Terrorismo: non imitare Tony Blair

Strasburgo, 24 novembre 2015

Dibattito in plenaria sul rapporto di Rachida Dati (Ppe) su “Prevenzione della radicalizzazione e del reclutamento di cittadini europei da parte di organizzazioni terroristiche”.

Intervento di Barbara Spinelli

Ringrazio Rachida Dati, che ha saputo spesso ascoltare voci diverse dalla sua. Gli attentati di Parigi hanno tuttavia inasprito le differenze tra noi: le accuse che in quest’emiciclo ha lanciato al gruppo socialista sono un brutto segno.

È essenziale garantire sicurezza ai cittadini, è vero. Ma c’è anche la sicurezza da interventi abusivi dello Stato. Il dopo 11 settembre negli USA è una lezione da non imitare. Il terrorismo va combattuto con la rule of law. Mai dovremo imitare Blair, che su torture ed extraordinary renditions disse nel 2003: “Le regole del gioco sono cambiate”.

Cosa spinge tanti giovani ad arruolarsi nell’Isis? Tre motivi, non sufficientemente approfonditi nel rapporto:

Le guerre anti-terroriste: gran parte dei foreign fighters appartiene a quella che è chiamata generazione della guerra anti-terrore. Guerra che ha seminato caos, creato l’Isis, rovinato la reputazione delle democrazie. Non possiamo riempire di armi Arabia Saudita o Qatar, principali finanziatori del terrorismo.

Le banlieue: nessun investimento è stato fatto per ridurre la ghettizzazione di chi le abita. Fu tragica la scelta di Sarkozy di togliere fondi a polizia di prossimità e associazioni locali.

Internet e prigioni, dove più si recluta. Accrescere il controllo dello Stato su internet non serve, ed è pericoloso applicare ciecamente la segregazione nelle carceri. Né serve sigillare ancor più tutte le frontiere, minacciando ancor più la vita dei profughi.

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