Letter to President Erdoğan

di giovedì, Luglio 19, 2018 0 , , , , Permalink

Lettera promossa dalla deputata ALDE Marietje Schaake e sottoscritta anche da Barbara Spinelli.

 

H E President Erdoğan

Cumhurbaşkanlığı Külliyesi

06560 Beştepe, Ankara

Turkey

Brussels, July 18th 2018

 

His Excellency Recep Tayyip Erdoğan,

 

We urge your Government to ensure the protection of fundamental human rights and freedoms. We therefore welcome the expected end of the state of emergency, which for the past two years has meant certain rights guaranteed by the European Convention of Human Rights were suspended. Yet we are concerned that even after the state of emergency is lifted, Presidential decree will allow the suspension of rights.

In general, we are alarmed by what the European Commission has called “serious backsliding” on human rights. In a decree issued earlier this month, you ordered more than 18,000 civil servants be fired. This number is added to the 130,000 people already fired from government jobs.

Furthermore, thousands of people have been illegitimately detained, including human rights defenders, writers, and social media users.

The withdrawal of press cards, as well as the closure of numerous media outlets or the assertion of government control remain deeply troubling and are incompatible with Turkey’s commitments to human rights and freedoms.

The Government continues to use its authorities to block online content on a wide range of grounds. The global encyclopedia Wikipedia remains blocked in Turkey for more than a year, denying people access to information on topics ranging from medicine, to history, to current events.

As President, we look to you to take immediate and irreversible steps to demonstrate a commitment to people’s rights under this new government.

We call for the release of all unjustly detained, and for an end to censorship and silencing of journalists.

In particular, the immediate release of Osman Kavala, Ahmet Sik, and Selehattin Demirtas would help indicate that there is commitment to international standards concerning freedom of expression and fair trial.

Sincerely,

 Marietje Schaake

 Rebecca Harms (Greens/EFA)

Anna Maria Corazza Bildt (EPP)

Alessia Mosca (S&D)

Bodil Valero (Greens/EFA)

Matthijs van Miltenburg (ALDE)

Joachim Starbatty (ECR)

Bernd Kölmel (ECR)

Helmut Scholz (GUE/NGL)

Renate Sommer (EPP)

Sven Giegold (Greens/EFA)

Jean Lamberts (Greens/EFA)

Brando Benifei (S&D)

Marie-Christine Vergiat (GUE/NGL)

Jiří Pospíšil (EPP)

Hans-Olaf Henkel (ECR)

Michal Boni (EPP)

Julie Ward (S&D)

Pavel Telicka (ALDE)

Sophie in ‘t Veld (ALDE)

Ana Gomes (S&D)

Franz Obermayr (ENF)

Margot Parker (EFDD)

Kostas Chrysogonos (GUE/NGL)

Jordi Solé (Greens/EFA)

Tunne Kelam (EPP)

Takis Hadjigeorgiou (GUE/NGL)

Eleonora Forenza (GUE/NGL)

William Dartmouth (EFDD)

Helga Trüpel (Greens/EFA)

Helga Stevens (ECR)

Cornelia Ernst (GUE/NGL)                                                         

Hilde Vautmans (ALDE)

Eva Kaili (S&D)

Barbara Spinelli (GUE/NGL)

Fondi europei alla Turchia per acquisto di materiale militare

di lunedì, Luglio 9, 2018 0 , Permalink

Interrogazione con richiesta di risposta scritta E-001820/2018
alla Commissione

Articolo 130 del regolamento

Laura Ferrara (EFDD), Fabio Massimo Castaldo (EFDD), Laura Agea (EFDD), Ignazio Corrao (EFDD), Marco Valli (EFDD) e Barbara Spinelli (GUE/NGL)

Oggetto:  Fondi europei alla Turchia per acquisto di materiale militare

Secondo l’inchiesta realizzata dai giornalisti dell’EIC [1], i fondi dell’UE non avrebbero avuto solo lo scopo di fornire aiuti umanitari nella gestione dei migranti in Turchia. Questo Paese avrebbe acquistato anche materiale militare, fra cui veicoli blindati e strumentazioni tecnologiche per la sorveglianza delle frontiere. Sarebbero oltre 80 i milioni di euro dell’UE con cui la Turchia ha acquistato materiale bellico usato dall’esercito turco, attualmente impegnato in un fronte di guerra con la popolazione curda in Siria e nel pattugliamento del muro di oltre 800 km al confine siriano. L’UNHCR ha denunciato il peggioramento della crisi umanitaria e nuovi esodi a causa dei feroci combattimenti di Afrin. Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, 42 civili sarebbero stati uccisi solo negli ultimi sei mesi in prossimità del confine.

Tutto ciò premesso, può la Commissione riferire:

1)         se conferma le notizie sugli appalti e sui flussi finanziari europei che hanno permesso l’acquisto, da parte della Turchia, del materiale bellico di cui si parla nell’inchiesta?

2)         Quali sono i sistemi di controllo per garantire che i fondi europei non vengano utilizzati dalla Turchia per usi militari in Siria e che siano rispettati i diritti umani e il divieto di respingimento dei rifugiati?

[1]     http://espresso.repubblica.it/inchieste/2018/03/23/news/cosi-l-europa-paga-il-muro-in-turchia-1.319939

IT

E-001820/2018
E-001854/2018
E-001948/2018
E-001949/2018

Risposta di Johannes Hahn
a nome della Commissione

(9.7.2018)

Mediante lo strumento di assistenza preadesione (IPA) sono stati finanziati veicoli blindati ma disarmati per la sorveglianza e la perlustrazione nell’ambito di un progetto sullo “sviluppo socioeconomico attraverso lo sminamento e il potenziamento della capacità di sorveglianza delle frontiere (IPA 2011-2012) al fine di prevenire gli attraversamenti irregolari delle frontiere e la criminalità transfrontaliera e di fornire strumenti di sorveglianza delle frontiere efficaci e umanitari”. Il fatto che il veicolo sia “blindato” non lo rende di natura “militare”. Vi sono numerosi esempi di veicoli blindati utilizzati dalle autorità civili, come la polizia.

Anche nel caso riferito dagli onorevoli deputati i veicoli blindati cofinanziati dall’UE sono destinati a scopi civili, in particolare alle operazioni di pattugliamento delle frontiere mirate a individuare e prevenire le violazioni. Questi veicoli non sono armati. Le autorità turche hanno garantito all’UE che i veicoli loro forniti saranno utilizzati per gli scopi previsti e non in operazioni al di fuori della Turchia. Una chiara condizione stabilisce che “in seguito alla consegna, l’attrezzatura fornita sarà utilizzata esclusivamente per la sorveglianza delle frontiere. Qualsiasi altro uso o modifica dell’attrezzatura richiede l’autorizzazione scritta della Commissione”.

Gli aspetti operativi e finanziari dell’assistenza dell’UE sono monitorati attentamente attraverso un sistema di monitoraggio interno ed esterno. Il monitoraggio interno è eseguito dalla delegazione dell’UE in Turchia in stretto contatto con i partner esecutivi.

Lettera a Conte e Salvini sulla scorta revocata a Ingroia

Lettera al Consiglio dei ministri del Governo italiano e al ministro dell’Interno Matteo Salvini

Da due mesi Antonio Ingroia, il pm che avviò le indagini sulla trattativa Stato-mafia, è privo di scorta. La decisione è stata presa all’inizio di maggio, a pochi giorni di distanza dalla condanna in primo grado di boss di “Cosa nostra” come Leoluca Bagarella e Antonino Cinà, del “mediatore” Marcello Dell’Utri e di uomini delle istituzioni come Mario Mori, Antonio Subranni e Giuseppe de Donno.

Nella sua attività di magistrato, Antonio Ingroia ha subito numerose minacce e due tentativi di attentato, tanto da fargli attribuire una scorta di livello 4. La situazione di pericolo che vive, anche da avvocato, non è cambiata, perché la mafia non revoca le sue condanne a morte.

Tuttavia, dando mostra di riserbo e rispetto istituzionale, Ingroia non ha reso nota la decisione presa nei suoi confronti, limitandosi a inviare tre lettere alle istituzioni preposte: il 16 maggio all’allora ministro dell’Interno Marco Minniti e al capo della Polizia Franco Gabrielli; il 4 giugno al nuovo ministro dell’Interno Matteo Salvini; il 21 giugno di nuovo a Matteo Salvini e al sottosegretario all’Interno Carlo Sibilia. Tutte rimaste senza risposta.

Sono stati i suoi colleghi e la vedova di Marco Biagi i primi a protestare pubblicamente contro un provvedimento immeritevole di un Paese che ben conosce le conseguenze cui può condurre l’isolamento di un servitore dello Stato.

Non vogliamo credere che dietro la decisione di revocare la scorta a Ingroia vi sia stata una rappresaglia nei confronti di un magistrato che ha dato fastidio, né vogliamo credere che dietro l’indifferenza del nuovo governo vi sia un’incapacità burocratica di distinguere tra privilegi da tagliare e protezioni che è inconcepibile non garantire.

La scorta è un’istituzione che protegge la vita di chi, a causa di una meritoria attività di denuncia e contrasto, è diventato nemico di oscuri poteri criminali. Toglierla – o minacciare di toglierla, come ha fatto il nuovo ministro dell’Interno con Roberto Saviano – è una scelta che mette a repentaglio non solo la persona minacciata, ma anche la credibilità dello Stato responsabile della revoca. Ricordiamo che già Giovanni Falcone ebbe a subire polemiche sulle scorte, e che Marco Biagi venne ucciso dopo un provvedimento della stessa natura.

Chiediamo che venga urgentemente revocata la decisione di privare Antonio Ingroia di un affidabile dispositivo di protezione e che sia al più presto tutelata l’incolumità di un uomo che per più di venticinque anni è stato un simbolo della lotta alla mafia.

 

Barbara Spinelli
Pietro Grasso
Salvatore Borsellino
Giancarlo Caselli
Marco Travaglio
Antonio Padellaro
Peter Gomez
Tomaso Montanari
Alessandra Ballerini
Beppe Giulietti
Ivano Marescotti
Moni Ovadia

 

 

Salvini e la schedatura etnica dei rom

di mercoledì, Luglio 4, 2018 0 , , Permalink

Strasburgo, 4 luglio 2018. Intervento di Barbara Spinelli nel corso della sessione plenaria del Parlamento europeo. 

Punto in agenda:

Recente dichiarazione del ministro dell’Interno italiano sui sinti e i rom e diritti delle minoranze nell’UE

  • Discussione su tematiche di attualità (articolo 153 bis del regolamento)

Presenti al dibattito:

  • Karoline Edtstadler – Sottosegretario di Stato presso il ministero federale austriaco dell’Interno (Presidenza austriaca del Consiglio dell’UE)
  • Věra Jourová – Commissario europeo per la giustizia, la tutela dei consumatori e l’uguaglianza di genere

Nel preconizzare un censimento dei Rom, il ministro Salvini ha detto che “quelli italiani purtroppo ce li dobbiamo tenere”, facendo capire che gli italiani non sono in fondo ben visti e che i non italiani rischiano l’espulsione: compresi i rumeni, che sono cittadini europei. Così ha trasformato il censimento in schedatura etnica, in ethnic profiling di scura memoria.

È già avvenuto nel 2008, a opera di un altro ministro dell’interno della Lega, Roberto Maroni, e il governo italiano dovrebbe ricordare che la decisione di raccogliere dati in modo discriminatorio fu condannata e annullata dal tribunale civile di Roma nel 2012. Lo stesso accadde sulla questione della raccolta dati e degli esami dattiloscopici nel caso del governo francese, condannato dalla Corte di Strasburgo nel 2013. Dovrebbe ricordare anche che il trattamento dei dati personali che rivelino l’origine razziale o etnica è esplicitamente vietato dall’articolo 9 del Regolamento europeo sulla protezione dei dati personali (GDPR).

Ho una domanda per il commissario Věra Jourová: il governo italiano ripete che lo sgombero dei campi è chiesto dall’Unione e dalla Commissione. A che condizioni lo chiedete, se lo chiedete?

 

Fuori legge l’assistenza umanitaria a migranti e profughi?

di mercoledì, Luglio 4, 2018 0 , , , Permalink

Strasburgo, 3 luglio 2018. Intervento di Barbara Spinelli nel corso della sessione plenaria del Parlamento europeo. 

Punto in agenda:

Orientamenti per gli Stati membri per evitare la criminalizzazione dell’assistenza umanitaria

Presenti al dibattito:

  • Dimitris Avramopoulos – Commissario europeo per la Migrazione, gli affari interni e la cittadinanza

Da tempo, nei nostri Stati membri è in atto una criminalizzazione più o meno esplicita di chiunque – Ong o individuo – venga in aiuto di persone provenienti da paesi terzi, via mare o via terra. In pratica l’aiuto umanitario è messo fuori legge, a dispetto di chiare indicazioni che vietano di considerare reato il soccorso a chi è in pericolo o minacciato da naufragio: parlo del protocollo delle Nazioni Unite sul traffico di migranti o della Convenzione sul diritto del mare. La direttiva europea sul favoreggiamento dell’ingresso, del transito e del soggiorno illegali contiene purtroppo notevoli ambiguità, consentendo deroghe agli Stati che abbiano l’intenzione di penalizzare i soccorsi.

Una dopo l’altra, le norme del diritto europeo e internazionale vengono ignorate, sbeffeggiate o smantellate – in Ungheria perfino costituzionalmente.

Si impedisce alle navi che fanno ricerca e salvataggio di sbarcare nei nostri porti, si arresta chi alberga migranti in fuga nelle Alpi, lungo i confini tra Italia e Francia. Nel Mediterraneo non ci saranno più navi che salvano i naufraghi, in assenza di operazioni in questo senso dell’Unione, che non europeizzò Mare Nostrum in tempo utile.

Stiamo tornando agli anni 30, quando gli organi internazionali cedettero all’arbitrio di Stati canaglia. Se l’Unione, custode dei Trattati europei, non offrirà linee guida più chiare, tali da mettere al bando il reato di solidarietà, si ripeterà il colossale fallimento della Lega delle Nazioni.

Replica di Eleonora Forenza, Curzio Maltese e Barbara Spinelli a un articolo di «Internazionale»

Il 19 giugno 2018 è uscito su «Internazionale» un articolo, a firma Andrea Pipino, intitolato Il voto imbarazzante di 36 eurodeputati di sinistra

 

Questa la replica di Eleonora Forenza, Curzio Maltese e Barbara Spinelli, pubblicata da  «Internazionale» il 3 luglio 2018:

 

Abbiamo votato contro la Risoluzione sulla Russia e in particolare sulle condizioni di Oleg Sentsov, insieme a tutto il gruppo della Sinistra unitaria europea-Sinistra verde nordica (GUE/NGL), perché non crediamo che la difesa dei diritti umani possa essere strumentalizzata, né possiamo incoraggiare la tendenza a utilizzare alcune vicende per nasconderne altre. Il contenuto del testo infatti rivendica in blocco e appoggia la politica dell’Unione Europea verso la Russia che non condividiamo nel suo complesso: non è il momento di riconfermare sanzioni economiche alimentando la tensione fra questi paesi e rilanciando la guerra fredda, ma sono più che mai necessari dialogo e diplomazia. Ogni giovedì durante le riunioni di Plenaria vengono affrontati tre casi di violazione dei diritti umani posti all’attenzione dell’Assemblea, secondo criteri molto sovente parziali e fortemente sbilanciati, frutto di scelte di una maggioranza talvolta animata più da obiettivi politici che dal desiderio di difendere i diritti umani.

Ci opponiamo fortemente a qualsiasi misura coercitiva nei confronti dei media e delle ong, che non tuteli la dignità e la libertà di espressione e informazione di ogni persona. Questo vale per tutte le parti coinvolte, tanto nei conflitti come in tempo di pace. Purtroppo, la risoluzione che ha affrontato la questione di Sentsov non menziona, per esempio, i casi di numerosi prigionieri detenuti in Ucraina, fra cui giornalisti e attivisti dell’opposizione. Per tutti vale la richiesta di scarcerazione e di rispetto integrale dei diritti umani.

Barbara Spinelli si dissocia dalla decisione dell’Ufficio di presidenza sulle spese generali dei parlamentari europei

di martedì, Luglio 3, 2018 0 , Permalink

COMUNICATO STAMPA

Strasburgo, 3 luglio 2018

Ieri sera l’Ufficio di presidenza del Parlamento europeo – composto dal Presidente, dai Vice-Presidenti e dai Questori –  ha respinto le modeste proposte concernenti la gestione del fondo Spese Generali dei deputati, avanzate in precedenza da un gruppo di lavoro incaricato della questione. Le regole del Parlamento europeo prevedono che ogni mese i parlamentari ricevano la somma di € 4.416, esentasse, riservata alla sola gestione amministrativa del proprio ufficio e alla copertura di eventuali spese di rappresentanza. Sebbene siano previste linee guida molto precise sulla loro gestione, l’attuale normativa prevede che tale somma forfettaria sia assegnata al conto del deputato ed esclusivamente sottoposta al suo controllo. Il minimo che ci si possa aspettare è che un revisore dei conti esterno e indipendente verifichi tali spese e che per esse sia istituito un conto bancario separato.

Le proposte bocciate ieri erano il risultato della mediazione raggiunta all’interno del Gruppo di Lavoro per le Spese Generali, composto da un numero ristretto di membri dell’Ufficio di Presidenza. Le proposte erano molto modeste e prevedevano: la creazione di un conto bancario separato per le spese generali, l’ispezione annuale da parte di un supervisore esterno e la restituzione del denaro non speso. A mio parere si tratta di tre proposte minime e per nulla illogiche, anche se il rappresentante del mio gruppo aveva chiesto di più: un elenco esaustivo delle spese ammissibili e la pubblicazione delle spese sostenute sul sito web del Parlamento europeo. Personalmente, pubblico da anni sul mio sito internet un preciso resoconto delle mie spese e ho restituito al Parlamento europeo la somma di € 115.000, ovvero quella parte del fondo che non ho utilizzato dall’inizio del mio mandato.

La decisione adottata dall’Ufficio di Presidenza contraddice non solo il gruppo di lavoro ma una serie di risoluzioni adottate dallo stesso Parlamento europeo. Per questa ragione insisterò perché la Conferenza dei Presidenti (composta dai capi-gruppo del Parlamento) respinga le decisioni e difenda le esigenze di trasparenza sempre sbandierate e regolarmente disattese dai gruppi maggioritari. È un dovere che abbiamo verso i cittadini: non deve passare l’idea che i deputati tengano più alle proprie tasche che al prestigio dell’istituzione che rappresentano.