Rapporto sulla situazione nel Mediterraneo: raccomandazioni di voto per il gruppo

Strasburgo, 11 aprile 2016

Intervento di Barbara Spinelli (GUE/NGL) durante la riunione del gruppo politico GUE/NGL per presentare il rapporto sulla situazione nel Mediterraneo e la necessità di un approccio globale dell’UE in materia di immigrazione e le sue raccomandazioni di voto per il gruppo. La risoluzione sarà votata dal Parlamento Europeo il 12 aprile durante la seduta plenaria.

Il negoziato che si conclude in questi giorni è durato quasi un anno e mezzo, ed è stato difficile a causa del patto Popolari-Socialisti, i due gruppi cui appartengono i co-relatori. Avevo inizialmente pensato di consigliare il voto favorevole al rapporto, considerando rilevanti alcuni punti senz’altro positivi. Penso alla richiesta di azioni umanitarie europee di ricerca e soccorso, slegate da Frontex; al riconoscimento reciproco delle decisioni nazionali di asilo; alla protezione temporanea che contempla – è una novità – l’apertura di corridoi umanitari in cooperazione con l’UNHCR.

Da mesi, tuttavia, le politiche dell’Unione vanno in tutt’altra direzione e assistiamo a un degrado senza precedenti, di cui il rapporto non tiene completamente conto. Siamo di fronte a un accumulo di scelte, della Commissione e del Consiglio, che sanciscono al tempo stesso la chiusura delle frontiere come conditio sine qua non della sopravvivenza di Schengen e un’indifferenza di natura criminosa verso la sorte dei rifugiati.

La più decisiva di queste scelte è l’accordo con la Turchia. Un accordo che viola le Costituzioni nazionali, la Carta dei diritti fondamentali, la Convenzione di Ginevra. Non è escluso che sarà giudicato illegale dalle Corti europee. I colleghi della Commissione Libertà Pubbliche hanno potuto constatare di persona la sorda indifferenza della Commissione, quando interpellata in proposito. È il punto decisivo e discriminante, a mio parere: se passa l’emendamento di condanna presentato dal nostro gruppo, il rapporto potrebbe salvarsi.

Altri elementi del degrado europeo, accanto all’accordo con la Turchia: la chiusura della rotta balcanica – assieme alle violenze che persistono a Idomeni – i muri che si moltiplicano dentro l’Unione, gli hotspot dove i rifugiati tendono a esser imprigionati e maltrattati (a Lampedusa e Grecia), la lista di Paesi terzi sicuri, l’estensione dei poteri autonomi dell’agenzia Frontex (ridenominata Guardia Costiera), che affiancata a Eunavfor Med ottiene piena giurisdizione nei rimpatri, nei rapporti con i Paesi terzi, nella lotta al terrorismo: cioè in politica interna e anche estera.

Il rapporto Kyenge-Metsola avalla questo degrado, affermando alcuni diritti in maniera inedita ma omettendo di esaminare sia il passato (le guerre all’origine delle fughe, di cui siamo in gran parte responsabili) sia il presente e il futuro alla luce delle odierne politiche europee. La strategia del damage control che ho cercato di attuare come relatore ombra ha i suoi limiti. Un primo colpo l’ho ricevuto quando il lavoro che avevo fatto sugli emendamenti è stato annientato (168 correzioni elaborate con 25 Ong e esperti, buttate nel cestino con la scusa che il rapporto andava protetto da emendamenti dell’estrema destra).

Oggi, se rileggo il rapporto devo constatare che alcuni danni sono stati con nostro contributo limitati, e per questo non raccomanderei un No netto. Ma se alcuni nostri forti emendamenti non passano (sulla Turchia in primis, il che vuol dire in sostanza: sul non-refoulement), mi sento di raccomandare almeno l’astensione.

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