L’Onu e il rimpatrio di migranti in Libia

Bruxelles, 22 giugno 2017. Intervento di Barbara Spinelli nel corso della riunione ordinaria della Commissione parlamentare Libertà civili, giustizia e affari interni – LIBE.

Punto in agenda:

Seguito della Dichiarazione di New York: scambio di opinioni sul Global compact per una migrazione sicura, ordinata e regolare

  • Scambio di opinioni con Louise Arbour, rappresentante speciale del Segretario generale delle Nazioni Unite per la migrazione internazionale

Grazie Presidente.

La mia domanda riguarda gli accordi europei di rimpatrio di migranti e rifugiati, specie in Libia e con particolare riferimento ai recenti incidenti avvenuti nelle operazioni di soccorso delle guardie di costiere libiche in acque internazionali, e non solo in quelle della Libia.

Quello che vorrei chiedere alla Signora Louise Arbour è di riferirci la posizione dell’ONU sui programmi di training e formazione delle guardie costiere libiche. Il 20 giugno Martin Kobler, rappresentante speciale dell‘ONU in Libia, è intervenuto nella Commissione affari esteri e si è detto estremamente preoccupato per la decisione UE di formazione di tali guardie costiere, invitando i parlamentari europei a guardare su YouTube i video che dimostrano come vengono trattati i migranti nelle operazioni di search and rescue effettuate dalle guardie costiere libiche che teoricamente dovrebbero avere il compito di salvare i migranti e rimpatriarli in Libia. I video mostrano immagini di violenza di guardie costiere armate e di migranti che vengono rigettati in mare, agendo chiaramente in violazione di diritti fondamentali, dei diritti umani e delle Convenzioni internazionali. Sono preoccupata soprattutto perché l’Italia è all’avanguardia nell’operazione di formazione delle guardie costiere libiche. Mi piacerebbe conoscere la sua opinione a riguardo.

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Nella sua risposta, Luise Arbour non ha preso posizione ma si è ripromessa di indagare la situazione in occasione di una sua imminente missione a Roma.

Ricongiungimenti familiari e trasferimenti Dublino: leggi violate

Bruxelles, 22 giugno 2017. Intervento di Barbara Spinelli nel corso della riunione ordinaria della Commissione parlamentare Libertà civili, giustizia e affari interni – LIBE.

Punto in agenda:

Studio “Attuazione delle decisioni del Consiglio del 2015 che istituiscono misure temporanee nel settore della protezione internazionale a beneficio dell’Italia e della Grecia”, commissionato dal dipartimento tematico Diritti dei cittadini e affari costituzionali del Parlamento europeo, su richiesta della commissione LIBE

  • Presentazione dello studio a cura di Violeta Moreno-Lax (Università Queen Mary di Londra) e Natascha Zaun (Università di Oxford)

Ringrazio moltissimo la Professoressa Violeta Moreno-Lax, che considero un maestro in questa materia. Ogni testo che scrive è per me un punto di riferimento, e anche quest’ultimo (Attuazione delle decisioni del Consiglio del 2015 che istituiscono misure temporanee nel settore della protezione internazionale a beneficio dell’Italia e della Grecia) è di grande interesse. Una delle cose importanti che menziona nello studio riguarda i trasferimenti di migranti che si trovano in vari Paesi dell’Unione e che sulla base del sistema Dublino vengono ritrasferiti nel Paese di primo arrivo, cioè Italia o Grecia. Nel caso italiano, i migranti ri-trasferiti tendono a essere due-tre volte più numerosi dei migranti beneficiari delle ricollocazioni prescritte dalla Commissione.

Come sappiamo, ci sono state sentenze delle Corti che chiedevano di non attuare i ri-trasferimenti Dublino verso l’Italia e la Grecia, perché questi Paesi non erano all’altezza di accoglierli dal punto di vista del rispetto dei diritti dell’uomo. Quello che vorrei chiederle è come mai queste sentenze sono semplicemente ignorate.

La seconda domanda riguarda un altro punto dello studio, e cioè l’obbligo – stabilito dallo stesso sistema Dublino – di dare priorità assoluta ai ricongiungimenti familiari: un obbligo cui bisogna ottemperare a prescindere dalle ricollocazioni.

Proprio su questo punto, siamo di recente venuti a conoscenza di un accordo segreto tra il governo tedesco e quello greco, in base al quale Berlino ha chiesto e ottenuto una riduzione drastica dei ricongiungimenti familiari di migranti dalla Grecia: non più di 70 ricongiungimenti per mese. Ciò significa che coloro che hanno già visto riconosciuta la loro richiesta di ricongiungimento familiare in Germania saranno trasferiti in quel Paese in tempi molto lenti: cosa più che dubbia dal punto di vista legale. Vorrei chiedere alla Professoressa Moreno-Lax come possa essere imposto agli Stati Membri di rispettare il diritto assoluto dei richiedenti asilo a tale ricongiungimento, prescritto dal sistema Dublino e non rispettato per evidenti motivi politici-elettorali. È l’unica spiegazione che riesco a trovare a quella che è una vera e propria imposizione del governo tedesco su quello greco, in violazione di precisi obblighi fissati dall’Unione.

Rapporto sulla missione LIBE in Italia

Bruxelles, 8 giugno 2017

Barbara Spinelli è intervenuta sul punto in agenda della riunione ordinaria della Commissione per le libertà civili, giustizia e affari interni (LIBE) riguardo a due specifici punti in agenda, in qualità di partecipante alla missione LIBE in Italia del 18-21 aprile 2017:

– Questione dei profughi/migranti in Italia: situazione e futuri scenari.Scambio di opinioni con Domenico Manzione, sottosegretario di Stato, ministero dell’Interno.

– Missione della commissione LIBE in Italia su migrazione e asilo, 18-21 aprile 2017. Presentazione di un progetto di resoconto di missione

“Ringrazio il dottor Manzione per la presentazione e soprattutto per le considerazioni critiche che ha fatto a conclusione del suo intervento sulla “solidarietà flessibile” – un vero ossimoro – sulle procedure spesso complicate di accoglienza e sul sistema Dublino. Ringrazio anche il segretariato Libe per l’eccellente rapporto sulla nostra missione in Italia.

Affronterò alcuni punti specifici:

Della questione delle Ong si è parlato molto, durante la missione in Italia, non solo con il procuratore di Catania Carmelo Zuccaro ma con le Ong stesse. Vorrei evitare che si guardasse all’operato delle Ong alla stregua di attività che possono creare un “canale umanitario improprio”, come ha appena detto il dottor Manzione, perché in tal modo si finisce con l’introdurre, in modo a mio avviso pericoloso, l’idea che esita un nuovo concetto lecito, in Italia e nell’Unione, che potrebbe chiamarsi “search and rescue illegale”: una contraddizione in termini, perché il search and rescue è legale in sé, per definizione. Come accade per il concetto di “solidarietà flessibile”, i due termini non vanno bene insieme. In realtà non ci sono al momento che insinuazioni sulle Ong, vedremo i risultati delle inchieste, ma finora non esiste alcuna prova, come dichiarato dalla stessa Guardia di finanza. Chiedo un po’ di chiarezza in proposito: non vorrei che si parlasse di mafia in assenza di prove, anche se i procuratori in questione hanno una grande esperienza nell’antimafia.

Un altro punto importante di cui si è discusso nel corso della missione è la nuova legge italiana sul contrasto all’immigrazione irregolare e l’accelerazione dei procedimenti in materia di protezione internazionale, la cosiddetta legge Minniti. La collega Barbara Kudrycka (PPE, Polonia, co-leader della missione) ha detto cose giustissime su questo. In effetti ci sono molti dubbi sulla correttezza costituzionale di questa legge, sia per l’esclusione del contatto diretto tra il ricorrente e il giudice, sostituito dalle videoregistrazioni dei colloqui, sia per l’abolizione del secondo grado di giudizio, che compromette gravemente, stando al parere di molti costituzionalisti, l’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge. Si è invece discusso in maniera molto positiva, anche con le Ong italiane, della legge Zampa, che riguarda i minori non accompagnati. Significativamente, la legge è stata elaborata con una grande cooperazione delle Ong, giungendo a un ottimo testo.

Il terzo punto che vorrei affrontare sono gli accordi bilaterali tra Italia e Libia, spesso lodati anche in questo Parlamento. Vorrei farmi portavoce di quanto ho ascoltato in Italia dalle Ong e dai rappresentanti dell’Unhcr, che hanno sottolineato la natura di push factor ormai assunta dalla Libia. Parliamo di un Paese non più soltanto di transito per migranti e profughi, ma di un Paese dal quale la gente fugge perché non esiste più come Stato, e che non tiene in alcun conto i diritti umani, al punto da creare campi che da più parti sono stati definiti “campi di concentramento”.

Ricordo al dottor Manzione che quella degli accordi con la Libia è una vecchia storia, e che la Corte di Strasburgo ha già condannato una volta l’Italia, nel caso Hirsi, per il respingimento di migranti e rifugiati verso la Libia, nel 2009. Erano respingimenti collettivi vietati dalla Convenzione di Ginevra, e attuati dopo l’accordo tra Berlusconi e Gheddafi: una politica italiana che rischia di ripetersi.

Il quarto punto riguarda gli hotspot, dove l’identificazione di migranti e profughi è effettivamente arrivata quasi al cento per cento. Tuttavia, secondo un rapporto di Amnesty International, il prelievo delle impronte digitali avviene spesso con l’uso della violenza. Le autorità italiane lo hanno negato, ma le accuse contenute nel rapporto di Amnesty non possono essere ignorate.

Vorrei concludere parlando della ricollocazione, sulla cui effettività si devono dire tutte le cose negative che ben conosciamo, ma a mio parere essa è in se stessa ingannevole se non si riforma il regolamento di Dublino. Riporto solo un dato: nel 2015-2016, in Italia ci sono stati 5.049 “trasferimenti Dublino”, ovvero migranti arrivati in Italia, andati in altri Paesi dell’Unione e ritrasferiti in Italia, e 3.936 ricollocamenti dall’Italia verso altri Stati membri. Questo significa che il numero delle persone rimandate in Italia è più alto di quello delle persone trasferite dall’Italia. Per questo affermo che, se non si riforma Dublino, la stessa ricollocazione rischia di essere un inganno. Vorrei sapere cosa il governo italiano si proponga di fare a riguardo, e se intenda veramente porre la questione Dublino, fino a giungere al veto nel Consiglio. Grazie”.

Post scriptum:
Lo stesso giorno l’avvocato generale della Corte europea di giustizia, Eleanor Sharpston,  esprimeva un parere che potrebbe costringere  l’Unione a riscrivere l’intera sua politica dell’asilo, se il parere sarà fatto proprio da una sentenza della Corte. In tempi di crisi – sostiene l’avvocato generale –  i richiedenti asilo devono poter transitare dal Paese di primo arrivo verso altri Stati dell’Unione. Non possono e non devono essere più trattenuti nei due principali Paesi di frontiera che sono l’Italia e la Grecia.
https://curia.europa.eu/jcms/upload/docs/application/pdf/2017-06/cp170057it.pdf

Foreign fighters, burkini e Consiglio di Stato francese

Intervento di Barbara Spinelli nel corso della riunione ordinaria della Commissione Libertà civili, giustizia e affari interni (LIBE). Bruxelles, 31 agosto 2016

Punto in agenda:

Lotta al terrorismo e recenti attacchi negli Stati membri

  • Scambio di opinioni con la Commissione europea, la presidenza del Consiglio e Gilles de Kerchove, coordinatore antiterrorismo dell’UE

Ringrazio la Commissione e il Consiglio per aver messo in evidenza il fatto che ci troviamo di fronte ad un mutamento dei modelli di radicalizzazione, riscontrabile negli attacchi terroristici che hanno colpito recentemente l’Europa.

Su questo punto vorrei porre alcune domande. Vivendo in Francia, ho avuto modo di leggere alcuni dati che ritengo estremamente interessanti, e che vorrei sottoporre alla vostra attenzione.

Prima di tutto vorrei chiedere quale sia stato il peso dei foreign fighters negli ultimi attentati terroristici, avendo riscontrato che il loro ruolo sta diminuendo, mentre va intensificandosi l’uso, da parte dell’ISIS, di cellule più o meno dormienti presenti nei Paesi europei, nonché di persone che possono genericamente esser definite “disturbate” ma le cui azioni non hanno legami evidenti e continuativi con la religione musulmana, anche se l’Isis tende a mettere il suo cappello sugli attentati, una volta compiuti, e ad appropriarsene. In Francia, l’ISIS ritiene ad esempio di non aver bisogno dell’intervento di foreign fighters provenienti dall’estero, nella convinzione che vi sia un numero sufficiente di terroristi già presenti sul territorio. (http://www.nytimes.com/2016/08/04/world/middleeast/isis-german-recruit-interview.html?_r=0)

La seconda domanda è legata alla difesa dello stato di diritto, una volta appurato che la radicalizzazione avviene dentro i Paesi dell’Unione. Citando ancora una volta la Francia, vorrei chiedere alla Commissione come intenda rispondere alla tendenza sempre più diffusa a stigmatizzare in simultanea migranti e Islam, e a mescolare le questioni di sicurezza con i principi dello Stato francese legati alla laicità. Mi riferisco in particolare al caso del “burkini”, definito dal capo di governo francese come un’offensiva ideologica dell’Islam radicale. Mi chiedo se la Commissione non abbia interesse valutare meglio la situazione in questo campo, coordinando le proprie azioni non solo con i governi e i responsabili dei Ministeri degli Interni, ma anche con i giudici delle corti nazionali. La recente sentenza del Consiglio di Stato francese sulla questione “burkini” è sicuramente di grande interesse perché mette in questione il divieto del “burkini” separando nettamente le questioni concrete legate alla sicurezza dai principi fissati nella legge francese sulla laicità del 1905.

Infine, pongo un’ultima domanda che, sebbene sia già stata fatta, considero di grande importanza. Come intende rispondere la Commissione alla richiesta, avanzata dai Governi di Francia e Germania, di abolire le modalità di cifratura (encryption) utilizzate da alcune applicazioni, quali ad esempio whatsapp e telegram, considerando che si tratta di tecniche volte a proteggere la privacy e, più in generale, le libertà individuali e di impresa? In particolare, vorrei sapere se la Commissione intenda dare un seguito positivo alla domanda franco-tedesca di un regolamento o di una direttiva europei in tal senso.

Sentenza del Consiglio di Stato francese sul divieto del burkini

 

La Commissione Libertà, Giustizia e Affari Interni vota a favore del rapporto sull’immigrazione nel Mediterraneo

Il 16 marzo, la Commissione Libertà, Giustizia e Affari Interni (LIBE) del Parlamento Europeo riunita a Bruxelles ha adottato la relazione d’iniziativa sulla situazione nel Mediterraneo e la necessità di un approccio globale dell’UE in materia di immigrazione. La risoluzione sarà ridiscussa e votata dal Parlamento Europeo durante la seduta plenaria di aprile.

Co-relatrici: Cécile Kyenge (Partito Socialista) e Roberta Metsola (Partito Popolare Europeo)

Relatore ombra per il gruppo GUE/NGL: Barbara Spinelli

 Dopo il voto, Barbara Spinelli ha rilasciato la seguente dichiarazione:

«Oggi la Commissione LIBE ha adottato la relazione sulla situazione nel Mediterraneo e la necessità di un approccio globale dell’UE in materia di immigrazione.

Il rapporto presenta notevoli punti positivi, soprattutto per quanto riguarda la necessità di riconoscere vie legali e sicure di accesso al territorio dell’Unione e la creazione di un sistema europeo di ricerca e salvataggio in mare.

Deploro, ciononostante, il processo decisionale che ha portato al voto di questo rapporto. Il rapporto è stato assegnato più di un anno fa a due relatrici – Cécile Kyenge (Partito Socialista) e Roberta Metsola (Partito Popolare Europeo) – e tale procedura, che affida la guida dei rapporti parlamentari ai due maggiori gruppi del Parlamento, non è mai di buon auspicio. L’esperienza insegna che, poiché i due gruppi politici formano da soli una maggioranza solida in Parlamento, l’opinione degli altri gruppi è messa in disparte e il pluralismo viene aggirato. Nel caso in specie e per volontà congiunta dei Socialisti e dei Popolari, i nostri 168 emendamenti, scritti con l’appoggio di numerosi accademici, associazioni della società civile e ONG, non sono stati sottoposti al voto. È il motivo per cui solo alcuni di essi sono stati incorporati negli emendamenti di compromesso votati oggi. Quel che deploro, è che l’insieme delle nostre controproposte non abbia trovato spazio né visibilità nei testi di compromesso.

Se alla fine una parte dei nostri emendamenti è stata inclusa, dopo difficili e lunghi negoziati, lo si deve alla tenacia con cui il Gue, i Verdi, l’Alde, i Cinque Stelle si sono battuti per incorporare alcuni punti importanti negli emendamenti di compromesso come:

– la necessità di prevedere misure di accoglienza, sostegno e opportunità di integrazione a migranti, richiedenti asilo e rifugiati;

– l’esortazione agli Stati membri a introdurre specifiche procedure per la determinazione dell’apolidia e a condividere pratiche di eccellenza (best practices);

– il richiamo al fatto che sia il diritto internazionale sia la Carta dei diritti fondamentali dell’UE impongono agli Stati membri di esaminare opzioni alternative alla detenzione;

– la critica forte del sistema di Dublino, e la richiesta, fatta alla Commissione e agli Stati membri, di superarne le rigidità e di diminuire il peso che grava sugli Stati di prima accoglienza (essenzialmente Grecia e Italia);

– la menzione delle cause profonde della fuga dei migranti: guerre, povertà, corruzione, fame, pulizie etniche, disastri naturali e cambiamento climatico;

Il rapporto presenta tuttavia alcune debolezze a mio parere gravi. Sono passate malgrado il voto negativo del mio gruppo paragrafi a favore del piano d’azione comune UE-Turchia, da me radicalmente criticato; disposizioni a favore di rimpatri e accordi di riammissione con Stati Terzi (processo di Khartoum); e una serie di capitoli sul rafforzamento dei controlli delle frontiere esterne di Schengen (criticabile è il nesso stretto stabilito con le frontiere interne), sulla proposta di una lista europea di Stati di origine sicuri e sulla creazione di una Guardia Costiera europea.

Le sezioni riguardanti il ricongiungimento familiare potevano e avrebbero dovuto essere ulteriormente rafforzate, favorendo il ricongiungimento di membri di famiglie allargate ed eliminando le restrizioni (burocratiche, pecuniarie) che intralciano il ricongiungimento intra e extra-europeo di moltissime famiglie. Infine, ed è una mancanza a mio parere cruciale, il rapporto non riconosce il ruolo svolto dagli interventi militari occidentali nella grave destabilizzazione degli Stati di origine o di transito di tanti rifugiati che arrivano in Europa.

Altra nostra domanda che non è stata accolta: la definizione di uno statuto giuridico – tuttora assente nel diritto internazionale – per i rifugiati ambientali.

Esaminando i punti positivi e quelli negativi del testo, ho tuttavia consigliato ai miei colleghi, nel mio ruolo di relatore ombra per il gruppo GUE/NGL,  di dare all’insieme del rapporto un voto positivo, pur raccomandando il voto negativo su una ventina di paragrafi di compromesso».

Allegati:

Gli emendamenti presentati da Barbara Spinelli al rapporto (file .pdf)

La bozza del rapporto sull’immigrazione nel Mediterraneo (file .doc)