Leggi anti-ONG in Ungheria

Interrogazione con richiesta di risposta scritta P-002469/2018
alla Commissione
Articolo 130 del regolamento

Marie-Christine Vergiat (GUE/NGL), Jean Lambert (Verts/ALE), Ernest Urtasun (Verts/ALE), Barbara Spinelli (GUE/NGL) e Péter Niedermüller (S&D)

Oggetto: Leggi anti-ONG in Ungheria

Il 13 febbraio 2018 il governo ungherese ha presentato un pacchetto di tre progetti di legge che si iscrive nella continuità della legge del 2017 sulle organizzazioni non governative (ONG), che aveva indotto la Commissione ad avviare una procedura di infrazione.

Il governo auspica che questo nuovo pacchetto sia adottato il più presto possibile dal neoeletto parlamento che si riunirà l’8 maggio prossimo, mentre la commissione di Venezia dovrebbe formulare il suo parere il 22 giugno.

Il contenuto dei tre progetti di legge (T/1976, T/19775 e T/19774) alimenta gravi preoccupazioni dato che, in particolare, introduce una tassa del 25 % su tutti i finanziamenti stranieri, compresi quelli europei, delle ONG titolari di una licenza. Inoltre, alcune ONG potrebbero essere addirittura vietate con una semplice decisione amministrativa e senza possibilità di ricorso giudiziario soddisfacenti.

Tenuto conto della procedura d’esame accelerata al parlamento ungherese, intende la Commissione europea pubblicare, entro l’8 maggio, un parere motivato sul contenuto del pacchetto?

Ritiene la Commissione europea che, se il pacchetto legislativo fosse adottato, esso costituirebbe una violazione dell’articolo 12 della Carta dei diritti fondamentali e dell’articolo 11 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU)?

Sostenitori [1]

[1] La presente interrogazione è sostenuta da deputati diversi dagli autori: Christine Revault d’Allonnes Bonnefoy (S&D), Josef Weidenholzer (S&D), Birgit Sippel (S&D), Terry Reintke (Verts/ALE), Cornelia Ernst (GUE/NGL), Josep-Maria Terricabras (Verts/ALE), Angelika Mlinar (ALDE), Bodil Valero (Verts/ALE), Sophia in ‘t Veld (ALDE), Claude Moraes (S&D), Ska Keller (Verts/ALE), Cecilia Wikström (ALDE), Nathalie Griesbeck (ALDE), Louis Michel (ALDE), Soraya Post (S&D), Sylvie Guillaume (S&D), Ana Gomes (S&D)

IT

P-002469/2018

Risposta di Věra Jourová
a nome della Commissione
(25.6.2018)

La Commissione è consapevole del fatto che il 29 maggio 2018 il governo ungherese ha presentato al Parlamento ungherese un nuovo pacchetto di progetti di legge che sostituisce quello cui fanno riferimento gli onorevoli deputati.

La Commissione attualmente segue da vicino gli sviluppi in merito e analizza la compatibilità dei progetti di legge con le disposizioni del diritto dell’UE, anche per quanto riguarda la loro interazione e la conformità alle norme dell’UE negli ambiti della migrazione, dell’asilo, della libera circolazione dei cittadini dell’UE e anche del rispetto della Carta dei diritti fondamentali dell’UE.

La Commissione rammenta che la società civile rappresenta il tessuto stesso delle società democratiche: conferisce il potere alle comunità e le rafforza e costituisce il presupposto di una democrazia sana e dell’elaborazione di politiche efficaci. Ciascuna democrazia sana necessita di una società civile dinamica che possa operare senza dover temere intimidazioni o stigmatizzazioni. La Commissione sottolinea che nessuna legislazione dovrebbe avere l’effetto di ridurre lo spazio lasciato alle organizzazioni della società civile ostacolandole nell’assolvimento dei loro compiti legittimi o imponendo dei controlli inadeguati sul loro operato [1].

[1]  Rif. alla causa pendente C-78/18, Commissione/Ungheria, relativa alla legge ungherese sulle organizzazioni della società civile che ricevono finanziamenti dall’estero.

Detenzione di minori non accompagnati nelle celle delle stazioni di polizia in Grecia

Interrogazione con richiesta di risposta scritta E-001400/2018
alla Commissione

Articolo 130 del regolamento

Barbara Spinelli (GUE/NGL), Beatriz Becerra Basterrechea (ALDE), Tanja Fajon (S&D), Maria Grapini (S&D), Maria Gabriela Zoană (S&D), Tokia Saïfi (PPE), Pina Picierno (S&D), Neoklis Sylikiotis (GUE/NGL), Takis Hadjigeorgiou (GUE/NGL), Maite Pagazaurtundúa Ruiz (ALDE), Sergio Gaetano Cofferati (S&D), Mercedes Bresso (S&D), Silvia Costa (S&D), Bart Staes (Verts/ALE), Marlene Mizzi (S&D), Malin Björk (GUE/NGL), Carlos Coelho (PPE), Ramón Luis Valcárcel Siso (PPE), Antonio López-Istúriz White (PPE), Anna Hedh (S&D), Marita Ulvskog (S&D), Jytte Guteland (S&D), Jens Nilsson (S&D), Wajid Khan (S&D), Luigi Morgano (S&D), Javier Nart (ALDE), Ana Gomes (S&D), Gérard Deprez (ALDE), Izaskun Bilbao Barandica (ALDE), Curzio Maltese (GUE/NGL), João Pimenta Lopes (GUE/NGL), João Ferreira (GUE/NGL), Vilija Blinkevičiūtė (S&D), Nikolaos Chountis (GUE/NGL), Molly Scott Cato (Verts/ALE), Javier Couso Permuy (GUE/NGL), Michaela Šojdrová (PPE), Petras Auštrevičius (ALDE), Julie Ward (S&D), Merja Kyllönen (GUE/NGL), Nathalie Griesbeck (ALDE), Jean Lambert (Verts/ALE), Barbara Lochbihler (Verts/ALE), Tania González Peñas (GUE/NGL), Marisa Matias (GUE/NGL), Claude Turmes (Verts/ALE), Dietmar Köster (S&D), Claude Moraes (S&D), Eva Joly (Verts/ALE), Soraya Post (S&D), Benedek Jávor (Verts/ALE), Hilde Vautmans (ALDE), Monika Beňová (S&D), Miguel Urbán Crespo (GUE/NGL), Elly Schlein (S&D), Ernest Urtasun (Verts/ALE), Bodil Valero (Verts/ALE), António Marinho e Pinto (ALDE), Helmut Scholz (GUE/NGL), Kostas Chrysogonos (GUE/NGL), Jordi Solé (Verts/ALE), Sirpa Pietikäinen (PPE), Martina Anderson (GUE/NGL), Stefan Eck (GUE/NGL), Sophia in ‘t Veld (ALDE), Josef Weidenholzer (S&D), Nessa Childers (S&D), Olle Ludvigsson (S&D), Anna Maria Corazza Bildt (PPE) e Caterina Chinnici (S&D)

Oggetto:  Detenzione di minori non accompagnati nelle celle delle stazioni di polizia in Grecia

Human Rights Watch riferisce che in Grecia, dalla fine del dicembre 2017, 54 minori non accompagnati sono stati trattenuti presso celle delle stazioni di polizia o centri di detenzione per immigrati [1]. La ricerca ha rilevato che tali minori vivevano in condizioni di insalubrità, spesso con adulti diversi dai loro familiari, e potevano essere oggetto di abusi e maltrattamenti da parte della polizia.

La detenzione di minori è contraria al diritto internazionale in materia di diritti umani [2], come dichiarato anche dal gruppo di lavoro delle Nazioni Unite sulla detenzione arbitraria, dal Comitato delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo e dal relatore speciale sulla tortura e altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti.

L’articolo 6 del regolamento (UE) n. 604/2013 stabilisce che gli Stati membri cooperano strettamente tra loro, tengono debitamente conto delle possibilità di ricongiungimento familiare e, in caso di minori non accompagnati, adottano “il prima possibile opportune disposizioni per identificare i familiari, i fratelli o i parenti del minore non accompagnato nel territorio degli Stati membri”.

È la Commissione a conoscenza di tale situazione e, in tal caso, quali iniziative intende intraprendere per sostenere misure alternative alla detenzione, accelerare il ricongiungimento dalla Grecia con i familiari e garantire la ricollocazione sicura dei minori non accompagnati richiedenti asilo, anche se non hanno legami familiari?

[1]     Secondo Human Rights Watch e diversi studi, tra cui una relazione elaborata su richiesta della Commissione, la detenzione ha un grave impatto a lungo termine sui minori e provoca altresì danni allo sviluppo, ansia, depressione, disturbo da stress post-traumatico e perdita della memoria: http://odysseus-network.eu/wp-content/uploads/2015/02/FINAL-REPORT-Alternatives-to-detention-in-the-EU.pdf

https://www.hrw.org/news/2018/01/23/asylum-seeking-kids-locked-greece

http://www.unhcr.org/58a458eb4

[2]     Assemblea generale delle Nazioni Unite, dichiarazione di New York per i rifugiati e i migranti: risoluzione adottata dall’Assemblea generale il 3 ottobre 2016, A/RES/71/1, “Noi, capi di Stato e di governo e alti rappresentanti (…) perseguiremo inoltre alternative alla detenzione, mentre tali valutazioni sono in corso”. http://www.refworld.org/docid/57ceb74a4.html – Osservazione generale n. 21 (2017) del comitato delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo per quanto concerne i minori di strada – cfr. paragrafo 44 “la privazione della libertà, ad esempio in celle di detenzione o centri chiusi, non costituisce mai una forma di protezione”.

—-

IT

E-001400/2018

Risposta di Dimitris Avramopoulos
a nome della Commissione

(7.6.2018)

La protezione dei minori è una priorità centrale della politica migratoria dell’UE. Il diritto dell’Unione prevede che il trattenimento, anche sotto forma di custodia protettiva, dovrebbe essere utilizzato in ultima istanza e in circostanze eccezionali, solo se strettamente necessario, per il minor tempo possibile e mai in istituti penitenziari. La Commissione ha recentemente sottolineato la persistente mancanza di adeguati centri di accoglienza per minori non accompagnati, sia sulle isole che sul territorio continentale. Le autorità greche dovrebbero accelerare il processo volto a creare, con il sostegno finanziario dell’UE, 2 000 nuovi posti in accoglienza […] in tutta la Grecia. In tutti i punti di crisi in Grecia sono state istituite e addestrate squadre di protezione dei minori” [1]. Pertanto, le autorità nazionali devono garantire la disponibilità e l’accessibilità di una serie di alternative percorribili per il trattenimento di minori migranti. I fondi dell’UE sono disponibili per sostenere tale obiettivo.

In base alle informazioni pubblicate dal Servizio greco di asilo [2], 9 168 richieste di trasferimento sono state inviate ad altri Stati membri per ragioni legate al ricongiungimento familiare, a legami di dipendenza e a questioni umanitarie e 4 758 trasferimenti hanno avuto luogo nel 2017, compresi i trasferimenti di minori non accompagnati, rispetto alle 4 912 richieste di trasferimento e ai 962 trasferimenti nel 2016. La Commissione continua a monitorare la situazione e ha sottolineato la necessità di rafforzare ulteriormente la capacità del servizio greco per l’asilo, compresa l’Unità Dublino greca, al fine di garantire la sostenibilità e il miglioramento delle operazioni.

Per quanto riguarda la ricollocazione dalla Grecia, 21 999 persone, tra cui 546 minori non accompagnati, sono state trasferite dalla Grecia in altri Stati membri.

[1]     Relazioni sullo stato di avanzamento dell’attuazione dell’agenda europea sulla migrazione, COM(2018) 250 final def. del 14.3.2018, COM(2018) 301 final def. del 16.5.2018.

[2]     http://asylo.gov.gr/en/wp-content/uploads/2018/03/Dublin-stats_feb18%CE%95%CE%9D.pdf

Misure a sostegno degli Stati membri con tassi di disoccupazione di lunga durata e giovanile superiori alla media della zona euro

Interrogazione con richiesta di risposta scritta E-007248/2017

alla Commissione

Articolo 130 del regolamento

Kostadinka Kuneva (GUE/NGL), Jean Lambert (Verts/ALE), Dietmar Köster (S&D), Ana Gomes (S&D), Estefanía Torres Martínez (GUE/NGL), Barbara Spinelli (GUE/NGL), Jiří Maštálka (GUE/NGL), Martina Michels (GUE/NGL), Maria Arena (S&D), Tatjana Ždanoka (Verts/ALE), Merja Kyllönen (GUE/NGL), Cornelia Ernst (GUE/NGL), Jean-Paul Denanot (S&D), Rina Ronja Kari (GUE/NGL), Neoklis Sylikiotis (GUE/NGL), Vilija Blinkevičiūtė (S&D), Ernest Urtasun (Verts/ALE), Takis Hadjigeorgiou (GUE/NGL), Bart Staes (Verts/ALE), Marie-Pierre Vieu (GUE/NGL), Gabriele Zimmer (GUE/NGL), Stelios Kouloglou (GUE/NGL), Kostas Chrysogonos (GUE/NGL) e Jutta Steinruck (S&D)

Oggetto:  Misure a sostegno degli Stati membri con tassi di disoccupazione di lunga durata e giovanile superiori alla media della zona euro

Secondo Eurostat, i tassi di disoccupazione di lunga durata e giovanile in almeno dieci Stati membri sono superiori alla media della zona euro. In sette paesi, il tasso di disoccupazione di lunga durata (in percentuale sulla disoccupazione totale) è tra il 4 % e il 23 % più elevato rispetto alla media della zona euro (49,7 %), il che indica una potenziale tendenza permanente. In risposta a tale tendenza, il viceministro greco del lavoro Antonopoulou e il ministro lussemburghese del lavoro Schmit hanno suggerito le seguenti misure nel corso di una riunione della commissione per l’occupazione e gli affari sociali del Parlamento europeo il 30 agosto 2017:

–     esenzione dal patto di stabilità e crescita dell’UE per le risorse finanziarie destinate ai programmi a sostegno dei disoccupati, principalmente attraverso politiche attive del mercato del lavoro, compresa la creazione di posti di lavoro in paesi con tassi di disoccupazione superiori alla media della zona euro, in quanto investimenti in capitale umano a sostegno del potenziale di crescita;

–     assegnazione di almeno il 5 % del Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS) a tali programmi, con la possibilità di un contributo superiore al limite del 50 % del totale richiesto, se necessario, vista l’eccezionale situazione di svantaggio che affrontano tali paesi.

Tenendo conto che le suddette proposte sono sostenute da diversi paesi (Spagna, Portogallo, Italia, Slovenia) e da deputati al Parlamento europeo e che tali questioni saranno sottoposte al sig. Juncker e ai commissari competenti, come prevede di procedere la Commissione per promuovere il dialogo e agire in tal senso?

Sostenitori [1]

[1]  La presente interrogazione è sostenuta da deputati diversi dagli autori: Dimitrios Papadimoulis (GUE/NGL) e Tania González Peñas (GUE/NGL).

IT

E-007248/2017

Risposta di Marianne Thyssen

a nome della Commissione

(18.4.2018)

Al fine di garantire la sostenibilità delle finanze pubbliche, tutte le spese devono essere adeguatamente finanziate. Gli Stati membri possono stabilire priorità nel modo in cui effettuano le spese, rispettando nel contempo il patto di stabilità e crescita. Agli Stati membri è permesso deviare dall’obiettivo a medio termine o dal relativo percorso di avvicinamento alle condizioni menzionate nella Posizione comune sulla flessibilità nel patto di stabilità e crescita, per esempio quando attuano importanti riforme strutturali, comprese le riforme del mercato del lavoro [1]. Gli obblighi di aggiustamento di bilancio inoltre vengono fissati in termini strutturali prendendo in considerazione il ciclo economico.

Il pilastro europeo dei diritti sociali, proclamato il 17 novembre 2017, beneficerà di investimenti dell’UE in capitale umano e coesione sociale, in particolare mediante il Fondo sociale europeo e altri fondi strutturali e di investimento europei. La Commissione ha inoltre recentemente presentato proposte [2] di nuovi strumenti di bilancio volti a sostenere la convergenza e le riforme strutturali, comprese le riforme dei mercati del lavoro. L’iniziativa a favore dell’occupazione giovanile inoltre continuerà a sostenere giovani delle regioni più colpite mediante un incremento delle risorse pari a 1,2 miliardi di EUR per il periodo 2017-2020. Nell’ambito del Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS) sono stati inoltre sviluppati strumenti finanziari volti a sostenere l’imprenditoria sociale, l’impiego sostenibile e l’innovazione sociale, mediante l’integrazione degli obiettivi di occupazione giovanile. Sebbene questo fondo sia guidato dalla domanda e non fissi quote settoriali, la Commissione riconosce che l’investimento nel capitale sociale è una priorità fondamentale.

Nel maggio del 2018 la Commissione presenterà la sua proposta per il quadro finanziario pluriennale post-2020. La preparazione del nuovo bilancio dell’UE sarà l’occasione per un dibattito aperto su come progettare al meglio strumenti dell’UE per combattere la disoccupazione di lunga durata e giovanile.

[1]     Approvata il 12 febbraio 2016 dal Consiglio “Economia e finanza” (ECOFIN). http://data.consilium.europa.eu/doc/document/ST-14345-2015-INIT/en/pdf.

[2]     https://ec.europa.eu/info/publications/economy-finance/completing-europes-economic-and-monetary-union-policy-package_en

Rimpatri in Afghanistan

Interrogazione con richiesta di risposta scritta E-007189/2017
alla Commissione

Articolo 130 del regolamento

Judith Sargentini (Verts/ALE), Bodil Valero (Verts/ALE), Jean Lambert (Verts/ALE), Malin Björk (GUE/NGL), Marie-Christine Vergiat (GUE/NGL), Barbara Spinelli (GUE/NGL) e Elly Schlein (S&D)

Oggetto:  Stato dell’attuazione dell’azione congiunta UE-Afghanistan per il futuro in materia di questioni migratorie dell’UE: rimpatri in AfghanistanRimpa

A seguito di una lettera ricevuta l’8 novembre 2017 in risposta alla sua richiesta, il 20 novembre 2017 la commissione LIBE ha ricevuto conferma dalla Commissione quanto all’attuazione dell’azione congiunta UE-Afghanistan per il futuro in materia di questioni migratorie, che era stata firmata dalle due parti il ​​2 ottobre 2016.

La Commissione ha riferito che, nel 2016, un totale di 8.325 persone sono state rimpatriate in Afghanistan, comprese le partenze volontarie, e che, dall’entrata in vigore dell’azione congiunta, sono stati effettuati in totale 17 voli charter, con 269 rimpatriati a bordo.

A fronte di quanto descritto si chiede alla Commissione:

  1. da quali Stati membri e aeroporti sono partiti i 17 voli charter? quali Stati membri li hanno coordinati o sono stati coordinati da Frontex?
  2. qual era il sesso e l’età esatta dei 269 rimpatriati a bordo di quei voli?
  3. Può la Commissione fornire una ripartizione accurata del costo totale sostenuto dagli Stati membri e/o dall’UE per effettuare i voli? Può dire, altresì, se i voli sono stati finanziati attraverso il bilancio dell’UE, compresi Frontex o AMIF (gestione diretta o indiretta)?

E-007189/2017

Risposta di Dimitris Avramopoulos
a nome della Commissione

(13.2.2018)

Per quanto riguarda l’attuazione dell’azione congiunta UE-Afghanistan per il futuro in materia di questioni migratorie, la Commissione desidera aggiornare le informazioni fornite il 20 novembre 2017 alla commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni, e intende altresì comunicare agli onorevoli deputati ulteriori dettagli sui voli di rimpatrio.

A partire dal 2 ottobre 2016, data della prima applicazione dell’azione congiunta, sono stati effettuati 23 voli charter tra il 12 dicembre 2016 e il 21 dicembre 2017, coordinati e finanziati dall’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera (l’Agenzia), per un costo totale di 5 479 694,95 euro.

I voli sono stati organizzati disgiuntamente da Austria, Danimarca, Finlandia, Germania, Svezia e Ungheria, usufruendo dei seguenti aeroporti di partenza: aeroporto internazionale di Vienna-Schwechat, aeroporto di Copenaghen, aeroporti di Helsinki-Vantaa e di Lappeenranta, aeroporto internazionale di Düsseldorf, aeroporti di Francoforte sul Meno, di Lipsia-Halle e di Monaco di Baviera (Franz Josef Strauss), aeroporto di Stoccolma-Arlanda e aeroporto internazionale di Budapest-Ferihegy.

Nell’ambito delle operazioni coordinate dall’Agenzia sono stati rimpatriati in Afghanistan, in totale, 358 cittadini di paesi terzi, la stragrande maggioranza dei quali erano uomini adulti, con un numero limitato di donne (11) e di minori (6) accompagnati dai propri familiari. La Commissione e l’Agenzia non dispongono di informazioni sull’età precisa degli emigranti rimpatriati.

Applicazione delle decisioni 2015/1523 e 2015/1601 sulla ricollocazione, prima della loro data di scadenza

Interrogazione con richiesta di risposta scritta E-005767/2017
alla Commissione

Articolo 130 del regolamento

Barbara Spinelli (GUE/NGL), Marisa Matias (GUE/NGL), Sofia Sakorafa (GUE/NGL), Josef Weidenholzer (S&D), Bart Staes (Verts/ALE), Bronis Ropė (Verts/ALE), Alfred Sant (S&D), Laura Ferrara (EFDD), Josep-Maria Terricabras (Verts/ALE), Stelios Kouloglou (GUE/NGL), Kostas Chrysogonos (GUE/NGL), Elly Schlein (S&D), Marie-Christine Vergiat (GUE/NGL), Eleonora Evi (EFDD), Stefan Eck (GUE/NGL), Sylvie Guillaume (S&D), Benedek Jávor (Verts/ALE), Eva Joly (Verts/ALE), Sergio Gaetano Cofferati (S&D), Norica Nicolai (ALDE), Elena Valenciano (S&D), Claude Rolin (PPE), Josu Juaristi Abaunz (GUE/NGL), Dimitrios Papadimoulis (GUE/NGL), Fabio Massimo Castaldo (EFDD), Andrejs Mamikins (S&D), Tanja Fajon (S&D), Hilde Vautmans (ALDE), Juan Fernando López Aguilar (S&D), Nessa Childers (S&D), Miguel Urbán Crespo (GUE/NGL), Neoklis Sylikiotis (GUE/NGL), Gabriele Zimmer (GUE/NGL), Ana Gomes (S&D), Ernest Urtasun (Verts/ALE), Takis Hadjigeorgiou (GUE/NGL), Nicola Caputo (S&D), Tania González Peñas (GUE/NGL), Julie Ward (S&D), Javier Nart (ALDE), Ramon Tremosa i Balcells (ALDE), Mady Delvaux (S&D), Nathalie Griesbeck (ALDE), Sabine Lösing (GUE/NGL), Jordi Solé (Verts/ALE), Soraya Post (S&D), Dietmar Köster (S&D), Molly Scott Cato (Verts/ALE), Ivan Jakovčić (ALDE), Kostadinka Kuneva (GUE/NGL), Barbara Lochbihler (Verts/ALE), Nikolaos Chountis (GUE/NGL), Helmut Scholz (GUE/NGL) e José Inácio Faria (PPE)

Oggetto: Applicazione delle decisioni 2015/1523 e 2015/1601 sulla ricollocazione, prima della loro data di scadenza (26 settembre 2017)

In una sentenza del 6 settembre 2017 la Corte di giustizia europea ha respinto i ricorsi di Slovacchia e Ungheria per contestare la ricollocazione, rilevando che “la mancanza di cooperazione da parte di taluni Stati membri” è la principale causa dell’esiguo numero di ricollocazioni dei richiedenti protezione internazionale.

Un documento pubblicato dal Consiglio europeo per i rifugiati e gli esuli (ECRE) dal titolo “Relocation not Procrastination” conclude che la resistenza politica e giuridica alla ricollocazione dei richiedenti protezione internazionale si manifesta in forme che vanno da “preferenze inaccettabili espresse da alcuni Stati membri a gravi ritardi nell’impegno a determinare i posti di ricollocazione, nonché nell’elaborazione e fornitura di offerte, da parte dell’Italia e della Grecia” [1].

La data di scadenza (26 settembre 2017) per l’applicazione delle decisioni 2015/1523 e 2015/1601 sulla ricollocazione è vicina.

  1. Intende la Commissione avviare altre procedure d’infrazione nei confronti degli Stati membri inosservanti?
  2. Intende rivedere le dichiarazioni di Dublino, per quanto concerne l’Italia e la Grecia, dando la priorità agli elementi di solidarietà delle ricollocazioni?
  3. Nel settembre del 2015 il Presidente Juncker ha annunciato la creazione di un meccanismo permanente di ricollocazione, a norma del sistema di Dublino, e nel maggio del 2017 il Parlamento ha chiesto alla Commissione di presentare una nuova proposta in materia di ricollocazione, in attesa della riforma del sistema di Dublino. Per quale motivo il commissario Avramopoulos ha dichiarato che la Commissione non presenterà nuove proposte sul tema?

[1]     https://www.ecre.org/wp-content/uploads/2017/09/Policy-Note-07.pdf

IT
E-005767/2017
Risposta di Dimitris Avramopoulos
a nome della Commissione

(29.11.2017)

Dal gennaio 2017 la maggior parte degli Stati membri stanno proponendo i propri impegni su base mensile – mentre le decisioni del Consiglio [1] richiedono che ciò avvenga solo ogni tre mesi – e stanno procedendo a ricollocazioni regolari [2]. Inoltre, il numero delle persone ammissibili alla ricollocazione è risultato essere molto più basso di quanto previsto. Tre Stati membri non hanno ricollocato nessuno dall’inizio del programma (Ungheria e Polonia) o per più di un anno (Repubblica ceca) dall’Italia o dalla Grecia, e la Commissione ha avviato nei loro confronti procedure di infrazione [3].

La Commissione non intende cambiare la propria politica sui trasferimenti Dublino in Italia e in Grecia.

La Commissione non ritiene opportuno presentare una nuova proposta in materia di ricollocazione. La prima priorità è ricollocare al più presto tutti i richiedenti ammissibili che erano presenti in Italia e in Grecia al 26 settembre 2017. La Commissione, inoltre, non può continuare a basarsi su misure ad-hoc. Una riforma del sistema Dublino è l’unica soluzione strutturale, ed è necessario compiere urgentemente passi avanti verso un accordo politico su questo fascicolo. La Commissione, tuttavia, riconoscendo che la pressione migratoria in Italia e in Grecia resta alta, si è dichiarata pronta a mantenere il suo sostegno agli Stati membri che continuano le ricollocazioni da Grecia e Italia al di là di quanto prevedono i programmi attuali [4].

[1]  Decisione (UE) 2015/1523 del Consiglio, del 14 settembre 2015, che istituisce misure temporanee nel settore della protezione internazionale a beneficio dell’Italia e della Grecia (GU L 239 del 15.9.2015, pag. 146), e decisione (UE) 2015/1601 del Consiglio, del 22 settembre 2015, che istituisce misure temporanee nel settore della protezione internazionale a beneficio dell’Italia e della Grecia (GU L 248 del 24.9.2015, pag. 80).

[2] I progressi realizzati, in particolare nel 2017, nell’attuazione del programma figurano nelle relazioni periodiche sulla ricollocazione e il reinsediamento, l’ultima delle quali (la 15a) è stata adottata il 6 settembre 2017 (COM(2017) 465 final). Alcuni Stati membri hanno già ricollocato le loro quote per l’Italia o per la Grecia o sono sul punto di farlo. Con i trasferimenti di settembre, la Finlandia è diventata il primo Stato membro ad aver adempiuto agli obblighi ad esso spettanti per quanto riguarda l’Italia.

[3] http://europa.eu/rapid/press-release_IP-17-1607_en.htm; http://europa.eu/rapid/press-release_IP-17-2103_en.htm.

[4] Comunicazione sull’attuazione dell’agenda europea sulla migrazione – COM(2017) 558 final.

Insufficiente risposta della Commissione a due interrogazioni sulla Libia

È giunta la risposta della Commissione all’interrogazione scritta presentata da Elly Schlein, Barbara Spinelli e altri eurodeputati riguardante i finanziamenti alle milizie libiche per bloccare l’arrivo di rifugiati in Europa, nonché a un’interrogazione scritta presentata da Laura Ferrara e cofirmata anche da Barbara Spinelli.

Di seguito il testo della risposta:

IT
E-005531/2017
P-005567/2017

Risposta di Johannes Hahn
a nome della Commissione

(7.11.2017)

La Commissione non è nella posizione di verificare e commentare in merito alle affermazioni cui fanno riferimento gli onorevoli deputati.

Considerata la complessità e la fluidità della situazione in Libia, sono state adottate diverse misure volte a garantire la corretta attuazione e l’adeguato monitoraggio della realizzazione di tutti i programmi. A titolo di esempio, nell’ambito del monitoraggio periodico e degli obblighi di comunicazione applicabili alle organizzazioni che beneficiano del sostegno dell’UE, il programma avente una dotazione finanziaria di 46 milioni di EUR adottato per la Libia, sarà monitorato dal Ministero italiano degli interni, al primo livello di controllo, che sarà integrato da un secondo livello a cura di terzi, incaricati distintamente che effettueranno un monitoraggio indipendente in loco. Un ulteriore livello di controllo può essere costituito dalla sorveglianza rafforzata delle attività mediante un monitoraggio ad hoc. Qualora tali valutazioni periodiche dovessero far concludere che le condizioni in loco non consentono la realizzazione delle predette attività, esse fungeranno da base per una decisione di sospendere i programmi.

Lo schema delle ricollocazioni scade a settembre, e un nuovo sistema Dublino ancora non c’è

Bruxelles, 15 settembre 2017. Barbara Spinelli (GUE/NGL) ha presentato un’interrogazione scritta alla Commissione europea sull’applicazione delle Decisioni di ricollocazione di richiedenti protezione internazionale, in vista della loro scadenza il prossimo 26 settembre. L’interrogazione è stata firmata da altri 62 parlamentari europei appartenenti a diversi gruppi politici.

Di seguito il testo:

Nella sua sentenza del 6 settembre 2017, la Corte di giustizia dell’Unione europea ha respinto i ricorsi presentati dalla Slovacchia e dall’Ungheria contro il meccanismo di ricollocazione, affermando che «la mancanza di cooperazione da parte di alcuni Stati membri» è la causa principale del numero ridotto di ricollocazioni di richiedenti protezione internazionale.

Il documento dell’ECRE Relocation not Procrastination nota che la resistenza politica e legale a ricollocare i richiedenti protezione internazionale include «preferenze proibitive espresse da alcuni Stati membri, e gravi ritardi nel mettere a disposizione posti per la ricollocazione, nonché nell’esaminare e accettare ricollocazioni dall’Italia e dalla Grecia».

Poiché la scadenza per l’applicazione delle Decisioni di ricollocazione 2015/1523 e 2015/1601 è prossima (26 settembre 2017) chiediamo alla Commissione:

  1. Intende lanciare ulteriori procedure d’infrazione contro Stati membri inadempienti?
  2. Rivedrà i trasferimenti da altri Stati membri verso l’Italia e la Grecia ai sensi del Regolamento di Dublino, dando invece priorità agli elementi di solidarietà delle ricollocazioni?
  3. Nel settembre 2015, il Presidente della Commissione Jean-Paul Juncker ha annunciato un “meccanismo permanente” di ricollocazione nel quadro del sistema Dublino. Nel maggio 2017, il Parlamento europeo ha chiesto alla Commissione di presentare una nuova proposta di ricollocazione in attesa della riforma del sistema Dublino. Perché il Commissario Dimitris Avramopoulos ha dichiarato invece che la Commissione non presenterà nuove proposte per la ricollocazione?

1. Barbara Spinelli (GUE/NGL)
2. Marisa Matias (GUE/NGL)
3. Sofia Sakorafa (GUE/NGL)
4. Josef Weidenholzer (S&D)
5. Bart Staes (Verdi/ALE)
6. Bronis Ropé (Verdi/ALE)
7. Alfred Sant (S&D)
8. Laura Ferrara (EFDD – M5S)
9. Josep-Maria Terricabras (Verdi/ALE)
10. Stelios Kouloglou (GUE/NGL)
11. Kostas Chrysogonos (GUE/NGL)
12. Elly Schlein (S&D)
13. Marie-Christine Vergiat (GUE/NGL)
14. Eleonora Evi (EFDD – M5S)
15. Stefan Eck (GUE/NGL)
16. Sylvie Guillaume (S&D)
17. Benedek Jávor (Verdi/ALE)
18. Eva Joly (Verdi/ALE)
19. Sergio Cofferati (S&D)
20. Norica Nicolai (ALDE)
21. Eleonora Forenza (GUE/NGL)
22. Elena Valenciano (S&D)
23. Claude Rolin (PPE)
24. Josu Juaristi Albaunz (GUE/NGL)
25. Dimitrios Papadimoulis (GUE/NGL)
26. Fabio Massimo Castaldo (EFDD – M5S)
27. Andrejs Mamikins (S&D)
28. Tanja Fajon (S&D)
29. Hilde Vautmans (ALDE)
30. Juan Fernando López Aguilar (S&D)
31. Curzio Maltese (GUE/NGL)
32. Nessa Childers (S&D)
33. Miguel Urbán Crespo (GUE/NGL)
34. Neoklis Sylikiotis (GUE/NGL)
35. Gabriele Zimmer (GUE/NGL)
36. Ana Gomes (S&D)
37. Ernest Urtasun (Verdi/ALE)
38. Takis Hadjigeorgiou (GUE/NGL)
39. Nicola Caputo (S&D)
40. Tania González Peñas (GUE/NGL)
41. Julie Ward (S&D)
42. Nikolay Barekov (ECR)
43. Javier Nart (ALDE)
44. Ramon Tremosa i Balcells (ALDE)
45. Cornelia Ernst (GUE/NGL)
46. Jean Lambert (Verdi/ALE)
47. Malin Björk (GUE/NGL)
48. Mady Delvaux-Stehres (S&D)
49. Nathalie Griesbeck (ALDE)
50. Sabine Lösing (GUE/NGL)
51. Jordi Solé (Verdi/ALE)
52. Soraya Post (S&D)
53. Dietmar Köster (S&D)
54. Luke Ming Flanagan (GUE/NGL)
55. Molly Scott Cato (Verdi/ALE)
56. Ivan Jakovčić (ALDE)
57. Kostadinka Kuneva (GUE/NGL)
58. Barbara Lochbihler (Verdi/ALE)
59. Margrete Auken (Verdi/ALE)
60. Costas Mavrides (S&D)
61. Nikolaos Chountis (GUE/NGL)
62. Helmut Scholz (GUE/NGL)
63. José Inácio Faria (PPE)

 

Fonti:
European Agenda on Migration: Press Conference by Commissioner Avramopoulos on the progress made on managing migration and external borders

Relocation: Commission launches infringement procedures against the Czech Republic, Hungary and Poland

Judgment of the Court (Grand Chamber) 6 September 2017

Ecre’s assessment of the obstacles to relocation of asylum seekers from Greece and Italy and its proposals for a continuation of relocation after September 2017

European Parliament resolution of 18 May 2017 on making relocation happen

PCE/PEC – Riconoscimento dei diritti di cittadinanza dei cittadini del Regno Unito negli altri Stati membri dell’UE e accordo sui diritti dei cittadini non britannici dell’UE nel Regno Unito

Interrogazione con richiesta di risposta scritta
al Consiglio (Presidente del Consiglio Europeo)
Articolo 130 del regolamento
24 maggio 2017

Julie Ward (S&D), Jean Lambert (Verts/ALE), Helga Trüpel (Verts/ALE), Paloma López Bermejo (GUE/NGL), Catherine Bearder (ALDE), Bart Staes (Verts/ALE), Alfred Sant (S&D), Eugen Freund (S&D), Alex Mayer (S&D), Tomáš Zdechovský (PPE), Barbara Spinelli (GUE/NGL), Heidi Hautala (Verts/ALE), Ricardo Serrão Santos (S&D), Jean-Paul Denanot (S&D), Ernest Urtasun (Verts/ALE), Valentinas Mazuronis (ALDE), Tania González Peñas (GUE/NGL), Hilde Vautmans (ALDE), Pascal Durand (Verts/ALE), Viorica Dăncilă (S&D), Kateřina Konečná (GUE/NGL)

Oggetto:  PCE/PEC — Riconoscimento dei diritti di cittadinanza dei cittadini del Regno Unito negli altri Stati membri dell’UE e accordo sui diritti dei cittadini non britannici dell’UE nel Regno Unito

Dal referendum del 23 giugno 2016 nel Regno Unito, i cittadini degli Stati membri dell’UE nel Regno Unito e i cittadini del Regno Unito in altri Stati membri dell’UE provano un senso di incertezza, ansia e angoscia circa la loro situazione e quella delle loro famiglie.

L’organizzazione «New Europeans» e altre organizzazioni della società civile hanno messo in luce la profonda preoccupazione dei cittadini per quanto riguarda la loro possibilità di beneficiare dei diritti che derivano dalla loro cittadinanza europea, compreso il diritto di rimanere nello Stato membro in cui risiedono, e mantenere il loro diritto alla vita privata e familiare, quale sancito nella Carta dei diritti fondamentali dell’UE e nella Convenzione europea dei diritti dell’uomo.

I cittadini si rammaricano profondamente di essere utilizzati come merce di scambio nei negoziati sulla Brexit.

A prescindere dalla posizione del Regno Unito, presente o futura, può il Presidente indicare se intende raccomandare al Consiglio europeo di impegnarsi a mantenere i diritti di cittadinanza dell’UE per i cittadini britannici in altri Stati membri dell’UE, e a far sì che questi restino in vigore a prescindere dall’esito dei negoziati con il Regno Unito?

Intende inoltre il Presidente sostenere che le garanzie sui diritti dei cittadini dell’UE non britannici nel Regno Unito debbano essere oggetto di un accordo separato con il Regno Unito e non essere influenzate dall’esito dei negoziati su altri argomenti?

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Risposta
17 luglio 2017

Il presidente del Consiglio europeo si è impegnato a rispondere alle interrogazioni parlamentari nella misura in cui queste riguardino le sue attività politiche. Poiché i negoziati con il Regno Unito a norma dell’articolo 50 del TUE non rientrano nel campo d’applicazione di tale impegno, il presidente del Consiglio europeo non è in grado di rispondere all’interrogazione posta dagli onorevoli parlamentari.

Rispetto dei diritti fondamentali e del principio di leale cooperazione negli accordi relativi alle politiche di asilo e di migrazione

Interrogazione con richiesta di risposta scritta
al Consiglio
Articolo 130 del regolamento

(6.6.2016)

Barbara Spinelli (GUE/NGL) , Sophia in ‘t Veld (ALDE) , Stelios Kouloglou (GUE/NGL) , Sofia Sakorafa (GUE/NGL), Stefan Eck (GUE/NGL) , Iuliu Winkler (PPE) , Izaskun Bilbao Barandica (ALDE) , Barbara Lochbihler (Verts/ALE), Josef Weidenholzer (S&D) , Bodil Valero (Verts/ALE) , Josu Juaristi Abaunz (GUE/NGL) , Marisa Matias (GUE/NGL) , Hilde Vautmans (ALDE) , Ana Gomes (S&D) , Marie-Christine Vergiat (GUE/NGL) , Jean Lambert (Verts/ALE) , Petras Auštrevičius (ALDE) , Curzio Maltese (GUE/NGL) , Nikolaos Chountis (GUE/NGL) , Soraya Post (S&D) , Julie Ward (S&D)

Oggetto:  Rispetto dei diritti fondamentali e del principio di leale cooperazione negli accordi relativi alle politiche di asilo e di migrazione

Dal 2014 il Consiglio ha lanciato una serie di accordi relativi all’asilo e alla migrazione, alcuni aspetti dei quali sono rimasti confidenziali e non sono stati sottoposti a un controllo parlamentare.

Il 23 marzo 2016 la Commissione, il Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE) e il Comitato dei rappresentanti permanenti (Coreper) avrebbero discusso di partenariati con paesi del Corno d’Africa – tra cui il Sudan – con lo scopo di mettere fine all’afflusso di rifugiati verso l’Europa con i fondi dell’UE, rispecchiando la “dichiarazione” UE-Turchia e il “patto sulla migrazione” avanzato dall’Italia. È opportuno sottolineare che la Corte penale internazionale ha emesso un mandato d’arresto nei confronti del presidente sudanese, accusato per il suo presunto ruolo nel genocidio del Darfur.

L’articolo 13, paragrafo 2 del trattato sull’Unione europea (TUE) stabilisce che le istituzioni attuano tra loro una leale cooperazione e agiscono nei limiti delle attribuzioni che sono loro conferite dai trattati, secondo le procedure, condizioni e finalità da essi previste.

Ritiene il Consiglio:

–     di aver rispettato il principio di leale cooperazione proponendo tali accordi, dal momento che il Parlamento non è stato né consultato né informato della loro esistenza?

–     che i fondi dell’UE destinati a questo piano d’azione non saranno utilizzati per reprimere la popolazione civile?

–     che tali accordi rispettino l’articolo 3 del TUE per quanto concerne gli obiettivi dell’UE di tutelare i diritti umani e osservare rigorosamente il diritto internazionale, compreso il diritto di chiedere asilo?
IT

E-004653/2016
Risposta

(26.9.2016)

Il Consiglio non ha discusso accordi ai sensi dell’articolo 218 del TFUE relativi all’asilo e alla migrazione, neanche con il Sudan.

Incarcerazione di tre sostenitori dei diritti umani in Turchia

Interrogazione con richiesta di risposta scritta E-005219/2016
alla Commissione
Articolo 130 del regolamento

Marietje Schaake (ALDE), Isabella Adinolfi (EFDD), Martina Anderson (GUE/NGL), Nikos Androulakis (S&D), Petras Auštrevičius (ALDE), Brando Benifei (S&D), Fabio Massimo Castaldo (EFDD), Karima Delli (Verts/ALE), Gérard Deprez (ALDE), Georgios Epitideios (NI), Cornelia Ernst (GUE/NGL), Fredrick Federley (ALDE), Eleonora Forenza (GUE/NGL), Gerben-Jan Gerbrandy (ALDE), Charles Goerens (ALDE), Nathalie Griesbeck (ALDE), Takis Hadjigeorgiou (GUE/NGL), Hans-Olaf Henkel (ECR), Eva Kaili (S&D), Stelios Kouloglou (GUE/NGL), Alexander Graf Lambsdorff (ALDE), Barbara Lochbihler (Verts/ALE), Peter Lundgren (EFDD), Valentinas Mazuronis (ALDE), Louis Michel (ALDE), Matthijs van Miltenburg (ALDE), Marlene Mizzi (S&D), Demetris Papadakis (S&D), Jozo Radoš (ALDE), Frédérique Ries (ALDE), Claude Rolin (PPE), Judith Sargentini (Verts/ALE), Jordi Sebastià (Verts/ALE), Barbara Spinelli (GUE/NGL), Eleftherios Synadinos (NI), Pavel Telička (ALDE), Josep-Maria Terricabras (Verts/ALE) e Josef Weidenholzer (S&D)

Oggetto: Incarcerazione dei tre importanti sostenitori dei diritti umani in Turchia

Il 20 giugno 2016, in Turchia sono stati incarcerati tre importanti sostenitori dei diritti umani. Erol Önderoğlu (Reporter senza frontiere) è stato arrestato dopo essere comparso in tribunale a Istanbul. Şebnem Korur Fincancı (Fondazione per i diritti umani in Turchia) e Ahmet Nesin (giornalista e scrittore) sono stati arrestati lo stesso giorno. Vengono accusati di propaganda terroristica, apparentemente per aver ricoperto temporaneamente la posizione di caporedattori per Özgür Gündem, un quotidiano che si concentra sul conflitto tra il governo e il Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK).

Le autorità turche hanno avviato indagini preliminari a carico di 37 delle 44 persone che hanno partecipato a una campagna di protesta contro l’accanimento nei confronti del personale di Özgür Gündem lavorando per un giorno come redattori ospiti per il giornale.

  1. La Commissione ha manifestato al governo turco le proprie preoccupazioni in merito al ricorso alla legislazione antiterrorismo per arrestare giornalisti e studiosi che non sono accusati di fare uso della violenza? Se non lo ha fatto, può chiarirne il motivo?
  2. Quali conseguenze hanno avuto le violazioni dei diritti umani e l’abuso delle leggi antiterrorismo sulle relazioni tra l’UE e la Turchia in seguito alla “dichiarazione” di cooperazione sulla gestione della migrazione?
  3. Vi sono parametri di riferimento concreti per la Turchia su questioni quali lo Stato di diritto, la separazione dei poteri, le detenzioni arbitrarie e la libertà di espressione per quanto riguarda la “dichiarazione” sulla migrazione? I recenti sviluppi avranno un impatto sul piano di avviare il capitolo negoziale 33?

IT
E-005219/2016
Risposta di Johannes Hahn
a nome della Commissione
(7.9.2016)

La Commissione segue con preoccupazione la situazione della libertà di espressione e dei diritti fondamentali in Turchia. Ricorda, tra l’altro, la dichiarazione congiunta del 21 giugno 2016 dell’alto rappresentante/vicepresidente Federica Mogherini e del commissario Hahn sull’arresto del Prof. Fincanci e di numerosi giornalisti, tra cui il Sig. Nesin[1].

L’UE esprime e difende la sua posizione a tutti i livelli, inclusi gli incontri al vertice. Durante il Consiglio europeo del 17 e 18 marzo 2016[2], i leader dell’UE hanno ribadito che l’Unione si aspetta, da parte della Turchia, l’osservanza degli standard più elevati in materia di democrazia, Stato di diritto e rispetto delle libertà fondamentali, compresa la libertà di espressione. Più di recente, in occasione della 124ª riunione del comitato di associazione UE‑Turchia del 31 maggio 2016, l’UE ha espresso serie preoccupazioni relativamente all’ampia applicazione delle leggi contro il terrorismo e la criminalità organizzata.

Come indicato nella terza relazione sui progressi compiuti dalla Turchia per soddisfare i requisiti della tabella di marcia per un regime di esenzione dal visto del 4 maggio 2016[3], nonché nella seconda relazione sui progressi compiuti nell’attuazione della dichiarazione UE-Turchia del 15 giugno 2016[4], la Turchia dovrebbe rivedere la legislazione e le prassi in materia di terrorismo in linea con gli standard europei, in particolare adeguando la definizione di terrorismo così da restringerne l’ambito di applicazione e introducendo un criterio di proporzionalità.

[1]     http://eeas.europa.eu/statements-eeas/2016/160621_01_en.htm
[2]     http://www.consilium.europa.eu/it/meetings/european-council/2016/03/17-18/
[3]     COM(2016) 278 final.
[4]     COM(2016) 349 final.