Lettera aperta sul contro-golpe in Turchia

di domenica, Luglio 24, 2016 0 , , Permalink

Versione inglese, su OpenDemocracy: An open letter on the attempted coup in Turkey
Versione francese, su Libération: « Nous demandons à l’UE d’exiger de la Turquie un retour à l’Etat de droit »

Bruxelles, 23 luglio 2016

A: Federica Mogherini, Alto Rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza e Vicepresidente della Commissione

A: Thorbjørn Jagland, Segretario generale del Consiglio d’Europa

Gentile Alto Rappresentante /Vice Presidente Federica Mogherini,

Gentile Segretario Generale Thorbjørn Jagland,

Venerdì 15 luglio la Turchia è stata vittima di un tentativo di colpo di Stato che ha provocato più di 200 vittime, per la maggior parte civili, e più di 1400 feriti. Subito dopo, il Governo turco ha avviato un’epurazione su larga scala e del tutto sproporzionata in seno all’apparato statale. Dal giorno in cui ha avuto luogo il fallito colpo di Stato, fino al 20 luglio 2016, il numero complessivo di epurazioni (sospensione dagli incarichi e arresti) nel servizio pubblico ammonta a più di 61.000 persone. Le purghe hanno colpito in particolare i seguenti settori: ministero della Giustizia (2.875 giudici e pubblici ministeri); Ufficio del Primo ministro (257 dipendenti); ministero degli Affari interni (8.777 agenti di Polizia, Gendarmeria, governatori di distretti provinciali, governatori locali e personale); ministero dell’Istruzione nazionale (21.738 dipendenti sospesi); Consiglio dell’Educazione Superiore (116 professori, compresi 4 rettori, più 1.577 presidi di facoltà cui è stato chiesto di dimettersi); ministero della Famiglia e delle Politiche sociali (393 impiegati statali); ministero delle Finanze (1.500 dipendenti); Agenzia di Intelligence nazionale (100 dipendenti); Autorità di Regolamentazione del Mercato energetico (25 dipendenti); ministero dello Sviluppo (16 dipendenti); ministero delle Foreste e delle Risorse idriche (197 dipendenti); ministero dell’Energia e delle Risorse naturali (300 dipendenti); ministero dello Sport e della Gioventù (245 dipendenti); ministero dell’Ambiente e dell’Urbanizzazione (70 dipendenti); Consiglio supremo per Radio e Tv (29 dipendenti); Agenzia di Regolazione e Supervisione bancaria (86 dipendenti); ministero del Commercio e delle Dogane (176 dipendenti); Autorità garante della Concorrenza (8 dipendenti); Corte militare d’Appello (35 dipendenti); ministero della Difesa (7 dipendenti); Borsa di Istanbul (51 dipendenti).

È stata revocata la licenza di insegnamento a 21.000 docenti di scuole private.

È probabile che i prossimi saranno gli accademici. Migliaia di universitari erano già sotto inchiesta, con l’accusa di “dare sostegno” alle attività terroristiche, per aver difeso la popolazione curda nel Sud-Est della Turchia, sottoposta nel corso dell’ultimo anno a un attacco esteso e letale da parte delle forze regolari turche.

Secondo numerose fonti – tra queste il Commissario europeo per la Politica di vicinato e i Negoziati per l’allargamento Johannes Hahn – la lista delle persone da ar1restare era già pronta prima che iniziasse il colpo di Stato. Alcune di queste fonti asseriscono che il colpo di stato è stato messo in atto come extrema ratio contro tali liste.

Il Primo ministro turco ha sospeso le ferie di più di tre milioni di dipendenti pubblici in tutto il Paese, e ai dipendenti del settore pubblico è stato vietato di viaggiare all’estero. Inoltre, secondo un’intervista rilasciata alla CNN il 18 luglio 2016, il Presidente turco Recep Tayyip Erdoğan non ha escluso la possibilità di ripristinare la pena di morte nel Paese. Nel frattempo, il Governo ha dichiarato lo stato d’emergenza e la sospensione temporanea della Convenzione europea dei Diritti umani, come consentito dall’articolo 15 CEDU. Questo articolo non permette però di venir meno al rispetto dei principi fondamentali sanciti dalla Convenzione.

Non esiste più, in conclusione, un sistema di pesi e contrappesi. Secondo alcuni resoconti, le persone messe sotto custodia non riescono a trovare avvocati difensori, perché nessuno si esporrebbe al rischio di difenderle e di entrare così a far parte della lista delle epurazioni.

La Turchia è firmataria della Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo e del Protocollo n. 6 della CEDU riguardante l’abolizione della pena di morte. Come Paese candidato all’adesione all’UE, la Turchia si è anche impegnata al pieno rispetto dei criteri di Copenhagen, tra cui la presenza di istituzioni stabili che garantiscano la democrazia, lo stato di diritto, i diritti umani e il rispetto e la protezione delle minoranze, oltre all’abolizione della pena capitale.

Noi, firmatari di questa lettera, condanniamo ogni tentativo di rovesciare l’ordinamento democratico attraverso colpi di stato militari. Al tempo stesso, tuttavia, condanniamo le purghe attuate dal Governo turco in violazione dei diritti umani e dello stato di diritto. Il principio di indipendenza e d’imparzialità del potere giudiziario – insieme alla libertà dei media – è alla base dello stato di diritto e della democrazia. L’indipendenza politica dei corpi insegnanti fa parte delle condizioni di esistenza di una società libera.

Chiediamo all’Alto Rappresentante / Vice Presidente Federica Mogherini, così come al Segretario generale del Consiglio d’Europa Thorbjørn Jagland, di seguire da vicino la situazione in Turchia per quanto riguarda il rispetto dei diritti umani e dello stato di diritto, e chiediamo di esigere l’immediata liberazione di tutti coloro che sono stati arbitrariamente arrestati e detenuti a seguito del fallito colpo di Stato militare.

Ricordiamo il recente disegno di legge adottato dal Parlamento turco che revoca l’immunità dai procedimenti giudiziari per 138 parlamentari, appartenenti per lo più al partito di opposizione HDP e alla minoranza curda. Tutto sembra suggerire che il colpo di Stato offra al Governo turco l’occasione di limitare ulteriormente il ruolo delle opposizioni e la loro funzione di vigilanza democratica. Poco dopo il suo arrivo a Istanbul, la mattina del 16 luglio, Erdogan ha affermato: “Questa insurrezione è un dono di Allah, perché ci consentirà di ripulire le forze armate”.

Chiediamo quindi all’Alto Rappresentante / Vice Presidente Mogherini di esaminare la situazione, prestando particolare attenzione alla condizione della minoranza curda e delle altre minoranze nel Paese. Esortiamo allo stesso modo il Segretario Generale Thorbjørn Jagland, perché ricordi al Governo turco l’obbligo di rispettare la Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo e tutti i suoi Protocolli, che comprendono il diritto alla vita, al giusto processo, alla protezione da arresti arbitrari.

Sollecitiamo inoltre l’Alto Rappresentante / Vice Presidente Mogherini affinché chieda al Consiglio europeo di sospendere immediatamente l’accordo UE-Turchia firmato il 18 marzo 2016, alla luce dei recenti sviluppi e in considerazione del fatto che già al momento della firma dell’accordo la Turchia non era un “paese sicuro” per rifugiati e richiedenti asilo.

Infine chiediamo a tutti gli Stati membri dell’UE di impegnarsi con forza presso il Governo turco affinché nel Paese siano pienamente ristabiliti lo stato di diritto e i principi democratici, come condizione essenziale per futuri rapporti diplomatici e per la continuazione dei negoziati di adesione.

Con i migliori saluti,

Barbara SpinelliDeputata del Parlamento europeo, Gruppo Sinistra unitaria europea/Sinistra verde Nordica (GUE/NGL)

 

Albena Azmanova Professore associato in Political and Social Thought, University of Kent, Brussels School of International Studies, UK

Étienne Balibar – Filosofo, Professore Emerito presso l’Université de Paris-Ouest, Francia, e Anniversary Chair in Modern European Philosophy, Kingston University London, UK

Seyla Benhabib Eugene Mayer Professor in Political Science and Philosophy, Yale University, USA

Sophie Bessis Storica, ricercatrice presso l’Institut de relations internationales et stratégiques di Parigi, Francia e Tunisia

Hamit Bozarslan Storico e politologo, Ecole des hautes études en sciences sociales di Parigi, Francia

Susan Buck-Morss – Filosofa politica, CUNY Graduate Center, NYC, USA

Judith Butler Maxine Elliot Professor in Comparative Literature and Critical Theory, University of California, Berkeley, USA

Claude Calame Storico e antropologo, Ecole des hautes études en sciences sociales di Parigi, Francia

Joseph H. Carens FRSC Professor in Political Science, University of Toronto, Canada

Maeve CookeMembro della Royal Irish Academy, MRIA School of Philosophy, University College Dublin, Irlanda

Vincent Duclert Storico, Ecole des hautes études en sciences sociales di Parigi, Francia

Didier Fassin – Professore in Social Sciences, Institute for Advanced Study, Princeton, USA

Éric FassinProfessore in Sociologie, Université de Paris-8, Francia

Shelley Feldman International Professor, Cornell University, USA

Peter GeschiereEmeritus professor of anthropology, University of Amsterdam and Leiden University, NL

Michael HardtProfessor, Duke University, USA

David Harvey Distinguished Professor, Graduate Center of the City University of New York, USA

Marianne Hirsch William Peterfield Trent Professor in English and Comparative Literature e Direttrice dell’Institute for Research on Women, Gender, and Sexuality, Columbia University, USA

Philip Hogh Philosophy Department, Carl von Ossietzky University Oldenburg, Germania

Jean E. HowardGeorge Delacorte Professor in Humanities, Department of English and Comparative Literature, Columbia University, USA

Julia KoenigInstitute for Social Pedagogy and Adult Education, Goethe University, Frankfurt am Main

Elena LoizidouReader in Law and Political Theory at School of Law, Birkbeck, University of London, UK

Sandro Mezzadra Professore di Teoria politica, Università di Bologna, Italia

Jennifer Nedelsky Faculty of Law and Political Science, University of Toronto, Canada

Rosalind Petchesky Distinguished Professor Emerita in Political Science, Hunter College & the Graduate Center, City University of New York, USA

Ilaria PossentiDipartimento di Scienze umane, Università di Verona, Italia

Mary Louise Pratt Silver Professor, Professor Emerita of Social and Cultural Analysis, Spanish & Portuguese, Comparative Literature, New York University, USA

Lynne SegalAnniversary Professor, Psychosocial Studies, Birkbeck College, University of London, UK

Vicky Skoumbi Caporedattore del quotidiano αληthεια (Aletheia), Grecia

Céline Spector Professore, Department de Philosophie Université Bordeaux Montaigne e membro onorario Institut Universitaire de France, Francia

Yanis Varoufakis Professore in Economic Theory presso l’Università di Atene, ex-ministro delle Finanze e deputato del Parlamento greco, Grecia

Frieder Otto WolfFreie Universität Berlin, ex-deputato del Parlamento europeo, Germania

Vladimiro Zagrebelsky ex Giudice della Corte Europea dei Diritti Umani

 

François AlfonsiPresidente dell’European Free Alliance (EFA)

Brando Benifei Deputato del Parlamento europeo, Gruppo dell’Alleanza Progressista di Socialisti e Democratici (S&D)

José Bové Deputato del Parlamento europeo, Gruppo Verdi/ALE

Nicola Caputo Deputato del Parlamento europeo, Gruppo dell’Alleanza Progressista di Socialisti e Democratici (S&D)

Fabio Massimo CastaldoDeputato del Parlamento europeo, Gruppo Europa della Libertà e della Democrazia Diretta (EFDD- M5S)

Fabio De Masi Deputato del Parlamento europeo, Gruppo Sinistra unitaria europea/Sinistra verde Nordica (GUE/NGL)

Karima Delli Deputata del Parlamento europeo, Gruppo Verdi/ALE

Pascal DurandDeputato del Parlamento europeo, Gruppo Verdi/ALE

José Inácio Faria Deputato del Parlamento europeo, Gruppo Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa (ALDE)

Eleonora Forenza Deputata del Parlamento europeo, Gruppo Sinistra unitaria europea/Sinistra verde Nordica (GUE/NGL)

María Teresa Giménez BarbatDeputata del Parlamento europeo, Gruppo Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa (ALDE)

Ana Maria Gomes Deputata del Parlamento europeo, Gruppo dell’Alleanza Progressista di Socialisti e Democratici (S&D)

Tania González PeñasDeputata del Parlamento europeo, Gruppo Sinistra unitaria europea/Sinistra verde Nordica (GUE/NGL)

Yannick JadotDeputato del Parlamento europeo, Gruppo Verdi/ALE

Benedek Jávor Deputato del Parlamento europeo, Gruppo Verdi/ALE

Eva Joly Deputata del Parlamento europeo, Gruppo Verdi/ALE

Josu Juaristi AbaunzDeputato del Parlamento europeo, Gruppo Sinistra unitaria europea/Sinistra verde Nordica (GUE/NGL)

Jude Kirton-Darling Deputata del Parlamento europeo, Gruppo dell’Alleanza Progressista di Socialisti e Democratici (S&D)

Stelios KouloglouDeputato del Parlamento europeo, Gruppo Sinistra unitaria europea/Sinistra verde Nordica (GUE/NGL)

Merja KyllönenDeputata del Parlamento europeo, Gruppo Sinistra unitaria europea/Sinistra verde Nordica (GUE/NGL)

Patrick Le HyaricDeputato del Parlamento europeo, Gruppo Sinistra unitaria europea/Sinistra verde Nordica (GUE/NGL)

Paloma López BermejoDeputata del Parlamento europeo, Gruppo Sinistra unitaria europea/Sinistra verde Nordica (GUE/NGL)

Lorena Lopez de LacalleTesoriere della Treasurer European Free Alliance (EFA)

Marisa MatiasDeputata del Parlamento europeo, Gruppo Sinistra unitaria europea/Sinistra verde Nordica (GUE/NGL)

Stefano MaulluDeputato del Parlamento europeo, Gruppo del Partito Popolare Europeo (PPE)

Marlene Mizzi Deputata del Parlamento europeo, Gruppo dell’Alleanza Progressista di Socialisti e Democratici (S&D)

Ulrike MüllerDeputata del Parlamento europeo, Gruppo Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa (ALDE)

Javier Nart Deputato del Parlamento europeo, Gruppo Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa (ALDE)

Carolina PunsetDeputata del Parlamento europeo, Gruppo Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa (ALDE)

Michèle RivasiDeputata del Parlamento europeo, Gruppo Verdi/ALE

Sofia SakorafaDeputata del Parlamento europeo, Gruppo Sinistra unitaria europea/Sinistra verde Nordica (GUE/NGL)

Elly Schlein Deputata del Parlamento europeo, Gruppo dell’Alleanza Progressista di Socialisti e Democratici (S&D)

Helmut Scholz Deputato del Parlamento europeo, Gruppo Sinistra unitaria europea/Sinistra verde Nordica (GUE/NGL)

Branislav Škripek Deputato del Parlamento europeo, Gruppo dei Conservatori e Riformisti Europei (ECR)

Jordi SoleSegretario generale della European Free Alliance (EFA)

Bart Staes Deputato del Parlamento europeo, Gruppo Verdi/ALE

Dario TamburranoDeputato del Parlamento europeo, Gruppo Europa della Libertà e della Democrazia Diretta (EFDD- M5S)

Miguel Urbán CrespoDeputato del Parlamento europeo, Gruppo Sinistra unitaria europea/Sinistra verde Nordica (GUE/NGL)

Pello Urizar Segretario Generale di Eusko Alkartasuna (Basque political party)

Ernest Urtasun Deputato del Parlamento europeo, Gruppo Verdi/ALE

Monika VanaDeputata del Parlamento europeo, Gruppo Verdi/ALE

Marie-Christine VergiatDeputata del Parlamento europeo, Gruppo Sinistra unitaria europea/Sinistra verde Nordica (GUE/NGL)

Julie Ward Deputata del Parlamento europeo, Gruppo dell’Alleanza Progressista di Socialisti e Democratici (S&D)

Tatjana Ždanoka Deputata del Parlamento europeo, Gruppo Verdi/ALE

Guardia costiera e di frontiera europea

Il 6 luglio 2016 il Parlamento europeo ha approvato la creazione di un sistema UE di controllo delle frontiere che riunisce in un nuovo organismo, denominato “Agenzia europea per la Guardia costiera e di frontiera”, le autorità di gestione delle frontiere nazionali e Frontex, l’agenzia europea per la gestione della cooperazione internazionale alle frontiere esterne degli Stati UE.

La proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio dell’Unione europea abroga il regolamento (CE) n. 2007/2004, il regolamento (CE) n. 863/2007 e la decisione 2005/267/CE del Consiglio.

Il relatore è stato il deputato lettone del PPE Artis Pabriks (A8-0200/2016).

La risoluzione legislativa è stata approvata con voto per appello nominale – richiesto dal GUE/NGL – con 483 voti a favore, 181 contrari e 48 astensioni. Il testo votato dal Parlamento europeo sarà inviato al Consiglio per approvazione. La legislazione dovrebbe entrare in vigore in autunno.

Risultati delle votazioni:

http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?pubRef=-%2f%2fEP%2f%2fNONSGML%2bPV%2b20160706%2bRES-VOT%2bDOC%2bPDF%2bV0%2f%2fIT&language=IT

Ritengo che quella che viene presentata come “nuova” agenzia europea costituisca una riorganizzazione e un potenziamento di Frontex, che ne amplifica i difetti e ne estende le competenze senza alcuna garanzia di controllo democratico. L’agenzia di Guardia costiera e di frontiera avrà il potere di controllare e di chiudere le frontiere esterne europee, agendo con propri funzionari di collegamento entro l’Unione anche contro la volontà degli Stati membri, e nei Paesi Terzi, diventando di fatto un protagonista con poteri di decisione nella politica estera dell’UE.

Per questo motivo, lo scorso maggio ho co-firmato emendamenti che rifiutavano la proposta. Al contempo ho presentato cento emendamenti correttivi, nel tentativo di limitare poteri e competenze della Guardia costiera e di frontiera. In particolare, ho presentato emendamenti contrari all’attribuzione all’Agenzia del potere di intervenire senza il consenso dello Stato membro coinvolto, di ricoprire un ruolo attivo nella cooperazione con i Paesi terzi e di decidere sulle politiche di rimpatrio.

Ho proposto di rafforzare i paragrafi che riguardano la responsabilità civile dell’Agenzia per i danni causati nel corso delle operazioni e chiesto il rafforzamento delle disposizioni relative alla creazione di un meccanismo di denuncia indipendente, efficace e accessibile per ogni persona che abbia subito una violazione dei diritti da parte dell’Agenzia.

Ho infine chiesto il rafforzamento del ruolo del responsabile Frontex per i diritti fondamentali e del forum consultivo cui partecipano varie ONG, e avanzato la proposta che un ruolo speciale sia affidato al Mediatore Europeo, ufficio che indaga sui diversi casi di cattiva amministrazione nell’ambito UE.

Malgrado la soddisfazione di aver visto accolti numerosi emendamenti da me presentati, integrati nel compromesso raggiunto durante i “triloghi” fra Parlamento, Commissione e Consiglio, ho continuato a giudicare la proposta estremamente problematica, tanto da decidere di votare contro.

Miei emendamenti ed esiti del negoziato

 Allegati, i principali emendamenti che ho presentato e che sono stati approvati durante il voto che si è tenuto il 27 maggio 2016 in Commissione Libertà civili, giustizia e affari interni (LIBE).

In neretto gli emendamenti successivamente integrati nel compromesso raggiunto fra Parlamento, Commissione e Consiglio, e dunque entrati a far parte del regolamento finale, direttamente applicabile negli Stati membri:

Minority report Guarda costiera e di frontiera europea

 

Richiesta di un intervento del Mediatore europeo in merito alla nomina di José Manuel Barroso presso la Goldman Sachs

COMUNICATO STAMPA

Barbara Spinelli e altri 52 parlamentari europei chiedono un intervento del Mediatore europeo in merito alla nomina dell’ex Presidente della Commissione José Manuel Barroso a Presidente non esecutivo della Goldman Sachs.

Bruxelles, 20 luglio 2016

53 parlamentari europei hanno sottoscritto una lettera promossa da Barbara Spinelli indirizzata al Mediatore europeo Emily O’Reilly, a seguito della nomina dell’ex Presidente della Commissione europea José Manuel Barroso come Presidente non esecutivo e consulente della Goldman Sachs International.

Barroso è stato Primo Ministro del Portogallo dal 2002 al 2004 e Presidente della Commissione Europea dal 2004 al 2014. É stato alla guida della Commissione durante gli anni più caldi della crisi finanziaria ed economica del 2007-2008 e fu protagonista dei programmi di aggiustamento economico promossi dalla così detta “Troika”, come evidenziato anche nella Risoluzione del Parlamento europeo del 13 marzo 2014 “relativa all’indagine sul ruolo e le attività della troika (BCE, Commissione e FMI) relativamente ai paesi dell’area dell’euro oggetto di programmi”.

L’11 aprile 2016, il Dipartimento di Giustizia degli USA, congiuntamente ad altre agenzie federali o statali, ha annunciato il raggiungimento di un accordo con Goldman Sachs per il versamento da parte della banca d’affari statunitense di 5,06 miliardi di dollari a titolo di sanzione e riparazione di danni, per le “colpe gravi” e le “pratiche fraudolente” adottate nella presentazione falsificata, cartolarizzazione, marketing, vendita ed emissione di prodotti finanziari legati a mutui non solvibili, tra il 2005 e il 2007, ovvero nei tre anni che precedettero l’esplosione della crisi finanziaria del 2007-2008.

Con questa lettera, i parlamentari europei chiedono al Mediatore europeo di valutare se la nomina di Barroso possa essere considerata in contrasto con i doveri di onestà e delicatezza per quanto riguarda l’accettazione, dopo la cessazione dell’incarico, di determinate funzioni o vantaggi, di cui all’articolo 245 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea.

«Considerando il ruolo centrale della Commissione nel gestire le conseguenze della crisi economica e finanziaria a livello europeo, chiediamo al Mediatore europeo di valutare se la nomina dell’ex Presidente della Commissione europea José Manuel Barroso a Presidente non esecutivo della Goldman Sachs International possa rappresentare una violazione del dovere di onestà e delicatezza di cui all’articolo 245 TFUE. Allo stesso tempo chiediamo di valutare se la risposta data dall’attuale Commissione a tale nomina possa costituire una violazione dell’articolo 41(2.c) della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (obbligo per l’amministrazione di motivare le proprie decisioni)».

I parlamentari hanno chiesto inoltre al Mediatore europeo di verificare se le differenti disposizioni relative al “periodo di raffreddamento” (cooling-off period) contenute nel Codice di Condotta per i Commissari (18 mesi) e nello Statuto dei Funzionari delle Comunità Europee (24 mesi) possano dar luogo ad una violazione del principio di uguaglianza e non discriminazione.

«Chiediamo perciò al Mediatore europeo di verificare se questo differente regime sia in conformità con il principio di uguaglianza e non discriminazione sancito nei Trattati e nella Carta dei Diritti Fondamentali. In caso negativo, chiediamo di valutare se la nomina del signor Barroso possa essere considerata legittima, tenuto conto del cooling-off “standard” di 24 mesi previsto nello Statuto dei Funzionari delle Comunità Europee».

«Infine, reiteriamo la richiesta, già avanzata dal Mediatore europeo, di sottoporre a revisione il Codice di Condotta per i Commissari al fine di rafforzarne la trasparenza ed allinearlo alle regole dei Trattati».


Si veda anche:

Goldman Sachs Agrees to Pay More than $5 Billion in Connection with Its Sale of Residential Mortgage Backed Securities

Interrogazione sui “Paesi d’origine sicuri”

Interrogazione con richiesta di risposta scritta E-000144/2016
alla Commissione
Articolo 130 del regolamento

Barbara Spinelli (GUE/NGL), Soraya Post (S&D), Ana Gomes (S&D) e Martina Anderson (GUE/NGL)

Oggetto: Compatibilità della proposta della Commissione su un elenco comune di “paesi di origine sicuri” dei richiedenti asilo con il diritto dell’Unione e la Carta dei diritti fondamentali

I paesi presenti nella proposta di regolamento della Commissione che istituisce un elenco comune di “paesi di origine sicuri” dei richiedenti asilo sono inseriti negli elenchi nazionali di soli dieci Stati membri, ad eccezione della Turchia che non si trova su alcun elenco nazionale. Varie ONG e diversi esperti hanno espresso gravi preoccupazioni circa la garanzia del diritto di non respingimento, il divieto di espulsioni collettive e il diritto alla non discriminazione e a un ricorso effettivo (articoli 18, 19, 21 e 47 della Carta dei diritti fondamentali), contenuti nella proposta. Nella relazione la Commissione osserva che in tutti gli stati interessati si sono verificate persecuzioni di persone LGBTI, mentre in alcuni stati si sono verificate persecuzioni di rom, donne o bambini. Secondo la Corte di giustizia dell’Unione europea (C-383/13), è giurisprudenza consolidata che il diritto di essere sentiti e il diritto di accedere al proprio fascicolo siano diritti fondamentali che costituiscono parte integrante dell’ordinamento giuridico dell’Unione europea e della Carta dei diritti fondamentali.

Alla luce di quanto precede, può la Commissione far sapere in che modo ritiene che la sua proposta garantisca che ogni domanda dei richiedenti asilo sia esaminata e che le decisioni siano prese in modo individuale, obiettivo ed imparziale (articolo 10, lettera a), direttiva 2013/32/UE) e nel rispetto dei summenzionati diritti sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali?


IT

E-000144/2016

Risposta di Dimitris Avramopoulos

a nome della Commissione

(18.7.2016)

L’applicazione del concetto di paese di origine sicuro non influisce sull’obbligo degli Stati membri di esaminare le domande e prendere una decisione al riguardo in modo individuale, obiettivo ed imparziale. Nella relazione che introduce la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un elenco comune dell’UE di paesi di origine sicuri ai fini della direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca della protezione internazionale, e che modifica la direttiva 2013/32/UE [1], la Commissione ha affermato espressamente l’opportunità che gli Stati membri prestino particolare attenzione alle circostanze regnanti in loco nel determinare se un dato paese terzo incluso nell’elenco comune dell’UE di paesi di origine sicuri debba essere considerato un paese di origine sicuro per un determinato richiedente, nonché nell’esaminare una domanda avvalendosi delle agevolazioni procedurali di cui alla direttiva 2013/32/UE per quanto riguarda i richiedenti provenienti da un paese di origine sicuro.

[1]  COM(2015) 452 final.

Il cigno nero che Verhofstadt ignora

Intervento di Barbara Spinelli, in qualità di relatore ombra per il Gruppo GUE/NGL della Relazione “Possibile evoluzione e adeguamento dell’attuale struttura istituzionale dell’Unione europea” (Relatore Guy Verhofstadt – ALDE, Belgio) nel corso della riunione ordinaria della Commissione Affari Costituzionali (AFCO). Bruxelles, 12 luglio 2016

Punti in agenda:

  • Esame del progetto di relazione
  • Annuncio del calendario

Vorrei innanzitutto ringraziare il collega Verhofstadt per il lavoro che ha fatto. Come affermava pochi istanti fa la collega Maite Pagazaurtundúa Ruiz (Alde – Spagna), tutti noi stiamo cercando di apprendere dagli errori, e questa Relazione certamente rappresenta uno di questi tentativi. Siccome però siamo di fronte a un tentativo tra molti altri, vorrei qui esprimere alcuni pareri che non necessariamente coincidono con quelli del relatore.

Ci sono due obiezioni in particolare su cui vorrei insistere. Una è purtroppo di carattere procedurale, l’altra riguarda la sostanza.

Trovo la questione procedurale specialmente importante, come accennato anche dal collega Ujazdowski (ECR – Polonia). Abbiamo ricevuto solo ieri la Relazione, e già entro il primo settembre dovranno essere pronti gli emendamenti. Non mi è mai accaduto di vedere il parere dei vari gruppi politici, e dunque del Parlamento nel suo insieme, scavalcato e quasi annullato in questa maniera. Non sono previste riunioni tra relatori ombra – a breve vi sarà l’interruzione dei lavori parlamentari per il periodo estivo – né ulteriori incontri in commissione AFCO. In altre parole non è previsto quello che in democrazia è essenziale, cioè la dialettica. Ognuno di noi qui rappresenta i cittadini del proprio Stato e dell’intera Unione e, di fatto, ho l’impressione che i cittadini siano estromessi dall’elaborazione di una delle più importanti Relazioni della legislatura corrente: la Relazione con cui si decide addirittura la necessaria revisione dei Trattati. Chiedo dunque in nome del mio gruppo – e spero che altri colleghi saranno d’accordo – che la scadenza degli emendamenti sia posticipata di almeno due mesi, tenendo conto che, dopo la pausa estiva, il Parlamento avrà inoltre una lunga “settimana verde”.

Entro ora nel merito del documento. Un tema che è assente in maniera preoccupante è la questione della crisi democratica e sociale dell’Unione. Crisi che già sottendeva le discussioni sul Grexit e che è letteralmente esplosa con il Brexit. Il legame fra le due esperienze è volutamente schivato.

Sicuramente il collega Guy Verhofstadt conoscerà la teoria del cigno nero di Nassim Taleb. Il cigno nero rappresenta ciò che non è previsto, che scardina in maniera radicale e definitiva tutte le nostre certezze. Nel caso citato da Taleb, in questione è la certezza che tutti i cigni siano bianchi, fino al momento in cui appare il cigno nero e ci fa perdere il terreno sotto i piedi. Nel caso dell’Unione, sono in gioco le convinzioni dottrinali che pervadono le politiche di austerità imposte ai Paesi indebitati dell’eurozona. L’Unione e i suoi Stati avevano certezze granitiche, sui modi di superare la crisi economica, ma si è poi visto come esse non abbiano dato risultati, e abbiano anzi peggiorato enormemente le condizioni economiche e sociali dei Paesi in difficoltà. Tuttavia, le stesse certezze vengono riproposte tali e quali sia nella Relazione Verhofstadt sia nella Relazione Bresso-Brok, che della prima costituisce il necessario corollario e che si concentra su ciò che si può fare a trattati costanti. Il cigno nero è fra noi, ma continua a essere ignorato.

C’è poi la questione democratica. Per democrazia intendo il rispetto, la promozione e l’estensione dei diritti dei cittadini. Proprio quest’espressione – diritti dei cittadini – è del tutto assente nella Relazione Verhofstadt. A questo si aggiunga il tema del suffragio universale. Come tenerne conto, come rendere compatibili i suoi verdetti con politiche europee che sempre meno fedelmente rispecchiano le volontà dei cittadini risultanti dal voto, sia esso espresso in un’elezione politica che in un referendum? La domanda non è nemmeno posta, né scompone i Relatori. Non si parla nemmeno di migliorare l’Iniziativa dei cittadini europei, che pure è stata oggetto di una specifica risoluzione del collega Schöpflin (PPE- Ungheria), adottata da questo Parlamento.

Avrei gradito inoltre che ci fosse qualche richiamo a un new deal economico di stile rooseveltiano, ma anche questo manca. E perché tutto ciò è assente? Perché la proposta di Relazione Verhofstadt si concentra sulla “tecnica” della cosiddetta governance, e giustamente afferma che la tecnica non funziona, che il metodo istituzionale aumenta il sospetto d’illegittimità che grava sulle decisioni UE. Non sono in disaccordo su questo punto, ed è vero che tanti accordi sono ormai presi fuori dai Trattati – dal Fiscal Compact all’accordo con la Turchia concernente i rifugiati – eludendo così ogni controllo da parte dei Parlamenti, sia in Europa sia negli Stati membri. Siamo però arrivati a un punto di svolta nell’Unione, a un autentico tipping point. La retorica sul metodo istituzionale – intergovernativo o comunitario o “unionale” che sia – non è più sufficiente. Sono innanzitutto le politiche che devono cambiare, più che i modi di farle. Per fare un esempio, il Fiscal Compact sicuramente non migliora o diviene più giusto o tale da produrre buoni risultati, se lo integriamo sic et simpliciter nel Trattato e lo consideriamo materia del metodo comunitario invece che intergovernativo. Si tratterà sempre di una politica dell’austerità che non ha funzionato, e che tra l’altro comincia a essere fondamentalmente criticata perfino dal Fondo Monetario Internazionale.

Ritengo, perciò, che avviare una procedura di riforma dei Trattati prima che il progetto europeo abbia riconquistato – con la propria policy, non con le alchimie della politics – il consenso necessario, significherebbe esporre il progetto europeo a nuove bocciature da parte dei cittadini attraverso ulteriori referendum nazionali o in un eventuale referendum comune. Tutto questo bloccherebbe il progetto europeo per i prossimi vent’anni, come minimo. Per questo motivo ritengo che l’Unione europea dovrebbe utilizzare i due o tre anni necessari a concludere i nuovi rapporti con il Regno Unito per adottare un pacchetto di misure in grado di riconquistare il sostegno popolare, e per prendere definitivamente congedo dalle dottrine neo-liberiste.

In questo quadro, penso che la Relazione debba includere un serio social pillar, tale da dare ai cittadini il senso che qualcosa stia veramente cambiando dal punto di vista della giustizia e dell’uguaglianza sociale. Intendo un social pillar legislativo, e non la solita “soft law” che afferma un valore o un principio senza dar loro la benché minima consistenza.

In entrambe le relazioni – la Relazione sulla trasformazione dei Trattati e quella Bresso-Brok, sul cui legame si insiste nella bozza del collega Verhofstadt – si parla poi di “gestione” del fenomeno migratorio. Lo si fa tuttavia in una mera prospettiva di “management delle frontiere”. A me sembra che questo sia un punto di vista miope, che non guarda lontano. Cosa faremo infatti e come costruiremo l’Europa con i migranti e rifugiati che necessariamente si troveranno a vivere da noi? che tipo di società abbiamo in mente di realizzare insieme a loro? Anche questo dovrebbe far parte della revisione dei Trattati.

Infine un accenno a quella che probabilmente è la più grande conquista di questa “nostra Europa”, ossia la Carta dei diritti fondamentali. Una possibile revisione dei Trattati potrebbe essere l’occasione per rimettere al centro della scena la persona, per riaffermare pienamente la centralità del diritto e dei diritti e conferire a tale strumento uno status di effettivo Bill of Rights europeo. Penso che rappresenterebbe un passo per riconquistare la fiducia smarrita dei cittadini.

Vorrei fare un’ultima osservazione a proposito dell’Eurobarometro. Questo strumento è stato fortemente criticato negli ultimi anni. Si tratta di obiezioni provenienti da istituti non sospettabili di parzialità, come l’istituto Notre Europe di Jacques Delors. Mi riferisco all’ottimo testo scritto su questa questione, per l’Istituto, da Salvatore Signorelli nel 2012. Il sospetto che pesa su Eurobarometro è di essere prigioniero di un insormontabile conflitto di interessi, rappresentato dalla pressione che su di esso è esercitata dal committente che è la Commissione.

In sostanza, si tratta di un istituto di sondaggio congegnato in maniera tale da certificare che i cigni sono tutti bianchi, e che mai ne vedremo uno nero. Consiglio perciò di non menzionare l’Eurobarometro in questa relazione.

Far rispettare lo stato di diritto e i diritti sociali

Intervento di Barbara Spinelli, in qualità di relatore ombra per il Gruppo GUE/NGL della Relazione “Istituzione di un meccanismo UE in materia di democrazia, Stato di diritto e diritti fondamentali” (Relatore: Sophie in ‘t Veld – ALDE) nel corso della riunione ordinaria della Commissione Libertà civili, giustizia e affari interni (LIBE). Bruxelles, 12 luglio 2016

Punto in agenda:

  • Esame del progetto di relazione
  • Fissazione del termine per la presentazione di emendamenti

Ringrazio nuovamente la Relatrice per il lavoro fatto in tutti questi mesi e anche per quello che si appresta a compiere con gli emendamenti di compromesso, nel tentativo di integrare i suggerimenti provenienti dai vari gruppi. La capacità di ascolto di Sophie in’t Veld è stata veramente grande, anche negli incontri, numerosi, che ha saputo organizzare con vari rapresentanti della società civile. È il motivo per cui guardo con fiducia al futuro lavoro sui compromessi. Avremo sicuramente modo di discutere tale lavoro in futuri incontri e scambi tra relatori ombra.

Per l’occasione, vorrei indicare fin da ora quattro priorità che sono alla base degli emendamenti che ho presentato in nome del mio gruppo.

  1. Auspico in primo luogo che gli emendamenti di compromesso non conducano a uno svuotamento dell’idea di fondo di tale strumento, inteso come tentativo concreto di dare centralità ai diritti fondamentali, e di avere al contempo un meccanismo efficace di valutazione del loro rispetto. Efficace e politicamente del tutto imparziale, come sicuramente è nell’intenzione della Relatrice. L’imparzialità dovrebbe, secondo me, impedire la frammentazione e l’atteggiamento selettivo paventato dal collega polacco che mi ha preceduto nella discussione. In fin dei conti la creazione di un tale strumento punta a dare concretezza agli obblighi derivanti dai Trattati e dalla Carta dei diritti fondamentali, e parte dall’idea che l’attuale articolo 7 – non a caso battezzato “opzione nucleare” – non sia in grado di avere la credibilità necessaria per condurre a tale concretezza e garantire l’effettiva imparzialità. Ribadisco quel che ho già detto in altre discussioni: sono pienamente d’accordo con la relatrice sulla necessità di abolire l’articolo 51 della Carta dei diritti fondamentali (che limita il suo campo di applicazione al diritto comunitario), perché solo in tal modo la Carta può diventare un vero e proprio Bill of Rights dell’Unione intera.
  2. L’estensione del meccanismo in esame alle Istituzioni e agli organi dell’Unione. La promozione e protezione dei diritti fondamentali rappresenta un vincolo essenziale che trova la propria ragion d’essere non solo nei Trattati e nella Carta, ma in molteplici strumenti internazionali. Si tratta di un obbligo di carattere orizzontale che prescinde, in un certo senso, dal destinatario. Non può quindi prevedere destinatari di serie A, intoccabili, e destinatari di serie B, che sono invece più esposti alle critiche. Il pieno rispetto di tale carattere non può che condurre alla nascita di uno strumento che contempli sia gli Stati Membri, sia gli altri soggetti che operano nell’ambito dell’Unione. Visto che quel che conta è riconquistare la fiducia nel progetto europeo, ritengo che l’Unione, nell’invocare il rispetto del diritto, debba essa stessa e in primis dimostrare la propria ottemperanza, altrimenti ci troveremmo di fronte a parole al vento e a un crescente distacco del cittadino da quella che ritiene essere una lontana burocrazia europea.
  3. La partecipazione e il coinvolgimento dei cittadini e della società civile. Come dicevo, sono convinta che la collega in ‘t Veld tenga a questo concetto e negli emendamenti che ho presentato chiedo quindi espressamente che i cittadini abbiano reale voce in capitolo nella creazione del nuovo meccanismo. Che la società civile attraverso i suoi intermediari sia considerata parte integrante della funzione di promozione e protezione dei diritti fondamentali. Mi auguro anche che vengano prese in considerazione le nostre proposte relative al rafforzamento degli strumenti già esistenti di partecipazione – mi riferisco, in particolare, all’Iniziativa dei cittadini europei (ICE) – ma anche a nuovi strumenti cui i cittadini possano ricorrere a tutela dei propri diritti, come i ricorsi alla Corte di giustizia, le azioni dei consumatori, ecc.
    Il Brexit in primis, il precedente dibattito sul Grexit, ma anche il referendum olandese e le elezioni austriache, stanno dimostrando il profondo distacco che sta creandosi tra istituzioni dell’Unione e cittadini. Si tratta quindi di ricucire la fiducia tradita e muovere i primi passi per ridare una legittimità all’unificazione europea.
  4. I diritti sociali. Chiediamo che essi divengano effettivo parametro di valutazione delle prestazioni, al pari dei diritti civili. Che si proceda finalmente a una loro equiparazione. La crisi economica e finanziaria, unita alle misure adottate per fronteggiarla, ha resuscitato in Europa una vera e propria questione sociale e accresciuto la distanza dei popoli dall’Unione. Il riemergere di tale questione non può prescindere da una piena considerazione e affermazione dei diritti anche in campo sociale.

La riforma della Blue Card

Intervento di Barbara Spinelli, in qualità di relatore ombra per il Gruppo GUE/NGL della Relazione “Condizioni di ingresso e soggiorno di cittadini di paesi terzi ai fini di attività lavorative altamente qualificate” (Relatore: Claude Moraes – S&D, Gran Bretagna) nel corso della riunione ordinaria della Commissione Libertà civili, giustizia e affari interni (LIBE). Bruxelles, 12 luglio 2016.

Punto in agenda:

  • Esposizione della Commissione

Vorrei ringraziare il rappresentante della Commissione per l’esposizione del progetto di modifica della direttiva blue card. Ci sono vari cambiamenti proposti che ritengo senz’altro interessanti. La direttiva, come diceva in apertura Claude Moraes, sembra contemplare procedure più inclusive e flessibili. Penso, in particolare, alle semplificazioni per quanto riguarda l’accesso al permesso di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo, alla possibilità, per chi già beneficia di protezione internazionale, di ottenere la Blue Card, e soprattutto alle facilitazioni riguardanti il ricongiungimento familiare. Ho letto tuttavia nell’explanatory memorandum della direttiva che la Commissione aveva inizialmente preso in esame la possibilità di rendere la Blue Card accessibile anche a migranti non altamente qualificati e ai richiedenti asilo. Ritengo che sarebbe stato estremamente positivo includere queste categorie nell’ambito di applicazione della direttiva. Cosa che non è stata fatta.

Ritengo inoltre che dovrebbe essere presa in considerazione l’idea di estendere, al contesto europeo, la normativa adottata in Svezia secondo cui le persone cui non è stata concessa protezione internazionale, ma che hanno ricevuto un’offerta di lavoro mentre la loro richiesta veniva esaminata, devono poter beneficiare di un permesso di soggiorno per cittadini di Paesi terzi.

Qualche settimana fa, in questa sede, è stato presentato un interessante studio della Direzione Generale delle politiche interne del Parlamento in cui si spiega come vi sia una forte carenza di manodopera in Europa, soprattutto nei settori che necessitano di lavoratori non altamente qualificati. Le cifre fornite a conferma di tale ipotesi sono davvero impressionanti. Questo d’altronde si collega strettamente alla crisi demografica dell’Unione. Ci sono mestieri – è riportato nello studio – che i vecchi in Europa non riescono più a fare e, allo stesso tempo, non ci sono abbastanza giovani per sostituirli.

Alla luce di ciò, chiedo alla Commissione come mai abbiate infine scelto di escludere i richiedenti asilo e i lavoratori non altamente qualificati dal campo di applicazione della direttiva.

I pericoli di una difesa dipendente dalla NATO

di martedì, Luglio 12, 2016 0 , , , , Permalink

Intervento di Barbara Spinelli nel corso della riunione ordinaria della Commissione Affari Costituzionali (AFCO). Bruxelles, 11 luglio 2016.

Punto in agenda:

Unione europea della difesa (Relatore per parere David McAllister – PPE, Germania)

  • Esame del progetto di parere
  • Fissazione del termine per la presentazione di emendamenti

Ringrazio il relatore per la presentazione di questo Parere. Avrei giusto due domande da porre.

La prima riguarda la cooperazione con la NATO. Mi domando se, specie nei rapporti con la Russia, non sia necessario stabilire una certa autonomia europea dalla NATO e dagli Stati Uniti, e dalle politiche di forte riarmo da essi promosse lungo il confine orientale dell’Unione. Sono cosciente del fatto che si tratta di un’opinione non condivisa dalla maggioranza degli europarlamentari, ma sicuramente è un’esigenza sentita da un certo numero di Stati Membri.

La seconda domanda concerne, più in generale, le prospettive della difesa comune. Si parla della possibilità di una “cooperazione rafforzata” tra gli Stati che la vogliono, ma ritengo difficile immaginare una difesa comune – anche in termini di cooperazione rafforzata – che non contempli la Francia, destinata a rimanere ormai l’unica potenza nucleare dell’Unione europea nel caso la Brexit andasse in porto. Il Presidente Hollande, nel corso del vertice NATO di Varsavia dei giorni scorsi, ha dichiarato in modo chiarissimo che il governo francese resta nettamente contrario a una difesa comune europea e favorevole, invece, alla preservazione di politiche nazionali, nel campo della difesa, molto ben definite. Chiedo se tali dichiarazioni troveranno un riscontro nel Parere in esame.

Helmut Schmidt e le “grandi visioni”

Intervento di Barbara Spinelli nel corso della riunione ordinaria della Commissione Affari Costituzionali (AFCO). Bruxelles, 11 luglio 2016.

Barbara Spinelli, in qualità di vice-presidente della Commissione AFCO, ha presieduto la riunione in sostituzione della Presidente Danuta Maria Hübner (PPE- Polonia).

Punto in agenda:

  • Scambio di opinioni con l’ambasciatore Pieter de Gooijer, rappresentante permanente dei Paesi Bassi presso l’UE, sui risultati della Presidenza di turno olandese

Prenderei la parola in nome del mio gruppo, ringraziando l’ambasciatore e la Presidenza olandese per il lavoro fatto negli scorsi sei mesi, ma allo stesso tempo per dire che non condivido del tutto l’ottimismo che ha espresso, né alcune sue opinioni di carattere generale. Penso che la crisi dell’Unione europea sia così grave, e la sfiducia dei cittadini così vasta, che una “grande visione” sia profondamente necessaria, e non superflua come Lei ha lasciato intendere. E le dirò di più: condivido la frase di Helmut Schmidt che Lei ha citato poc’anzi – “Chi ha grandi visioni dovrebbe andare dal dottore”, anche se la frase fu poi in qualche modo smentita dall’ex Cancelliere. Ma la condivido nella sua interezza: credo, infatti, che non solo dobbiamo avere “grandi visioni” ma che dobbiamo pure andare dal dottore, tanto siamo messi male. Una bella terapia democratica ci starebbe veramente molto bene.

Come dicevo, Helmut Schmidt è poi tornato su quest’affermazione, mille volte citata, spiegandola in questi termini: “Ho dato una risposta sfacciata a una domanda stupida”. Probabilmente conviene non usare più questa frase, così spregiativa verso le grandi visioni di cui abbiamo molto bisogno.

Quanto all’ottimismo, non concordo pienamente con Lei quando afferma che l’Unione rappresenta una zona della rule of law e del welfare state. Non sempre la rule of law è completamente rispettata. Non sempre né in tutti i Paesi il welfare sociale continua a essere garantito. Basti qui citare l’Iniziativa dei cittadini europei: l’ICE, che questo Parlamento ha chiesto di riformare in una risoluzione di cui György Schöpflin (PPE, Ungheria) è stato relatore, resta quella che è, uno strumento del tutto inefficace, perché la Commissione ha ritenuto superflua e prematura ogni sua riforma.

C’è quindi necessità di visioni e anche di risultati concreti: le due esigenze non vanno contrapposte.

Già nei primi anni del 2000, il governo olandese insistette sul fatto che non ci volevano visioni ma risultati concreti. Da allora sono passati molti anni, e questi risultati concreti non sono pervenuti. Proviamo quindi a inventarci un nuovo linguaggio per la crisi presente.