Il sesto scenario di Jean-Claude Juncker

Bruxelles, 27 settembre 2017. Intervento di Barbara Spinelli nel corso della Riunione del Gruppo GUE/NGL.

Punto in Agenda:
Dibattito Strutturato “The White Paper of the European Commission: Five scenarios, no solution!”

Barbara Spinelli è intervenuta in qualità di coordinatore per il Gruppo GUE/NGL della Commissione Affari Costituzionali (AFCO) e di relatore ombra delle Risoluzioni del Parlamento Europeo “sul miglioramento del funzionamento dell’Unione europea sfruttando le potenzialità del trattato di Lisbona” e “sulle evoluzioni e gli adeguamenti possibili dell’attuale struttura istituzionale dell’Unione europea”.

Penso che questa volta dovremo partire non dal Libro Bianco della Commissione e dai suoi 5 “scenari”, ma dal Sesto Scenario che Juncker ha illustrato a Strasburgo nell’ultima plenaria. Il tono infatti cambia, se paragonato a quello del White Paper o al Rapporto dei 5 Presidenti. Di quest’ultimo si è persa traccia ma i suoi contenuti sopravvivono nei tre rapporti parlamentari magnificati nel Sesto Scenario (rapporti Verhofstadt, Bresso-Brok, Berès-Böge).

Mi concentro dunque sul tono, che sottende la prognosi trionfalistica e autocompiaciuta dello stato dell’Unione. Abbondano le frasi vittoriose: “Il vento è cambiato”, “Abbiamo il vento in poppa”, “Abbiamo scelto l’unità”, “È tornato il bel tempo”, “Ogni giorno che passa facciamo progressi”.

È importante capire su quali fatti possa mai basarsi simile prognosi, visto che stride con la realtà in modo così palese. Stride con la rovina delle politiche migratorie, con il naufragio dell’allargamento a Est, con la nuova società degli esclusi e precari che è il salatissimo prezzo della timida ripresa economica, e con una crisi dello Stato di diritto che colpisce quasi tutti i Paesi membri. Il linguaggio della Commissione somiglia in modo straordinario a quello di Pangloss nel Candide di Voltaire: Lisbona è distrutta dal terremoto del 1755, ma Pangloss non rinuncia alla sua visione teleologica: “Tutto va bene nel migliore dei mondi possibili”. Anche per Juncker, tutto avviene in vista di una finalità prestabilita da ottimizzare: la salvaguardia dei poteri forti dell’Unione e la loro impermeabilità alle vicissitudini democratiche nei Paesi membri.

I fatti su cui poggia questo trionfalismo sono due: la migrazione e l’economia. Cito per prima la migrazione perché è qui che lo iato tra parole e realtà è più spettacolare. Nel discorso di Juncker viene infatti presentato come successo quello che è il misfatto supremo dell’Unione: la diminuzione drastica dei flussi migratori verso l’Europa grazie a quella che viene chiamata esternalizzazione ed è pura espulsione; i patti stretti prima con la Turchia poi con una serie di Paesi africani, perché rifugiati e migranti restino intrappolati nelle terre da cui fuggono. L’accordo con la Libia è particolarmente rovinoso perché stretto con un Paese che non ha firmato la Convenzione di Ginevra e che si trova alla mercé di milizie e governi fantoccio.

Siamo davanti a una neolingua (newspeak), dove il significato di ogni parola è rovesciato: l’Africa che trattiamo come nostra prigione su scala continentale viene descritta come “nobile continente, culla dell’umanità”; la morte dei migranti (non solo in mare ma sempre più nei deserti a Sud della Libia) diventa nostra salvezza, secondo il motto mors tua vita mea; i campi di detenzione libici vengono definiti inaccettabili quando in realtà li si è già accettati.

Lo stesso si dica dell’economia. La ripresa viene descritta come esito felice di riforme strutturali che non vengono rimesse in questione ma anzi esaltate, nonostante le società sconnesse che producono. Non si sa nemmeno se essa sia dovuta a tali riforme. I riferimenti all’Europa sociale sono vaniloquio. Il cittadino che Juncker predilige esplicitamente è il consumatore, non il produttore, il disoccupato, il precario. Si parla di una European Social Standards Union, senza prospettare parametri sociali vincolanti come lo sono quelli del deficit di bilancio. L’adesione dell’Unione alla Carta sociale del Consiglio d’Europa non è all’ordine del giorno.

È con questa visione che si procede ad alcune proposte istituzionali, che riassumo sommariamente:

1) In primo luogo, occorre rafforzare i poteri degli esecutivi: a livello nazionale e anche europeo. Va in questa direzione la proposta di Juncker di fondere in un’unica autorità funzioni normalmente separate (in primis quelle del Presidente della Commissione e del Presidente del Consiglio europeo).

2) Si propone la figura di un ministro UE dell’economia che unisca due cariche: quella di commissario e di presidente dell’eurogruppo. Anche qui, Commissione e Consiglio vengono fusi.

3) Si propongono al tempo stesso una difesa comune e voti a maggioranza qualificata sulla politica estera, nel Consiglio. Due punti voluti dalla Nato, senza che sia chiarita quale sia la politica estera europea.

4) Infine la democrazia: la Commissione approva l’idea quanto mai nebulosa di Macron di convocare “convenzioni democratiche” fin dall’inizio dell’anno prossimo, in vista delle elezioni europee.

Come ci inseriremo in questo processo come gruppo della sinistra radicale, chiedendo un’Europa diversa? Come reagire a una fusione di organi dell’Unione  che combinandosi con l’estensione del voto a maggioranza asservirà la Commissione agli Stati dominanti nel Consiglio? Non ho idee precise in proposito, ma so di certo che dovremo provare a smantellare  una per una, e con argomenti forti,  le menzogne e le tendenze non federali, ma oligarchiche, del Sesto Scenario.

Russia, Siria e migrazione al Consiglio europeo

Intervento di Barbara Spinelli nel corso della sessione plenaria del Parlamento europeo. Strasburgo, 5 ottobre 2016.

Punto in agenda: Preparazione della riunione del Consiglio europeo del 20 e 21 ottobre 2016
Dichiarazioni del Consiglio e della Commissione

Presenti al dibattito:
Jean-Claude Juncker – Presidente della Commissione europea
Ivan Korčok – Rappresentante plenipotenziario del governo per la presidenza slovacca del Consiglio dell’UE

Grazie Presidente Juncker. Riparlerete di rifugiati, ma non so se cercherete per davvero soluzioni. Mi chiedo se andrete alle radici della crisi, parlando del primo nemico in Siria – Isis, Al Qaeda – e immaginando un rapporto con Mosca alternativo al disordine mentale che regna in Usa: da una parte la rottura del dialogo annunciata da Obama, dall’altra la saggezza di Jimmy Carter: “Urge una co-leadership russo-americana”, e questo nonostante le violenze russe a Aleppo.

Non so nemmeno come discuterete il referendum ungherese: se Orbán vi convincerà che un referendum invalido lui lo renderà valido, con più muri ancora.

Una cosa soltanto so: che se non cominciamo a organizzare la convivenza con i rifugiati, l’Exit ci mangerà i cervelli. Perché l’Exit generalizzato è paura, rinuncia, nazionalismi. È pagare dittatori e Stati in guerra perché si tengano i fuggitivi: Eritrea, Sudan, e ora Afghanistan. È la fine dell’Unione, che le frontiere dovrebbe proteggerle, ma per meglio poterle riaprire.

Denunce di costanti abusi commessi dalla polizia bulgara contro i richiedenti asilo

7 dicembre 2015
O-000156/2015

Interrogazione con richiesta di risposta orale
alla Commissione
Articolo 128 del regolamento

Malin Björk, João Ferreira, Josu Juaristi Abaunz, Cornelia Ernst, Martina Anderson, Lynn Boylan, Matt Carthy, Liadh Ní Riada, Kostas Chrysogonos, Kostadinka Kuneva, Stelios Kouloglou, Dimitrios Papadimoulis, Sofia Sakorafa, Marie-Christine Vergiat, Younous Omarjee, Patrick Le Hyaric, Barbara Spinelli, a nome del gruppo GUE/NGL
Judith Sargentini, Josep-Maria Terricabras, a nome del gruppo Verts/ALE

Oggetto: Denunce di costanti abusi commessi dalla polizia bulgara contro i richiedenti asilo

Diversi volontari e ONG hanno recentemente pubblicato informazioni e video che documentano i costanti abusi commessi dalla polizia bulgara nei confronti dei richiedenti asilo che entrano in Bulgaria dalla Turchia. Un’indagine condotta dal Centro per i diritti umani di Belgrado e finanziata da OXFAM attesta che la polizia commette sistematicamente abusi contro i migranti, ad esempio sparando, percuotendoli e colpendoli con armi da fuoco, nonché servendosi di cani per costringere i richiedenti asilo, compresi i minori non accompagnati, a riattraversare la frontiera e tornare in Turchia.

Il commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, Nils Muižnieks, aveva già espresso preoccupazioni a questo proposito; infatti, nella relazione pubblicata in seguito alla visita effettuata in Bulgaria dal 9 all’11 febbraio 2015, il commissario si rammaricava che, a quella data, il governo bulgaro si fosse rifiutato di avviare indagini in risposta alle numerose accuse relative a respingimenti e altre violazioni di diritti umani connesse.

Tali pratiche costituiscono una violazione degli articoli 18 (diritto di asilo) e 19 (protezione dalle espulsioni collettive e principio di non-refoulement) della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, dell’articolo 3 della Convezione europea dei diritti dell’uomo, nonché del diritto internazionale dei rifugiati.

Alla luce di quanto precede, si chiede alla Commissione:

– ritiene che le pratiche denunciate siano conformi al diritto dell’UE, ivi inclusa la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea?

– Come intende agire per far fronte agli abusi che sono già stati commessi?

– Come intende agire per impedire che tali abusi si ripetano in futuro?

Agenda strategica per l’Unione in una fase di cambiamento

Testo del documento presentato dal Presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy al Consiglio europeo del 26 e 27 giugno 2014 e adottato in tale occasione dagli Stati membri

Le elezioni europee del maggio 2014 aprono un nuovo ciclo legislativo. Questo momento di rinnovamento politico coincide con il riemergere dei nostri paesi da anni di crisi economica e con il crescere di una disillusione dell’opinione pubblica nei confronti della politica. È l’occasione giusta per stabilire su che cosa vogliamo che l’Unione si concentri e in che modo vogliamo che essa funzioni.

Continua a leggere