Cibersicurezza: gli Stati Uniti non sono un modello

Bruxelles, 11 ottobre 2017. Intervento di Barbara Spinelli nel corso della riunione ordinaria della Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni.

Punto in agenda:

Presentazione del pacchetto recentemente adottato sulla cibersicurezza: “Resilienza, deterrenza e difesa: verso una cibersicurezza forte per l’UE”

  • Presentazione a cura di Julian King, commissario responsabile per l’Unione della sicurezza, Commissione europea

Grazie Sir Julian King,

Avrei alcune domande su questioni che mi interessano in modo particolare per gli effetti che le misure del pacchetto cibersicurezza possono avere sulla libertà di espressione e di stampa, e che pongo in quanto relatore del rapporto di iniziativa del Parlamento europeo su Media pluralism and media freedom in the European Union.

In primo luogo, non vorrei che i pericoli per la cibersicurezza che ha evocato nella sua presentazione fossero sproporzionatamente gonfiati. Dico questo perché lei ha citato come modello da seguire gli Stati Uniti, per i 17 miliardi di dollari investiti quest’anno in tale campo. Io ho qualche dubbio sul modello americano, se penso all’ossessione sulla cibersicurezza che domina il dibattito pubblico negli Stati Uniti fin dalle ultime elezioni presidenziali, a proposito di attacchi cyber su cui non esiste al momento alcun tipo di prova.

Quindi quando si parla di resilienza e deterrenza sono d’accordo, ma secondo me è importante definire chiaramente quali siano i contenuti illegali trasmessi attraverso internet che vanno controllati o tolti, affinché la libertà di espressione non sia violata. In quest’ ambito, lei ha per esempio accennato a intenti criminali e a intenti ostili, mettendoli sullo stesso piano. Non credo che i due tipi di intenti siano paragonabili; l’ostilità non è necessariamente criminalità. Per questo bisogna essere molto chiari e circostanziati nella definizione dei contenuti illegali.

Ho anche dubbi sulla necessità di collaborazione delle piattaforme internet nel rimuovere sistematicamente i contenuti illegali: anche questa collaborazione può essere pericolosa per la libertà di espressione e la libertà di stampa. Basti pensare alla maniera in cui Google ha deciso di eliminare dai propri meccanismi di ricerca informazioni e siti considerati “estremisti”. Anche in questo caso, siamo alla presenza di un’arbitraria equiparazione: estremista non è criminale. Ritengo che la decisione di Google sia una forma di “collaborazione” delle piattaforme internet che produce effetti più che rischiosi dal punto di vista delle libertà.

Contro una direttiva ad hoc sull’encryption

di giovedì, Settembre 15, 2016 0 , , Permalink

Il 13 settembre, nel corso della Plenaria a Strasburgo, il Parlamento europeo ha nominato Julian King Commissario europeo per l’Unione della Sicurezza con 394 voti a favore, 161 contrari e 83 astenuti. Riportiamo le due risposte del Commissario Julian King alle domande di Barbara Spinelli e di Péter Niedermüller sulla direttiva sull’encryption, rivolte nel corso dell’audizione del 12 settembre.in Commissione Libertà Civili, Giustizia e Affari Interni (LIBE).

Domanda di Barbara Spinelli: Il 23 Agosto scorso, i ministri dell’Interno di Francia e Germania hanno annunciato che al vertice di Bratislava chiederanno alla Commissione, e dunque a lei, Sir Julian King, una direttiva sull’encryption. La direttiva obbligherebbe compagnie come WhatsApp o Telegram a indebolire gli standard di cifratura e/o a istituire “back door” per l’accesso delle forze di polizia ai dati personali.

Tale proposta è stata criticata dai sostenitori della privacy e dal CNIL, l’autorità francese di protezione dati. La tesi da essi sostenuta è che togliere la cifratura espone i cittadini a rischi di hacking e di altre forme di terrorismo, più di quanto minacci i terroristi.

Ecco, quindi, le domande che vorrei porle: che tipo di garanzie si intende fornire a salvaguardia della privacy e della sicurezza dei cittadini? Non crede  che il terrorista aggirerà l’ostacolo usando o creando app alternative?

Risposta di Julian King: Thank you, and thank you for raising such an important subject. The internet, as the last few questions make very clear, is absolutely central to our lives – the conduct of our lives and all aspects of our lives, including our private lives – and we should be entitled to privacy in the online world as we are in the offline world. Encryption, for secure communication, is part of that world and is part of the privacy that all citizens should be able to enjoy in that world. It is also the case that some very bad people use encryption, including terrorists. Indeed, in the attack that was recently foiled in France, a well-known encryption device had been used to help its planning. Not just terrorists, however, but also paedophiles and other criminals are using encryption. So there is no easy answer.

I am not convinced that there is a sort of silver bullet. Personally speaking, I am not convinced that some kind of systematic process of introducing ‘backdoors’ would make us all safer. I think, as you say, that it risks introducing systemic weaknesses, which could be used against us, as well as by all sorts of third parties – so this is not a simple subject. I am very glad that we have the Internet Forum as a group of experts, including both Member State representatives and practitioners, who can look at this subject. I will certainly be encouraging them to do so and to offer us some recommendations which I would be happy to discuss further with you.

Risposta di Julian King alla domanda di Péter Niedermüller (S&D – Ungheria): I think encryption is a key part of the online world: it serves very good purposes, preserving our privacy. It’s also misused by terrorists, criminals and paedophiles. There’s no easy answer or silver bullet about what to do to stop that, and I want to have an expert dialogue with the internet service providers and others, to come forward with some ideas for discussion – I don’t think we’ll be able to move anywhere near straight to any recommendations.