Alcune riflessioni sullo stato di salute de L’Altra Europa

Riporto qui un breve scambio di mail con Alfredo Giusti del Circolo “Dossetti” di Sarzana avvenuto il 14 marzo scorso a margine dei Seminario bolognese dei comitati territoriali de L’Altra Europa

Cara Barbara,

dopo l’entusiasmo e le speranze iniziali, sto vivendo con molta angoscia la preoccupante deriva dell’Altra Europa, a cui avevo aderito perché vedevo importanti anticorpi, che ritenevo potessero impedire il ripetersi della mortificante esperienza di “Cambiare si può”, che aveva rappresentato per me una dura batosta ed una grande sofferenza.

Al momento delle adesioni, ho letto moltissimi dei messaggi che accompagnavano la scelta di “esserci” ( ripetevano molti “è l’ultima volta”). Questi messaggi riproponevano insistentemente una piena adesione all’Appello iniziale di voi proponenti.

Ora delle 30.000 adesioni sono rimaste briciole perché qualcuno ha voluto assumersi la responsabilità di tradire gli impegni iniziali e di fare del nostro progetto una cosa vecchia, già fallita e senza prospettiva.

Come ci si può permettere di gettare palate di delusione in chi ha voluto mettere nelle nostre mani la residua fiducia, che rimaneva nell’animo dopo molteplici delusioni ? Come si può perdere rapporto e collaborazione con persone di grande valore culturale e politico (penso alle dure e sacrosante parole di Rodotà, che fu con Zagrebelsky ed altri nostro prezioso sponsor prima delle elezioni)?

Queste parole negative su Altra Europa non vogliono disconoscere l’impegno fattivo di molti e la presenza di persone meravigliose (soprattutto donne: una per tutte – ma la lista è lunga – Nicoletta Dosio).

Chi è consapevole della pericolosa deriva a cui rischiamo di andare incontro, dovrà mettere tutto il proprio impegno – costruttivo e positivo –  perché i problemi siano affrontati e risolti, a partire dalle scadenze del 29 e dell’Assemblea di aprile.

[…]

con affetto e riconoscenza,

Alfredo Giusti del Circolo “Dossetti” di Sarzana

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Caro Alfredo,
penso che la via ci sia: ritrovare le persone che abbiamo perduto per strada, e so che sono moltissime. Continuamente ne incontro, e anch’io constato la loro delusione, il loro sconcerto, la loro tristezza. Delusione, sconcerto e amarezza che sono anche le mie, molto spesso. Mi sono iscritta di recente in Libertà e Giustizia, per essere lì attiva come posso e aiutare l’associazione a preservare la sua indipendenza, davvero miracolosa dopo l'”uscita” di De Benedetti. Per poter re-incontrare, in quei circoli, le persone che erano con noi all’inizio e che ci osservano ormai con una curiosità che va spegnendosi, con un distacco ineluttabile, con un atteggiamento che somiglia molto, troppo, alla sfiducia. Dico distacco ineluttabile perché il piccolo gruppo che dirige Altra Europa non ha coltivato questi rapporti, in parte per chiusura in gran parte per trascuratezza. Penso, ma lo immagini, a persone cui sono vicina da decenni: Zagrebelsky, Rodotà, Don Ciotti, Paul Ginsborg, il gruppo di Micromega. Penso ai vari comitati ecologisti e di difesa dei beni comuni (dunque anche a Salvatore Settis). Anche per questo è così importante ripartire “dai territori”. E di sicuro ne ho dimenticati molti, cui non parliamo e che non son più disposti ad ascoltarci. È a loro che Landini guarda oggi – questa la mia impressione. Penso non per ultimo ai magistrati che istruiscono il processo su Stato-mafia a Palermo: perché tanti nostri mali – in questo siamo simili alla Grecia – nascono dal connubio immondo fra una mafia (o ‘ndrangheta, o camorra: Tsipras la chiama “cleptocrazia”, Scarpinato “nuova borghesia mafiosa”) che agisce ormai globalmente ed è complice di fatto degli anonimi poteri finanziari mondializzati. È significativo che nessun memorandum della trojka abbia mai inserito, nelle sue austere raccomandazioni: la lotta alle mafie e alla corruzione, la battaglia contro l’evasione fiscale e in favore delle Costituzioni democratiche e dell’indipendenza della magistratura. Questa sarebbe la vera Austerità, di cui abbiamo bisogno come dell’aria. Ho detto più volte che il rapporto di JP Morgan del maggio 2013, con le sue accuse alle paralizzanti costituzioni antifasciste, avrebbe potuto esser scritto (è stato già scritto, decenni prima) dalla loggia P2.

Penso che Altra Europa nelle sue varie espressioni (non solo il piccolo gruppo che agisce presentandosi come erede dell’originario Comitato del garanti ma anche gli amici di Noi-Altra Europa)  dovrebbe di continuo sottoporre quel che produce (analisi, progetti, azioni territoriali di nostri consiglieri regionali come Alleva, azioni europee dei deputati) al giudizio dei nostri padri, che sono quelli che ho elencato più sopra e che oggi includono anche Landini e la sua promettente “coalizione sociale”. Altrimenti ci ridurremo al lumicino (già non siamo che questo lumicino, sempre che brilli ancora) e non avremo fra poco più nulla di rilevante da dire e proporre.

La stessa battaglia “con Tsipras”, bisogna ri-studiarla, ri-calibrarla e analizzarla bene, alla luce di quel che sta avvenendo in Europa in seguito alla vittoria di Syriza. È stato bene darci questo nome, nella campagna per le europee: in qualche modo è stato profetico. Ma al tempo stesso – questo il mio modestissimo parere – non possiamo divenire una filiale di Syriza – e, sia detto per inciso, nemmeno di Podemos – pena la nostra morte. Per quanto mi riguarda personalmente, ad esempio,  ci sono cose che non accetto, nella condotta del nuovo governo greco. Trovo esiziale la dichiarazione del ministro della difesa Kommenos, che minaccia di inondare il Nord Europa con i migranti che giungono in Grecia (eventuali jihadisti dell’Isis compresi). Anche la Svezia dunque, che accoglie il maggior numero di migranti e richiedenti asilo. Né mi consola sapere che il ministro non appartiene a Syriza ma alla destra in parte xenofoba di Anel, con cui Syriza si è alleata. Trovo inammissibile, e del tutto autodistruttiva, la campagna del governo Tsipras sulle riparazioni di guerra che la Germania è chiamata imperiosamente a pagare, se non aiuta la Grecia sul debito. Non cambieremo di certo l’Europa se la faremo precipitare – nell’immaginario dei suoi cittadini e delle sue nazioni – nei tempi immediatamente successivi alla prima guerra mondiale, quando le riparazioni umiliarono la Germania e fecero nascere dalle sue viscere prima Hitler poi una seconda guerra mondiale (Keynes fu l’unico a veder giusto, e a ergersi contro la politica, e la retorica, delle “riparazioni”). Tutt’altra cosa è chiedere (come fece Tsipras in campagna elettorale e come facemmo noi) una conferenza sul debito come quella del ’53, quando alla Germania fu condonata una parte del debito di guerra (il rimborso dell’altra parte fu dilazionato nel tempo, e “agganciato” alla ripresa economica tedesca). L’Europa è nata non per dimenticare le colpe storiche di questo o quel paese, ma per trasformarle in responsabilità accresciuta e nuova solidarietà fra cittadini del continente.

Un affettuoso saluto, e grazie per la bellissima lettera,

barbara spinelli