Migliori, una sordità irresistibile

di Barbara Spinelli, «Il Fatto Quotidiano», 8 gennaio 2022

Nella conferenza stampa di fine anno e per meglio giustificare l’aspirazione al Colle, il Presidente del Consiglio disse che la missione affidatagli da Mattarella era giunta felicemente a termine, sia sul fronte economico sia sul Covid.

Ambedue le affermazioni erano profondamente scorrette e tanto più lo sono oggi, con i contagi che minacciano di salire a 300.000, gli ospedali e le terapie intensive sovraccariche, i morti che in una settimana sono stati più di mille, il personale sanitario che diminuisce drasticamente per esaurimenti o quarantene.

Mercoledì il Consiglio dei ministri ha varato misure che la maggior parte degli scienziati giudicano insufficienti, se non improprie. Scatta l’obbligo vaccinale per chi supera i 50 anni, nonostante la doppia onda di Delta e Omicron colpisca anche giovani e bambini. È imposto il superpass ma in differita e, su pressione della Lega, ne sono esclusi uffici pubblici, negozi, banche, parrucchieri, per i quali basta il vecchio certificato, rilasciato anche con il tampone (senza indicare quale sia il test ottimale). Le quarantene sono un groviglio con maglie pericolosamente larghe, specie nelle scuole, riaperte nonostante i dubbi di molte regioni e dei presidi. Sono abolite per chi contatta un positivo ma ha fatto il richiamo, nonostante i vaccini stiano rivelandosi complessivamente insufficienti e molti scienziati auspichino vaccini “riadattati”.

Il Comitato tecnico scientifico aveva espresso pareri più stringenti ma non è stato ascoltato e i più prestigiosi scienziati sono spietati. Nino Cartabellotta presidente della fondazione Gimbe parla di pannicelli caldi, Andrea Crisanti di “follia incostituzionale”, di misure nate “solo dal panico” e di “apprendisti stregoni in fase di improvvisazione”.

Non c’è dunque da stare allegri e sono grotteschi i trionfalismi di Brunetta che mente spudoratamente sull’unanimità della maggioranza o le garanzie date dal ministro Bianchi sulle scuole, le cui aule restano spaventosamente inadatte. Se tanta esultanza fosse motivata Draghi avrebbe annunciato l’obbligo in pubblico. Se non l’ha fatto vuol dire che è debole. Che non sarà il Migliore se salirà al Colle.

Giorgio Parisi ricorda nel suo libro che nella scienza son più le domande che le risposte (In un Volo di Storni) ma in politica le cose stanno diversamente. Son richieste risposte chiare, e subito. La verità è che la missione Draghi a Palazzo Chigi si chiude (se si chiude) nel caos. La supermaggioranza che ha fatto fuori Conte esiste sulla carta, ma è una stoffa completamente sbrindellata. Non può sopravvivere all’elezione presidenziale né con Draghi né senza Draghi.

Alcune domande gravose hanno già risposta: i test che contano, cioè i molecolari (PCR), scarseggiano e costano. Gli antigenici scarseggiano meno ma sono giudicati ormai inopportuni per la variante Omicron (parola di Crisanti, il più lucido e indipendente in questi anni di Covid, e di Guido Rasi, consulente del commissario Figliuolo: Omicron “non solo buca parzialmente i vaccini ma sfugge ai tamponi rapidi che rischiano di diventare inutili. Quasi uno su due è un falso negativo”).

Altre e cruciali questioni restano senza risposta, in attesa di serie conferenze stampa. In genere sono domande poste dagli scienziati che ci hanno aiutato negli anni del Covid.

La domanda di Cartabellotta e dell’epidemiologo Vespignani per esempio: qual è il piano B, nel caso in cui le misure non funzionino? Non sono predisposti nuovi ospedali da campo, per curare infarti, tumori e altro. Non c’è un piano per il Covid Lungo, totalmente trascurato dal governo e dal Cts. Quando molti entreranno in quarantena saremo di fatto in lockdown ma con fatiscenti sostegni, visto che alcuni bonus di Conte scompaiono (bonus baby sitter) e che il bonus salute mentale è stato respinto –chissà perché– dal ministro dell’economia Franco.

Oppure la domanda di Crisanti: il consenso informato diventa una pura beffa in presenza dell’obbligo e va rivisto. Se sei obbligato che significa il foglietto che firmi? È come chiedere al condannato a morte di firmare il consenso all’esecuzione.

Sono giustamente obbligatorie le mascherine FFP2, ma lo sono ovunque? Cominceranno anch’esse a scarseggiare e i prezzi saranno calmierati?

Quanto ai richiami, detti booster: forse consentiranno un’immunità di 8 mesi (Enrico Bucci sul «Foglio») ma Conte ha ricordato che l’immunizzazione è una corsa a ostacoli. Chi vuole la terza dose “incontra difficoltà a ottenerla in tempi brevi”.

E le medicine ci sono dappertutto o no? E come organizzarsi, dal momento che funzionano solo nei primi 5 giorni?

Infine i ritardi. Il 22 luglio Draghi assicurava che le due dosi rappresentavano la “garanzia di trovarsi fra persone non contagiose”. Ma Pfizer aveva segnalato già l’8 luglio che l’immunità durava 5 mesi. Nel Regno Unito e in Israele il richiamo era pronto da agosto.

Ma torniamo al governo Draghi. La missione poteva riuscire se frutto di intese durature sui due punti chiave (economia e pandemia) e se il capo-missione mostrava capacità di ascolto degli esperti. Non competente sulla pandemia né sulla questione sociale, Draghi avrebbe potuto ascoltarli più attentamente. Non lo ha fatto quasi su nulla. Si lascia condizionare da Salvini, di cui ha bisogno per il Quirinale. Non ha ascoltato gli scienziati sul Covid, non ha ascoltato le utilissime raccomandazioni della Commissione di esperti sul reddito di cittadinanza, presieduta da Chiara Saraceno. Anche la riforma della giustizia è stata imposta senza ascoltare neppure accidentalmente i magistrati che in gran parte la osteggiavano. A volte è mancata anche qualche eleganza: il piano di aiuti e prestiti basati sul comune indebitamento europeo è stato negoziato e ottenuto da Giuseppe Conte, ma Draghi non lo ricorda mai. Le vaccinazioni dell’era Conte erano ottime fino a quando si interruppero le forniture, ma i ministri e i media dicono che solo con Draghi siamo “i primi in Europa”.

Naturalmente il male è il virus con le sue varianti, non il governo o Draghi. Ma i ritardi restano inconfutabili, e i partiti –chiamati sprezzantemente “bandierine”– sono già in campagna elettorale. L’unità nazionale c’è fra i cittadini (il tasso di vaccinazione è altissimo, inutile ormai sprecare tempo con i no-vax) ma non fra i politici, che pensano praticamente solo a chi conquisterà il Quirinale e chi Palazzo Chigi. Draghi ha “tirato avanti” come se non esistessero esperti, scienziati, sindacalisti, e una società allo stremo. Non è un gran bel bilancio.

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Draghi e la necessità di un lockdown

di Barbara Spinelli, «Il Fatto Quotidiano», 16 febbraio 2021

La prima prova del governo Draghi, e la più urgente, riguarda il Covid e le varianti che stanno per prendere il sopravvento in tutta Italia (la variante inglese si sostituirà al virus circolante entro 5/6 settimane, ha detto il 13 febbraio Silvio Brusaferro, presidente dell’Istituto superiore di sanità. Le varianti brasiliane e sudafricane cominciano a circolare).

Le nuove necessità sanitarie non consentono dilazioni, e si spera vengano esplicitate nel discorso programmatico che Draghi pronuncerà mercoledì in Parlamento. Il Comitato tecnico scientifico e i principali esperti chiedevano da giorni il rinvio della riapertura delle piste di sci, ma c’era la crisi. Alcuni consigliano un lockdown totale e immediato, scuole comprese. L’appello al lockdown viene da esperti indipendenti come il virologo Andrea Crisanti, e dal consigliere del ministro della Salute Walter Ricciardi. Ridurre la trasmissione del virus è oggi l’imperativo whatever it takes, a ogni costo.

Roberto Speranza ne ha tenuto conto, appena riconfermato ministro, e in accordo con Draghi ha deciso di prolungare la chiusura degli impianti di sci. Ma i segnali che arrivano dalla maggioranza sono inquietanti. Sia la Lega che Italia Viva s’indignano per l’ordinanza del ministro. Matteo Salvini, ospite di Mezz’ora in più, ha attaccato Ricciardi, accusandolo di “terrorizzare 60 milioni di italiani”: “Non mi va bene che questo consulente dica che bisogna chiudere tutto. (…) Visto che ci sono tanti scienziati che non la pensano come Ricciardi, mettiamoli tutti intorno a un tavolo e chi convince di più con numeri alla mano ha ragione. Non ne possiamo più di questo apri-chiudi continuo”. Quanto alla chiusura delle scuole, pochi ne vogliono sentir parlare, a cominciare dal ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi e forse anche da Draghi, che nei giorni scorsi ha manifestato la sua preferenza: anno scolastico allungato sino a fine giugno, per recuperare il tempo, che probabilmente ritiene perduto e rovinoso per il Pil, della didattica a distanza (come se quest’ultima non avesse enormemente logorato professori e studenti).

In un articolo sul «Corriere della Sera» dell’11 febbraio, lo scrittore e fisico Paolo Giordano esprime una preoccupazione interamente condivisibile: che il discorso economico sia tornato a predominare su quello della sicurezza sanitaria, e che la concentrazione sul Recovery Fund e la crisi di governo “stia nella sostanza ‘assorbendo’ il discorso pandemico, relegandolo a un sottofondo, a un ipotetico normale”. Di qui la marginalizzazione degli esperti: la loro sovraesposizione mediatica, aggiunge Giordano, “li ha resi organici alla crisi, quindi più deboli nei messaggi”.

Anche se indeboliti, tuttavia, i messaggi scientifici restano lucidi, e smantellano gran parte dei discorsi consolatori o minimizzanti fatti dai politici. Innanzitutto – dicono – non è vero che le varianti aumentano la contagiosità ma non la letalità del virus. L’aumento vistoso dei contagi moltiplicherà esponenzialmente anche i decessi, come confermato da studi britannici. In secondo luogo non è vero che le scuole siano senza pericolo: è ormai acclarato che le varianti approfittano delle scuole aperte, infettando anche bambini e adolescenti, e tramite loro le famiglie e gli anziani. È il motivo per cui Regno Unito e Germania hanno chiuso le scuole, anche se le regioni tedesche decideranno in autonomia (Angela Merkel non ha convinto tutti i Länder: il che conferma quanto sia difficile anche in Germania il rapporto Stato-regioni). Infine, non è vero che le vaccinazioni garantiranno presto l’immunità collettiva: nell’intervallo, il rischio è grande che il virus “impari” – se la sua circolazione non viene drasticamente bloccata – ad aggirare la protezione vaccinale attraverso nuove e probabili mutazioni. Il lavoro così come impostato da Domenico Arcuri è prezioso e si spera che possa continuare e accelerare: comunque, è grazie a lui che l’Italia è oggi il Paese che vaccina di più in Europa.

Questo significa che fin da mercoledì, Draghi si troverà a dover scegliere, e ad annunciare misure molto più restrittive, come seppe fare Giuseppe Conte in occasione del primo lockdown generale. Non è detto che saprà o vorrà farlo. Perché la maggioranza così ampia che lo sostiene non favorisce coesione e rapidità di decisioni. Perché lui stesso non ha mai detto nulla di importante sul Covid in Italia (più di 74.000 morti in un anno e varianti che rendono inefficaci i vaccini: è qualcosa che subito dovrebbe neutralizzare le pressioni delle lobby economiche e i discorsi sul Pil). Se c’è una spesa da fare subito, è quella destinata al sequenziamento delle varianti Covid: un’attività per cui mancano fondi, come sostiene da dicembre il virologo Massimo Galli: “In Gran Bretagna il Covid-19 Genomics Consortium, che comprende le maggiori Università del Paese, è stato finanziato con 20 milioni di sterline e ha potuto realizzare oltre 50.000 sequenze genomiche del coronavirus, permettendo di identificare (la variante inglese), mentre in Italia i laboratori non hanno ricevuto supporto significativo. Da noi la ricerca è poco considerata anche quando servirebbe a dare risposte immediate per il controllo di una pandemia”.

Vale la pena ricordare che tra gli obiettivi di chi per mesi ha lavorato all’abbattimento del governo Conte, c’era anche quest’obiettivo: metter fine alle chiusure e agli allarmi, riaprire e ripartire. È da tempo l’opinione di Renzi, secondo cui “la politica ha abdicato nei confronti dei virologi, esattamente come abdicò negli anni 92-93 nei confronti dei magistrati e nei primi anni del decennio scorso nei confronti dei tecnici dell’economia” (discorso al Senato, 30 aprile 2020). Un’opinione che il centrodestra e le regioni da esso governate condividono.

Conte era sospettato di sottomissione al Comitato tecnico scientifico: è stato silurato anche per questo. Non è stato mai sconfessato invece dagli italiani, convinti dal suo coraggio. La sua popolarità va studiata, perché è venuta da un popolo che si è sentito al tempo stesso salvato e rovinato da lockdown e zone rosse. Il consenso di cui beneficia Draghi è costruito per adesso su parole dette in altri tempi e sul mito dell’italiano incensato all’estero, che giornali e tv amplificano smisuratamente. Per il momento ha poco a che vedere con la popolarità di Conte, per il semplice motivo che Draghi ancora non è stato messo alla prova, e che la crisi politica ha ridotto la pazienza e la vigilanza degli italiani.

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