Intervento sulla Relazione “Istituzione di un meccanismo UE in materia di democrazia, Stato di diritto e diritti fondamentali”

Bruxelles, 21 aprile 2016. Intervento di Barbara Spinelli, in qualità di relatore ombra per il Gruppo GUE/NGL della Relazione “Istituzione di un meccanismo UE in materia di democrazia, Stato di diritto e diritti fondamentali” (Relatore: Sophie in’t Veld – ALDE)  nel corso della riunione ordinaria della Commissione Libertà civili, giustizia e affari interni (LIBE).

Punto in agenda:

  • Esame del progetto di relazione
  • Fissazione del termine per la presentazione di emendamenti

Ringrazio la Relatrice per l’ottimo lavoro fatto su un dossier che è complicato, e per la consultazioni davvero ampie che ha avuto con molte ONG e portatori di interesse. Ho molto apprezzato il tentativo di trovare una base legale appropriata, che permetta di oltrepassare i limiti posti dai trattati e così procedere alla definizione di uno strumento che sia presto operativo e non richieda una revisione degli stessi nell’immediato. Allo stesso modo trovo interessanti e condivisibili le proposte inserite nella relazione: mi riferisco all’idea di istituire un fondo europeo di assistenza legale ai cittadini, nell’ipotesi di procedimenti in materia di violazioni dei diritti fondamentali e della rule of law, così come alle proposte avanzate nell’ipotesi di revisione dei trattati (penso all’abolizione dell’articolo 51[1] della Carta, all’articolo 2[2] del Trattato sull’Unione europea come base legale per procedure di infrazione, alla possibilità per i cittadini di promuovere azioni individuali di fronte alla Corte di giustizia).

A proposito del nucleo centrale del lavoro, ossia dell’accordo interistituzionale che viene annesso al rapporto vero e proprio, vorrei fare alcune considerazioni.

Trovo considerevole la Sezione I del documento, dedicata al cosiddetto “Scoreboard”, e apprezzo soprattutto la proposta di coinvolgere un ampio spettro di pareri autorevoli e indipendenti – anche se forse avrei delle riserve sul numero, particolarmente alto, di esperti individuati -, il tentativo di elaborare linee guida sicure e basate sugli sviluppi attuali nel campo dei diritti e della rule of law, di fondare la valutazione degli esperti su parametri legali certi, e – non per ultimo – di garantire il più possibile l’indipendenza dell’organo di valutazione.

Vorrei a questo punto elencare alcune riserve su tre punti:

1) Primo, il follow-up allo scoreboard. Un ruolo centrale in merito alla valutazione dello stesso è rimesso al Consiglio attraverso lo strumento del dialogo annuale. Non condivido pienamente l’idea di rimettere il controllo delle condotte degli Stati allo stesso organo che li rappresenta. Meglio forse un organo indipendente.

Allo stesso modo, ho qualche perplessità riguardo ai rimedi in caso di violazioni. L’unificazione degli strumenti esistenti permette sicuramente di aggirare una spinosa revisione dei trattati ma, allo stesso tempo e nella sostanza, non modifica lo status quo basato sul ricorso a uno strumento – l’articolo 7[3] del Trattato sull’Unione europea – caratterizzato da discrezione politica e da una sostanziale assenza di un intervento concreto della Corte di giustizia.

2) Secondo, l’analisi e il monitoraggio delle istituzioni dell’Unione quando violano diritti e rule of law. La relazione dice chiaramente che il meccanismo in esame dovrebbe applicarsi sia agli Stati Membri sia alle istituzioni. La proposta di accordo interistituzionale, tuttavia, finisce col generare un duplice sistema, nel quale oltretutto lo Scoreboard non si applica nei confronti delle istituzioni UE. A questo si aggiunga che lo strumento dell’accordo interistituzionale sembra vincolare le sole istituzioni firmatarie, escludendo dal campo di applicazione una serie di organi e agenzie molto importanti dell’Unione. A mio avviso un meccanismo realmente efficace a tutela della democrazia, della rule of law e dei diritti umani dovrebbe coprire il più ampio spettro possibile di soggetti, estendendosi a tutti quelli che operano sotto l’ombrello dell’Unione. Manca, infatti, un esplicito riferimento a istituzioni quali il Consiglio europeo e la Banca Centrale Europea, ad agenzie come Frontex o Europol, nonché a organismi informali (come l’Eurogruppo), suscettibili di violare i diritti fondamentali. L’analisi delle condotte delle agenzie potrebbe essa stessa divenire un parametro di valutazione della funzione di controllo e vigilanza esercitata dalla Commissione europea. A mio parere sarebbe inoltre essenziale andare oltre la valutazione della fase puramente legislativa e prendere in considerazione tutti gli atti suscettibili, ai sensi dell’articolo 263 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, di produrre effetti giuridici nei confronti di terzi.

3) Terzo punto e ultimo punto: i diritti sociali. Lo Scoreboard introduce espressamente la Carta dei diritti fondamentali come indicatore delle prestazioni. Tuttavia l’analisi sarebbe limitata dalle disposizioni della stessa Carta che definiscono la portata dei diritti sociali – definiti come “principi”, e quindi con rilievo inferiore rispetto ai diritti civili – in essa contenuti. Sarebbe a mio parere utile integrare la valutazione con parametri ulteriori e procedere, in futuro, a esplorare la possibilità di un’adesione dell’Unione alla Carta sociale europea del Consiglio d’Europa, e quindi di un’inclusione di tale Carta in quello che giustamente viene definito e delineato come “processo” dalla Relazione.

[1] Articolo 51 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea: “1. Le disposizioni della presente Carta si applicano alle istituzioni, organi e organismi dell’Unione nel rispetto del principio di sussidiarietà, come pure agli Stati membri esclusivamente nell’attuazione del diritto dell’Unione. Pertanto, i suddetti soggetti rispettano i diritti, osservano i principi e ne promuovono l’applicazione secondo le rispettive competenze e nel rispetto dei limiti delle competenze conferite all’Unione nei trattati. 2. La presente Carta non estende l’ambito di applicazione del diritto dell’Unione al di là delle competenze dell’Unione, né introduce competenze nuove o compiti nuovi per l’Unione, né modifica le competenze e i compiti definiti nei trattati“.

[2] Articolo 2 del Trattato sull’Unione Europea: “L’Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze. Questi valori sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini“.

[3] Articolo 7 del Trattato sull’Unione Europea: “1. Su proposta motivata di un terzo degli Stati membri, del Parlamento europeo o della Commissione europea, il Consiglio, deliberando alla maggioranza dei quattro quinti dei suoi membri previa approvazione del Parlamento europeo, può constatare che esiste un evidente rischio di violazione grave da parte di uno Stato membro dei valori di cui all’articolo 2. Prima di procedere a tale constatazione il Consiglio ascolta lo Stato membro in questione e può rivolgergli delle raccomandazioni, deliberando secondo la stessa procedura. Il Consiglio verifica regolarmente se i motivi che hanno condotto a tale constatazione permangono validi.
2. Il Consiglio europeo, deliberando all’unanimità su proposta di un terzo degli Stati membri o della Commissione europea e previa approvazione del Parlamento europeo, può constatare l’esistenza di una violazione grave e persistente da parte di uno Stato membro dei valori di cui all’articolo 2, dopo aver invitato tale Stato membro a presentare osservazioni.
3. Qualora sia stata effettuata la constatazione di cui al paragrafo 2, il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, può decidere di sospendere alcuni dei diritti derivanti allo Stato membro in questione dall’applicazione dei trattati, compresi i diritti di voto del rappresentante del governo di tale Stato membro in seno al Consiglio. Nell’agire in tal senso, il Consiglio tiene conto delle possibili conseguenze di una siffatta sospensione sui diritti e sugli obblighi delle persone fisiche e giuridiche.
Lo Stato membro in questione continua in ogni caso ad essere vincolato dagli obblighi che gli derivano dai trattati.
4. Il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, può successivamente decidere di modificare o revocare le misure adottate a norma del paragrafo 3, per rispondere ai cambiamenti nella situazione che ha portato alla loro imposizione.
5. Le modalità di voto che, ai fini del presente articolo, si applicano al Parlamento europeo, al Consiglio europeo e al Consiglio sono stabilite nell’articolo 354 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea.

Controllo della democrazia, dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali

Intervento di Barbara Spinelli nel corso della riunione ordinaria della commissione Libertà civili, giustizia e affari interni del 10 dicembre 2015, in qualità di relatore ombra della Relazione di Iniziativa Legislativa “Istituzione di un meccanismo UE in materia di democrazia, Stato di diritto e diritti fondamentali” (Relatore: Sophia in’t Veld – ALDE, Paesi Bassi)

Punto in agenda: Mini-audizione sul controllo della democrazia, dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali: metodi e indicatori

Oratori:

  • Paraskevi Michou – Deputy Secretary General, European Commission
  • Gabriel Toggenburg – Senior Legal Advisor, European Union Agency for Fundamental Rights
  • Simona Granata-Menghini – Deputy Secretary of the Venice Commission, Council of Europe
  • Julinda Beqiraj – Bingham Centre for the Rule of Law, British Institute of International and Comparative Law

Vorrei fare due domande, precedute da una breve premessa. La premessa è la seguente: è stato detto, dalla Dott.ssa Granata-Menghini, che il pieno raggiungimento dello stato di diritto (rule of law) è un’utopia. Penso che sia un’affermazione leggermente pericolosa. Il pieno raggiungimento dello stato di diritto è senz’altro difficile, ma non è un’utopia. L’utopia è il non-luogo, la non-esistenza. È come se dicessimo che il riformismo è utopico. Allora non ci resta veramente nient’altro che la conservazione, perché se non abbiamo più la rivoluzione, se non abbiamo più neanche il riformismo, non ci resta più niente. Il risultato di questa sparizione è che ci troviamo di fronte, in un’Europa che nonostante tutto sta cambiando, a una violazione diffusa dei diritti umani – riguardo ai rifugiati, alla libera circolazione dentro l’Unione – e il rischio è il seguente: affermando che la rule of law è utopica, ci si limita a dire che essa necessita di “semplice” promozione, si finisce per dar vita a un mero “club di discussione” sullo Stato di diritto, come precedentemente sostenuto dalla collega Monika Flašíková Beňová, e si dimentica che la rule of law esiste non per essere desiderata, ma per essere semplicemente attuata.

Vengo ora ad alcune domande specifiche. Pongo la prima alla Dott.ssa Michou, sul monitoraggio del “semestre europeo”. Lei ha parlato del fatto che vengono monitorate soprattutto le riforme in materia di giustizia, i modi in cui sono realizzate dagli Stati Membri. Vorrei chiederle se, da parte vostra, vengono tenuti in dovuto conto i molti studi che evidenziano come le politiche economico-finanziarie decise durante i “semestri europei” abbiano determinato violazioni di molti e ulteriori diritti, siano essi iscritti nell’articolo 2 del Trattato o nella Carta europea dei diritti fondamentali.

La seconda domanda la rivolgo a tutti gli oratori. Vorrei chiedere una vostra opinione in merito all’opt-out che, di fatto, il Regno Unito ha invocato rispetto all'”ordinamento giuridico europeo”, con riferimento a entrambe le Corti, di Lussemburgo e Strasburgo. In particolare, se vi sia una valutazione della questione sia da parte del Consiglio d’Europa che dell’Unione Europea.