Rapporto sulla missione LIBE in Italia

Bruxelles, 8 giugno 2017

Barbara Spinelli è intervenuta sul punto in agenda della riunione ordinaria della Commissione per le libertà civili, giustizia e affari interni (LIBE) riguardo a due specifici punti in agenda, in qualità di partecipante alla missione LIBE in Italia del 18-21 aprile 2017:

– Questione dei profughi/migranti in Italia: situazione e futuri scenari.Scambio di opinioni con Domenico Manzione, sottosegretario di Stato, ministero dell’Interno.

– Missione della commissione LIBE in Italia su migrazione e asilo, 18-21 aprile 2017. Presentazione di un progetto di resoconto di missione

“Ringrazio il dottor Manzione per la presentazione e soprattutto per le considerazioni critiche che ha fatto a conclusione del suo intervento sulla “solidarietà flessibile” – un vero ossimoro – sulle procedure spesso complicate di accoglienza e sul sistema Dublino. Ringrazio anche il segretariato Libe per l’eccellente rapporto sulla nostra missione in Italia.

Affronterò alcuni punti specifici:

Della questione delle Ong si è parlato molto, durante la missione in Italia, non solo con il procuratore di Catania Carmelo Zuccaro ma con le Ong stesse. Vorrei evitare che si guardasse all’operato delle Ong alla stregua di attività che possono creare un “canale umanitario improprio”, come ha appena detto il dottor Manzione, perché in tal modo si finisce con l’introdurre, in modo a mio avviso pericoloso, l’idea che esita un nuovo concetto lecito, in Italia e nell’Unione, che potrebbe chiamarsi “search and rescue illegale”: una contraddizione in termini, perché il search and rescue è legale in sé, per definizione. Come accade per il concetto di “solidarietà flessibile”, i due termini non vanno bene insieme. In realtà non ci sono al momento che insinuazioni sulle Ong, vedremo i risultati delle inchieste, ma finora non esiste alcuna prova, come dichiarato dalla stessa Guardia di finanza. Chiedo un po’ di chiarezza in proposito: non vorrei che si parlasse di mafia in assenza di prove, anche se i procuratori in questione hanno una grande esperienza nell’antimafia.

Un altro punto importante di cui si è discusso nel corso della missione è la nuova legge italiana sul contrasto all’immigrazione irregolare e l’accelerazione dei procedimenti in materia di protezione internazionale, la cosiddetta legge Minniti. La collega Barbara Kudrycka (PPE, Polonia, co-leader della missione) ha detto cose giustissime su questo. In effetti ci sono molti dubbi sulla correttezza costituzionale di questa legge, sia per l’esclusione del contatto diretto tra il ricorrente e il giudice, sostituito dalle videoregistrazioni dei colloqui, sia per l’abolizione del secondo grado di giudizio, che compromette gravemente, stando al parere di molti costituzionalisti, l’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge. Si è invece discusso in maniera molto positiva, anche con le Ong italiane, della legge Zampa, che riguarda i minori non accompagnati. Significativamente, la legge è stata elaborata con una grande cooperazione delle Ong, giungendo a un ottimo testo.

Il terzo punto che vorrei affrontare sono gli accordi bilaterali tra Italia e Libia, spesso lodati anche in questo Parlamento. Vorrei farmi portavoce di quanto ho ascoltato in Italia dalle Ong e dai rappresentanti dell’Unhcr, che hanno sottolineato la natura di push factor ormai assunta dalla Libia. Parliamo di un Paese non più soltanto di transito per migranti e profughi, ma di un Paese dal quale la gente fugge perché non esiste più come Stato, e che non tiene in alcun conto i diritti umani, al punto da creare campi che da più parti sono stati definiti “campi di concentramento”.

Ricordo al dottor Manzione che quella degli accordi con la Libia è una vecchia storia, e che la Corte di Strasburgo ha già condannato una volta l’Italia, nel caso Hirsi, per il respingimento di migranti e rifugiati verso la Libia, nel 2009. Erano respingimenti collettivi vietati dalla Convenzione di Ginevra, e attuati dopo l’accordo tra Berlusconi e Gheddafi: una politica italiana che rischia di ripetersi.

Il quarto punto riguarda gli hotspot, dove l’identificazione di migranti e profughi è effettivamente arrivata quasi al cento per cento. Tuttavia, secondo un rapporto di Amnesty International, il prelievo delle impronte digitali avviene spesso con l’uso della violenza. Le autorità italiane lo hanno negato, ma le accuse contenute nel rapporto di Amnesty non possono essere ignorate.

Vorrei concludere parlando della ricollocazione, sulla cui effettività si devono dire tutte le cose negative che ben conosciamo, ma a mio parere essa è in se stessa ingannevole se non si riforma il regolamento di Dublino. Riporto solo un dato: nel 2015-2016, in Italia ci sono stati 5.049 “trasferimenti Dublino”, ovvero migranti arrivati in Italia, andati in altri Paesi dell’Unione e ritrasferiti in Italia, e 3.936 ricollocamenti dall’Italia verso altri Stati membri. Questo significa che il numero delle persone rimandate in Italia è più alto di quello delle persone trasferite dall’Italia. Per questo affermo che, se non si riforma Dublino, la stessa ricollocazione rischia di essere un inganno. Vorrei sapere cosa il governo italiano si proponga di fare a riguardo, e se intenda veramente porre la questione Dublino, fino a giungere al veto nel Consiglio. Grazie”.

Post scriptum:
Lo stesso giorno l’avvocato generale della Corte europea di giustizia, Eleanor Sharpston,  esprimeva un parere che potrebbe costringere  l’Unione a riscrivere l’intera sua politica dell’asilo, se il parere sarà fatto proprio da una sentenza della Corte. In tempi di crisi – sostiene l’avvocato generale –  i richiedenti asilo devono poter transitare dal Paese di primo arrivo verso altri Stati dell’Unione. Non possono e non devono essere più trattenuti nei due principali Paesi di frontiera che sono l’Italia e la Grecia.
https://curia.europa.eu/jcms/upload/docs/application/pdf/2017-06/cp170057it.pdf