Chiusura della campagna elettorale
de L’Altra Europa con Tsipras

Discorso tenuto il 22 maggio 2014 a Santa Maria in Trastevere, Roma, durante il comizio finale

Siamo giunti all’ultimo pezzo di strada ed eccoci qui, con grandi aspettative e con qualche grande convinzione.

Prima convinzione: tutto questo cammino che abbiamo fatto, per raccogliere le firme, per parlare agli italiani e dir loro il programma che avevamo, è valso la pena. Perché l’Italia sta messa molto male e l’Europa anche, e nessun trattato, nessuna politica ha mostrato di funzionare.

Perché era l’ora di dire che sono troppe, e sempre più diffuse nei principali partiti e movimenti le menzogne, le illusioni, le trappole nemmeno molto nascoste nei discorsi che si fanno sull’Europa, sulle politiche che l’Europa ha fatto in questi anni di crisi, sul suo futuro. Quando parlo di protagonisti della campagna elettorale penso al partito di Renzi, il Pd, al Movimento di Grillo, a Berlusconi, e a chi fa campagna per l’uscita dall’euro o parla a vanvera di recupero della sovranità italiana sacrificata o perduta.

La nostra Lista ha avuto una funzione preziosa da questo punto di vista, e ce l’ha ancora: fin dalle prime battute ha smascherato le illusioni, ha denunciato le menzogne, e infine ha indicato le trappole. Fin dalle prime battute siamo stati un po’ come quel famoso bambino che vede passare il re che si gloria di un manto che non indossa, il bambino che infrange il muro di omertà e dice quel che è vero, incontrovertibilmente: che il re è nudo, che il suo regno e le politiche del suo regno non solo sono ingiuste, ma semplicemente non funzionano. È un re che si compiace di programmi che non ha. Che vanta una sovranità che non possiede da tempo. La principale menzogna concerne proprio l’uso dell’espressione «altra europa». È una promessa che tutti si son messi a fare, improvvisamente: anche quelli che hanno firmato e accettato per anni le politiche dell’austerità che hanno messo in ginocchio non solo la Grecia ma gran parte dei paesi del Sud, chiamati periferie; anche quelli che seducono l’elettore dicendogli che dall’Europa conviene uscire e che è una cosa facile. L’illusione è di chi fa una campagna elettorale tutta incentrata sul recupero della sovranità nazionale: come se potessimo davvero ridivenirlo, sovrani come siamo stati all’inizio del Novecento.

Il motivo per cui vale la pena votare la nostra Lista è che solo noi abbiamo un piano per farla rinascere, l’Europa così malandata e ridotta a una disunione. Solo noi diciamo all’elettore che se vogliamo cambiare qualcosa qui da noi – sul lavoro, sugli investimenti per rilanciare l’economia e il lavoro – è in Europa che dobbiamo agire, e con precisi programmi.

Tra i programmi ne vorrei indicare almeno due: una Conferenza sul debito come quella che 1953 a Londra condonò gran parte dei debiti di guerra accumulati dalla Germania, e decise che il resto sarebbe stato rimborsato se il paese avesse ricominciato a crescere. Cosa che avvenne, grazie al generoso investimento sulla ripresa tedesca e sull’inclusione della Germania in un’Europa democratica: furono generosi con i propri soldi la Grecia, l’Italia, e tanti altri Paesi. Lo stesso deve avvenire oggi. Non è un’idea impraticabile. L’ha proposta di recente anche un editorialista, non certo di sinistra, del «Financial Times».

Un altro programma è un grande New Deal europeo, un piano di investimenti e di creazione di posti di lavoro che sia lanciato dall’Unione e le cui coperture finanziarie siano garantite da due tasse – sulle transazioni finanziarie e sulle emissioni di anidride carbonica. La nostra idea è che per un nuovo sviluppo sostenibile, rispettoso dell’ambiente, a pagare debbano essere gli speculatori finanziari e chi inquina la nostra terra con il biossido di carbonio.

A questi piani concreti aggiungiamo una politica di disobbedienza a trattati capestri: il pareggio di bilancio ad esempio, e il Fiscal compact e una politica dell’immigrazione che si riduce tutta alla repressione e ha riempito il Mediterraneo di morti.

Nessun altro candidato, di destra o del Pd, ha piani simili. Né ha la forza di difenderli in Europa. Non ha questa forza Renzi, perché il gruppo socialista di Schulz già si predispone a Grandi intese con il Partito popolare, molto conservatore. Non l’ha Grillo, perché non sappiamo ancora con chi si alleerà nel Parlamento europeo e magari finirà nel gruppo dei non iscritti, che a Strasburgo conta poco o nulla. Altra cosa la lista Tsipras. Inserita nella Sinistra europea, farà parte del terzo gruppo più forte nel Parlamento europeo. La nostra lista è la sola europea e cosmopolìta culturalmente.

Ma vi ho parlato anche della trappola. La chiamerei la trappola conservatrice, che vede uniti in un’alleanza di fatto, ma mai confessata, tra chi accetta l’Europa così com’è, introducendo piccoli cambiamenti ai margini e chi sogna l’uscita facile dall’euro. Sono alleati e complici, le due forze, perché in ambedue i casi sarà preservato lo scenario in cui abbiamo vissuto finora. Uno scenario in cui l’Europa in quanto tale, e ancor più i singoli Stati fintamente sovrani, dipendono in realtà da chi a tutti gli effetti comanda: non la politica né i politici, non l’Europa unita, ma le forze anonime dei mercati. Più l’Europa è debole, più ci culliamo nell’illusione della sovranità recuperata, più i mercati restano padroni.

Per questo vale la pena andare a votare, domenica, e votare la lista Tsipras. Perché è un voto che darà frutti, e non contiene né illusioni né bugie né trappole. Perché è la sola lista che quando dice cambiamento, quando dice «ltra Europa», intende quello che dice, e agirà in conformità a quello che dice.

Lo so, ci sono molti cittadini incerti, soprattutto a sinistra. Si domandano se non siamo troppo utopisti, se le nostre promesse saranno realizzabili. Io dico che tra l’utopia e l’inferno dello status quo, meglio l’utopia. Che tra l’utopia e l’indifferenza e la rassegnazione dei cittadini elettori, meglio l’utopia.

Compresa l’utopia di una sinistra da reinventare, perché diciamocelo sinceramente: non c’è più una sinistra, in Italia, a lottare contro la disuguaglianza sociale che è andata crescendo con la crisi. Il Pd non è più di sinistra, è una metamorfosi antropologica quella cui assistiamo. Metà della sinistra radicale ha creduto e crede ancora di potersi rifugiare in Grillo, o magari nell’astensione: in parte per rabbia, in parte per rinuncia o per indifferenza. A questa sinistra della rabbia e della rinuncia ci rivolgiamo: qui nella nostra Lista si tenta quello che ha fatto in Grecia Tsipras con il partito Syriza: raggruppare comitati cittadini che hanno difeso il bene pubblico, europeisti insubordinati, e partiti della sinistra radicale. Unirli con l’idea che un’alternativa è possibile, non siamo in un universo dove la strada è una sola. Erano pochissimi di Syriza all’inizio, non più del 3-4 per cento. Oggi sono il primo partito greco: in Europa si ripromettono di rifare l’Unione – anzi di crearla – e in Grecia di spezzare l’alleanza torbida fra oligarchie corrotte, di destra e sinistra, e forze anonime di mercati senza volto né legittimità democratica. In Italia il patto da spezzare è ancora più torbido, perché include anche quel potere ormai transnazionale che è composto da mafia, ndrangheta, camorra.

Dicono anche che non siamo abbastanza realisti, visto che vogliamo rivoluzionare l’Europa e al tempo stesso salvare l’Europa, preservarne le conquiste (la Carta dei diritti). Non è vero. I veri sperimentatori sono stati coloro che hanno inventato le politiche di austerità, non noi. Qui si tratta di ritrovare un rapporto con la realtà. e solo lo noi ce l’abbiamo. Solo noi combiniamo quello che apparentemente sembra impossibile: metodi di lotta rivoluzionaria e senso del reale e del fattibile.

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