Il Processo di Khartoum e l’esternalizzazione delle frontiere

Strasburgo, 17 dicembre 2014. Sessione Plenaria. Interventi di Barbara Spinelli sul Processo di Khartoum

Doru-Claudian Frunzulică (eurodeputato, S&D):
Presidente, ogni anno conflitti armati, persecuzioni, mancanza di prospettive economiche, violazioni dei diritti umani, calamità naturali, costringono milioni di persone a lasciare le proprie case nel Corno d’Africa per imbarcarsi in viaggi perigliosi attraverso paesi ostili per raggiungere l’Europa. Durante questo viaggio la speranza per la sicurezza propria e un futuro sono minacciati da gang di criminali, contrabbandieri, trafficanti di esseri umani. Una volta giunti in Europa spesso questi migranti si trovano di fronte alla minaccia dello sfruttamento, dell’esclusione e del razzismo. Noi con la nostra politica dobbiamo cambiare il destino di milioni di persone, e per farlo dobbiamo innanzitutto garantire che le politiche che attuiamo vadano alle radici della migrazione: se sosteniamo le organizzazioni civili e i governi nei paesi in via di sviluppo per promuovere una buona governance e costruire una società più giusta, allora la migrazione finalmente diventerà una scelta individuale e non una costrizione. Dobbiamo ricordare i benefici che i migranti protetti possono comunque apportare nei paesi da cui hanno origine [e] nei paesi in cui si recano. Gestire l’immigrazione può creare nuove opportunità e motivare i giovani ad acquisire le giuste competenze, promuovere uno scambio di conoscenze. La migrazione in futuro è destinata ad aumentare, ma se riusciamo a chiarire a noi stessi e alla pubblica opinione che c’è un nesso tra immigrazione e sviluppo, allora la migrazione non sarà più un problema ma parte della soluzione: grazie all’interconnessione che è emersa nelle conclusioni del Consiglio adottate venerdì scorso, questo è un primo passo importante. Sono lieto e attendo di vedere come saranno attuate queste conclusioni del Consiglio.

Barbara Spinelli (eurodeputata, GUE/NGL, rivolgendo una domanda “cartellino blu” al collega):
Collega, sono d’accordo che bisogna andare alla radice dei problemi ma le vorrei chiedere, quando dice che bisogna aiutare e sostenere i governi da cui vengono i migranti, e che questa è la radice del problema, le voglio chiedere se lei ha presente i paesi da cui questi migranti fuggono: le guerre, la fame, le dittature atroci. Perché non è che vengono così, perché lì non c’è abbastanza sviluppo, vengono perché altrimenti finiscono in galera, o peggio. Grazie.

Doru-Claudian Frunzulică (eurodeputato, S&D, in risposta al Cartellino Blu di Barbara Spinelli):
So perfettamente di che paesi si tratta; come lei sa ci sono programmi dell’Unione europea a favore di questi paesi, e tutti questi programmi dovrebbero in qualche modo essere accompagnati da richieste nei confronti dei governi che rispettino i diritti umani, la democrazia, perché applichino un’economia di mercato etc. Noi dobbiamo aiutare questi paesi affinché essi possano dare ai propri cittadini la ragione di rimanere a vivere in patria.

Intervento di Barbara Spinelli:
Parlerò in nome di tante associazioni che denunciano il Processo di Khartoum, e l’esternalizzazione dei controlli di frontiera in vista di respingimenti contrari alle leggi europee.
Temono soprattutto accordi con la dittatura eritrea da cui oggi fugge il 30 per cento dei 150.000 profughi arrivati in Italia.
Abbiamo già visto come l’esportazione della democrazia sia un disastro, un imbroglio. Anche l’esportazione di migranti in campi concentrazionari in Eritrea o Sudan produrrà disastri, e imposture. [Già abbiamo visto quel che produce negli accordi tra l’Italia di Berlusconi e la Libia, sul rimpatrio dei fuggitivi.]*
Il Processo di Khartoum è descritto dal governo italiano come uno salto di qualità storico. Il “salto” è piuttosto in direzione di nuovi accordi con i paesi di transito per bloccare le partenze con il pretesto di esternalizzare il diritto di asilo. Diritto che già oggi in quei paesi non viene garantito effettivamente, neanche in base alle previsioni più restrittive della Convenzione di Ginevra.

*La frase non è stata pronunciata in aula, per mancanza di tempo.

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