La reazione a catena del caso Assange

di Barbara Spinelli, «Il Fatto Quotidiano», 13 aprile 2019

 

L’arresto di Julian Assange, giovedì mattina nell’ambasciata dell’Ecuador dove era rifugiato da sette anni, è una notizia più che inquietante, se l’arresto sarà seguito da un’estradizione negli Stati Uniti. Sono in gioco diritti fondamentali dei giornalisti, concernenti il rapporto con le fonti delle loro indagini e in modo speciale con i whistleblower (informatori segreti).

Per quanto riguarda l’Unione europea, è messo in questione il progetto di direttiva concernente la protezione dei whistleblower e del loro anonimato, il cui scopo è – tra l’altro – quello di evitare la criminalizzazione dei giornalisti che si rifiutano di rivelare le proprie fonti. Il testo finale della direttiva – oggetto di un lungo negoziato tra Commissione, Parlamento e Consiglio – sarà votato nella plenaria di Strasburgo la settimana prossima. È sperabile che sarà salvato un punto cruciale difeso dal Parlamento: la possibilità, per l’informatore, di procedere alle sue rivelazioni facendo ricorso non solo a canali interni ma anche esterni.

È grazie alla piattaforma WikiLeaks e a Julian Assange che l’opinione pubblica mondiale è venuta a conoscenza dei crimini di guerra commessi dalle forze armate Usa in Afghanistan e Iraq, oltre che delle torture inflitte ai detenuti di Abu Ghraib e Guantanamo. La verità sui crimini in Iraq e Afghanistan fu rivelata grazie a centinaia di migliaia di registrazioni fornite ad Assange da Chelsea Manning, ex analista militare dell’esercito statunitense divenuta whistleblower. Chelsea Manning fu arrestata nel 2010, e nella prigione subì torture. Fu liberata nel 2017 perché Obama giudicò sproporzionata la pena che le era stata inflitta (35 anni di carcere duro). Nel marzo scorso è stata di nuovo incarcerata, perché si era rifiutata di testimoniare contro WikiLeaks e Assange, giudicando inaccettabile un “grand jury” le cui procedure prevedono udienze non pubbliche.

Basta percorrere i principali capi di accusa formulati dalla Corte distrettuale statunitense, e pendenti su Assange, per capire che la libertà di stampa e la sua indipendenza dal potere politico sono gravemente minacciate. Secondo il giudizio di numerosi giuristi, interpellati in particolare dal sito Intercept, le seguenti accuse sono globalmente invalide:

1) L’accusa di “cospirazione contro lo Stato, legata al fatto che Assange incoraggiò Manning a fornire informazioni e registrazioni provenienti da dipartimenti e agenzie degli Stati Uniti”. L’accusa non regge, secondo i giuristi in questione, perché la funzione del giornalista consiste precisamente nell’incoraggiare le fonti a fornire informazioni di pubblico interesse sulle attività del proprio governo.

2) “È parte della cospirazione il fatto che Assange e Manning adottarono misure atte a occultare la figura di Manning come fonte della divulgazione a WikiLeaks di registrazioni riservate”. Proteggere l’anonimità delle fonti è un caposaldo del giornalismo investigativo, online o cartaceo che sia (fra qualche giorno tale protezione sarà obbligatoria, una volta recepita la direttiva Ue). Se l’anonimità non fosse garantita nessuna fonte segreta uscirebbe allo scoperto, i whistleblower sarebbero in pericolo e la stampa non sarebbe il “cane da guardia” che deve essere in democrazia.

3) “È parte della cospirazione che Assange e Manning fecero ricorso al servizio online Jabber – e a Dropbox – collaborando nell’acquisizione e disseminazione di registrazioni riservate”. Jabber e Dropbox sono strumenti indispensabili nelle comunicazioni fra giornalisti e whistleblower.

Una considerazione a parte va fatta sulle vicende giudiziarie in Svezia, che vedono Assange accusato di stupro. Anche la Svezia infatti chiede l’estradizione: l’accusa è stata nel frattempo archiviata, ma gli avvocati della presunta vittima hanno chiesto la riapertura del processo. L’estradizione in Svezia può avere la sua ragion d’essere, ma a una condizione: che sia del tutto separata dalle questioni poste dalla giustizia americana e legate alle attività investigative di WikiLeaks. La posizione del Partito laburista su questo punto è corretta: nulla da dire su eventuali processi in Svezia, come peraltro già accettato a suo tempo da Assange, ma a condizione che non implichino l’estradizione negli Stati Uniti per imputazioni non inerenti a qualsiasi altro caso giudiziario.

© 2019 Il Fatto Quotidiano

Public statement in support of Hervé Falciani

Dichiarazione promossa dal Movimento 5 Stelle e sottoscritta anche da Barbara Spinelli.

Press statement http://www.efdd-m5seuropa.com/2018/04/whistleblower-falcia.html

“Hervé Falciani is a crucial whistleblower who exposed a major international tax evasion scandal at HSBC’s Swiss bank. His revelations over more than 130.000 clients of the HSBC bank led to a wave of investigations in several countries worldwide, allowing tax authorities to prosecute tax evaders and money launders and to recover billions euros in unpaid taxes. His action uncovered the key role of the banking sector in enabling massive tax evasion and money laundering, making the case for comprehensive tax reform in Europe and increasing pressure over bank secrecy in Switzerland.

Falciani now risks to be extradited from Spain to Switzerland, where he faces five years of imprisonment for financial espionage, due to inadequate whistleblower protection in Europe. In 2013, the Spanish Court had already denied a previous Swiss extradition request, since violating secrecy laws does not constitute a crime in Spain. However, concerns have been raised that the latest threat of extradition could possibly be politically motivated.

This situation cannot be tolerated and highlights the urgent need to adopt an EU effective protection for whistleblowers, as repeatedly advocated by the European Parliament and the civil society. Falciani deserves to be rewarded for standing up for legality and tax justice in order to defend the public interest, at a great personal cost, and not to be sent to jail for uncovering unlawful activities which do not deserve any legal protection. A failure to protect him would constitute a major failure by the European Union to defend democracy and civil rights and would significantly undermine EU efforts in the fight against tax fraud and money laundering.
We therefore call on the Spanish authorities to deny the extradition of Falciani to Switzerland and on all EU countries to ensure his full protection”.

List of members of the European Parliament who agreed to sign the public statement. 

Marco Valli MEP
Laura Agea MEP
Isabella Adinolfi MEP
Marco Affronte MEP
Martina Anderson MEP
Tiziana Beghin MEP
Lynn Boylan MEP
Matt Carthy MEP
Fabio Massimo Castaldo MEP
Ignazio Corrao MEP
Rosa D’Amato MEP
Eleonora Evi MEP
Laura Ferrara MEP
Ana Gomes MEP
Karoline Graswander-Hainz MEP
Dietmar Köster MEP
Monica Macovei  MEP
Ana Miranda MEP
Bernard Monot MEP
Piernicola Pedicini MEP
Georgi Pirinski MEP
Liadh Ni Riada MEP
Pirkko Ruohonen-Lerner MEP
Barbara Spinelli MEP
Bart Staes MEP
Dario Tamburrano MEP
Indrek Tarand MEP
Ramon Tremosa i Balcells MEP
Miguel Urbán Crespo MEP
Ernest Urtasun MEP
Julie Ward MEP
Marco Zanni MEP
Marco Zullo MEP
Tomáš Zdechovský MEP