Il Pd ignora la sua base sociale e la lascia al M5S

Intervista di Stefano Feltri, «Il Fatto Quotidiano», 13 marzo 2018

Barbara Spinelli, che messaggio è arrivato dagli elettori con la doppia vittoria di Lega e M5S?

È evidente che a Nord come a Sud gli elettori esigono un cambiamento: non solo formale, di qualche ministro. Denunciano l’enorme divario che esiste tra un establishment di tipo oligarchico e la sovranità popolare, chiedono di colmarlo. Per la sinistra la sconfitta è monumentale: con le classi popolari aveva un legame storico perduto da anni.

Quell’establishment, prima del voto, ha dato il solito messaggio “o noi o il disastro” ed è rimasto inascoltato. Un risultato preoccupante o di speranza?

Il messaggio non funziona più perché negli anni in cui governava, quel “noi” ha ottenuto risultati non troppo distanti dal disastro agitato come spauracchio. Se si fa una netta distinzione tra Lega e M5S, forse si può ancora salvare il salvabile. Se la spinta impersonata dal M5S, la più inserita nel quadro democratico, viene colta e tradotta in un programma concreto di governo, il disastro è evitabile.

Eugenio Scalfari ha detto che il M5S è la nuova sinistra. È d’accordo?

Il Movimento 5 Stelle comprende molti elementi, anche liberali, tanto che nell’Europarlamento ha provato ad allearsi con l’Alde. Ma sicuramente il M5S ha una forte componente di sinistra. L’alleanza più coerente sarebbe quella con Pd e LeU, anche se la maggioranza sarebbe esilissima e dipendente da fedeltà improbabili.

E il sorpasso della Lega su Forza Italia che segnale è?

Esprime paure e xenofobie che esistono, meno chiassose, anche in Forza Italia. Se Berlusconi prova a lusingarle, gli elettori continueranno a preferire Salvini. Quanto all’Unione europea, l’elettorato leghista non è scettico, ma ostile. Non così i Cinque Stelle.

I Cinque Stelle hanno smesso di essere euro-scettici?

Li ho osservati da vicino al Parlamento europeo, nella loro propensione a fare compromessi positivi. Quello che le forze democratiche notano a Bruxelles è la loro capacità di fare proposte, soprattutto sui temi sociali e sui diritti. La stessa idea del reddito di cittadinanza, criticata e svilita dall’establishment italiano, è molto europea. Nell’ottobre scorso il Parlamento europeo ha votato a stragrande maggioranza una risoluzione che chiede l’introduzione di un reddito minimo nell’Unione. Il relatore era Laura Agea del M5S. Solo Italia e Grecia non hanno schemi permanenti di reddito di cittadinanza. Su alcuni temi i Cinque Stelle sono perfino troppo “europei”, a mio parere.

Per esempio?

Sul respingimento dei migranti verso il Sudan, una dittatura con cui abbiamo firmato accordi di rimpatrio, e in particolare sul rimpatrio dei migranti in Libia. L’appoggio dei 5 Stelle alla strategia libica di Minniti è identico a quello dato dalla Commissione UE, e come nel 2012 potrebbe sfociare in una condanna della Corte europea dei diritti dell’uomo.

Vista da Bruxelles, la Lega è pericolosa come il Front National? Non sembra ci sia lo stesso grado di allarme.

Spero che l’allarme ci sia. Quando Salvini parla di Europa mostra un’ignoranza abissale: quando fa l’elogio di Marine Le Pen o dei governi del gruppo di Visegrad, nasconde agli elettori che costoro vogliono chiudere le frontiere e si rifiutano di ricollocare i rifugiati, lasciandoli tutti nel Paese d’arrivo, che è il nostro. Un disastro per l’Italia, che Salvini furbescamente occulta.

Si parla di un’alleanza Lega-M5S, per mancanza di alternative.

Dell’ignoranza militante e ipocrita di Salvini ho appena detto. Non voglio neppure prendere in considerazione un’alleanza, suicida e contronatura, con un simile personaggio, dichiaratamente xenofobo e violento.

L’atteggiamento del Pd ora verso i loro elettori è “andate pure dai populisti, ve ne pentirete e tornerete da noi con tante scuse”.

È un atteggiamento di persone psicologicamente fragili che non sanno guardarsi allo specchio e fare gli autoesami richiesti: è la stupidità senza fondo che caratterizza le mosse di Renzi da quando ha perso il referendum sulla Costituzione. Vuol dire mostrarsi del tutto indifferenti alla propria storica base sociale. Averla in gran parte perduta non significa smettere di esserne responsabili. Lasciare i Cinque Stelle senza sponde a sinistra significa rovesciare lo slogan “o noi o il caos”, e scegliere il caos. Dire “Ben venga il caos” è un atteggiamento sovversivo. Né credo che la soluzione consista nello schema Macron, carezzato forse da Renzi o Calenda: Macron ha vinto lasciandosi alle spalle un deserto di rappresentanza politica.

Come verrebbe vista in Europa la coalizione Pd-M5S? Una resa del Pd ai populisti?

Consiglio di abbandonare per sempre l’aggettivo populista, utilizzato per delegittimare chiunque chieda cambiamenti ma non appartiene alle oligarchie nazionali o europee. Parliamo dei problemi veri: non siamo fuori dalla crisi, dobbiamo uscire dalla bolla dentro cui vivono poteri assediati, sempre più infastiditi non tanto dai populisti, ma dallo stesso scrutinio universale e dalle inevitabili sorprese che esso riserva.

Che succede se i Cinque Stelle deludono? Hanno sollevato molte aspettative.

Hanno diminuito il numero delle promesse. Quella che più viene loro rimproverata dagli economisti dell’austerità è il reddito di cittadinanza, difficilmente contestabile essendo un obiettivo dell’Europarlamento. Lo stesso Parlamento ha detto che non bastano gli 80 euro o qualche piccola misura sull’inclusione. In Italia servono proposte sociali importanti e per questo il Pd e il M5S dovrebbero allearsi. Nel programma 5 Stelle c’è anche la lotta alla mafia e alla corruzione. Vorrei sapere se anche questa lotta sia catalogabile come populista

La paura può terrorizzare ma anche insegnare

Strasburgo, 24 novembre. In un’intervista rilasciata a Enrico Ciccarelli di Parleuropa Tv, Barbara Spinell iparla dei temi dell’attualità europea, dall’emergenza profughi alla minaccia terroristica. E ammonisce contro il rischio che l’Europa edifichi la sua casa comune nel segno di quel “federalismo degli Esecutivi” teorizzato da Jürgen Habermas.

 

Intervista al Corriere della Sera, 13 maggio 2015

di Massimo Rebotti

MILANO. La permanenza di Barbara Spinelli nel gruppo della lista Tsipras all’Europarlamento è durata un anno. Giornalista, scrittrice, figlia di Altiero, considerato uno dei padri fondatori della costruzione europea, nel 2014 lancia (con altri) una lista che ha come modello la sinistra greca di Alexis Tsipras. Durante la campagna elettorale mise in chiaro che, se eletta, non sarebbe andata a Bruxelles. Una volta eletta, cambiò idea: «Così garantisco — disse — che il progetto non venga snaturato». Due giorni fa ha annunciato l’abbandono del gruppo (non del seggio) perché «il progetto non è più all’altezza».
Sembra una delle ricorrenti contorsioni della sinistra, difficile da spiegare: «Ma io ci provo – risponde – la lista era nata con l’obiettivo di creare un’aggregazione che andasse oltre i vecchi partitini della sinistra radicale e non ripetesse le esperienze fatte in passato di frammenti che si uniscono, diventando mosaici sconnessi». Eppure pare essere andata proprio così. Spinelli non lo nasconde: «Ma non sono io che mi sono allontanata dalla lista, è la lista che si è allontanata dal progetto originario».

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Intervista a La Repubblica, 13 maggio 2015

di Sebastiano Messina

ROMA – Barbara Spinelli, la sua decisione di lasciare la lista in cui era stata eletta all’europarlamento, “L’Altra Europa con Tsipras”, ha scatenato le polemiche. Il coordinatore di Sel, Fratoianni, la accusa di essere incoerente, rimproverandole di aver voluto tenere il seggio proprio per garantire la tenuta di quel progetto di cui oggi dichiara il fallimento. E sui social network c’è addirittura chi la accusa di tradimento. Come risponde?
“Io non trovo che ci siano né incoerenza né tradimento. Il motivo per cui, da tempo ormai, ho preso le distanze da “L’Altra Europa” è che secondo me è stata la lista ad abbandonare il progetto originario, che era quello di creare un insieme di forze della sinistra molto costruito dal basso, basato sull’associazionismo, sulla società civile. E soprattutto non dominato dai vecchi partiti della sinistra radicale. In questo anno e mezzo, piano piano ho avuto invece l’impressione di un predominio dei piccoli partiti che avevano promesso di sciogliersi ma non si sciolgono mai”.

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Summit inutile, Europa e Roma ipocrite

Intervista di Stefano Citati, «Il Fatto Quotidiano», 25 aprile 2015

Barbara Spinelli, alla fine del vertice europeo sull’immigrazione Angela Merkel ha detto che oltre triplicare i fondi per Triton un accordo non c’era; subito dopo si è presentato Renzi magnificando il risultato del summit. Chi ha ragione?
Non aderisco alla politica della Merkel sul Mediterraneo, ma sono sicuramente più d’accordo con l’interpretazione data dal Cancelliere che col presidente del Consiglio. Al di là dell’ipocrisia spettacolare del Consiglio europeo tutto intero, e non solo di Renzi, ho letto nel comunicato finale grandi frasi di condanna e impegno, ma sul piano dell’azione non ho trovato assolutamente nulla all’altezza del numero dei morti nel Mediterraneo. Nel dettaglio, i fondi annunciati restano insufficienti, si torna alle cifre spese per Mare Nostrum. La sostanza non cambia: nel mandato che Frontex affida a Triton non ci sono le missioni di search & rescue, ricerca e salvataggio; non si estende l’orizzonte delle operazioni che restano limitate alle 30 miglia dalle coste italiane, mentre generalmente i naufragi accadono in alto mare, presso Libia o Tunisia. Altro errore: l’azione si concentra praticamente solo sui trafficanti, mutuando il tipo di mandato, militare o paramilitare, dalle missioni anti-pirati nel Corno d’Africa.

In questo caso è passata la linea Renzi, che poi è la stessa proposta da Berlusconi, Santanchè e Salvini. Il premier e la Ue l’hanno fatta propria. L’idea di fondo è che il solo modo per non far morire i migranti è di non farli partire: l’incomprensione degli esodi odierni è totale. Non sono i trafficanti a far partire i migranti: sono le guerre – di cui siamo in parte responsabili – le carestie e la povertà, che spingono a fuggire. E resta da capire: come distruggere i barconi, come individuarli? Ce lo dicono i pre-cog di Minority Report, quali sono quelli illegali? Spesso si tratta di pescherecci, e i pescatori stessi si trasformano in trafficanti.

In pochi giorni si è avuta un successione di eventi legati gli uni agli altri: il naufragio dei migranti, l’annuncio dell’uccisione dell’ostaggio italiano da parte di un drone Usa e l’annuncio dello smantellamento di una cellula di al Qaeda ben ramificata in Italia. Una serie di coincidenze casuali o qualcosa di più?
I droni hanno dimostrato che i danni collaterali che producono possono essere più gravi dei risultati che ottengono. Il governo si è comportato da vero vassallo, lasciando la rivelazione dell’accaduto al presidente Usa. La catena degli eventi non mi pare del tutto casuale. Giovedì sul «New York Times» Renzi ha detto una cosa vergognosa: “Non tutti i migranti sui barconi sono famiglie innocenti”. Vengono così messi sullo stesso piano migranti economici, fuggitivi, trafficanti, terroristi. L’equiparazione dà vita a un diritto emergenziale: uno stato di eccezione europeo. Dal 2001 in nome della lotta antiterrorista vengono sospesi parecchi articoli delle Costituzioni nazionali e della Carta europea dei diritti fondamentali. Bisognerebbe guardare in faccia le vere radici dell’esodo: l’arco di instabilità tra Africa e Asia, dove conflitti e Isis sono stati facilitati proprio dalla guerra permanente al terrorismo.

L’Ue stenta anche sul fronte interno: la vicenda della Grecia si trascina tra contrasti e aperture.
L’illusione è quella iniziale dell’euro: l’idea che si possa avere una moneta unica senza unità politica. Il conflitto con Atene sarebbe inimmaginabile in una Federazione: Washington non farebbe uscire dal dollaro uno Stato in default. La verità è che Atene è stata usata come una cavia, senza che nessuno voglia ammetterlo. Tanto più triste perché, mentre di solito in Europa è la destra estrema ad avvantaggiarsi delle grandi crisi, stavolta è la sinistra a gestire la situazione: una sinistra che per di più non vuol rompere con l’Unione. Con la Grecia, la Ue sta fallendo uno dei suoi mandati fondamentali: quello della solidarietà.

Come andranno a finire le due vicende?
Sul Mediterraneo, l’Europarlamento potrebbe contare molto. Il trattato di Lisbona gli dà il potere di votare contro l’aumento dei fondi a Frontex, obbligando il Consiglio a cambiare politica. Quanto alla Grecia, tutte e due le parti devono sforzarsi. Atene farebbe bene a non irritare Berlino con richieste di riparazioni belliche. E i suoi partner devono ridurre il disastro provocato in Grecia dall’austerity, se non vogliono distruggere l’Unione.