti a combattere l’emarginazione economica e geografica.

«Siamo riusciti infine ad ottenere l’adozione di una serie di richieste rivolte agli Stati Membri, ad esempio quella di implementare diligentemente gli strumenti dell’Unione Europea contro la discriminazione e adottare misure efficaci per affrontare la discriminazione, l’incitamento all’odio e i reati di odio, nonché incoraggiare gli Stati Membri ad adottare azioni immediate contro il sovraffollamento delle carceri, che continua ad essere un grave problema in molti Stati Membri.

«Per concludere, siamo riusciti ad evidenziare nel rapporto che una strategia per contrastare l’estremismo, la radicalizzazione e il reclutamento di terroristi all’interno dell’UE può funzionare solo se si sviluppa in parallelo ad una strategia di integrazione, inclusione sociale, reinserimento e de-radicalizzazione dei cosiddetti “combattenti stranieri rimpatriati”».


Si veda anche:

Combattenti stranieri e terrorismo: critiche a Rachida Dati
Prevenzione della radicalizzazione e del reclutamento di cittadini europei da parte di organizzazioni terroristiche

Le insidie della difesa comune

Bruxelles, 13 ottobre 2015. Intervento di Barbara Spinelli in occasione dell’Audizione pubblica organizzata dalle Commissioni Affari Esteri (AFET) e Affari Costituzionali (AFCO) “Politica estera e di sicurezza comune nel quadro del trattato di Lisbona: come sbloccare il suo pieno potenziale”.

Barbara Spinelli ha co-presieduto tale riunione (in sostituzione del Presidente della Commissione AFCO Danuta Maria Hübner (PPE- Polonia)) con il Presidente della Commissione AFET Elmar Brok (PPE – Germania).

Relatori:

  • Panos Koutrakos, Professor of European Law, London City University
  • Nicolai von Ondarza, Deputy Head of Research Division, Stiftung Wissenschaft und Politik (German Institute for International and Security Affairs)
  • Stefano Silvestri, Scientific advisor at the International Affairs Institute (IAI)
  • Mr Olivier de France, Research director, French Institute for International and Strategic Studies (IRIS)

Le insidie della difesa comune

È opinione diffusa, e lo dimostrano le reazioni positive alle proposte di Jean-Claude Juncker sulla creazione di un esercito europeo, che l’Unione debba accelerare i tempi, in questo campo: usando le possibilità offerte dai Trattati, come le cooperazioni rafforzate o i voti a maggioranza. Da decenni, la politica estera e di difesa comune è stata parola d’ordine ricorrente, nel discorso europeista o federalista. Non dimentichiamo che la comunità dimezzata che abbiamo oggi, quasi esclusivamente economica, nasce dal fallimento della Comunità di difesa (CED) nel ’54.

Il caos e le guerre antiterroriste che hanno caratterizzato il dopoguerra fredda ci obbligano tuttavia a ripensare da capo questi obiettivi, e ad affinarli. La spregiudicatezza con cui l’Alleanza atlantica è stata di fatto estesa al di là delle frontiere orientali dell’Unione, la miriade di Stati falliti scaturiti dalle guerre euro-americane e della Nato, l’enorme flusso di migranti che di questo caos sono la conseguenza: sono tutti fattori che non possiamo non mettere nei calcoli, quando auspichiamo una difesa comune senza mettere in questione le vecchie alleanze con Stati Uniti e Nato. Il Presidente Juncker parla di un esercito europeo capace di dissuadere la Russia in Ucraina, ma proprio qui è il problema: è la dimostrazione che né Stati Uniti né Europa hanno ancora una politica russa costruttiva, coerente con i rispettivi e molto divergenti interessi.

A ciò si aggiunga un deficit ulteriore, rivelatosi nel negoziato su euro e Grecia: la comune politica estera e di difesa cui si aspira soffre, come quella economica e monetaria, di una mancanza grave di un’accountability democratica. Chi si batte per un’unificazione delle politiche difensive tende a ignorare la questione della legittimità democratica, se non della legalità. Non sarà forse il tema affrontato dagli oratori che prenderanno la parola in questa sessione, ma mi piacerebbe sapere cosa ne pensino. Parlo della conformità alle Costituzioni nazionali e anche al Trattato di Lisbona, visto che esso prescrive, nell’articolo 21,1-2, l’inserimento dei diritti dell’uomo e delle libertà negli obiettivi della Politica estera e di sicurezza comune (PESC). Manca, nell’Unione, un articolo simile all’articolo 11 della Costituzione italiana, che ripudia la guerra e ammette trasferimenti di sovranità solo se gli obiettivi perseguiti sono la pace e la giustizia. Quasi tutte le Costituzioni nazionali degli Stati membri prevedono controlli parlamentari sulle scelte di pace e di guerra. Non l’Unione né la sua Carta dei diritti fondamentali.

Questo vuoto non resta vuoto, tuttavia. Viene sempre più riempito da ridondanti discorsi sui “valori etici”: ben meno stringenti di una Costituzione. Discorsi che hanno prodotto le guerre umanitarie e l’esportazione delle democrazie: altrettante operazioni fallimentari, che hanno ridotto il peso dell’Europa e l’hanno profondamente screditata.

Credo che le lacerazioni attorno alla tenuta dell’euro debbano farci riflettere. Quel che mi domando, è se una difesa comune e lo stesso voto a maggioranza non siano dei rischi, in assenza di un governo e di un Parlamento che controllino e validino le scelte che verrebbero fatte in materia. La spaccatura sulla Grecia ci lascia in eredità questa questione, a mio parere non risolta. Ricordo che nel trattato CED, su richiesta di Altiero Spinelli e Alcide De Gasperi, c’era un articolo, il nr. 38, secondo cui sarebbe stato impossibile creare una Comunità di difesa senza integrarla immediatamente, non step by step, in una Comunità politica dotata di una democrazia costituzionale (di uno “statuto”, come si disse allora).


Risposta a un’obiezione di Jo Leinen, Eurodeputato del gruppo S&D (“Non c’è rapporto fra un controllo democratico più stringente della futura difesa europea e il presunto rischio dei voti a maggioranza”):

La rinuncia al voto a maggioranza complica certamente il processo decisionale dell’Unione, minacciandola in alcuni casi di paralisi e inazione. Ma gli eventi recenti stanno a mostrare come il diritto di veto possa divenire, per alcuni Stati, l’unico modo per far valere gli articoli delle proprie costituzioni e rispettare il funzionamento della propria democrazia.


Si veda anche

Si fa presto a dire esercito europeo: una riflessione di Barbara Spinelli

eunews: Le insidie della difesa comune