Rule of law e democrazia: i rischi del monitoraggio Ue

Strasburgo, 25 marzo 2019. Intervento di Barbara Spinelli nel corso della sessione plenaria del Parlamento europeo. 

Punto in agenda:

Situazione dello Stato di diritto e la lotta contro la corruzione nell’Unione, in particolare a Malta e in Slovacchia

Presenti al dibattito:

  • Věra Jourová – Commissario europeo per la giustizia, la tutela dei consumatori e l’uguaglianza di genere

Barbara Spinelli è intervenuta in qualità di membro, per il Gruppo GUE/NGL, del Gruppo di monitoraggio dello Stato di diritto (ROLMG) – istituito nell’ambito di competenza della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni (LIBE) – e relatore ombra della Risoluzione sulla Situazione dello Stato di diritto e la lotta contro la corruzione nell’Unione, in particolare a Malta e in Slovacchia.

Questa legislatura ha evidenziato che il rispetto della rule of law e dei diritti umani nell’Unione è pericolante, e la risoluzione che voteremo in aprile è uno dei tanti contributi del Parlamento in materia.

Il monitoraggio, tuttavia, presuppone che il nostro ruolo sia neutrale, mai elettoralistico, attento a evitare doppi standard e atteggiamenti punitivi. Che l’obiettivo sia quello di tutelare e rafforzare gli anticorpi nazionali, senza pretendere di sostituirci totalmente a essi. Presupposti che, purtroppo, non ritengo del tutto soddisfatti nella risoluzione.

Non chiedo di abdicare al nostro ruolo o di arginarlo, ma di renderlo incensurabile. Il rischio, altrimenti, è che le istituzioni europee vengano sempre più considerate come un potere orwelliano e che la rule of law sia percepita come imposizione esterna, da osteggiare.

Bruxelles, 20 marzo 2019. Intervento di Barbara Spinelli nel corso della riunione del Gruppo GUE/NGL. 

Punto in agenda:

  • The situation of the rule of law and the fight against corruption in the EU, specifically in Malta and Slovakia

Ho chiesto questo dibattito alla luce della centralità che la questione rule of law sta assumendo in questi anni, per la nostra attività di parlamentari. Alcuni di noi si occupano del tema da anni.

La Risoluzione che discutiamo oggi presenta criticità non rilevabili in testi analoghi del Parlamento, per quanto riguarda sia il metodo che il contenuto. Uno scambio di opinioni mi sembra dunque utile, prima che il testo sia votato in plenaria, anche considerando che nel precedente voto in commissione LIBE si è manifestata una divisione tra i deputati GUE/NGL (come relatore ombra nel gruppo di lavoro sulla rule of law avevo suggerito l’astensione. Una parte dei deputati LIBE del nostro gruppo ha preferito votare in favore).

La risoluzione rappresenta il risultato del lavoro svolto nell’ambito del Gruppo di monitoraggio sulla rule of law, istituito nel giugno scorso in seno alla commissione LIBE a seguito degli omicidi dei giornalisti Daphne Caruana Galizia e Ján Kuciak, a Malta e in Slovacchia, e della volontà del Parlamento di indagare sulle cause e le conseguenze di tali accadimenti, in termini di rispetto della rule of law. Tale volontà proseguiva il lavoro già intrapreso su Ungheria, Polonia e Romania.

In una prima fase, l’idea di creare questo gruppo ha trovato consenso quasi unanime tra i vari Gruppi politici, ma le sue caratteristiche sono state oggetto di divergenze sin dalla definizione del mandato. Il mandato infine adottato – “monitorare la situazione per quanto riguarda la rule of law e la lotta alla corruzione nell’Unione, con specifico riferimento a Malta e Slovacchia” – rappresenta un compromesso tra chi voleva un’analisi particolareggiata della situazione nei due paesi e soprattutto a Malta (il PPE) e chi, come noi e S&D, puntava a un monitoraggio più generale dello stato di diritto in Europa, non essendo questi due paesi omologabili a Ungheria e Polonia.

Nonostante il compromesso, è stata privilegiata la linea del PPE. Questo a causa dell’appoggio al PPE offerto dalla Presidente del Gruppo, Sophie in ‘t Veld, e anche dell’apatia mostrata dai socialisti nel sollevare obiezioni ben motivate a ciò che sempre più somigliava a un manifesto politico contro i due governi socialisti di Malta e Slovacchia.

Di fatto, il gruppo di lavoro si è tramutato fin da subito in una sorta di commissione parlamentare d’inchiesta – priva tuttavia dei relativi poteri – focalizzata sulla verifica delle indagini penali nazionali sugli omicidi dei due giornalisti. Il Leitmotiv era denunciare a più riprese e quasi pregiudizialmente tali indagini, ed esigere la condivisione di tutti i relativi documenti. Europol e le autorità nazionali di contrasto hanno rappresentato il punto di riferimento quasi esclusivo dei lavori.

A ciò si è aggiunta la gestione dei lavori, centralizzata nella figura della Presidente e caratterizzata da un’opacità massima e da un coinvolgimento minimo degli altri membri del working group. Cito in questo ambito l’ultimo episodio di questo procedimento affrettato e politicizzato: poche settimane fa abbiamo ricevuto da Sophie in‘t Veld due lettere trasmesse ai Premier di Malta e Slovacchia, in cui si chiedeva di dare seguito alle richieste contenute in una risoluzione approvata in Commissione ma non ancora in plenaria, e inviate senza consultare gli altri membri del gruppo.

Questo ha rafforzato in me l’impressione di trovarmi davanti a un’operazione essenzialmente elettorale. Il working group aveva perso per strada il mandato, era utilizzato soprattutto dallo shadow rapporteur del PPE (Roberta Metsola) e non a caso la risoluzione è sproporzionatamente e quasi ossessivamente focalizzata su Malta.

Più importanti ancora le criticità concernenti il contenuto. Questo è dovuto anche al fatto che i negoziati sulla risoluzione sono stati condotti con estrema velocità, senza una discussione approfondita sui punti più controversi. È così accaduto che le riserve da noi espresse sui questi punti e i nostri contributi siano stati presto e sbrigativamente scartati: la campagna elettorale stava aprendosi.

Potete trovare maggiori dettagli nel briefing trasmessovi da Lide Iruin Ibarzabal, che vorrei qui ringraziare per l’ottimo testo – riassuntivo del mio lavoro nel gruppo – scritto con Fabian Iorio. A proposito delle nostre obiezioni ignorate o scartate, mi limito a un esempio, significativo. Uno dei contributi fondamentali alla redazione del testo è rappresentato dal Parere della Commissione di Venezia del dicembre 2018 su “constitutional arrangements and separation of powers and the independence of the judiciary and law enforcement in Malta”. Nel chiedere a Malta di implementare le raccomandazioni della Commissione di Venezia, la risoluzione esorta espressamente Governo e Parlamento a intraprendere una serie di specifiche riforme costituzionali, da adottarsi inoltre in maniera retroattiva.

Si tratta di una richiesta accettabile se avanzata da un organo indipendente e consultivo quale la Commissione di Venezia, ma del tutto scorretta se presentata da un organo politico come il Parlamento europeo, per di più già immerso nella campagna elettorale. La costituzione rappresenta il pilastro dell’ordinamento giuridico interno di ogni Stato, ogni suo rimaneggiamento è di un’estrema delicatezza e non può essere soggetto a contese politico/elettorali e ingerenze esterne. A ciò si aggiunge la più che inappropriata richiesta di applicazione retroattiva di tali riforme, in contrasto con la stessa rule of law e i criteri delineati in materia dalla Commissione di Venezia (The rule of law check list, Venice Commission of the Council of Europe, adottata a Venezia l’11-12 marzo 2016). [1]

Concludo con un’osservazione più generale sulla questione della rule of law nell’ambito dell’Unione. Anche in questo caso troverete maggiori elementi nel briefing che vi abbiamo inviato prima di questa nostra riunione.

Personalmente sono favorevole a un monitoraggio sistematico dello stato di diritto nell’Unione. È una posizione che ho sempre sostenuto nei miei voti e nelle indicazioni che ho dato come shadow rapporteur di una serie di risoluzioni concernenti questo tema.

Tale monitoraggio ha per me un significato chiaro: garantire il rispetto di precisi obblighi derivanti da norme di diritto internazionale, alla cui base si collocano i diritti umani e le libertà fondamentali. Non si tratta quindi della semplice osservanza di astratti valori considerati comuni. Veramente comuni sono le norme che sottendono i valori indicati nell’articolo 2 dei Trattati, non i valori in sé.

Tuttavia, il monitoraggio presuppone che il “controllore” europeo sia neutrale, non motivato da mire elettorali, attento a evitare doppi standard, non percepito come punitivo, e deciso a criticare sia gli Stati Membri sia le istituzioni europee.

Temo che la risoluzione non rispetti appieno queste condizioni. Al tempo stesso, sono convinta che nei due Paesi esistano problemi reali e che il nostro gruppo non possa e non debba in alcun modo sconfessare le analisi della Commissione di Venezia, votando contro la risoluzione. Per questo suggerisco l’astensione in plenaria.

In aggiunta, presenterò alcuni emendamenti e proposte di split e separate vote sui punti più controversi.

[1] The Rule of Law Checklist

La brutalità della polizia contro i rom

Interrogazione con richiesta di risposta scritta E-001802/2018

alla Commissione

Articolo 130 del regolamento

Soraya Post (S&D), Péter Niedermüller (S&D), Ana Gomes (S&D), Birgit Sippel (S&D), Dietmar Köster (S&D), Maria Grapini (S&D), Juan Fernando López Aguilar (S&D), Marita Ulvskog (S&D), Olle Ludvigsson (S&D), Jytte Guteland (S&D), Anna Hedh (S&D), Benedek Jávor (Verts/ALE), Barbara Spinelli (GUE/NGL), Terry Reintke (Verts/ALE), Cécile Kashetu Kyenge (S&D) e Barbara Lochbihler (Verts/ALE)

Oggetto: La brutalità della polizia contro i rom

La relazione del Parlamento sugli aspetti relativi ai diritti fondamentali nell’integrazione dei rom nell’Unione europea [1] invita gli Stati membri a garantire i diritti dei rom ad un accesso paritario alla giustizia e condanna gli Stati membri per il fatto di rallentare le procedure intese a garantire la giustizia alle vittime di reati dell’odio, in particolare quelli perpetrati da agenti delle forze dell’ordine, e di fornire scarsa protezione o indagine in caso di reati denunciati da rom.

Nel 2013, vi è stata un’incursione delle forze di polizia nel campo rom Budulovska Moldava nad Bodvou, in Slovacchia, durante la quale più di 60 agenti hanno aggredito circa 30 rom. Dopo la violenza, 15 uomini rom sono stati portati alla stazione di polizia. Alcuni sono stati gravemente maltrattati durante la detenzione. Due anni dopo, il servizio investigativo del ministero dell’interno ha archiviato i procedimenti penali. Nel 2016, il procuratore regionale di Prešov ha respinto una denuncia presentata dalle vittime contro la decisione del servizio investigativo. Le vittime hanno quindi presentato una denuncia contro tale decisione alla Corte costituzionale. Nel 2017, la Corte costituzionale ha respinto la denuncia delle violenze commesse dalla polizia.

Il “caso Moldava” è diventato un simbolo della brutalità della polizia. Casi simili sono segnalati dalle ONG in molti altri Stati membri.

Può dire la Commissione in che modo garantisce che gli Stati membri rispettino le disposizioni della decisione quadro 2008/913/GAI [2] sulla lotta contro talune forme ed espressioni di razzismo e xenofobia mediante il diritto penale?

[1]     P8_TA(2017)0413.

[2]     GU L 328 del 6.12.2008, p. 55.

IT

E-001802/2018

Risposta di Věra Jourová

a nome della Commissione

(26.6.2018)

La Commissione ha seguito il caso cui fa riferimento l’onorevole deputato con grande attenzione e preoccupazione.

La Commissione condanna qualsiasi forma di razzismo e xenofobia in quanto in contraddizione con i valori fondamentali su cui si basa l’Unione europea. La decisione quadro 2008/913/JHA [1] obbliga gli Stati membri a perseguire penalmente reati generati da pregiudizi in riferimento alla razza, al colore, alla religione, all’ascendenza o all’origine nazionale o etnica.

Tuttavia, la Commissione non dispone di alcuna competenza per esaminare singoli casi di reati generati dall’odio. Spetta alle autorità nazionali indagare e, ai giudici nazionali, perseguire i casi di reati generati dall’odio.

La Commissione sostiene le autorità nazionali nell’efficace attuazione della decisione quadro, al fine di migliorare le loro risposte per affrontare l’incitamento all’odio e i reati generati dall’odio, tra cui indagini tempestive e il perseguimento dei casi di reati generati dall’odio. In tale contesto, essa prevede finanziamenti mirati e orientamenti alle autorità nazionali in materia di formazione sulla lotta contro i reati generati dall’odio, registrazione dei dati e sostegno alle vittime, con il coinvolgimento di tutti i soggetti interessati.

Inoltre, a partire da giugno 2016, la Commissione ha riunito regolarmente le autorità nazionali, le organizzazioni della società civile, le agenzie dell’UE e le organizzazioni internazionali quali il Consiglio d’Europa e l’Ufficio per le istituzioni democratiche e i diritti umani dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE/ODIHR), attraverso la costituzione di un gruppo ad alto livello sulla lotta contro il razzismo, la xenofobia e le altre forme di intolleranza al fine di promuovere un’azione coordinata efficace in questo settore.

[1]     Decisione quadro 2008/913/GAI del Consiglio, del 28 novembre 2008, sulla lotta contro talune forme ed espressioni di razzismo e xenofobia mediante il diritto penale.

Presidenza slovacca dell’UE e decisioni europee comuni

Interrogazione con richiesta di risposta scritta E-005935/2016
alla Commissione

Articolo 130 del regolamento

Dimitrios Papadimoulis (GUE/NGL), Stelios Kouloglou (GUE/NGL), Kostas Chrysogonos (GUE/NGL), Barbara Spinelli (GUE/NGL), Ana Gomes (S&D) e Guillaume Balas (S&D)

Oggetto: Presidenza slovacca dell’UE e decisioni europee comuni

Dal 1º luglio 2016 la Slovacchia detiene la presidenza del Consiglio europeo ed è quindi responsabile per l’attuazione dell’accordo UE-Turchia sui flussi di rifugiati e per il programma di ricollocazione proporzionale dei rifugiati negli Stati membri.

Ciononostante, il primo ministro slovacco, Robert Fico, e i ministri del suo governo sembrano osteggiare l’attuazione dell’accordo e rifiutano di assumersi le relative responsabilità.

In particolare, il premier Fico ha dichiarato che “non c’è posto per l’Islam in Slovacchia” e che “è impossibile integrare i musulmani”.

Il ministro slovacco dell’Interno Melinak, ha a sua volta dichiarato che “il sistema delle quote non è la soluzione”.

Ciò premesso, e dato che il Commissario per la Migrazione, Dimitris Avramopoulos, ha affermato che vi sono ritardi significativi nel processo di ricollocazione e reinsediamento dei rifugiati, può la Commissione rispondere ai seguenti quesiti:

  1. Come valuta le dichiarazioni del primo ministro e del ministro dell’Interno della Slovacchia, in particolare per quanto riguarda il posto dell’Islam negli Stati membri dell’Unione?
  2. In che modo intende collaborare con la presidenza slovacca al fine di garantire che le decisioni europee comuni riguardo ai rifugiati siano attuate e che i notevoli ritardi vengano colmati?

E-005935/2016

Risposta di Dimitris Avramopoulos
a nome della Commissione

(27.10.2016)

Nel suo discorso sullo stato dell’Unione del 2015, il presidente della Commissione ha affermato in modo chiaro che: “Non c’è religione, credo o filosofia che tenga, quando si tratta di rifugiati”.

La Commissione lavora con la presidenza slovacca (del Consiglio dell’Unione europea) secondo le stesse modalità applicate ad altre presidenze, ossia in vari consessi che consentono il dialogo tra gli Stati membri e la Commissione per quanto riguarda le politiche sulla migrazione e l’asilo, tra cui il CSIFA [1], gli IPCR [2] e, specificamente in materia di ricollocazione, il Forum su reinsediamento e ricollocazione o le riunioni periodiche dei punti di contatto nazionali per la ricollocazione e le riunioni mensili dei funzionari di collegamento in Grecia e in Italia. La Commissione sta collaborando con gli Stati membri, e con la presidenza slovacca, al fine di individuare le modalità per accelerare l’attuazione delle decisioni del Consiglio sulla ricollocazione [3]. Inoltre, la Commissione intende continuare a riferire su base regolare nel corso della presidenza slovacca in merito all’attuazione dei regimi di ricollocazione e reinsediamento [4].

[1]     Comitato strategico sull’immigrazione, le frontiere e l’asilo.

[2]     Dispositivi integrati per la risposta politica alle crisi.

[3]     Decisione (UE) 2015/1523 del Consiglio, del 14 settembre 2015, che istituisce misure temporanee nel settore della protezione internazionale a beneficio dell’Italia e della Grecia e decisione (UE) 2015/1601 del Consiglio, del 22 settembre 2015, che istituisce misure temporanee nel settore della protezione internazionale a beneficio dell’Italia e della Grecia.

[4]     COM(2016) 636 final.