Contraddizioni della Commissione sulle guardie costiere libiche

Bruxelles, 2 aprile 2019. Barbara Spinelli (GUE/NGL) è intervenuta nella riunione della Commissione Libertà civili, giustizia e affari interni (LIBE) del Parlamento europeo nel corso del dialogo strutturato con Dimitris Avramopoulos, Commissario responsabile per la migrazione, gli affari interni e la cittadinanza.

«Ringrazio il Commissario Avramopoulos per questo nostro ultimo incontro in  Commissione Libe. Per me, è l’occasione per esprimere dubbi che  in questi anni non sono mai stati fugati, sulla coerenza e la sincerità della Commissione in materia di migrazione. Oggi faccio in particolare riferimento alla lettera di cui si è già parlato stamattina in questa sede, inviata dalla responsabile della Direzione migrazione e politica interna della Commissione, Signora Paraskevi Michou, a Fabrice Leggeri, direttore dell’Agenzia europea della Guardia costiera e di frontiera. Lettera in cui si legittimano il funzionamento  della zona SAR (search and rescue) libica, l’”ottima performance” delle guardie costiere libiche, i salvataggi fatti da queste ultime, l’uso “appropriato” del personale libico, l’aumento della sua “capacità e professionalità”. In contemporanea con questa lettera, la portavoce della Commissione Natasha Bertaud ha dichiarato tuttavia che la Libia non può esser considerato un «paese sicuro» per gli sbarchi di migranti. Tra questa lettera e la dichiarazione di Natasha Bertaud c’è una contraddizione evidente.

Capisco che non è la stessa cosa parlare di paese sicuro e di zona SAR, ma il fatto è che il governo italiano (il ministero dell’Interno) ha aggiornato la sua nuova direttiva sui porti chiusi basandosi precisamente su questa lettera della signora Paraskevi Michou, incorporandola nel testo della direttiva e citandola come conferma che rimpatriare i migranti salvati in Libia è legittimo e opportuno.

Vorrei domandare come mai nella lettera della Commissione, che ho letto e riletto, non c’è una sola parola sulle condizioni dei migranti nei campi di detenzione e nei Lager libici. Lei sa benissimo a cosa mi riferisco: l’Onu denuncia una situazione insostenibile dal punto di vista dei diritti umani fin dal 2016, e ha ripetuto la sua messa in guardia per l’ennesima volta nel marzo di quest’anno.

La seconda cosa che vorrei chiederle è come può una zona SAR essere considerata “struttura legittima e appropriata”, se la Libia non è secondo voi un “safe place of disembarkation”?

Ultima domanda: le chiedo di rendere pubblica la lettera di Fabrice Leggeri inviata alla Commissione; lettera che forse esprime dubbi e a cui la signora Paraskevi Michou ha deciso di rispondere con la lunga lettera dettagliata cui ho fatto allusione.»