Preparativi per il Migration Compact 2.0 di Renzi

Interrogazione scritta al Consiglio su rifugiati e accordi con paesi terzi  

Authors: SPINELLI Barbara (GUE/NGL), IN’T VELD Sophie (ALDE), KOULOGLOU Stelios (GUE/NGL), SAKORAFA Sofia (GUE/NGL), ECK Stefan (GUE/NGL), WINKLER Iuliu (EPP), BILBAO BARANDICA Izaskun (ALDE), LOCHBIHLER Barbara (Verts/ALE), WEIDENHOLZER Josef (SD), VALERO Bodil (Verts/ALE), JUARISTI ABAUNZ Iosu (GUE/NGL), MATIAS Marisa (GUE/NGL), VAUTMANS Hilde (ALDE), GOMES Ana Maria (SD), VERGIAT Marie-Christine (GUE/NGL), LAMBERT Jean (Verts/ALE), AUSTREVICIUS Petras (ALDE), MALTESE Curzio (GUE/NGL), CHOUNTIS Nikolaos (GUE/NGL), POST Soraya (SD), WARD Julie (SD) 

Subject: Respect of fundamental rights and the principle of mutual sincere cooperation in agreements relating to asylum and migration policies

Since 2014 the Council has launched a series of agreements relating to asylum and migration with certain aspects kept secret, without parliamentary scrutiny.

Allegedly, the 23rd of March the Commission, the EEAS and the COREPER discussed partnerships with Countries around the Horn of Africa – including Sudan – aimed at stopping refugee flows to Europe through EU funds, mirroring the EU-Turkey “statement” and Italy’s “migration compact” proposal. It should be noted that the International Criminal Court issued an arrest warrant against the Sudanese President on charges relating to his alleged role in the Darfur genocide.

Art 13 TEU (2) states that EU institutions shall practice mutual sincere cooperation, act within their powers and in conformity with the procedures, conditions and objectives set out in the Treaties.

How does the Council believe:

– it has respected the principle of mutual sincere cooperation in proposing  these agreements, given that the Parliament was neither consulted or informed of their existence?

-EU funds allocated under this action plan will not be used to repress civil populationsquestion?

-these agreements respect Art 3 TEU on the objectives of the EU to protect human rights and to strictly observe international law including the right to seek asylum?

I piani 2.0 di Renzi e Orbán e la nuova proposta della Commissione

Strasburgo, 7 giugno 2016. Intervento di Barbara Spinelli nel corso della Riunione del Gruppo GUE/NGL –

Accordo Renzi-Orbán su “Migration Compact”

Dibattito straordinario sulla nuova proposta della Commissione

Trascrizione

Il piano della Commissione nasce da una fusione molto singolare e poco rassicurante tra due programmi, ambedue esibiti con il moderno, allettante attributo di 2.0: uno del Presidente del Consiglio italiano Matteo Renzi,  l’altro del Presidente ungherese Viktor Orbán. Il primo si chiama “Migration Compact 2.0” , il secondo “Schengen 2.0”. Grosso modo dicono la stessa cosa, specie sui punti concernenti il controllo delle frontiere, il rimpatrio dei rifugiati nei Paesi d’origine o di transito, l’esternalizzazione delle politiche d’asilo.

Il modello cui ambedue si ispirano è l’accordo sottoscritto tra Unione Europea e Turchia, che, come abbiamo avuto modo di constatare nuovamente oggi nel corso della discussione tenutasi in sessione plenaria, la Commissione considera non solo un ottimo esempio, ma, soprattutto, un esempio di grande successo. Sia l’Alto Rappresentante Federica Mogherini che il Vice Presidente Timmermans l’hanno presentato come uno strumento che ha permesso di ridurre drasticamente i morti in mare, nonché di “smantellare il modello degli smuggler”. Una controverità, visto che si continua a morire in mare: non più nell’Egeo ma di certo nel Mediterraneo centrale.

A mio avviso, un’ulteriore ispirazione è il modello australiano di gestione dei migranti e rifugiati. Penso alla proposta di hotspot galleggianti, e all’esternalizzazione sistematica della politica di asilo.

Cosa propone il Migration Compact della Commissione? Riproducendo per l’appunto l’esperienza che si sta facendo con la Turchia, prospetta una serie di accordi di rimpatrio con 16 Paesi africani, cui si promettono vasti aiuti allo sviluppo e cooperazione. Un’iniziativa che sarebbe senz’altro positiva, se non fosse per due aspetti altamente pericolosi. Primo, gli aiuti vengono offerti a Paesi evidentemente dittatoriali o altamente instabili, come l’Eritrea, il Sudan o la Libia. Secondo, sono fondati su uno scambio indecente. Cooperazione economica e aiuto allo sviluppo cambiano infatti natura e diventano una sorta di “regalo”, dato in cambio di quella che viene esplicitata dall’Unione come priorità europea assoluta: il controllo delle frontiere e il blocco di chiunque voglia fuggire da quei paesi in direzione del nostro continente. I rifugiati già oggi sono maggioritariamente concentrati in Africa: che non si azzardino ad avvicinarsi all’Europa! Per questo gli accordi hanno aspetti vergognosi, essendo lesivi di diritti fondamentali come il diritto a lasciare i proprio paese e a sottoporre in Europa o altrove le proprie richieste di asilo.

Per concludere, vorrei sollevare alcune questioni che si pongono per il nostro gruppo. A mio avviso, dobbiamo avversare tale piano e continuare le battaglie critiche che da tempo stiamo conducendo contro accordi di questa natura (i cosiddetti processi di Rabat e di Khartoum).

Emerge inoltre un problema di narrativa – è la parola usata oggi da Federica Mogherini  – che è apparso con tutta evidenza nel corso della sessione odierna della plenaria. Quando ho fatto presente che comunque continuiamo ad assistere a naufragi e morti in mare (1000 nel solo mese di maggio), l’Alto Rappresentante ha replicato che non sono più i siriani a morire: cosa che non avevo affatto affermato nel mio intervento. Strana risposta: come se i morti eritrei o afghani o di altri Paesi avessero d’improvviso meno dignità. Sono paradossi, questi, che dobbiamo sempre evidenziare.

La questione della narrativa si pone, inoltre, sul tema dell’aiuto allo sviluppo. In quanto gruppo, tendiamo ormai essere presentati come contrari agli aiuti allo sviluppo, mentre ci siamo sempre dichiarati favorevoli ad essi. Si tratta dunque di spiegare esattamente quel che vogliamo: un diverso modello di aiuto allo sviluppo, che non sia ricattatorio e in cui i Fondi europei per la Cooperazione non vengano sviati verso la gestione e il controllo delle frontiere. E’ oltretutto un modello che va rivisto radicalmente, perché nei decenni ha profondamente distrutto le economie di molti Paesi africani: ha intensificato forme di sfruttamento, a cominciare dai danni inflitti dal crescente accaparramento delle terre africane (land grabbing) da parte delle imprese occidentali.

Si veda anche:

Quanto c’è di marcio nel Migration compact 2.0 di Renzi

La versione inglese dell’articolo è apparsa su openDemocracy: Something rotten in the Migration Compact 2.0 of Matteo Renzi?

Il Governo italiano pensa di avere le mani pulite come Lady Macbeth

COMUNICATO STAMPA

Strasburgo, 7 giugno 2016

Barbara Spinelli (GUE/NGL) ha preso la parola durante la seduta plenaria del Parlamento europeo che si è tenuta questo pomeriggio a Strasburgo, a seguito delle comunicazioni della Commissione “Sull’attuazione degli aspetti esterni dell’agenda europea sulla migrazione: verso un nuovo Migration compact”, fatte dal vicepresidente della Commissione europea Frans Timmermans e dall’Alto Rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la politica di sicurezza e vicepresidente della Commissione Federica Mogherini.

«Nel Migration compact citate ben sei volte i diritti fondamentali», ha detto Barbara Spinelli, «ma l’intera vostra proposta li contraddice, li mischia a controverità, è espulsione mal mascherata.

Dite che l’accordo con la Turchia ha salvato vite, ma i morti semplicemente si spostano: sono mille, a maggio, nel Mediterraneo centrale. Dite che bisogna aiutare i fuggitivi nei loro Paesi, annunciate piani di aiuto a sedici Paesi africani, ma condizionate ogni cooperazione economica ai rimpatri e al controllo delle frontiere. L’aiuto promesso è un diktat: o relegate i profughi in vostri campi-prigioni, o niente aiuti! Chi subisce guerre non lasci la Siria, lo Yemen, la Libia, l’Afghanistan. Non si azzardi più a fuggire le dittature in Sudan, Eritrea: Stati cui l’Unione prospetta accordi munifici come quello con la Turchia».

«Voi dite: i fuggitivi devono divenire “più resilienti, autosufficienti”, restando nei paesi d’origine o di transito. Mi chiedo se sappiate di cosa parlate, quando psicologizzate  sfacciatamente sulla resilienza.

Chi ha inventato tutto questo – e accuso il governo italiano in primis – pensa di avere le mani pulite e il cuore bianco, come Lady Macbeth prima di accorgersi di quel che ha fatto. Le ha sporche di violazioni sistematiche del diritto internazionale, e di un accordo vergognoso con la Turchia. Signor Timmermans, Signora Mogherini: state facendo già ora le politiche chieste in Europa dalle destre più estreme».

 

I dieci errori del patto scellerato italiano sulla pelle di chi fugge

Articolo di Barbara Spinelli pubblicato su «Il Fatto Quotidiano» del 19 aprile 2016. La versione inglese è uscita su openDemocracy con il titolo A migration pact not fit for purpose.

La lettera inviata dal presidente del Consiglio Renzi al presidente della Commissione Jean-Claude Juncker e al presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, unitamente all’allegato “Patto sulla migrazione”, denotano un’impressionante indifferenza alle obiezioni rivolte alle politiche comunitarie dall’Alto Commissariato dell’Onu sui rifugiati, da Human Rights Watch e da Amnesty International. Sono del tutto ignorati i sospetti d’illegalità che gravano sull’accordo tra Unione e Ankara, e le reali condizioni dei fuggitivi rimpatriati in Turchia, che il governo Erdogan respinge in gran numero (un migliaio negli ultimi 6-7 mesi, compresi bambini non accompagnati), nelle zone di guerra siriane da cui erano originariamente scappati. Si continua a parlare di “crisi dei migranti”, quando è ormai evidente che siamo alle prese, da anni, con una crisi di rifugiati. O per meglio dire: di una crisi dell’Unione e della sua capacità di fronteggiare un afflusso di rifugiati pari allo 0,2% della sua popolazione. Del tutto assente, nella lettera della presidenza del Consiglio come nell’allegato non paper, qualsiasi accenno all’obbligo di rispettare i diritti della persona e il principio del non-refoulement, da parte degli Stati europei come dei Paesi terzi. Simile omissione non sorprende, se si considera il piano nel suo insieme. Anche se largamente contestato, l’accordo con la Turchia è presentato come ammirevole modello per una serie di accordi simili: un modello che secondo Renzi deve essere “ulteriormente sviluppato” ed esteso ad altri Paesi africani, e in particolare a quelli che sono parte del processo di Khartoum e di Rabat (tra cui Paesi dominati da dittatori come Eritrea o Sudan). Obiettivo: una grande trattativa euro-africana, con forti promesse di assistenza finanziaria, per i rimpatri dei rifugiati e la “gestione delle frontiere” da parte dei Paesi terzi, sia di transito che di origine.

Ecco i 10 punti più preoccupanti della proposta italiana:

  1. La disgregazione dello spazio Schengen sarebbe dovuta alla “sfida migratoria”, e non a precisi difetti dei successivi Piani di azione adottati da Commissione e Consiglio dell’Unione, rivelatisi incapaci di una politica di asilo rispettosa delle leggi europee e internazionali (Carta europea dei diritti fondamentali; Convenzione di Ginevra).
  2. Nessuna menzione è fatta di altri punti di crisi geopolitica, a parte quello siriano. Nessun accenno alla guerra in Afghanistan, cui il governo italiano continua a partecipare senza render conto dell’evoluzione del conflitto. Nessun accenno al caos creato dall’intervento militare in Libia del 2011. Nessun accenno alla dittatura in Eritrea, da cui fuggono in migliaia.
  3. È discutibile la valutazione della rotta Mediterraneo centro-occidentale, riattivatasi dopo la chiusura di quella balcanica. La rotta verso l’Italia è descritta come “prevalentemente composta da migranti economici”, senza che siano fornite cifre attendibili e operando distinzioni arbitrarie e sbagliate.
  4. Nel proporre l’accordo Ue-Turchia come modello di un globale piano di rimpatri, il governo italiano invita a valutare una serie di caratteristiche dei Paesi di origine e di transito da cui partono i fuggitivi (trend economici e sociali, sicurezza, cambiamento climatico) ma non il rispetto dei diritti delle persone, e in particolare di chi sceglie di chiedere asilo fuggendo verso Paesi rispettosi di tali diritti.
  5. Il grande Patto Unione-Paesi terzi africani contempla una cooperazione globale e indiscriminata, poliziesca e giudiziaria, concernente la gestione della sicurezza lungo i confini dei Paesi terzi, la “comune” lotta ai trafficanti, al terrorismo, alla droga: mescolando quello che non può essere mescolato.
  6. Lo scopo è solo quello di ridurre la cosiddetta migrazione irregolare, omettendo di ricordare come tutti i rifugiati siano per definizione migranti irregolari.
  7. Nella cintura del Sahel (Nord Senegal, Sud Mauritania, Mali centrale, Nord Burkina Faso, Sud Algeria, Niger, Nord Nigeria, Sud Sudan, Ciad, Nord Eritrea) si propone una presenza poco definita di forze di stabilizzazione europee, che collaborino con i Paesi in questione nell’ambito della sicurezza sia esterna che interna senza chieder loro il rispetto delle leggi internazionali.
  8. In Libia si torna a prospettare un ulteriore sviluppo dell’operazione Eunavfor Med Sophia, e si pone l’accento sulla necessità di aiutare il governo più che fragile a fronteggiare sfide radicalmente diverse come i trafficanti, il terrorismo, il “management dei flussi migratori”. Si vuol “stabilizzare la Libia” per meglio rimpatriarvi i rifugiati, come nell’accordo Berlusconi-Gheddafi del 2008.
  9. La gestione del “Migration Compact” proposto dal governo Renzi è essenzialmente affidata alle nuove Guardie di frontiera dell’Unione. I compiti di Frontex vengono estesi, senza alcun accenno alle deficienze insite in un’Agenzia dell’Unione di natura poliziesca, che non si occupa, se non in casi di estrema necessità, della ricerca e soccorso dei fuggitivi minacciati da naufragi in mare, e che ha dimostrato di non esser congegnata in maniera tale da rispettare pienamente i diritti dei rifugiati, permettendo loro di appellarsi a meccanismi di garanzia giuridica e di ricorso in caso di respingimenti abusivi o collettivi.
  10. In questo quadro, l’accenno alle vie d’immigrazione legale – e alle “opportunità” che essa rappresenta dal punto di vista economico e demografico – assume un significato preciso e altamente restrittivo. Le vie si apriranno solo nella misura in cui le imprese europee si mostreranno interessate all’impiego di manodopera proveniente da Paesi terzi. Il riferimento è a una decisione presa dal Consiglio europeo nel 1999: ben prima che nascesse in Europa la crisi odierna dei rifugiati. L’espediente è notevole: si torna agli anni 90, fingendo che il presente semplicemente non esista.