Qualche domanda a Frontex

Bruxelles, 17 novembre 2016

Oggi al Parlamento europeo, in una riunione della Commissione Libertà civili, Giustizia e Affari interni (LIBE) si è tenuto un interessante dibattito tra Fabrice Leggeri, direttore esecutivo di Frontex (divenuta Guardia Costiera e di Frontiera europea) e i membri della Commissione parlamentare.

Barbara Spinelli ha posto diverse domande al dottor Leggeri a proposito degli incidenti in mare e della violazione dei diritti umani verificatisi negli ultimi mesi e denunciati da diverse ONG:

«Grazie, dottor Leggeri, per la presentazione. Ho alcune domande su episodi specifici di uso della forza. Il primo è quello citato da Ska Keller sul pushback illegale dalla Grecia alla Turchia alla presenza di due navi Frontex, denunciato dalla rete «Watch the Med Alarm Phone» l’11 giugno scorso. Siccome Frontex ha reagito affermando che la decisione è stata presa dal centro di coordinamento regionale greco in linea con la legislazione Search and Rescue sulla base di una “valutazione approfondita”, quello che vorrei chiederle è qual è la responsabilità, comunque, di Frontex, e che cosa, in questa valutazione approfondita, vi ha convinti a considerare legale questa espulsione?

«La seconda domanda riguarda la denuncia di Amnesty International sull’uso della violenza e anche della tortura in una serie di hotspot italiani. Le autorità italiane responsabili tacciono e sicuramente sono responsabili in via prioritaria, ma la questione di fondo è che Frontex assiste i funzionari addetti al prelievo delle impronte digitali, e chi assiste ha una responsabilità, almeno secondo me, ma forse lei ha un’altra opinione?

«L’ultima domanda riguarda l’uso delle armi da fuoco su imbarcazioni di migranti in Grecia, denunciato da “The Intercept” nell’agosto di quest’anno. A una mia lettera, lei ha risposto che «non c’erano navi Frontex», e può darsi che abbia ragione, ma il giornalista che ha indagato per poter salire sulle navi che erano presenti ha dovuto chiedere il permesso a Frontex. Quindi c’erano navi Frontex o non c’erano? Grazie».

Dalle risposte di Fabrice Leggeri si evince che, nell’ambito dei rimpatri, l’agenzia opera secondo la normativa europea, ovvero la Direttiva rimpatri, e adempie gli obblighi del regolamento Schengen.

Per quanto riguarda gli incidenti in mare e i casi di uso delle armi da fuoco – ha specificato il direttore esecutivo di Frontex – gli incidenti hanno portato al ferimento anche delle guardie costiere, e nei casi riportati da diversi reportage, avvenuti in Grecia nel 2015, Frontex ha agito secondo le leggi greche e per motivi di legittima difesa rispondendo al fuoco aperto dai trafficanti (fatto, questo, smentito dal reporter di “The Intercept”).

Circa il rapporto di Amnesty International che denuncia violazioni dei diritti umani negli hotspot italiani, Leggeri comunica di non aver mai ricevuto rapporti di denuncia in proposito da parte di agenti di Frontex.

Rapporto di Amnesty International: la verità sui maltrattamenti negli hotspot italiani

Bruxelles, 7 novembre 2016

Barbara Spinelli ha appena inviato una lettera al Presidente del Consiglio Matteo Renzi – e per conoscenza al Presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker e al ministro dell’Interno Angelino Alfano, chiedendo la verità sui maltrattamenti negli hotspot italiani denunciati nel rapporto di Amnesty International pubblicato lo scorso 3 novembre. La traduzione della lettera in inglese è disponibile sul sito Statewatch a questo indirizzo.

Alla cortese attenzione

del Presidente del Consiglio dei Ministri della Repubblica Italiana
Sig. Matteo Renzi

e per conoscenza:

al Ministro dell’Interno
On. Angelino Alfano

al Presidente della Commissione Europea
Sig. Jean-Claude Juncker


Bruxelles, 7 novembre 2016

Gentile Sig. Presidente del Consiglio,

mi rivolgo a Lei in merito al rapporto di Amnesty International [1], che raccoglie testimonianze coerenti e concordanti di arresti arbitrari, intimidazioni e uso eccessivo della forza su migranti e rifugiati negli hotspot e nei centri di accoglienza di Roma, Palermo, Agrigento, Catania, Lampedusa, Taranto, Bari, Agrigento, Genova, Ventimiglia e Como – al fine di costringere uomini, donne e persino bambini a rilasciare le impronte digitali. Il rapporto parla di pestaggi, scosse somministrate con bastoni elettrici, umiliazioni sessuali e dolore inflitto con pinze agli organi genitali.

Benché il rapporto certifichi che la maggior parte degli agenti di polizia conduce impeccabilmente il proprio lavoro, le testimonianze raccolte avvallano e situano in un quadro sistemico le ripetute denunce di trattamenti crudeli, disumani o degradanti, o addirittura tortura, praticati in centri di identificazione, hotspot e questure. Tali denunce cominciano a essere raccolte anche da ong di altri Stati membri, nei quali giungono migranti e rifugiati che sono riusciti a lasciare l’Italia.

«Nel cercare di raggiungere “un tasso di identificazione del 100%”, l’approccio hotspot ha spinto le autorità italiane ai limiti, e oltre, di ciò che è ammissibile secondo il diritto internazionale dei diritti umani”, si legge nelle conclusioni del rapporto. Sono consapevole che tale approccio ha aumentato anziché diminuire la pressione sugli Stati di frontiera dell’Unione. Così come sono consapevole degli sforzi compiuti dalle Guardie costiere italiane nelle operazioni di ricerca e salvataggio di migranti e profughi che rischiano il naufragio. Resta il fatto che le centosettantaquattro testimonianze raccolte da Amnesty International non sono un insieme di «cretinaggini» e «falsità» costruite a Londra, come affermato dal capo del Dipartimento per le Libertà civili e l’Immigrazione del Viminale. Sono un gravissimo segnale d’allarme che riguarda noi tutti in Italia. Benché l’introduzione del reato di tortura nel nostro ordinamento continui a essere inspiegabilmente rinviata, l’Italia ha ratificato la Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura nel 1988. Per questo ci attendiamo da Lei un sollecito accertamento delle responsabilità tramite indagini indipendenti.

In attesa di una gentile risposta e ringraziandoLa in anticipo, invio distinti saluti

Barbara Spinelli
Membro del Parlamento europeo

[1] Amnesty International, Hotspot Italia: come le politiche dell’Unione europea portano a violazioni dei diritti di rifugiati e migranti, 3 novembre 2016.