Relazione del Parlamento Europeo sulla ricollocazione di richiedenti asilo da Grecia e Italia verso il resto dell’Unione Europea

Strasburgo, 15 settembre 2016

Oggi il Parlamento europeo ha votato la Proposta di relazione presentata dall’eurodeputata dei Verdi/ALE Ska Keller sulla “proposta di decisione del Consiglio che modifica la decisione (UE) 2015/1601 del Consiglio, del 22 settembre 2015, che istituisce misure temporanee nel settore della protezione internazionale a beneficio dell’Italia e della Grecia”. La Risoluzione è stata adottata con 470 voti favorevoli, 131 contrari e 50 astensioni.  Qui l’edizione finale della Risoluzione: http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?type=TA&reference=P8-TA-2016-0354&language=IT&ring=A8-2016-0236

Dopo il voto Barbara Spinelli, in qualità di Relatore per il Gruppo GUE/NGL, ha dichiarato:

A seguito dell’accordo UE-Turchia, la Commissione ha proposto che una quota di 54.000 persone che devono essere ricollocate da Grecia e Italia verso altri Stati Membri sia invece reinsediata dalla Turchia. Attualmente poche migliaia di richiedenti asilo sono state ricollocate da Grecia e Italia, e da vari mesi circa 60.000 richiedenti asilo sono bloccati in Grecia.

Il Parlamento ha adottato dunque la relazione dell’eurodeputata Ska Keller (Greens/EFA), che modifica radicalmente la proposta iniziale della Commissione stabilendo una serie di garanzie per i richiedenti asilo e specifici doveri degli Stati Membri, fra cui quello di accettare al più presto ricollocazioni verso il proprio territorio da Grecia e Italia. “Mi felicito per l’approvazione del rapporto”, ha dichiarato l’eurodeputata Barbara Spinelli (GUE/NGL), “e in particolare per l’adozione a grande maggioranza di un mio emendamento volto a rafforzare le garanzie di ricongiungimento familiare dei richiedenti asilo bloccati in Italia e Grecia”.

“Il mio unico rammarico è che non sia passato l’altro mio emendamento, critico della base giuridica scelta dalla Commissione nella sua proposta: base che di fatto esclude il Parlamento nella sua funzione di co-legislatore, conferendogli un ruolo che rende non vincolanti i suoi pareri. La base prescelta (Articolo 78 §3 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea) è usata solitamente in casi di emergenza legata a ‘improvvisi’ afflussi di rifugiati. Da tempo gli afflussi non sono più improvvisi, sicché non c’è motivo per cui il Parlamento non sia coinvolto a pieno titolo (seguendo la procedura ‘ordinaria’ prevista dall’Articolo 78 §2 del suddetto Trattato).”

 

Si veda anche:
L’emergenza rifugiati che emargina il Parlamento

 

I piani 2.0 di Renzi e Orbán e la nuova proposta della Commissione

Strasburgo, 7 giugno 2016. Intervento di Barbara Spinelli nel corso della Riunione del Gruppo GUE/NGL –

Accordo Renzi-Orbán su “Migration Compact”

Dibattito straordinario sulla nuova proposta della Commissione

Trascrizione

Il piano della Commissione nasce da una fusione molto singolare e poco rassicurante tra due programmi, ambedue esibiti con il moderno, allettante attributo di 2.0: uno del Presidente del Consiglio italiano Matteo Renzi,  l’altro del Presidente ungherese Viktor Orbán. Il primo si chiama “Migration Compact 2.0” , il secondo “Schengen 2.0”. Grosso modo dicono la stessa cosa, specie sui punti concernenti il controllo delle frontiere, il rimpatrio dei rifugiati nei Paesi d’origine o di transito, l’esternalizzazione delle politiche d’asilo.

Il modello cui ambedue si ispirano è l’accordo sottoscritto tra Unione Europea e Turchia, che, come abbiamo avuto modo di constatare nuovamente oggi nel corso della discussione tenutasi in sessione plenaria, la Commissione considera non solo un ottimo esempio, ma, soprattutto, un esempio di grande successo. Sia l’Alto Rappresentante Federica Mogherini che il Vice Presidente Timmermans l’hanno presentato come uno strumento che ha permesso di ridurre drasticamente i morti in mare, nonché di “smantellare il modello degli smuggler”. Una controverità, visto che si continua a morire in mare: non più nell’Egeo ma di certo nel Mediterraneo centrale.

A mio avviso, un’ulteriore ispirazione è il modello australiano di gestione dei migranti e rifugiati. Penso alla proposta di hotspot galleggianti, e all’esternalizzazione sistematica della politica di asilo.

Cosa propone il Migration Compact della Commissione? Riproducendo per l’appunto l’esperienza che si sta facendo con la Turchia, prospetta una serie di accordi di rimpatrio con 16 Paesi africani, cui si promettono vasti aiuti allo sviluppo e cooperazione. Un’iniziativa che sarebbe senz’altro positiva, se non fosse per due aspetti altamente pericolosi. Primo, gli aiuti vengono offerti a Paesi evidentemente dittatoriali o altamente instabili, come l’Eritrea, il Sudan o la Libia. Secondo, sono fondati su uno scambio indecente. Cooperazione economica e aiuto allo sviluppo cambiano infatti natura e diventano una sorta di “regalo”, dato in cambio di quella che viene esplicitata dall’Unione come priorità europea assoluta: il controllo delle frontiere e il blocco di chiunque voglia fuggire da quei paesi in direzione del nostro continente. I rifugiati già oggi sono maggioritariamente concentrati in Africa: che non si azzardino ad avvicinarsi all’Europa! Per questo gli accordi hanno aspetti vergognosi, essendo lesivi di diritti fondamentali come il diritto a lasciare i proprio paese e a sottoporre in Europa o altrove le proprie richieste di asilo.

Per concludere, vorrei sollevare alcune questioni che si pongono per il nostro gruppo. A mio avviso, dobbiamo avversare tale piano e continuare le battaglie critiche che da tempo stiamo conducendo contro accordi di questa natura (i cosiddetti processi di Rabat e di Khartoum).

Emerge inoltre un problema di narrativa – è la parola usata oggi da Federica Mogherini  – che è apparso con tutta evidenza nel corso della sessione odierna della plenaria. Quando ho fatto presente che comunque continuiamo ad assistere a naufragi e morti in mare (1000 nel solo mese di maggio), l’Alto Rappresentante ha replicato che non sono più i siriani a morire: cosa che non avevo affatto affermato nel mio intervento. Strana risposta: come se i morti eritrei o afghani o di altri Paesi avessero d’improvviso meno dignità. Sono paradossi, questi, che dobbiamo sempre evidenziare.

La questione della narrativa si pone, inoltre, sul tema dell’aiuto allo sviluppo. In quanto gruppo, tendiamo ormai essere presentati come contrari agli aiuti allo sviluppo, mentre ci siamo sempre dichiarati favorevoli ad essi. Si tratta dunque di spiegare esattamente quel che vogliamo: un diverso modello di aiuto allo sviluppo, che non sia ricattatorio e in cui i Fondi europei per la Cooperazione non vengano sviati verso la gestione e il controllo delle frontiere. E’ oltretutto un modello che va rivisto radicalmente, perché nei decenni ha profondamente distrutto le economie di molti Paesi africani: ha intensificato forme di sfruttamento, a cominciare dai danni inflitti dal crescente accaparramento delle terre africane (land grabbing) da parte delle imprese occidentali.

Si veda anche:

Quanto c’è di marcio nel Migration compact 2.0 di Renzi

La versione inglese dell’articolo è apparsa su openDemocracy: Something rotten in the Migration Compact 2.0 of Matteo Renzi?

Sgomberi forzati di rom

di venerdì, Maggio 13, 2016 0 , , , , Permalink

Interrogazione con richiesta di risposta scritta E-001225/2016

alla Commissione

Articolo 130 del regolamento

Soraya Post (S&D), Péter Niedermüller (S&D), Terry Reintke (Verts/ALE), Barbara Spinelli (GUE/NGL), Sirpa Pietikäinen (PPE), Marita Ulvskog (S&D), Benedek Jávor (Verts/ALE), Fredrick Federley (ALDE) e Ulrike Lunacek (Verts/ALE)

Oggetto:  Sgomberi forzati di rom

Bulgaria, Italia, Ungheria e Francia hanno di recente intensificato gli sgomberi forzati dei rom, lasciando migliaia di famiglie senza un alloggio. Tali sgomberi sono stati sistematici e hanno preso di mira le abitazioni dei rom in maniera sproporzionata. Ciò costituisce una violazione della direttiva sull’uguaglianza razziale dell’UE e mette in grave pericolo l’impegno assunto dai quattro paesi nell’ambito del quadro dell’Unione per le strategie nazionali di integrazione dei rom e della raccomandazione del Consiglio su misure efficaci per l’integrazione dei rom.

Intende la Commissione indagare sulle intimidazioni e le discriminazioni a livello di alloggi, derivanti dagli sgomberi forzati dei rom, alla luce della direttiva sull’uguaglianza razziale, e ha in programma di avviare una procedura di infrazione nei confronti degli Stati membri che continuano a violare tale direttiva?

Può garantire che i fondi dell’UE a titolo del FESR e dell’FSE, in particolare quelli destinati all’inclusione dei rom, non siano indirizzati agli Stati membri che li impiegano per pianificare ed eseguire gli sgomberi anche attraverso politiche generali, quali i piani di sviluppo territoriale e le politiche in materia di alloggi sociali?

In che modo ritiene che sia possibile utilizzare il FESR e l’FSE per fermare e impedire gli sgomberi, assicurando nel contempo l’accesso ad alloggi sociali idonei e la legalizzazione dei campi?


E-001225/2016

Risposta di Věra Jourová a nome della Commissione

(13.5.2016)

Gli sgomberi disposti dalle autorità nazionali devono avvenire nel rispetto dei diritti fondamentali, come sancito dal diritto dell’Unione, dalle leggi nazionali e dai trattati internazionali.

La Commissione monitora il rispetto da parte degli Stati membri della direttiva 2000/43/CE che vieta la discriminazione per motivi di razza o di origine etnica nel settore degli alloggi. Gli sgomberi delle abitazioni, laddove comportino una discriminazione di questo tipo, possono essere esaminati alla luce di tale direttiva. La Commissione sta attualmente svolgendo un’indagine su questioni specificamente legate ai rom per quanto concerne gli alloggi in alcuni Stati membri ed è pronta ad adottare gli opportuni provvedimenti nel caso in cui gli Stati membri non rispettino i loro obblighi.

La Commissione incoraggia gli Stati membri ad accompagnare ogni sgombero con una proposta di alloggio alternativo.

Nel quadro dei Fondi strutturali e di investimento europei almeno il 20% del Fondo sociale europeo è destinato all’inclusione sociale e alla lotta alla povertà. Inoltre si è provveduto a stabilire una priorità d’investimento specifica per l’integrazione di comunità emarginate come i rom e requisiti in materia di condizionalità ex ante che subordinano gli investimenti di fondi strutturali all’esistenza di una strategia nazionale di integrazione dei rom in linea con il quadro dell’UE.

Diversi Stati membri utilizzano i Fondi strutturali e di investimento europei per sostenere misure per l’inclusione dei rom volte a migliorarne le condizioni sociali, d’istruzione, di occupazione, di assistenza sanitaria e di alloggio. La Commissione invita gli Stati membri a destinare le necessarie risorse finanziarie al sostegno alle famiglie sgomberate. Il regolamento sulla politica di coesione prevede il coinvolgimento di un vasto partenariato (parti economiche e sociali, enti regionali e locali, società civile) per monitorare l’attuazione dei programmi e i progressi compiuti.

La Commissione Libertà, Giustizia e Affari Interni vota a favore del rapporto sull’immigrazione nel Mediterraneo

Il 16 marzo, la Commissione Libertà, Giustizia e Affari Interni (LIBE) del Parlamento Europeo riunita a Bruxelles ha adottato la relazione d’iniziativa sulla situazione nel Mediterraneo e la necessità di un approccio globale dell’UE in materia di immigrazione. La risoluzione sarà ridiscussa e votata dal Parlamento Europeo durante la seduta plenaria di aprile.

Co-relatrici: Cécile Kyenge (Partito Socialista) e Roberta Metsola (Partito Popolare Europeo)

Relatore ombra per il gruppo GUE/NGL: Barbara Spinelli

 Dopo il voto, Barbara Spinelli ha rilasciato la seguente dichiarazione:

«Oggi la Commissione LIBE ha adottato la relazione sulla situazione nel Mediterraneo e la necessità di un approccio globale dell’UE in materia di immigrazione.

Il rapporto presenta notevoli punti positivi, soprattutto per quanto riguarda la necessità di riconoscere vie legali e sicure di accesso al territorio dell’Unione e la creazione di un sistema europeo di ricerca e salvataggio in mare.

Deploro, ciononostante, il processo decisionale che ha portato al voto di questo rapporto. Il rapporto è stato assegnato più di un anno fa a due relatrici – Cécile Kyenge (Partito Socialista) e Roberta Metsola (Partito Popolare Europeo) – e tale procedura, che affida la guida dei rapporti parlamentari ai due maggiori gruppi del Parlamento, non è mai di buon auspicio. L’esperienza insegna che, poiché i due gruppi politici formano da soli una maggioranza solida in Parlamento, l’opinione degli altri gruppi è messa in disparte e il pluralismo viene aggirato. Nel caso in specie e per volontà congiunta dei Socialisti e dei Popolari, i nostri 168 emendamenti, scritti con l’appoggio di numerosi accademici, associazioni della società civile e ONG, non sono stati sottoposti al voto. È il motivo per cui solo alcuni di essi sono stati incorporati negli emendamenti di compromesso votati oggi. Quel che deploro, è che l’insieme delle nostre controproposte non abbia trovato spazio né visibilità nei testi di compromesso.

Se alla fine una parte dei nostri emendamenti è stata inclusa, dopo difficili e lunghi negoziati, lo si deve alla tenacia con cui il Gue, i Verdi, l’Alde, i Cinque Stelle si sono battuti per incorporare alcuni punti importanti negli emendamenti di compromesso come:

– la necessità di prevedere misure di accoglienza, sostegno e opportunità di integrazione a migranti, richiedenti asilo e rifugiati;

– l’esortazione agli Stati membri a introdurre specifiche procedure per la determinazione dell’apolidia e a condividere pratiche di eccellenza (best practices);

– il richiamo al fatto che sia il diritto internazionale sia la Carta dei diritti fondamentali dell’UE impongono agli Stati membri di esaminare opzioni alternative alla detenzione;

– la critica forte del sistema di Dublino, e la richiesta, fatta alla Commissione e agli Stati membri, di superarne le rigidità e di diminuire il peso che grava sugli Stati di prima accoglienza (essenzialmente Grecia e Italia);

– la menzione delle cause profonde della fuga dei migranti: guerre, povertà, corruzione, fame, pulizie etniche, disastri naturali e cambiamento climatico;

Il rapporto presenta tuttavia alcune debolezze a mio parere gravi. Sono passate malgrado il voto negativo del mio gruppo paragrafi a favore del piano d’azione comune UE-Turchia, da me radicalmente criticato; disposizioni a favore di rimpatri e accordi di riammissione con Stati Terzi (processo di Khartoum); e una serie di capitoli sul rafforzamento dei controlli delle frontiere esterne di Schengen (criticabile è il nesso stretto stabilito con le frontiere interne), sulla proposta di una lista europea di Stati di origine sicuri e sulla creazione di una Guardia Costiera europea.

Le sezioni riguardanti il ricongiungimento familiare potevano e avrebbero dovuto essere ulteriormente rafforzate, favorendo il ricongiungimento di membri di famiglie allargate ed eliminando le restrizioni (burocratiche, pecuniarie) che intralciano il ricongiungimento intra e extra-europeo di moltissime famiglie. Infine, ed è una mancanza a mio parere cruciale, il rapporto non riconosce il ruolo svolto dagli interventi militari occidentali nella grave destabilizzazione degli Stati di origine o di transito di tanti rifugiati che arrivano in Europa.

Altra nostra domanda che non è stata accolta: la definizione di uno statuto giuridico – tuttora assente nel diritto internazionale – per i rifugiati ambientali.

Esaminando i punti positivi e quelli negativi del testo, ho tuttavia consigliato ai miei colleghi, nel mio ruolo di relatore ombra per il gruppo GUE/NGL,  di dare all’insieme del rapporto un voto positivo, pur raccomandando il voto negativo su una ventina di paragrafi di compromesso».

Allegati:

Gli emendamenti presentati da Barbara Spinelli al rapporto (file .pdf)

La bozza del rapporto sull’immigrazione nel Mediterraneo (file .doc)

Il Consiglio deve impegnarsi a ricollocare i richiedenti asilo bloccati in Grecia e Italia

COMUNICATO STAMPA

Barbara Spinelli: “Il Consiglio deve impegnarsi a ricollocare i richiedenti asilo bloccati in Grecia e Italia”. Firmano l’interrogazione scritta 24 eurodeputati di vari gruppi politici 

Bruxelles, 11 dicembre 2015

Barbara Spinelli ha presentato un’interrogazione al Consiglio sull’attuazione delle decisioni relative alla ricollocazione di 160,000 richiedenti asilo dall’Italia e dalla Grecia. Le due decisioni del Consiglio dell’Unione Europea sono state adottate nel corso delle riunioni del Consiglio straordinario Giustizia e Affari Interni il 14 e 21 settembre e prevedono la ricollocazione di un totale di 160’000 richiedenti asilo provenienti da Grecia e Italia negli altri Stati membri dell’Unione europea. “Come indicato nella comunicazione della Commissione (COM (2015) 510 definitivo), entrambe le decisioni richiedono un immediato follow-up delle istituzioni dell’UE, degli Stati membri sotto pressione e degli Stati membri che si sono impegnati ad ospitare persone ricollocate“, afferma l’eurodeputata del gruppo GUE/NGL.

Lo stesso documento sottolinea che, a partire dal 14 ottobre, ventuno Stati membri hanno individuato i punti di contatto nazionali, e fino ad ora solo sei Stati membri hanno notificato le capacità di accoglienza messe a disposizione per i profughi da ricollocare. Fino a quel giorno, appena 86 richiedenti asilo erano ricollocati dall’Italia con il nuovo regime. Il 3 novembre, un comunicato stampa della Commissione ha sottolineato che il primo volo di trasferimento dalla Grecia con 30 richiedenti asilo era pronto a partire per il Lussemburgo”.

Barbara Spinelli, insieme a 24 eurodeputati di vari gruppi politici (Socialisti, Liberali, Verdi, Sinistra unitaria europea) chiede dunque al Consiglio quali misure intenda prendere perché i rappresentanti degli Stati membri si impegnino a ricollocare quanto prima i richiedenti asilo bloccati in Grecia e in Italia in condizioni di allarmante precarietà.

Firmatari:
Barbara Spinelli, Philippe Lamberts, Michèle Rivasi, Yannick Jadot, Pascal Durand, Eva Joly, José Bové, Karima Delli, Igor Soltes, Eleonora Forenza, Merja Kyllönen, Dimitrios Papadimoulis, Malin Björk, Josu Juaristi Abaunz, Takis Hadjigeorgiou, Julie Ward, Liisa Jaakonsaari, José Inácio Faria, Nedzhmi Ali, Neoklis Sylikiotis, Sofia Sakorafa, Kostadinka Kuneva, Patrick Le Hyaric, Dennis De Jong, Stelios Kouloglou

Testo dell’interrogazione (file .pdf)

La Fortezza Europa a Ventimiglia

Bruxelles, 17 giugno 2015

Schierando la Gendarmerie nationale al confine di Ventimiglia, il governo francese afferma di non aver violato né sospeso il Trattato di Schengen, e in questo non è smentito dalla Commissione europea. Di fatto, tuttavia, sta facendo qualcosa che somiglia molto a un blocco, e – più grave ancora – a un’espulsione collettiva attuata sulla base di una identificazione «prima facie» dei profughi che manifestano l’intenzione di andare in Francia, per restarvi o recarsi in altri paesi dell’Unione. Le autorità francesi hanno attuato un respingimento fisico, sommario, senza notificare alcun provvedimento formale, senza procedere a un esame individuale delle istanze, né dare possibilità di ricorso ai respinti. Le forze dell’ordine hanno, letteralmente, fatto muro, ripristinando la frontiera. Non è il muro vero e proprio che  il governo ungherese sta costruendo contro i migranti provenienti dalla Serbia, ma lo spirito della fortezza è lo stesso.

L’Europa si è data tuttavia delle regole – ben più salde e costitutive della gabbia tracciata dal Regolamento di Dublino – ed è a queste regole che occorre richiamarsi, perché senza di esse è il significato dell’Unione ad essere colpito.  Il governo francese viola sia l’articolo 19 della Carta dei diritti fondamentali, sia la Convenzione europea dei diritti dell’uomo (Protocollo n. 4 art. 4), ignorando il divieto dei respingimenti collettivi.

“Chiedete perdono per le istituzioni e le persone che chiudono le loro porte a gente che cerca aiuto e cerca di essere custodita”, ha chiesto il Papa, durante l’udienza generale a San Pietro. Non è indifferente che abbia nominato per prime le istituzioni: sono le istituzioni, infatti, le prime a dover rispondere.

Abbiamo visto, in questi giorni, gli innumerevoli gesti di solidarietà di cittadini italiani e francesi, persino bambini, che continuano a portare cibo e vestiti ai profughi accampati alla frontiera o sugli scogli di Ponte San Ludovico. Ma non abbiamo visto la solidarietà degli Stati. Dobbiamo essere consapevoli di quanto questo sia gravido di conseguenze, perché la solidarietà tra Stati membri – anche finanziaria – è iscritta nei Trattati: dimentica della solidarietà, l’Europa è un guscio che non contiene più nulla.

barbara spinelli

Due domande al ministro Pier Carlo Padoan

Strasburgo, 12 gennaio 2015. Riunione straordinaria della Commissione per i problemi economici e monetari. Intervento di Barbara Spinelli durante il dialogo economico e lo scambio di opinioni con Pier Carlo Padoan, ex Presidente ECOFIN e ministro italiano dell’Economia e delle Finanze

Barbara Spinelli
Ho due domande, una sull’Europa e una sull’Italia.
La domanda sull’Europa. Fra poche settimane la Grecia voterà, e se vincerà Syriza l’Unione si troverà alle prese con una domanda di rivoluzionamento dell’austerità. Verranno chiesti: una parziale europeizzazione del debito, una Conferenza europea simile a quella che condonò i debiti di guerra tedeschi nel ’53, e un New Deal che faccia molto più del piano Juncker: non una ventina di miliardi sottratti a altre destinazioni che dovrebbero generare 300 miliardi di spese in tre anni – con un’inverosimile effetto moltiplicatore di 1 a 15 – ma massicci investimenti pubblici finanziati dalla Banca europea per gli investimenti e dal Fondo europeo per gli investimenti, tramite emissione di eurobond, e acquisto simultaneo da parte della BCE di titoli pubblici con denaro di nuova emissione.

La domanda sull’Italia. Non mi soffermo qui sulla battaglia condotta durante la presidenza italiana per ottenere più flessibilità nel rispetto dei parametri economici Battaglia che considero solo performativa, al momento: basta dire la parola flessibilità, e ci si illude che la flessibilità automaticamente esista. Mi soffermo sulle recenti misure di politica economica del suo governo, e più in particolare sull’indulgenza mostrata verso corruzione e evasione, nonostante le ottime misure europee adottate durante il semestre di presidenza, e da lei elencate. Non elenco qui tutti gli articoli dell’ultima legge di bilancio che depenalizzano i reati fiscali. Ricordo solo alcuni calcoli che sono stati fatti: ogni anno la corruzione comporta in Italia una riduzione dello 0,14 per cento del pil. E dico che delle norme sull’evasione connesse alla legge di bilancio lei è responsabile. Anche di quella che avvantaggia condannati di frode fiscale come Silvio Berlusconi e che è stata per il momento rinviata. Lo è in ambedue i casi, per quanto concerne la frode fiscale: sia che lei fosse d’accordo con queste norme, sia che non ne sapesse nulla (ipotesi ancora più grave).
Quel che le voglio chiedere è cosa pensa dei gesti verbali italiani sulla flessibilità, oltre che del permissivismo su corruzione ed evasione. E per quanto riguarda l’Europa, vorrei avere una sua precisa reazione alle proposte che Tsipras ha dichiarato di voler avanzare qualora andasse al governo. Grazie, ministro.

Risposte di Pier Carlo Padoan
Grazie per le sue domande. Innanzitutto, per quanto riguarda la proposta che verrà presentata dal prossimo Governo greco voglio dire che aspetto di vedere queste proposte. Quando ci sarà un nuovo Governo greco che verrà eletto tramite le elezioni e che avrà un voto di fiducia al Parlamento, in quel caso come ministro delle Finanze di un Paese membro dell’Unione Europea sarò ben pronto a prendere in considerazione queste domande. Lei mi chiede un commento su un qualcosa che non esiste ancora, quindi è impossibile per me dare una risposta qui e ora.

Per quanto riguarda i commenti che lei ha fatto sulla situazione italiana, ci tengo a dire qualcosa per dare un punto di vista preciso su quanto sta avvenendo, voglio dire di fronte a questa Commissione. La legge di stabilità cui ha fatto riferimento come “la finanziaria” non contiene delle norme su questioni giuridiche sull’evasione fiscale. Quello cui lei fa riferimento è la discussione in atto all’interno della cosiddetta delega fiscale che è stata approvata dal Parlamento nel marzo del 2014 e che dà al Governo la possibilità di sviluppare delle misure delegate per rivedere tutto il funzionamento dell’amministrazione fiscale del Paese, compresi anche i modi per combattere l’evasione fiscale, per eliminare le incertezze circa le leggi fiscali. Questa parte è stata oggetto di discussione da parte del Governo il 24 dicembre, e alcune delle misure che sono state oggetto di discussione da parte del Governo sono state sospese per la trasmissione al Parlamento perché il Governo ha ritenuto che ci fossero appunto dei difetti tecnici in queste misure, e mi ritengo responsabile di questi difetti tecnici. Il tutto verrà corretto e il tutto verrà riconsiderato dal Governo e se il Governo le approverà verranno inviate al Parlamento. Quindi non faccio un commento su queste presupposizioni, sulla agevolazione per alcune persone singole, semplicemente respingo quanto è stato detto. Grazie.


Rassegna stampa su questo tema:

Padoan: “Ue, positivo bilancio presidenza Italia. La recessione finirà nel 2015”
«Deflazione vicina, confido nella Bce»
Fisco: Padoan, respingo l’accusa di voler favorire singoli individui
Barbara Spinelli e il ministro Padoan: denunce e domande precise, nessuna risposta