Chiedo al Presidente della Repubblica di intervenire per permettere l’esercizio democratico del referendum sulle trivellazioni

COMUNICATO STAMPA

Bruxelles, 11 febbraio 2016

Ieri, nella seduta del Consiglio dei Ministri, il governo italiano ha deciso di ignorare gli appelli delle associazioni e dei comitati ambientalisti che chiedevano di accorpare il referendum contro le trivellazioni marine alle prossime elezioni amministrative di giugno e ne ha fissato la data per il prossimo 17 aprile.

Si tratta di un metodo contrario alla democrazia e al buon senso. Fissare un referendum a così breve scadenza significa non solo sprecare circa 360 milioni di euro dei contribuenti, ma impedire un ampio confronto che permetta agli italiani di decidere con cognizione di causa del proprio destino ambientale.

I sei quesiti referendari contro le trivellazioni – che chiedono l’abrogazione di un articolo del Decreto Sviluppo e di cinque articoli dello “Sblocca Italia” – hanno rappresentato fin da subito una spina nel fianco nelle politiche energetiche del governo Renzi e una battaglia di democrazia per i cittadini. Puntare al non raggiungimento del quorum rende chiara la scelta governativa di procedere sulla strada pericolosa e perdente della dipendenza dalle energie fossili energie fossili. Una scelta in aperto contrasto con gli impegni assunti al termine della Conferenza Cop 21, quando l’Italia, insieme ad altri 147 Paesi del mondo, dichiarò la propria volontà di ridurre drasticamente il ricorso alle energie fossili al fine di salvaguardare gli equilibri climatici del pianeta.

Poiché la campagna referendaria si aprirà formalmente solo con il decreto di indizione del Capo dello Stato, mi unisco alla richiesta che il Coordinamento nazionale No-Triv, Greenpeace e altre associazioni stanno in queste ore rivolgendo al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, perché respinga la data proposta dal governo e consenta una votazione effettivamente democratica – anche in considerazione del fatto che dinanzi alla Corte costituzionale pendono due conflitti di attribuzione sui quesiti proposti. Nel caso il giudizio della Corte dovesse essere positivo, il referendum dovrebbe svolgersi su tre quesiti e questo significherebbe che i cittadini italiani verrebbero chiamati alle urne cinque volte nel corso del 2016: per due referendum sulle trivellazioni, per le elezioni amministrative, per gli eventuali ballottaggi e per il referendum costituzionale.

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